Consana: Consulenza Anarchica
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Anteprima del libro
Consana - Fabrizio Bortolon
1) Intolleranze Elementari
I vicoli dell’antico borgo amplificano a dismisura lo scarico cromato del motore. Appena passato con un filo di gas, sotto ai piccoli balconi e accanto alle finestrelle, che rimangono chiuse per mesi interi, subito dopo i solidi portoni delle cantine, quelli di noce antica e ferro battuto, tirati a lucido, il dr Xymmu parcheggiò con cura la sua Ducati 900 Super Sport, proprio a ridosso della scalinata dai lastroni irregolari. Fra le molte case e le torrette parzialmente intonacate, fra qualche palazzotto luminoso di un bianco innaturale, mentre girava la chiavetta e metteva giù il cavalletto della desmodromica nero e oro, osservò con un occhiata il sole. Era ancora alto. Le panchine vuote, di legno massello, fra gli alberi di ulivo e le siepi di magnolia della piazzetta pubblica. Tolti i guanti, la mascherina classica in pelle con frame cromati e il casco, smontò dal bolide e passando sotto la volta dell’antica porta, giù per la scalinata, con passo spedito, si diresse verso il portone della sua abitazione. Quando lo aprì, una volta in giardino, tra gli alberi di arancio profumatissimi, passando sul viottolo accanto ai bucaneve, alle viole e ai narcisi dall’odore incisivo, sentì il telefono squillare. Accelerò leggermente il passo con un fare atletico e, pur aprendo con vigore la porta della veranda, non riuscì a rispondere alla chiamata. Aspettò qualche istante in piedi, nel salotto, guardandosi intorno, ma nulla, il telefono non squillava più, allora riuscì sul patio andando verso il magazzino. In questo aveva ricavato con cura, tra i molti utensili e i banchi da lavoro, dei ripostigli dedicati all’attrezzatura per il tempo libero. In quello per le motociclette, ordinatamente, posò la giacca e i pantaloni di pelle, leggermente consumata. Poi, gli stivaloni tecnici, il foulard e i guanti, li mise in cassetti differenti e sulla mensola in alto. Accanto a altri caschi poggiò il fastjet. Lasciandosi addosso la calzamaglia e il girocollo, si mise abiti comodi e caldi, felpa, tutona e scarpe da basket slacciate. Tornò così in casa. Attraversò il salotto e, saliti agilmente tre gradini, il dr Xymmu, passò in cucina. Anche se l’ora di pranzo canonica era passata da tempo, tagliò del pane integrale. Lo mise sulla griglia del grande camino che, in quella zona della casa, con un sistema di piani sfalsati, riscaldava direttamente sia tutto il salone, sia la sala da pranzo. Era piacevole quel caldo, soprattutto dopo essere stato esposto al vento e al freddo per tutto il giorno. Prese anche un ovolina di bufala fresca e, dopo averla tagliata sul piatto di terracotta decorato, la condì con dell’olio d’oliva genuino. Mangiò lì, sul piano di lavoro del grande tavolo grezzo della cucina, in piedi, dopo aver tolto le bruschette dalla griglia. Una volta finito si lavò le mani e tornò nel salone. Mise on l’amplificatore a valvole. La puntina del piatto seguì la traccia sull’ultimo vinile degli Stones che, per l’intero giorno, gli aveva girato per la testa. Si mise sul divano e, da Too much blood
a Must be hell
, passando per She was hot
e Pretty beat up
, riprese la traduzione meticolosa dei testi di questi brani.
Quando il telefono squillò di nuovo, il dottore era concentrato nel valutare alcuni aspetti innovativi di quest’album. Stava annotando degli spunti critici che poi rileggeva, continuamente, a voce bassa, direttamente dal piccolo monitor, in bianco e nero, del suo Macintosh 128K importato.
Ascoltandosi si sentiva coinvolto.
Al di là dell’armonioso coinvolgimento tra sonorità e ritmica. Oltre l’inaspettata utilizzazione di strumenti elettronici all’avanguardia modaiola. Il vero pregio di questo lavoro, si trova tutto nella sua sensibilità sociale. Alcuni di questi brani, pur nella loro provocazione artistica, spesso stretta poeticamente nel non senso della strofa comunque sia in rima ricercata, ci comunicano esattamente la portata della violenza a cui ci dovremmo preparare, nei tempi a venire, nelle nostre comunità e fin dentro le nostre stesse case. Questo a causa di qualcuno di noi, individualmente disarmato, di fronte alle contraddizioni irrisolte, di questa nostra contemporaneità
.
Alzando la cornetta del telefono il dottore sentì una voce calda, calma e piacevolissima.
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Il dottore, aggrottando le sopracciglia, prima di rispondere fece una domanda.
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Replicò con una piacevole sonorità Patrice Gundikar.
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Il dr Xymmu a quel punto annuì.
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Il dottore mettendo in attesa la comunicazione si alzò dal divano, in piedi di fronte alla sua scrivania, con in mano il mouse, minimizzò prima dal menù a tendina il file dei suoi appunti. Poi, aprì l’iconcina della directory dell’agenda elettronica.
Abbassò il volume dello stereo. Riprese il telefono.
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Patrice, annotandosi rapidamente l’appuntamento sull’agendina alla data stabilita, ripetendo a voce alta, scrisse Mercoledì 29 Febbraio 1984 ore 17h30’.
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Rispose Patrice continuando a scrivere.
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Appena terminata la conversazione, Patrice, mise l’agendina nella borsa e, dopo aver preso il resto dei gettoni telefonici, uscì dalla cabina. S’incamminò sul marciapiede, sotto i bei lampioni. La strada in salita le permetteva di avere alla sua sinistra, in alto, la cattedrale ben illuminata, con quelle lampade fioche e giallastre; mentre a destra, in basso, c’era il mare, li, calmo e piatto. Girandosi un pochino di più, vide prima la luce del vecchio faro, poi anche quelle lontane del porto. Entrambe riflettendosi diffusamente sul mare, evidenziavano intorno a loro un profondo blu, compatto e intenso. Una volta giunta nella sua stanza, Patrice iniziò subito a pianificare il suo viaggio. Verificò le date. La validità dei suoi documenti d’espatrio e calcolò anche il valore esatto del cambio delle monete correnti fra il franco e la lira. Voleva capire, rispetto a quanto aveva risparmiato, cosa poteva permettersi e di quanto aveva ancora bisogno, secondo le previsioni di spesa. Il giorno seguente, si recò prima alla stazione dei treni di Marsiglia, per conoscere prezzi, orari e coincidenze. Poi entrò in alcune agenzie di viaggio della sua zona, nei pressi della Roccia Bianca. Voleva verificare, non solo la tempistica e le offerte dei pacchetti organizzati, ma anche altre eventuali possibilità. Sia di spostamento, fra nave, aereo o noleggio d’auto. Sia di pernottamento, fra ostelli, camping, villaggi turistici, affitta camere, pensioni e hotel, comunque sotto le tre stelle. In libreria acquistò una cartina geografica e un libricino dedicato alle coste del litorale del basso Lazio, per gli escursionisti appassionati di trekking, walking e snorkeling. Alla biblioteca pubblica consultò, fino all’ultimo giorno prima della partenza, alcune guide turistiche, resoconti di viaggi, giornali, riviste e libri che trattavano, o quantomeno s’interessavano, del territorio, della storia, degli aspetti sociali, economici e culturali, della zona dove il dr Xymmu aveva il suo studio.
Da parte sua, quest’ultimo, dopo la conversazione telefonica con Gundikar, immediatamente rialzò il volume dello stereo, riguardando prima l’agenda sul monitor alla settimana entrante e poi anche l’agenda cartacea sulla scrivania, per verifica. Dalle scale del piano superiore della casa, scendeva elegantemente la consorte del dottore. La signora Mara. Il dr Xymmu osservò che, da Martedì 21, fino a tutto il week-end, nelle due agende, risultava ogni giorno Baggina
. Mercoledì 22. Stecca Palasport
. Martedì 28. Clash Palasport
. A quel punto Mara era vicinissima. Entrambe accennarono a un tenero sorriso. Si abbracciarono. Felici. Si baciarono, accarezzandosi, dolcemente a lungo.
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Gli chiese Mara.
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Sorridendo lei disse che andava bene.
Mangiarono a lume di candela, nella sala da pranzo ben illuminata, accanto alla cucina. Parlavano di divertenti pettegolezzi, riguardo a gente di spettacolo e della politica. Passarono piacevolmente così tutto il tempo della cena. Alla fine, Mara iniziò a sparecchiare. Il dottore, fumando del tabacco Old Holborn, corretto con della ganja, una volta che dal grinder lo rollò su carta Bulldog lunga, con tanto di filtro Gizeh, accese la televisione. Abbassò il volume. Su Rai Due seguì la mimica informale del leader socialista Bettino Craxi, a capo dell’esecutivo. Stava esponendo li, pubblicamente, sia il valore storico del nuovo concordato con la Santa Sede, sia l’importanza strategica del decreto varato per il taglio della scala mobile, con tanto di supporto di grafici e statistiche da parte dei suoi più stretti collaboratori. Una volta terminato il programma il dottore cambiò canale. Su Rai Uno c'era un documentario di approfondimento sulla tremenda e controversa guerra fra Iran e Iraq. Quando Mara si avvicinò, facendo un paio di tiri, seguirono insieme, su Tele Montecarlo, la replica delle fasi finali della performance vittoriosa di Katarina Witt, ai Giochi Olimpici Invernali di Sarajevo.
Dopo la cerimonia di premiazione Mara gli disse che sarebbe andata a letto.
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Si abbracciarono. Guardandosi negli occhi s’iniziarono a baciare intensamente. Giocando con la lingua che, reciprocamente, a turno, seguiva il contorno delle loro labbra, delicatamente. Chiusero gli occhi. La lingua di lei sul suo collo, più decisa. Le mani del dottore che sapevano bene cosa andare cercare. Linee e forme eccitanti. Salirono così, uno dietro l’altra, al piano superiore, nella loro stanza da letto. Questa era la loro posizione preferita.
Di buon mattino, dopo esseri preparato con cura, il dottore si recò nell’ufficio del geometra Makarion, il Direttore Scolastico dell’Istituto Buona Sorte di Priverno. Parlarono prima della classifica dei Giochi. Il dottore diceva che, per numero di medaglie, aveva primeggiato la Russia e la DDR. Distaccati, al quinto posto, c’erano gli USA e oltre il decimo posto l’Italia. Makarion affermava invece che, se si valutava il tutto sulla base degli ori, proprio come il CIO stabilisce, quindi sulla base della qualità assoluta della prestazione, la classifica risultava certo differente.
Una volta scesi al bar dell’Istituto, dopo che Makarion gli chiese come andava la traduzione dell’album degli Stones, il dottore gli espose, carte alla mano, i dettagli logistici del viaggio.
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Entrando da Via Antonio Tolomeo Trivulzio ci si immerge in un ambito caratteristico dell’ospitalità, dell’accoglienza e della solidarietà che, dal centro di Milano coinvolge l’intero interland. La maggior parte degli abitanti, in zona, andavano fieri di quanto si stava facendo alla Baggina. La loro fiducia, nei confronti dell’amministrazione di questa istituzione storica era pubblicamente incondizionata. La struttura architettonica del Trivulzio era decisamente decorosa e ben conservata, le sue antiche facciate erano ben rifinite a mestiere e così anche i cornicioni, i cancelli e le finestre.
Certo, in quel frangente non c’era tempo per il dottore e Makarion di visitare l’intera piccola cittadella e i suoi otto padiglioni, come da piantina dell’edificio, analizzata a lungo nelle loro giornate di attento studio al Centro Risorse dell’Istituto Buona Sorte. Tuttavia, per un istante, fissandosi negli occhi, dopo aver varcato l’atrio d’ingresso, annuirono entrambi senza dire una parola, della bontà di fondo dell'intero progetto di questa casa di accoglienza. Era molto presto. Alle prime luci dell’alba, faceva veramente molto freddo. Eppure, l’atrio del Pio Albergo, era già pieno di persone che chiedevano informazioni. Chi per loro stessi. Chi per i propri cari. C’erano uomini e donne in camici verdi o bianchi. Tutti disponibili. Ascoltavano. Indicavano. Ognuno si muoveva in un via vai continuo, fra corridoi, uffici e padiglioni. Qua e là anche qualche vigilantes, con la sigaretta accesa. Dei pompieri che prendevano un caffè fumante, appoggiati al vaso di un grande albero. Si vedeva anche qualche piazzista eleganti e distinti,