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Omaggio alla Catalogna
Omaggio alla Catalogna
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E-book347 pagine5 ore

Omaggio alla Catalogna

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Info su questo ebook

Introduzione di Francesco Laurenti
Traduzione di Francesco Laurenti e Fabio Morotti
Edizione integrale

Omaggio alla Catalogna (1938) è un resoconto avventuroso, spesso ironico e per nulla politically correct, della Guerra Civile Spagnola a cui Orwell partecipò in prima persona, arruolandosi come volontario nelle milizie del POUM (Partito Obrero de Unificación Marxista), una delle varie forze di sinistra del Fronte Repubblicano. Orwell arrivò in Spagna per difendere la Repubblica, combattere il fascismo e reagire al colpo di stato del caudillo Franco, attratto dall’utopia di una rivoluzione socialista; alla fine, dopo esser stato raggiunto alla gola da una pallottola che quasi gli costò la vita, e dopo l’esperienza degli scontri a Barcellona nelle famose Giornate di maggio, Orwell sarà costretto a fuggire velocemente dalla Catalogna, braccato proprio dai suoi ex-alleati repubblicani e comunisti che hanno appena messo il POUM al bando, in seguito a una feroce campagna di diffamazione e fake news. Omaggio alla Catalogna è un’opera di grande interesse storico, il racconto di un sogno infranto, il romanzo di formazione e maturazione politica che condusse Orwell alla stagione letteraria delle distopie che lo avrebbero reso immortale.
George Orwell
è lo pseudonimo di Eric Arthur Blair, nato in India nel 1903 e morto a Londra nel 1950. Giornalista culturale, saggista, critico letterario, Orwell è oggi considerato uno dei maggiori autori di lingua inglese del Novecento. Partecipò alla guerra civile spagnola contro Franco; da posizioni socialiste, passò in seguito a una dura critica del regime staliniano. La Newton Compton ha pubblicato 1984, La fattoria degli animali, Omaggio alla Catalogna e il volume unico I capolavori (La fattoria degli animali; 1984; Senza un soldo a Parigi e a Londra; Giorni in Birmania; Omaggio alla Catalogna).
LinguaItaliano
Data di uscita26 mag 2021
ISBN9788822759337
Omaggio alla Catalogna
Autore

George Orwell

George Orwell (1903–1950), the pen name of Eric Arthur Blair, was an English novelist, essayist, and critic. He was born in India and educated at Eton. After service with the Indian Imperial Police in Burma, he returned to Europe to earn his living by writing. An author and journalist, Orwell was one of the most prominent and influential figures in twentieth-century literature. His unique political allegory Animal Farm was published in 1945, and it was this novel, together with the dystopia of 1984 (1949), which brought him worldwide fame. 

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    Anteprima del libro

    Omaggio alla Catalogna - George Orwell

    Dalla rivoluzione alla rivelazione.

    Omaggio alla Catalogna come palestra politica e letteraria

    In democrazia, la politica è l’arte di far credere al popolo che esso governa.

    L. Latzarus

    Quando George Orwell, nel dicembre del 1936, raggiunge la Catalogna per difendere la Repubblica in seguito al colpo di Stato dei generali e del caudillo Franco, la sua cognizione di quanto sta accadendo in Spagna è tutt’altro che chiara. Orwell non lo nasconde e addirittura, riferendosi al momento dell’arrivo a Barcellona, avverte i lettori di Omaggio alla Catalogna: «Non solo non mi interessava la situazione politica, ma la ignoravo proprio».

    Diversi scrittori e artisti europei, tra cui numerose donne, si stanno unendo al Fronte Popolare che mette assieme alla rinfusa le varie forze di sinistra: repubblicane, comuniste, socialiste e anarchiche, insieme ad altre organizzazioni sindacali. Molti degli stranieri che scelgono di andare a combattere in Spagna sono intellettuali e giovani che vedono nel conflitto spagnolo l’occasione di costruire un modello sociale e politico alternativo rispetto a quello borghese dominante, oltre alla possibilità di scrivere e combattere per una giusta causa.

    Malgrado la Gran Bretagna sia rimasta neutrale, interessata tanto ad arginare i comunisti quanto i fascisti, circa duemilatrecento combattenti inglesi partono per la Spagna e, nel solo triennio 1936-1939, pubblicano settecentotrenta opere fra romanzi, raccolte di poesie e resoconti per la stampa ¹.

    Ed è proprio in virtù di questa insolita resa letteraria del conflitto da parte di chi vi partecipò direttamente che la guerra civile spagnola è stata definita nel corso del tempo una guerra di scrittori e anche una guerra di poeti ².

    George Orwell all’epoca ha trentatré anni, ha alle spalle diversi libri, senza alcun successo editoriale, nessuna sicurezza economica e un ancora indefinito impegno politico, se si esclude quell’attrazione, emozionale ³ e a tratti mistica, per il socialismo e per quel popolo dell’abisso al quale ha dedicato gran parte dei suoi precedenti sforzi letterari, calandosi coi proletari nelle miniere di carbone (The Road to Wigan Pier) e mescolandosi ai reietti dei sobborghi di Parigi e Londra (Down and Out in Paris and London).

    Intenzionato a raggiungere rapidamente la Spagna, Orwell lascia Londra senza prendere parte alle riunioni politiche alle quali stanno partecipando gli altri volontari inglesi. Non possiede un’idea precisa del Fronte Popolare né delle diverse ideologie che lo animano agitandolo dall’interno, perché probabilmente vuole vedere di persona quanto sta accadendo (rimandando così la vera costruzione della propria posizione politica a quando sarà rientrato in Inghilterra) :

    L’atmosfera rivoluzionaria di Barcellona mi aveva attratto profondamente, ma non avevo fatto alcuno sforzo per comprenderla. Quanto al caleidoscopio dei partiti politici e dei sindacati, coi loro nomi fastidiosi –

    PSUC, POUM, FAI, CNT, UGT, JCI, JSU, AIT

    – semplicemente mi esasperavano. A prima vista sembrava che la Spagna fosse affetta da un’epidemia di iniziali.

    Nell’autunno del 1936 Orwell non è ancora sicuro che le proprie abilità militari e la salute, da sempre minata dalla tubercolosi, gli possano permettere di combattere, ma vede nella Spagna una possibilità concreta di difendere quella common decency che diventerà una specie di suo supremo principio morale e intellettuale, un’opportunità di ritrovarsi nel bel mezzo della Storia arrestando l’avanzata del fascismo in Europa e anche l’occasione, come dirà in Why I Write (Perché scrivo), di «trasformare la scrittura politica in arte» .

    Per varcare la frontiera spagnola Orwell ha però bisogno di un qualche lasciapassare e dunque di un’organizzazione politica che glielo conceda. L’incontro con Harry Pollitt, il segretario generale del Partito comunista della Gran Bretagna, non porta i frutti attesi : Arthur Blair, alias George Orwell, era nato in India da genitori appartenenti a quella che lui stesso definì una lower-upper-middle class ⁹, e si era arruolato in precedenza nella Polizia Imperiale in Birmania. Era questa una circostanza che, con le tante spie in circolazione, destava sospetto nei commissari politici in Spagna che dovevano avere la certezza che ogni volontario fosse un fermo sostenitore dell’antifascismo. Vale la pena menzionare questo episodio per dare idea di quanto le convinzioni politiche di Orwell non fossero ancora arrivate a maturazione: lo scrittore celebre per il pensiero critico nei confronti del comunismo e dei totalitarismi in generale provò dunque ad avvicinarsi alle milizie comuniste.

    A ogni modo, Orwell riuscì lo stesso a raggiungere la Catalogna assieme alla moglie pochi giorni prima del Natale del ’36, grazie a un permesso rilasciato dall’ambasciata spagnola a Parigi e a una lettera di presentazione dei dirigenti dell’

    ILP

    (Independent Labour Party). In quelle settimane a Barcellona è in atto un esperimento politico senza precedenti e Orwell si ritrova per la prima volta «in una città dove la classe operaia teneva le redini del potere». È a questa rivoluzione in nuce che Orwell rende il suo omaggio, non alla Catalogna (né all’indipendentismo catalano, che è argomento ancora oggi di estrema attualità), ma alla causa socialista in toto che, proprio in Catalogna, ebbe quell’interessantissima e seppur germinale materializzazione che entusiasmò Orwell, e che si tradurrà nell’esperienza di formazione politica e letteraria più importante della sua vita. Il suo omaggio è un gesto di gratitudine ¹⁰ verso quella comunità ideale alla quale resterà per sempre debitore.

    Il 30 dicembre, desideroso di imbracciare le armi, pur senza conoscere le beghe ideologiche interne al Fronte Popolare, Orwell si arruola come volontario nelle milizie del

    POUM

    (Partito Obrero de Unificación Marxista), un’organizzazione rivoluzionaria collegata all’

    ILP

    , in aperto contrasto col riformismo dell’

    URSS

    , e tacciata dal Partito comunista di avere pericolose tendenze trotskiste. Dopo un breve e disordinato addestramento nella caserma Lenin di Barcellona, Orwell viene catapultato sul fronte aragonese, rendendosi subito conto che la guerra si trova in una frustrante fase di stasi. In quel settore montuoso del fronte, i miliziani del

    POUM

    sono raramente impegnati nei combattimenti, e i nemici franchisti, che sono troppo distanti, presidiano brulli cocuzzoli spazzati dal vento. La preoccupazione principale di Orwell e dei suoi compagni sembra essere quella di tenersi asciutti e al caldo, e di conseguenza di racimolare legna da ardere, senza troppo badare ai sempre più crescenti attriti all’interno del Frente Popular e all’origine politica della guerra ¹¹.

    Così come gli era già capitato nel corso delle passate esperienze letterarie, Orwell si immerge completamente nella realtà in cui si trova, senza filtri o distorsioni, e passa in rassegna le condizioni sulla linea del fronte: il carattere gentile e nobile dei suoi commilitoni spagnoli e di quelli inglesi dell’

    ILP

    , il pessimo equipaggiamento e la mancanza di armamenti. L’entusiasmo iniziale per l’azione e per la guerra si scontra presto con una visione antieroica, approssimativa e monicelliana della realtà della guerra stessa e dei suoi attori ancora non protagonisti:

    Gli spagnoli sanno fare bene molte cose, ma non la guerra. Tutti gli stranieri, senza distinzione, rimangono sconvolti dalla loro inefficienza, e soprattutto dalla loro esasperante mancanza di puntualità. L’unica parola spagnola che uno straniero non può fare a meno di imparare è mañana domani (letteralmente, al mattino). Ogni qual volta è ipoteticamente possibile, ciò che andrebbe fatto oggi viene rimandato a mañana. La cosa è talmente risaputa che perfino gli spagnoli ci scherzano sopra. Niente in Spagna, da un pasto a una battaglia, succede mai all’ora stabilita.

    Sentimenti di avvilimento, rabbia e ilarità animano i primi due mesi in trincea, ma in Orwell va prendendo vita una consapevolezza nuova e decisiva, se si considerano i capolavori che lo renderanno celebre nella maturità:

    Lassù in Aragona ci si ritrovava tra decine di migliaia di persone, prevalentemente, seppur non interamente, di origine operaia, che vivevano tutte sullo stesso piano e che interagivano in termini di uguaglianza. In teoria si trattava di una totale uguaglianza, e anche in pratica non se ne era poi tanto lontani. In un certo senso si potrebbe affermare che si stava sperimentando un assaggio di socialismo […] Molti dei normali motori della vita civile – il senso di superiorità, l’avidità di denaro, il timore del capo eccetera – avevano semplicemente smesso di esistere. La tipica divisione in classi della società era scomparsa […] A ogni modo, per quanto lo si maledicesse all’epoca, in seguito ci si rese conto di essere entrati in contatto con qualcosa di inusuale e prezioso.

    In Omaggio alla Catalogna Orwell crea una lingua modesta, ma non sgangherata (improntata all’economia linguistica e alla ripetizione), capace di parlare a tutti, rimanendo fedele alla sua ambizione di letteratura socialista. Una lingua quasi orale e demotica ¹², ovvero quotidiana e tendenzialmente colloquiale. Orwell, insomma, abbandona i canoni della letteratura vittoriana e borghese, pur riconoscendo in Charles Dickens un suo modello, e segue – seppur a modo suo – il flusso di coscienza della letteratura più moderna; va raramente a capo, scegliendo di riportare nei pochi dialoghi presenti la caotica oralità, il pastiche linguistico che lo circonda. Orwell sovrappone, in Omaggio alla Catalogna, diversi stili di scrittura, quelli del reportage e del giornalismo, attento a rivelare anche un aspetto spesso dimenticato della comunicazione tra i miliziani: la dimensione di peculiare eteroglossia, quasi postbabelica, che caratterizza il Fronte Popolare. Orwell, da attento osservatore degli accenti della lingua parlata e dello spelling ¹³, ripropone la molteplicità di voci ricorrendo ad accenti volutamente impropri e a trascrizioni propriamente errate. Stupisce in tal senso che i traduttori dell’opera nelle diverse lingue abbiano quasi sempre optato per un approccio nobilitante, e sorprende che tale appiattimento della policromia linguistica orwelliana sia stato adottato anche dagli editori inglesi che, da un certo momento, hanno corretto il testo tradendo, quasi certamente, l’intenzione dell’autore.

    Orwell trascorre quattro mesi sul fronte aragonese; quando ritorna a Barcellona in licenza trova lì un’atmosfera completamente mutata. La città si è ormai imborghesita, lo spirito rivoluzionario è esaurito e lo scontro fra il

    POUM

    e i comunisti, sempre più acceso, si trasforma presto in una vera e propria guerriglia armata. Si tratta dei celebri scontri di maggio, che videro le varie frange interne al Fronte Popolare combattersi e barricarsi confusamente all’interno di Barcellona. Orwell è costretto a passare i suoi attesi giorni di riposo a pattugliare il tetto di uno degli edifici occupati dal

    POUM

    , nell’imminenza di un possibile attacco da parte degli stessi alleati. Suo malgrado si ritrova così a testimoniare quella che gli sembra la sconvolgente morte della verità e dell’oggettività storica, dovuta alla capacità degli organi di stampa controllati dal Partito comunista e dai suoi alleati di deformare gli eventi, dando credito a menzogne e offrendo false informazioni, col proposito di convogliare l’opinione pubblica verso mirati risultati politici. Più precisamente, l’obiettivo del Partito comunista sarebbe stato, secondo Orwell, quello di giustificare la messa al bando del

    POUM

    e degli altri presunti «traditori al soldo dei fascisti», ovvero quelle migliaia di volontari che, ancora ignari delle calunnie e delle manovre politiche tramate nelle retrovie, continuavano a morire in battaglia nel tentativo di tenere a bada Franco. È proprio la falsità di certe accuse, che Orwell intercetta nella propaganda a mezzo stampa, che motiva la scelta di scrivere Omaggio alla Catalogna: «Se non avessi provato rabbia per questa faccenda, non avrei scritto il libro» ¹⁴. Orwell lo affermerà in maniera lapidaria: «Scrivo perché c’è qualche menzogna che voglio smascherare, qualche fatto su cui voglio attirare l’attenzione, e la mia prima preoccupazione è quella di farmi ascoltare» ¹⁵.

    Va osservato che fino al maggio del ’37, e cioè fino alla messa al bando del

    POUM

    e al conseguente pericolo di essere arrestato, Orwell non mostrò troppo interesse per le questioni interne al Fronte Popolare, tantomeno avversione nei confronti del comunismo; anzi, per ritrovarsi più coinvolto nei combattimenti e impiegato sul fronte caldo di Madrid, egli aveva cercato di ottenere il trasferimento nelle Brigate Internazionali, composte principalmente da miliziani comunisti. Orwell credeva addirittura che la linea politica dei comunisti, intenzionati prima a sconfiggere Franco e poi a perseguire una radicale rivoluzione sociale, fosse più lungimirante rispetto alle posizioni del

    POUM

    e degli anarchici che, al contrario, miravano immediatamente a un governo rivoluzionario ¹⁶:

    Si capisce perché, in quella fase, io preferissi il punto di vista comunista a quello del

    POUM

    . I comunisti avevano una politica pratica precisa, nettamente migliore dal punto di vista del buonsenso, di un buonsenso capace di guardare almeno un paio di mesi avanti.

    Tornato al fronte dopo le drammatiche Giornate di maggio, Orwell sarà ferito alla gola da un cecchino franchista. Scampato miracolosamente alla morte, sarà costretto a fuggire, attraversando la frontiera in grande fretta a bordo di un treno, e a lasciarsi alle spalle la Spagna e la guerra:

    Due ispettori fecero il giro del treno prendendo i nomi degli stranieri, ma quando ci videro nel vagone ristorante parvero accontentarsi del fatto che eravamo gente per bene. Era assurdo come tutto fosse cambiato. Soltanto sei mesi prima, quando gli anarchici regnavano ancora, eri considerato per bene se davi l’impressione di essere un proletario. […] Adesso era tutto il contrario; avere l’aspetto di un borghese era l’unica salvezza.

    Orwell era arrivato in Spagna attratto ingenuamente dall’utopia di una rivoluzione socialista. Soltanto la messa al bando del

    POUM

    riuscirà a svegliarlo dal suo torpore intellettuale, costringendolo (considerata la repressione politica, e i dirigenti e gli amici svaniti nel nulla o gettati iniquamente nelle carceri) a sviluppare una visione pessimistica e distopica della Storia e del suo corso, a divenire insomma lo scrittore che tutti noi conosciamo, il rivelatore lucido e profetico di orizzonti inquietanti e della deriva postdemocratica di 1984 e Animal Farm.

    *

    Omaggio alla Catalogna è un romanzo di formazione, un vero e proprio laboratorio del pensiero politico orwelliano e della sua scrittura che inizia a ricercare un possibile e alternativo stile narrativo. Partecipando a quella che per lui è la fine della verità storica, Orwell sperimenta in Spagna, sulla propria pelle, tutta la pertinenza filosofica delle analisi di Marx e di Gramsci, per i quali l’ideologia è in sostanza il mezzo inevitabile con il quale si conserva e legittima il potere. Un potere che cerca di imporre la propria concezione del mondo, per ottenere e mantenere l’egemonia.

    Uno degli effetti più tristi di questa guerra fu per me quello di imparare che la stampa di sinistra è tanto pretestuosa e disonesta quanto quella di destra.

    Dopo Omaggio alla Catalogna e l’esperienza in Spagna, il reale per Orwell non sarà quindi più ingenuamente il luogo neutrale e imparziale del divenire sociale, al contrario sarà il campo di battaglia fra l’oggettività e l’interesse ideologico che agisce anche mediante falsità, depistaggi e l’uso strumentale delle fonti come cifra della propaganda. Tale scoperta e tale nuova consapevolezza vengono per così dire suffragate nei capitoli

    V

    e

    XI

    dell’opera. Si tratta di capitoli importanti, i più marcatamente politici, che rappresentano l’approfondimento della situazione spagnola, corredato da diverse fonti e molteplici estratti dei giornali dell’epoca, e che da un certo momento in poi finiranno in appendice e che invece in questa traduzione dell’opera si è scelto di riportare nella sequenza originale. Con questi due capitoli Orwell decide di interrompere la narrazione pura, lo svolgersi degli eventi così come si stanno manifestando di fronte ai suoi occhi, e di spezzare comunque il ritmo della scrittura (e della lettura), per andare dritto al cuore del problema politico. Sente la necessità di descrivere con precisione la linea dei partiti, le accuse comuniste, presentando una successione reale e storica degli eventi. Vuole analizzare nel dettaglio un’altra guerra, oltre a quella in atto contro Franco, tutta interna ai gruppi e alle fazioni del Fronte Popolare, che in teoria dovrebbe rimanere compatto nel frenare l’avanzata franchista: la guerra della propaganda a mezzo stampa. Così facendo, Orwell propone un criterio di verità potenzialmente universale, una possibile strada da seguire, quella di prendere in considerazione nell’agone dialettico della politica i pensieri e le ragioni di ogni parte, incluse quelle avversarie. In questo procedere, che si erge a disciplina intellettuale, riecheggia la massima di Voltaire «detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo», perché l’alternativa, la rinuncia al dialogo, è destinata a confinare l’individuo nel regno dell’ideologia: questa è per Orwell la tragica lezione e allo stesso tempo una possibilità di uscire dalla debolezza intrinseca della mens politica.

    Per comprendere la vicenda legata allo spostamento di quelli che in origine erano i capitoli

    V

    e

    XI

    in coda al libro entra in scena il rapporto epistolare di Orwell con la traduttrice Yvonne Davet. È alla traduttrice francese infatti, con la quale Orwell scambia lettere nell’arco di oltre un decennio, che l’autore rivelerebbe per la prima volta la sua idea, non comunque definitiva, di riorganizzare la dislocazione dei capitoli dell’opera. In una lettera del 29 luglio 1946 ¹⁷ Orwell accenna al fatto che è nelle sue intenzioni, per la ristampa di Omaggio alla Catalogna in Inghilterra, estrarre uno o forse due capitoli riportandoli alla fine del libro in forma di appendici. Per il capitolo

    XI

    , che si riferisce alle Giornate di maggio e alla propaganda sui giornali, Orwell osserva che si tratta di un capitolo dalla valenza storica che rischierebbe di essere noioso per un lettore non particolarmente interessato alla guerra civile spagnola e potrebbe per questa ragione essere spostato alla fine senza danneggiare il testo. La traduzione francese verrà pubblicata solo nel 1955, dunque cinque anni dopo la scomparsa di Orwell, con due capitoli in appendice, mentre nelle edizioni in inglese dell’opera tale cambiamento si inserirà, tutto sommato inspiegabilmente, solo a partire dal 1986. Una soluzione, quella di spostare due capitoli in appendice, che sembrerebbe mossa da una preoccupazione per le aspettative del lettore (a maggior ragione dopo il drammatico insuccesso presso il pubblico della prima edizione) piuttosto che da una precisa intenzione dell’autore; una soluzione che, comunque, Orwell non vedrà realizzata in vita.

    Rileggere oggi questi due capitoli nel corpo dell’opera, a distanza di oltre ottanta anni dalla pubblicazione e dopo lo svelamento del Documento Quarantadue, in cui il primo ministro bulgaro Georgi Dimitrov scrive – circa due settimane prima dello Giornate di maggio – al generale Vorošilov, definendo la frangia non comunista nel Fronte Repubblicano spagnolo come fascista o semifascista e suggerendo di sollecitare una rapida crisi di governo in Spagna, e addirittura di provocarla, assume tutto un altro significato storico ¹⁸. Tornano alla mente le parole di Italo Calvino che, se inizialmente tacciò Orwell di essere un libellista di second’ordine, in seguito rivide il proprio giudizio, con queste parole: «Che si sia tardato ad ascoltarlo e comprenderlo non fa che provare quant’era in avanti rispetto alla coscienza dei tempi. Lui la Catalogna l’aveva alle spalle, mentre tanta parte della gioventù d’Europa la stava faticosamente vivendo o cercando» ¹⁹. Lungi dall’essere noiosi, questi due capitoli escono quasi dalla gabbia della contingenza storica dell’hic et nunc, dell’appendice, ma suggeriscono una lettura universale, fuori dallo spazio e dal tempo ²⁰, in chiave antitotalitaria, e ancora di più come simbolo di giustizia e uguaglianza.

    *

    Omaggio alla Catalogna può essere quindi considerato il romanzo della svolta politica, ma anche la palestra dello stile e della lingua orwelliana. In The Road to Wigan Pier Orwell aveva diviso le lunghe descrizioni delle vite dei lavoratori dal contenuto strettamente politico ²¹; così facendo, aveva separato i problemi dei minatori dalla situazione politica inglese, concepito l’opera in due parti completamente distinte e indebolito in fin dei conti la sua tesi politica.

    In Spagna, Orwell viene dunque alle prese con un simile impasse: come integrare compiutamente la sua doppia anima, di scrittore più propriamente politico con quella di narratore, per far compiere al lettore, assieme al protagonista-narratore, un simile processo di formazione e presa di coscienza? È un dubbio questo che richiede una volontà e una direzione precisa:

    Omaggio alla Catalogna è senza dubbio un libro schiettamente politico, ma nel complesso è scritto con un certo distacco e un certo riguardo per la forma. In esso ho cercato in ogni modo di dire tutta la verità senza andar contro i miei istinti letterari. Ma, tra le altre cose, esso contiene un lungo capitolo, pieno di citazioni tratte dalla stampa e cose simili, che difende i trotskisti che furono accusati di aver complottato con Franco. Chiaramente un capitolo del genere, che dopo uno o due anni perderebbe d’interesse per ogni lettore comune, avrebbe finito per rovinare il libro. Un critico che stimo mi fece una ramanzina al riguardo. «Perché ci hai messo dentro tutta quella roba?», disse. «Hai trasformato in giornalismo quello che avrebbe potuto essere un buon libro». Quello che diceva era vero, ma non avrei potuto fare altrimenti. ²²

    Sarà solo nei capolavori della maturità che Orwell, ragionando sulla stessa questione fondamentale della propria scrittura, raggiungerà una piena compiutezza, sperimentando nuove traiettorie e stilemi letterari. In Animal Farm, feroce e grottesca critica dell’

    URSS

    , Orwell sceglierà i modelli della fiaba alla Fedro e della parabola, quelli forse più distanti da una possibile pretesa di verità storica e più vicini alla pedagogia, per criticare lo snaturamento degli ideali e della dottrina comunista avvenuto per mano di Stalin. Sceglierà la metafora degli animali della fattoria nudi ed eguali per raccontare la manipolazione e l’indottrinamento compiuto dagli intelligenti maiali, che finiranno per indossare gli abiti e le sete raffinate dei vecchi padroni. Come se l’ingenuità del genere umano di fronte alle ideologie avesse bisogno di una forma narrativa semplice e infantile per esser meglio rivelata.

    Anche in 1984 Orwell abbandonerà il piano orizzontale della Storia, il format del resoconto e del romanzo-verità per adottare invece quello della finzione, pur di trovare una prosa nuova ancora più efficace e pur di presentare – e forse prevedere – un possibilissimo domani, dove la propaganda si trasforma in sistema totalitario di controllo delle menti e delle volontà. In 1984 arriverà a concepire una forma narrativa unica e inconfondibile, un’antinarrazione tutta bloccata, reiterata e ridondante, dove la lingua corrisponderà finalmente e integralmente al suo pensiero politico. Orwell si è ormai liberato dell’imbarazzo d’essere un letterato, è ormai diventato filosofo, un grande pensatore politico al pari di Machiavelli, Hobbes e Platone.

    Orwell, insomma, era arrivato in Spagna per sentirsi al centro della Storia, per partecipare agli eventi e raccontare una realtà che non gli sarà, poi, amica. Dal momento in cui sarà costretto a fuggire dalla Catalogna, deluso e disgustato, ma con una nuova consapevolezza, egli sembra non aver più quasi bisogno di partecipare direttamente agli eventi. Il piano della fantasia è diventato paradossalmente l’orizzonte letterario e filosofico da cui approcciare la Verità, con una efficacia nuova.

    FRANCESCO LAURENTI

    1 Cfr. Emilio Sanz de Soto, Les écrivains et la guerre d’Espagne, in «Le Monde diplomatique», Avril 1997, pp. 26-27.

    2 Hugh D. Ford, A Poets’ War: British Poets and the Spanish Civil War, Pennsylvania

    UP

    , Philadelphia 1965.

    3 Victor Gollancz, Foreword, in George Orwell, The Road to Wigan Pier, Gollancz, London 1937, pp.

    XI-XXIV

    .

    4 Cfr. Michela Marroni, George Orwell e il linguaggio della povertà. Esperienza autobiografica e strategie della finzione, in «Lingue e Linguaggi», 21 (2017), pp. 159-70.

    5 Murray A. Sperber, Marx: George Orwell’s Dog: A Study of Politics and Literature in George Orwell’s Homage to Catalonia, in «Dalhousie Review», 52 (1972), pp. 226-36.

    6 Cfr. George Orwell, Notes on the Spanish Militias, in George Orwell, The Collected Essays, Journalism and Letters, 4 voll., eds Sonia Orwell and Ian Angus, Secker & Warburg, London 1968-70, pp. 316-19.

    7 George Orwell, Why I Write, in George Orwell, The Collected Essays, Journalism and Letters, cit., p. 6.

    8 Cfr. Alexander Bill, George Orwell and Spain, in Christopher Norris (a cura di), Inside the Myth. Orwell: Views from the Left, Lawrence and Wishar, London 1984, pp. 88-90.

    9 George Orwell, The Road to Wigan Pier, Left Book Club, London 1937, cap.

    VIII

    .

    10 Cfr. Alan Sandison, George Orwell: After 1984, Longwood Academic, Dover/New Hampshire 1986, pp. 138-39.

    11 George Orwell, Sguardo retrospettivo sulla guerra spagnola (Looking Back on the Spanish War), in George Orwell, Nel ventre della balena, Silvio Perrella (a cura di), Bompiani, Milano 2013, p. 198.

    12 George Orwell, Propaganda and Demotic Speech, in «Persuasion», 2 (1944), poi in Peter Davison (a cura di), The Complete Works of George Orwell: I Have Tried to Tell the Truth: 1943-1944, Secker & Warburg, London 2001, pp. 310-16.

    13 Cfr. George Orwell, As I please (1947), in George Orwell, The Collected Essays, Journalism and Letters, 4 voll., eds Sonia Orwell and Ian Angus, Secker & Warburg, London 1968-70, pp. 304-07.

    14 George Orwell, Why I Write, cit. p. 6.

    15 Ibid.

    16 Cfr. Edward Quinn, George Orwell: A Literary Reference to His Life and Work, Facts on File, New York 2009, pp. 172-73.

    17 George Orwell, Letter to Yvonne Davet (29 luglio 1946), in Peter Davison (a cura di), George Orwell: a Life in Letters, Liveright Publishing Corporation, New York-London 2013.

    18 Cfr. Christopher Hitchens, Introduction, in Peter Davison (a cura di), Orwell in Spain, Penguin, London 2001, p. 3.

    19 Italo Calvino, cit. in George Orwell, Nel ventre della balena, cit., p. 198.

    20 Cfr. Hamza Touzani, The Writer and Politics. George Orwell as a Case Study, in «Cultures and Languages in Contact», (2015), p. 41.

    21 Murray Sperber, Op. cit., pp. 226-27.

    22 George Orwell, Why I Write, cit., p. 6.

    Nota biobibliografica

    CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

    1903. Eric Arthur Blair nasce a Motihari, nel Bengala, il 25 giugno, dove il padre è impiegato nell’amministrazione coloniale.

    1904. Torna con la madre e la sorella in Inghilterra, e si stabiliscono a Henley-on-Thames, nell’Oxfordshire. Sarà il primo di una lunga serie di traslochi.

    1911-16. Viene ammesso alla St Cyprian’s Preparatory School in Sussex.

    1912. Il padre torna in Inghilterra e la famiglia si trasferisce momentaneamente a Shiplake, nell’Oxfordshire.

    1914. Pubblica la prima poesia, Awake! Young Men of England.

    1917-21. Frequenta il famoso college privato di Eton.

    1922-27. È agente della Indian Imperial Police in Birmania.

    1927. Durante un periodo di congedo in Inghilterra rassegna le sue dimissioni dalla polizia imperiale indiana, che divengono effettive nel gennaio del 1928. Nell’ottobre, traendo ispirazione da Il popolo dell’abisso di Jack London, compie le prime esperienze nell’East End londinese condividendo la vita dei barboni.

    1928-29. Vive nei sobborghi proletari di Parigi dando ripetizioni di inglese e facendo per un periodo il plongeur. Inizia a scrivere Down and Out in Paris and London e Burmese Days.

    1929. Prime avvisaglie di tubercolosi. Passa un periodo in ospedale dopo episodi

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