Ritratto storico di Francesco II Re delle Due Sicilie: Scritto nel 1864 da José Joaquin Ribó
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“Forse uno dei privilegi più alti del mestiere dello storico è proprio quello di strappare via dalla polvere del tempo l’ignoto, ridargli luce e dignità, nel rispetto della memoria del singolo di quella collettiva. In questo senso il caso di Josep Joaquim Ribó rientra perfettamente in quella lunga casistica di scrittori, intellettuali, poeti e giornalisti che non ebbero grande fortuna in vita, anche se scrissero, pubblicarono, girarono il mondo, vivendo appieno la loro epoca.” – Diego Morgera, storico
“Francesco, trascinato in una guerra che dovette sostenere per difendere l’indipendenza del suo Regno, non ebbe paura di rischiare la sua stessa vita per amore dei suoi sudditi e fu determinato persino a versare il proprio sangue per la felicità e il benessere del suo popolo, combattendo gloriosamente sul campo di battaglia, incurante della propria incolumità, insieme a quegli eroici soldati e sudditi che non vollero mai abbandonarlo, mai tradirlo e mai spergiurare.” – Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro Capo della Real Casa
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Anteprima del libro
Ritratto storico di Francesco II Re delle Due Sicilie - José Joaquin Ribó
Ritratto storico di Francesco II, Re delle Due Sicilie
Scritto nel 1864 da José Joaquin Ribó
Traduzione di Salvatore Pastorello
Direttore di Redazione: Jason R. Forbus
ISBN 9788833468822
Pubblicato da Ali Ribelli Edizioni, Gaeta 2021©
Saggistica – Memorie
www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com
È severamente vietato riprodurre, in parte o nella sua interezza, il testo riportato in questo libro senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.
Ritratto storico di Francesco II
Re delle Due Sicilie
Scritto nel 1864 da José Joaquin Ribó
Traduzione di Salvatore Pastorello
AliRibelli
Saluti della Real Casa
È con vivo apprezzamento che accolgo la ristampa di questo importante testo ottocentesco, perché dalle sue pagine, come ammirando un grande affresco romantico, intenso di colori, luci ed ombre, emerge la figura mite ma solenne, gentile ma eroica, regale ma umana, di un uomo e di un sovrano dalla grande levatura morale, Sua Maestà Francesco II, mio augusto antenato.
Dalle intense pagine risplendono così, come i veri gioielli della sua corona, la profonda carità cristiana (che fin da giovane lo spinse ad amare ed accudire i suoi sudditi, soprattutto i poveri, anche negli ospedali e negli altri enti di beneficenza), il nobile disinteresse e la grande generosità d’animo (al punto che volle lasciare al suo Regno perfino i tesori materiali della sua famiglia) di Re Francesco II, così come brillano il suo valore ed il suo coraggio eroico (convinto che un re, se era destino, dovesse anche morire in difesa dei suoi sudditi).
Ma soprattutto lascia increduli il suo senso di regalità e di dovere, nonostante la profonda amarezza nel vedersi completamente abbandonato, nella disgrazia, dai suoi stessi alleati, amici, parenti.
Ma fu proprio nella disgrazia, come nelle parole di Dumas ne Il Conte di Montecristo
, che si rivelarono la sua vera tempra ed il suo grande spessore.
Perché Francesco, trascinato in una guerra che dovette sostenere per difendere l’indipendenza del suo Regno, non ebbe paura di rischiare la sua stessa vita per amore dei suoi sudditi e fu determinato persino a versare il proprio sangue per la felicità e il benessere del suo popolo, combattendo gloriosamente sul campo di battaglia, incurante della propria incolumità, insieme a quegli eroici soldati e sudditi che non vollero mai abbandonarlo, mai tradirlo e mai spergiurare.
Ed è per motivi come questi che, oggi più che mai, Francesco II, l’avo del quale ho ereditato per diritto dinastico l’onore e l’onere di Capo della Real Casa, ci illumina e ci insegna soprattutto su cosa significhi essere un uomo, un cavaliere ed un cristiano, prima ancora che un sovrano ed un principe reale.
Per questo quindi desidero ringraziare la casa editrice Ali Ribelli Edizioni che si è assunta tale encomiabile impegno, affinché i nostri contemporanei possano finalmente riconoscere le virtù, la fede e la figura, tanto calpestata quanto beata e gloriosa, di Re Francesco Il.
Carlo di Borbone delle Due Sicilie
Duca di Castro Capo della Real Casa
Introduzione
La storia è fatta di sconosciuti. Decine di milioni di uomini la cui esistenza non è più ricordata da nessuno, e non perché questa non sia stata degna. Come ci ha ricordato la scuola storiografica francese, i processi storici sono spesso portati avanti da masse silenti di uomini comuni, più che da grandi re e imperatori. E forse uno dei privilegi più alti del mestiere dello storico è proprio quello di strappare via dalla polvere del tempo l’ignoto, ridargli luce e dignità, nel rispetto della memoria del singolo e di quella collettiva.
In questo senso il caso di Josep Joaquim Ribó rientra perfettamente in quella lunga casistica di scrittori, intellettuali, poeti e giornalisti che non ebbero grande fortuna in vita, anche se scrissero, pubblicarono, girarono il mondo, vivendo appieno la loro epoca.
Lungi da me presentare queste poche righe come un profilo esaustivo di un personaggio così sfaccettato e poco indagato dalla storiografia. Ciò che tenterò di fare è solamente provare a presentare per grandi linee l’autore, così da poter meglio inquadrare la sua opera nel suo preciso contesto storico.
Nato probabilmente intorno agli anni ‘40 del XIX¹, si trasferì a Barcellona molto giovane, dove si interessò da subito di cultura e politica, iscrivendosi alla facoltà di Legge². Sono anni, per la Spagna, travagliatissimi. Le due guerre carliste che hanno infiammato la penisola nei trent’anni precedenti hanno segnato profondamente il paese, tanto che rivolte e insurrezione anti-costituzionali erano all’ordine del giorno. Barcellona, inoltre, rimase una delle capitali del carlismo più irriducibile. È proprio in questa città che Ribó maturò il suo sentimento politico di stampo conservatore, che riversò in tutte le sue opere giovanili
, come il volume che state per leggere. Ma sarebbe un errore confondere il conservatorismo di Ribó con il carlismo anticostituzionale. In nessuna opera Ribó manifestò dichiaratamente sentimenti di appoggio politico a Carlo V o IV; al contrario, sin da questi anni la sua fedeltà alla monarchia costituzionale di Isabella di Borbone (cugina di primo grado di Francesco II) apparve saldissima, come dimostrato anche dalla dedicazione inserita all’inizio di questo volume.
In questi anni febbrili di attività politica fondò due giornali, entrambi di stampo conservatore, El Examen e El Siglo XX, e scrisse opere di forte carattere polemico, come il volume che avete fra le mani e il pamphlet anti-socialista, La Farsa Social (1865).
Sono anni questi molto delicati per la Spagna. La continua crisi economica, mai placata realmente dalla debacle durante l’invasione napoleonica, le sanguinose guerre carliste e le pressanti pretese da parte delle colonie d’oltremare, avevano profondamente lacerato il paese. Non sappiamo bene come si collocò il nostro Ribó durante la Rivoluzione del 1868 ("La Gloriosa"), che depose la regnante Isabella II, ma di certo non si schierò dalla parte dei progressisti, perché in questi maturò sentimenti centristi di stampo liberale, aderendo alla corrente del futuro Presidente Práxedes Mateo Sagasta.
Intanto, dopo l’esilio di Isabella II, nel 1871, in Spagna si era insediato il nuovo, re Amedeo di Savoia, terzogenito di Vittorio Emanuele II e fratello del re Umberto I. Ribó, trasferitosi a Madrid, fondò un nuovo giornale politico ed economico di un certo successo, El Eco della Patria. Oltre l’appoggio al el Rey Caballero, che vedeva come garanzia di pace per il paese, Ribó in questi anni si interessò soprattutto a temi di politica internazionale e fece sua la causa dell’interventismo contro le colonie. La sola polemica politica e giornalistica lasciò ben presto il tempo all’azione. Nel 1872, dopo una infuocata campagna giornalistica, partì alla volta di Cuba come volontario per combattere i ribelli cubani, durante la Guerra dei Dieci Anni. Da questa esperienza ne nasceranno una cronaca della spedizione e un romanzo³. Purtroppo di questi anni non sappiamo moltissimo. Probabilmente, dopo la spedizione Cubana, Ribó non fece più ritorno in Spagna, preferendo sbarcare il lunario come giornalista in America Latina. Di certo continuò a mantenere una fitta corrispondenza con le istituzioni spagnole, come ne rimane traccia negli archivi di Madrid⁴.
Da questo momento in poi si perdono completamente le tracce di Ribó. Con molta probabilità non passò un periodo proficuo, dato che non scrisse più alcun libro. L’unica traccia che ci fornisce qualche indizio su questi ultimi 10 anni, è il necrologio pubblicato sulla rivista newyorchese in lingua spagnola El Progresso, che ci informa che Ribó morì a Porto Rico nel 1885 in condizione di estrema indigenza, tanto che i suoi amici dovettero aprire una sottoscrizione economica per il funerale e aiutare la giovane moglie e figli⁵.
Come abbiamo accennato, questo pamphlet di Ribó risale ai suoi anni da conservatore. È evidente nel tono, fortemente polemico e partigiano, e nelle fonti che utilizza. Il testo, azzardo, potrebbe essere definito addirittura orgogliosamente di parte
, nella misura in cui in fondo Ribó non vuole raccontare la cronaca minuziosa dell’impresa dei mille, né tanto meno la biografia di Francesco II (che in effetti rimane quasi una nota a margine, al di là del titolo). L’interesse dell’autore è fare un j’accuse contro tutte le forze che hanno portato alla fine del Regno delle Due Sicilie, prendendo di mira le forze progressiste, il Piemonte (come stato aggressore) e le potenze straniere (imperi francesi e britannici), come soggetti complici di un grande complotto geopolitico
.
L’adesione a questa lettura politica non era affatto scontata per Ribó. Se è vero che in quanto conservatore e fedele alla corona spagnola poteva nutrire una naturale simpatia per uno dei regni assoluti d’Europa (per di più governato da un cugino diretto della sovrana spagnola), è altrettanto vero che il suo costituzionalismo lo porrebbe agli antipodi delle scelte anti-moderne
napoletane. Inoltre il suo anti-carlismo difficilmente si poteva conciliare con il sentimento, massicciamente diffuso tra i carlisti, di supporto alla causa napoletana. Questo si nota, per esempio, dall’aver completamente taciuto in tutta l’opera l’avventura tragica del connazionale José Borges, che Ribó doveva conoscere bene⁶.
Anche se non si tratta di un’opera storiografica in strictu sensu, c’è da sottolineare che l’autore si appoggia su una serie di fonti di tutto rispetto, come proclami reali di Francesco II e lettere, pubbliche e private⁷. La particolare selezione dei documenti – che ignora testi da parte garibaldina, piemontese e straniera – è indice di un uso ben specifico che ne vuole fare l’autore. Non tanto fonti inequivocabili per dar forza al discorso, quanto testimonianze volte a drammatizzare i personaggi e gli accadimenti, in particolare proprio la figura del sovrano Francesco II.
Il re, nello scritto di Ribó, è già cristallizzato nell’immagine neo-borbonica di vittima assoluta
di una grande congiura, vittima semi-inconsapevole della sola inesperienza e bontà d’animo. Il sovrano era destinato a portare il Regno verso il progresso e la moralità
, tanto che la tempistica di far scoppiare una rivolta proprio nel primo anno di regno non è casuale: È innegabile che se i rivoluzionari d’Italia avessero lasciato regnare Francesco II sul trono di Napoli, a loro sarebbe costato molto e poi sarebbe stato impossibile detronizzarlo
.
Quando deve abbandonare Napoli, nel solco della semantica legittimista, Francesco diventa il padre che dice addio ai suoi figli
, e quando difende la linea del Volturno e i bastioni di Gaeta in prima fila, si trasforma in un eroe antico, consapevole della fine del proprio regno, ma convinto a combattere sino alla fine.
Val bene di spendere due parole anche sulla questione della Costituzione, come accennavo sopra. Per Ribó l’aver ritirato l’Atto Sovrano fu un errore di Ferdinando (di cui non pare nutrire grande ammirazione), ma che il figlio avrebbe certamente risolto: le Due Sicilie reclamavano, con urgenza, una nuova forma di governo, ma essa doveva essere concessa in tempo di pace e di tranquillità sociale, non quando i soldati stranieri già avevano osato attraversare i confini
.
Per quanto riguarda Garibaldi, Ribó è netto e perentorio. Oltre a essere identificato come pirata, mercenario, l’Eroe dei due Mondi si offre alle nazioni potenti quando opprimono quelle più deboli per avere riconoscimenti persino da quel paese che tiranneggia in modo tanto crudele la sventurata Irlanda
. Al di fuori di qualsiasi tipo di retorica garibaldina, Ribó dipinge il ritratto di uno spietato arrivista, negandogli anche gli oggettivi meriti militari e relegandolo ad un ruolo di mero comprimario. Garibaldi non è quello della velocissima avanzata in Sicilia e Calabria, non batte i regi sul Volturno. Garibaldi, nelle pagine di Ribó, semplicemente non esiste
: è solo un ingranaggio di un piano ordito dal Piemonte. La svalutazione dell’operato e dell’identità garibaldina è tale che nel testo anche gli uomini della spedizione a Marsala vengono identificati come piemontesi
, ignorando le differenze (tanto geografiche quanto politiche), e sottolineando l’unicità di intenti tra il Regno di Sardegna e il volontarismo garibaldino.
Sul concetto di rivolta/rivoluzione, Ribó forse esprime una delle letture più interessanti del suo pamphlet, inaugurando quella vasta letteratura storiografica che vede l’impresa dei Mille come rivoluzione mancata, se non proprio costruita ad arte
, e quindi completamente disincarnata dal popolo e dalla sua volontà. Il mutamento politico, così imposto e non voluto, per Ribó è fragilissimo: Vittorio Emanuele non ha tenuto conto che, quando un popolo non ama un monarca, il potere del cannone lo impone per un certo tempo, ma non riuscirà mai a farsi amare con la forza
. A tal proposito, Ribó sparge per il testo premonizioni nefande per il Regno di Sardegna e il suo re. Per lui gli atti di ribellione e di brigantaggio che già nel ‘63 infiammavano alcune regioni del meridione d’Italia, sono destinati a protrarsi sempre con più forza. Il destino di un popolo occupato, nella visione di Ribó (che ricorda gli echi della Guerra de la Independencia) è già scritto: si ribellerà e tornerà indipendente. Con uno stile che è già quello della polemica neo-borbonica, Ribó definisce il fenomeno del brigantaggio (equiparato, ovviamente, al movimento vandeano), il prodotto della generosità e della benevolenza del Re legittimo (…), il risveglio di un popolo che è stato prima ingannato, poi venduto e incatenato, ma mai sconfitto
.
Diego Morgera
¹ Purtroppo la data esatta di nascita è sconosciuta; cfr., Gran Enciclopèdia Catalana, voce Josep Joaquim Ribó.
² Cfr., Archivio National, Universidades, 4649, Exp.13.
³ Historia de los voluntarios cubanos (1876) e A bordo del vapor Guipúzcoa (1872).
⁴ In particolare si veda un faldone della fitta corrispondenza tra gli uffici responsabile dell’acquisizione libraria del Ministerio de Ultramar, riguardo l’acquisto e la distribuzione del volume di Ribó, Historia de los voluntarios cubanos (cfr., AHN/16/ULTRAMAR, 165, Exp.11).
⁵ El Progreso (Nueva York). 1/1885, n.13, 1885, p.18.
⁶ Il generale José Borges si era fatto una fama notevole in Spagna durante le guerre carliste, diventando uno stretto collaboratore del generale Carlos de España. La sua spedizione legittimista, conclusasi tragicamente nel 1861 a Tagliacozzo, ebbe grande risalto sui giornali di tutta Europa.
⁷ Sarebbe interessante capire come l’autore sia venuto in possesso di una così varia collezione di documenti. Di certo, una serie importante era di facile reperibilità attraverso i giornali legittimisti francesi ed ecclesiastici (vedere, ad esempio, l’opera del giornalista Charles Garnier); per quanto riguarda alcune lettere private, non sarebbe azzardato ipotizzare un contatto diretto o indiretto con l’ambasciatore spagnolo nel Regno delle Due Sicilie, Salvador Bermúdez de Castro.
Dedicato a
Sua Maestà la Regina di Spagna Donna Isabella II di Borbone
e pubblicato con il Suo permesso.
Francesco II, Re delle Due Sicilie
Dedica alla Regale Persona di Vostra Maestà Isabella II
Eccellentissima Signora,
ho l’onore di offrire in dedica a Vostra Maestà il Ritratto Storico di Francesco II, uno dei più degni Re che hanno onorato lo scettro del Regno delle Due Sicilie.
Sarebbe motivo di grande orgoglio se nella prima pagina del libro sulla storia di quello sfortunato Re, potesse essere letto il nome glorioso della Regina Isabella II a cui la storia e il popolo tutto appella come La Benigna
. In nome dell’illustre dinastia Borbonica che siede sul trono di Spagna, oserei pubblicare questo libro, il cui unico intento è di far conoscere la vita di un personaggio appartenente ad un altro ramo della stessa dinastia, esiliato a causa della rivoluzione e costretto a mangiare il pane del proscritto, mentre scrivo queste righe.
Quindi, si degni V. M. di accogliere benignamente la dedica di questo libro, non per il suo valore intrinseco, ma per l’affetto che lega V. M. al Re per la cui disgrazia piangono tutti gli amanti della giustizia e della legge.
Alla Regale Persona di Vostra Maestà,
José Joaquin Ribó
Barcellona, 8 marzo 1864
Il Maggiordomo Capo di Sua Maestà la Regina Isabella II
Signor Don José Joaquin Ribó,
Sua Maestà la Regina, Nostra Signora, con la sua innata benevolenza, si è degnata di accettare la dedica dell’opera intitolata Ritratto Storico del Re delle Due Sicilie Francesco II, da Voi scritta e che Vi accingete a pubblicare.
Inoltre, S.M. concede che la sua Regale Persona sia esposta in questa pubblicazione.
Con ciò le comunico il suo Regale ordine, a merito della sua intelligenza e per gli effetti che ne conseguono.
Che Dio Vi conservi per molti anni.
Il Duca di Bailen
Sommario
Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Capitolo XXX
Capitolo XXXI
Capitolo XXXII
Capitolo XXXIII
Capitolo XXXIV
Capitolo XXXV
Capitolo XXXVI
Appendice
Discorso tenuto dal deputato spagnolo Signor Galindo
Discorso tenuto dal deputato piemontese D’Ondes Reggio
Introduzione
In alcune delle sue opere, l’illustre poeta e storico francese Alphonse de Lamartine, ha citato una verità che mi sembra opportuno segnalare.
Lo scrittore, con il suo stile affascinante e coinvolgente, che spesso riesce ad emozionare, nelle pagine più belle della sua opera Il Civilizzatore dice che lo studio della storia dell’umanità, secondo gli uomini più importanti, è uno dei principali mezzi da impiegarsi perché la cultura storica raggiunga anche le classi più umili.
L’autore di quell’opera non sbaglia!
La vita delle persone che occupano posti di prestigio nella scala sociale è intimamente legata agli avvenimenti più importanti della propria epoca e, per poterne raccontare la storia, è indispensabile fare riferimento agli eventi in cui essi, più o meno direttamente, sono stati coinvolti. Infatti, quando si legge la vita pubblica e privata di un uomo, si riconoscono il progresso della nazione, i vari fatti accaduti e il coraggio che i popoli hanno dimostrato in quell’epoca.
Queste semplici indicazioni e il desiderio di far conoscere la storia di uno dei più degni Re che hanno occupato il trono delle Due Sicilie, ci hanno incoraggiato a delineare il Ritratto Storico di Francesco II, che tracceremo con la massima precisione possibile. Per noi, questo monarca possiede grandi virtù e le ha dimostrate sia nella vita pubblica che in quella privata, consentendoci di affermare che realmente è in possesso di tutte le doti per poter essere meritatamente annoverato nel gran libro dei Re.
Mentre mi accingo a intraprendere quest’opera, ritengo doveroso riconoscere di non essere all’altezza di compiere un’impresa così grande. Comunque, come le grandi cause non necessitano di valenti difensori per far riconoscere la grandezza dei protagonisti, nemmeno la vita dei grandi uomini necessita di essere raccontata da valenti storici per far conoscere, senza sforzi, la loro importanza.
Quanto detto basta a far capire quale sia il nostro scopo e il fine che ci proponiamo: tracciare succintamente la storia di Francesco II, Re delle Due Sicilie. Ovvero, registrare gli eventi principali a cui ha dovuto prendere parte dopo la morte di suo padre, esaminare lo sviluppo della rivoluzione che gli ha tolto il trono e registrare alcune opinioni a riguardo.
Iniziando il nostro lavoro, tralasciamo ogni tipo di passione, ma non possiamo assicurare di essere completamente imparziali. Giudicheremo,