Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Saya
Saya
Saya
E-book152 pagine2 ore

Saya

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

A Saya mancavano pochi giorni per concludere la leva militare nell'esercito polacco e decidere cosa fare della sua giovane vita. Era tornato per un breve congedo e in qualità di figlio maggiore doveva aiutare i suoi familiari nello Shiva, il lutto delle famiglie giudaiche, quando il primo settembre 1939 l’esercito tedesco attaccò la Polonia dando fuoco alle polveri del Novecento.
Da quel momento i membri della famiglia Fajans furono costretti a un esodo doloroso, chi dentro i campi di lavoro russi e chi invece in quelli di concentramento tedeschi, sfiorandosi tra i deportati e tra le fila degli eserciti che combattevano tra Asia, Africa ed Europa con un unico scopo: sopravvivere.
Tratto dalla vera storia di Saya, questo romanzo parla della tragedia di chi nonostante abbia perso famiglia, patria, fede e libertà ha trovato il proprio posto nel mondo.
I Fajans furono soldati e insegnanti, traduttori e ribelli, ma è nell’umile mestiere del sarto che Saya si è riscoperto uomo, perché "cucire significa mettere insieme le trame, aggiustare fa bene alla memoria delle cose rotte, così come rattoppare i vestiti strappati sul petto durante il periodo di shiva fa bene all’animo sofferente".

LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2018
ISBN9788869344138
Saya

Correlato a Saya

Ebook correlati

Articoli correlati

Recensioni su Saya

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Saya - Salvatore Pireddu

    Salvatore Pireddu

    Saya

    Romanzo

    © Bibliotheka Edizioni

    Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma

    tel: +39 06.86390279

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, settembre 2018

    Isbn 9788869344138

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,

    del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Tutti i diritti sono riservati.

    Progetto grafico: pastinadesign | Mara Scanavino

    Foto di copertina: Polish Institute and Sikorski Museum in London / KARTA Center

    Disegno di copertina: Eureka3 S.r.l.

    www.eureka3.it

    Salvatore Pireddu

    Nato a Nuoro nel 1983, Salvatore Pireddu ha conseguito la laurea in Etno-Antropologia all’Università di Bologna, città dove vive, scrive e pratica arti marziali.

    Ha lavorato come collaboratore dell’Università di Friburgo e come ghost writer freelance.

    Grazie a una borsa di studio ha seguito per due anni i corsi di Bottega Finzioni, l’istituto di scrittura fondato da Carlo Lucarelli.

    Ha partecipato a diversi contest di scrittura e ha pubblicato diversi racconti per antologie e riviste.

    Nel 2013 è uscito il suo primo romanzo, Camera Vera Occasione.

    Un viaggio nella Storia, un racconto di memoria e umanità tratto dai ricordi di una famiglia sopravvissuta fino ai nostri giorni grazie al coraggio e all’amore

    A Saya Simone

    A coloro che vivono vite meravigliose

    Prima Parte

    Le stelle del cacciatore

    Le stelle sopra casa Fajans

    Saya vorrebbe tanto tapparsi le orecchie e smettere di sentire quel doloroso brusio che lo sta tormentando. Il giovane, ancora vestito nell’uniforme dell’esercito polacco, si sente rintronato dalla fatica e dall’alcol. Da dove viene quel rumore, quel gracchiare di ingranaggi? Non dal cielo sopra di lui. Questa sera, come tutte le sere, Orione, il Cacciatore fatto di stelle punta con il suo arco contro il Toro. Poco distante i suoi Cani puntano la Lepre. All’orizzonte due nubi passano lente, isolate e stanche come pecorelle che hanno perso il gregge, dirette verso la rocca di Casimiro il Grande. Il castello da secoli fa da guardia alla cittadina di Będzin e ai suoi abitanti, compresa la grande comunità ebraica.

    Tutto sembra quieto intorno a lui, ma c’è un rumore.

    Saya, sdraiato da diverso tempo, si sente estraniato da tutto quello che lo circonda. Suo fratello David, invece, sembra una cavalletta che salta sulle braci.

    «Oggi sono arrivate altre due famiglie.»

    Saya, pur avendo sentito, non risponde. La voce di David sembra lontana, ovattata, sovrastata dal rumore. Stanno sotto le stelle uno a fianco all’altro, sopra la tettoia in cui ammassano la legna per la stufa, circondati dalla campagna e coperti dall’aria frizzante poco fuori dalla casa dei genitori.

    Quando era bambino suo padre lo portava a vedere le stelle, a riconoscere le sagome delle costellazioni e i loro nomi. Sapeva tante cose, il maestro Wolf Fajans.

    David, più piccolo di Saya di due anni, provava da sempre ad emularlo, anche se con meno successo visto il suo carattere impaziente. Ma anche lui aveva imparato a guardare il cielo e ricorda le storie su quei nomi di eroi e mostri.

    Moniech, il maschio più giovane della famiglia Fajans, rimane spesso escluso dalle attività dei fratelli: è ancora un bambino, e la sua salute non gli permette di restare fuori senza che m’am’(1) Rosa si preoccupi. Infine c’è Rosa, la più piccola della famiglia, chiamata col nome di sua madre: una bambina apparentemente delicata dai capelli castani raccolti in due lunghe trecce. La mia bambolina, la chiama m’am’. A Saya, prima di partire per diventare un soldato, era rimasto impresso il ricordo della piccola che quando sorrideva mostrava quasi con dispettoso orgoglio lo spazio lasciato dagli incisivi da latte, le finestrelle, dicevano in famiglia.

    Questa sera il cielo sembra muto ai ragazzi. Saya ha vent’anni, ma oggi gli sembrano molti di più.

    Rivede sé stesso correre alla stazione di Varsavia col cuore in gola. Non ha fatto in tempo a togliersi la divisa, coi gradi di caporale appena appuntati sulle spalline, e neanche di pulirsi gli stivali impolverati prima di entrare in casa.

    Quando, poche ore prima, ha trovato ma’m’ in lacrime, qualcosa gli si è rotto nel petto.

    E lui non sa come aggiustarlo.

    «Mi hai sentito? Oggi ne sono arrivate altre due. Scappano dalla Germania.»

    David non è ubriaco, anche se ha bevuto avidamente. È la prima volta che i due condividono la fiaschetta di krupnik di Saya, il liquore che distribuiscono nell’esercito polacco. La bevanda dolciastra brucia nella gola di entrambi, ma Saya è l’unico dei due intontito e distante.

    Ora capisce: il rumore non è fuori. È dentro la sua testa. Gli vuole impedire di sentire ancora lacrime e lamenti.

    David continua imperterrito a parlare.

    «Non è un buon segno. Dicono che chi può fugge in America, ma è diventato sempre più difficile lasciare l’Europa. I tedeschi e i russi controllano i confini. Qualcuno parla anche di fuggire in Palestina. Tu che eri nell’esercito hai sentito qualcosa?»

    Saya ora ha gli occhi del fratello piantati nei suoi. Le sopracciglia fini di David sono contratte, sottolineano la preoccupazione che consuma la sua mente, dietro gli occhi. Ha compiuto da poco diciotto anni, e tra non molto partirà per il servizio militare. Pur avendo solo un accenno di barba ed essendo poco più che un ragazzino, servirà il suo paese. È abile alla leva e tanto basta a renderlo un soldato dell’esercito polacco.

    La voce di Saya, mentre risponde al fratello, è stanca, impastata per il viaggio e per il liquore.

    «Che vuoi che dica la gente? Ci sono i soliti creduloni che parlano di complotti, di rastrellamenti, di ebrei rinchiusi nei ghetti, picchiati e uccisi...»

    «E tu non ci credi?»

    «Senti, David…» Saya fa una pausa come per prendere fiato. Potrebbe dire tante cose, ma le parole non hanno voglia di uscire, perciò taglia corto. «Sono sfinito, e domani sarà una giornata molto pesante per tutti. Possiamo evitare di parlarne stasera?»

    David guarda il fratello stringendo i denti, ma capisce che è meglio ritirarsi e non continuare a tormentarlo. Senza dire niente, lascia Saya sulla tettoia e va verso casa.

    Giunto il mattino, il letto di Saya è il primo ad essere colpito dalla luce del sole, ma lui è l’ultimo ad alzarsi dal letto. Il rumore è sparito, e lui non ricorda di essere andato a letto. La sua sistemazione nel sottotetto è proprio a ridosso della finestra tonda che dà verso la città.

    Il ragazzo apre gli occhi e riconosce le travi del soffitto un tempo così familiari. Sente i rumori del mattino appena incominciato. Sua madre, ma’m’ Rosa, è rimasta giù nel salotto dove riceve gli ospiti. La donna non ha dormito, mentre suo marito Wolf siede a fianco a lei. Con loro ci sono la zia Mira e la zia Sofia, venute per preparare la colazione e dare una mano in tutte quelle faccende da sbrigare per un funerale.

    David si aggira per la casa come un’anima in pena: ci sono mille cose da fare, ma non sa da dove cominciare.

    Saya, per la prima volta dopo mesi sotto le armi, ha indossato gli abiti civili, ma ancora non si sente a casa. È ormai sobrio, ma continua a sentirsi distaccato da ciò che lo circonda. Ecco suo padre Wolf. Saya lo aveva superato di una testa già da qualche anno, e ora gli appare ingobbito ed affaticato dal dolore; anche se cerca di non darlo a vedere, i suoi occhi infossati tradiscono il mare di emozioni che lo agitano dentro.

    La madre ha il viso gonfio, e ormai sembra non avere più lacrime da versare per il dolore.

    Moniech è pallido, stretto nel suo vestito buono. Saya riconosce quell’abito: era stato il suo vestito per le grandi occasioni. Poi la madre, abile sarta, l’aveva adattato per il figlio piccolo, tanto Saya ormai era cresciuto al punto che i calzoni gli sarebbero serviti al massimo come braghe corte per andare al fiume.

    A Rosa invece hanno fatto indossare quel suo vestitino azzurro da cui spuntano i calzettoni bianchi, le trecce poggiate sul suo petto magro.

    Il suo corpo è stato lavato con tre misure d’acqua e deposto nella bara in cui venire sepolta nel cimitero ebraico. Ma’m’ rimane a fissare il torace della figlia, quella gabbia fatta di ossa e carne in cui ancora giace il cuore di Rosa, nella speranza di vederlo muoversi e scorgere ancora gli spasmi così frequenti durante la malattia e poter dire Vedete? È viva!.

    Il corpo della bambina resta immobile, come una statua. A Saya sembra che quel corpicino ben vestito non sia sua sorella: le somiglia, come l’opera di uno scultore che si sia dimenticato di incidere il sorriso irregolare che tutti ricordano.

    Il padre scorge il figlio, facendogli giusto un cenno di saluto mentre gli va incontro senza una parola. I maschi in lutto devono essere silenziosi, o così pensano in molti, per lo meno tra gli adulti. Al piccolo Moniech, aggrappato alla madre, è ancora concesso di piangere, e accompagna m’am’ Rosa nei suoi lamenti. Quando suo padre è abbastanza vicino, Saya sente le braccia del genitore stringerlo in un breve abbraccio. I due si ricompongono e, con un gesto semplice, il maestro prende un lembo della camicia di Saya, sul lato sinistro. Fa uno strappo sul vestito del figlio, il rumore della lacerazione fa venire i brividi a Saya, il segno sul petto parla, anzi urla, di cose che nessuno avrebbe voluto sentire. Tutti i membri della famiglia hanno lo stesso marchio, così come impone la tradizione.

    «Ecco, ora sei pronto anche tu per salutare Rosa» e intanto il padre di Saya gli mette una mano sul petto, aggiustando i lembi di tessuto rotto. Con un tono che sembra quasi rassicurante aggiunge: «Tra una settimana aggiusteremo la camicia.»

    Lo dice come una promessa per un futuro migliore, senza più il peso del dolore, ma Saya sa che lo strappo nella famiglia Fajans non può essere rimesso a posto con un po’ di ago e filo.

    Saya, arrivata la notte, si accorge di ricordare a malapena il funerale appena trascorso. Il dolore sordo e il senso di estraneità sono diventati un tutt’uno con il cielo dispettosamente terso, e

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1