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Prof, io voglio fare l’attore, a cosa mi serve sapere chi è Michael Phelps?
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E-book130 pagine1 ora

Prof, io voglio fare l’attore, a cosa mi serve sapere chi è Michael Phelps?

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Info su questo ebook

Tutto inizia da quella domanda: -Prof, io voglio fare l’attore, a cosa mi serve sapere chi è Michael Phelps?- Siamo in un’aula virtuale, l’insegnante ripercorre insieme ai suoi alunni le vite di alcuni tra i più grandi sportivi che hanno fatto la storia, dallo sport di squadra alle discipline individuali, le loro vittorie e le loro sconfitte, mettendo in luce le speranze e i sacrifici, ma soprattutto i sogni di ognuno, perché come ha detto il grande nuotatore “Sogna più grande che puoi sognare e tutto diventa possibile”. L’autrice ci dona un’opera appassionata sullo sport, che sorprende per l’impatto emozionale che riesce ad esprimere.

Stéphanie Pascali è nata a Parigi il 14 febbraio 1966, vive a Bologna dove insegna Educazione Fisica nella scuola secondaria di 1°grado.
Ha studiato a Foggia, presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica e conseguito poi, in Italia e all’estero, diverse specializzazioni nell’ambito delle Scienze Motorie e Sportive. Si dedica attualmente, all’approfondimento della storia dello sport e fa parte della SISS (Società italiana di storia dello sport).
Tra le tante passioni, la scrittura e la fotografia.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2021
ISBN9791220116091
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    Anteprima del libro

    Prof, io voglio fare l’attore, a cosa mi serve sapere chi è Michael Phelps? - Stéphanie Pascali

    Introduzione

    Una storia da raccontare

    Il Corriere della Sera, Fiorenzo Radogna:

    - Una corsa dinoccolata e madida come certe imprese sportive che si appiccicano alla storia; conclusa in una serata di luci e suggestioni sotto l’arco di Costantino. Con il rumore sordo e ovattato dei suoi passi nudi sul porfido, le urla della gente e lo stupore dell’italiano medio per quei piedi che affrontavano il selciato. Con il coraggio di chi arriva da lontano, ne ha viste tante e non ha paura. Quella di correre scalzo pare fosse stata una scelta tecnica, presa col suo allenatore svedese. Si disse che dalle piante furono poi estratte pietruzze, rametti e schegge di vetro. Ai giornalisti, a chi gli chiedeva il motivo di quella scelta, spiegò che era stata presa anche per ricordare e onorare il proprio popolo. Poverissimo e senza mezzi, spesso nemmeno le calzature … -

    Abebe Bikila nasce a Jato (150 Km da Addis Abeba), in Etiopia, il 7 agosto 1932. È ricordato, nella storia dei Giochi Olimpici, come il più grande maratoneta.

    La vita di Bikila, questo il suo nome, è molto semplice. Suo padre è un pastore, e lui, per aiutare economicamente la famiglia, a 17 anni, si arruola nella Guardia Imperiale. Così, si trasferisce ad Addis Abeba e diventa membro della scorta dell’Imperatore d’Etiopia. I militari facenti parte della Guardia Imperiale hanno una preparazione atletica guidata da un allenatore svedese: Onni Niskanen.

    Bikila è immediatamente notato per le doti fisiche e il forte temperamento. Comincia ad allenarsi in modo costante e serio e i risultati, non tardano ad arrivare.

    Nel 1956, in occasione dei campionati militari, s’impone nella maratona su Wami Biratu, l’atleta favorito, e vince anche i 5.000 e i 10.000 metri.

    Questi primati non sono però sufficienti per una convocazione ai Giochi Olimpici di Roma: la scelta cade, infatti, su Abebe Wakijera. Il destino vuole che, pochi giorni prima della partenza per l’Italia, Abebe Wakijera s’infortuna giocando a pallone, e Bikila è così chiamato a far parte della nazionale etiope.

    Il giornalista americano Richard Benyo scrive di lui:

    - La sua corsa è apparentemente senza sforzo, Bikila è delicato e, nello stesso tempo, incredibilmente forte. È la personificazione di tutto ciò che dovrebbe essere ogni maratoneta. –

    Il 10 settembre 1960 corre la maratona olimpica da atleta sconosciuto: il grande favorito della competizione è il sovietico Sergej Popov.

    Un outsider assoluto, dunque, definito dal giornalista francese Robert Pariente, il primo di una generazione spontanea. Il primo di una serie di atleti che, venuti dal nulla, riescono a conquistare la ribalta mondiale, nello spazio di un’unica gara.

    La maglia di Abebe Bikila è verde, come uno dei colori della bandiera del suo paese.

    I pantaloncini sono rossi.

    L’11 è invece, il suo numero di gara.

    Bikila scrive una pagina indimenticabile nella storia dello sport: vince la maratona olimpica stabilendo il nuovo record del mondo di 2h 15’ 16", scalzo come gli antichi greci da cui la leggendaria disciplina discende.

    Corro scalzo per sentire meglio cosa mi sussurra la strada.

    Abebe Bikila

    L’atleta etiope conduce una gara sempre in testa al gruppo, dopo 10 km rimane solo con altri 3 atleti. Avvincente, nell’ultima parte, il testa a testa con il marocchino Rhadi Ben Abdesselam. Quella sua corsa a piedi scalzi, ricordata nel tempo dalle tante immagini, rimane una testimonianza densa di significati. Si dice che, dopo la gara, quando gli viene chiesto il motivo della sua decisione di correre scalzo, Bikila abbia risposto:

    Volevo che il mondo sapesse che il mio paese, l’Etiopia, ha sempre vinto con determinazione ed eroismo.

    È questa la prima medaglia d’oro olimpica del continente africano e Bikila diventa l’atleta simbolo di un’Africa che si libera dal colonialismo europeo.

    In Etiopia è festeggiato come un eroe: la Guardia Imperiale lo promuove a caporale e gli vengono dati una casa e un Maggiolino Volkswagen.

    Inoltre è anche il primo a conquistare 2 medaglie d’oro consecutive nella maratona olimpica: a Roma nel 1960 e a Tokyo nel 1964. Abebe Bikila vince, dunque, anche l’Olimpiade di Tokyo, nonostante qualche problema fisico che aveva ridotto i suoi allenamenti: stabilisce nuovamente il record del mondo con il tempo di 2h 12’ 11".

    Un’altra grande impresa, ricordata dallo scrittore Charlie Lovett in A Centennial History of the Games’ Most Storied Race, con le seguenti parole:

    - Per Bikila non fu necessaria alcuna strategia. Aumentò gradualmente il proprio vantaggio, correndo con totale concentrazione e precisione. Immagine assoluta del perfetto maratoneta. Era come se il suo corpo galleggiasse sulle strade di Tokyo. –

    Nel 1968 all’Olimpiade di Città del Messico Bikila è costretto al ritiro: l’età (36 anni) e diversi infortuni lo penalizzano in gran misura. Prima di ritirarsi incoraggia il compagno Mamo Wolde perché possa onorare la loro nazione.

    Queste le sue parole:

    Non posso continuare a correre perché mi sono fatto male seriamente. La responsabilità di vincere una medaglia d’oro per l’Etiopia è sulle tue spalle.

    Durante la sua carriera, l’atleta etiope corre quindici maratone: ne vince dodici, si ritira due volte e ottiene un quinto posto.

    Nel 1969, nei pressi di Addis Abeba alla guida della sua auto, è coinvolto in un gravissimo incidente. Il mondo intero si stringe intorno a lui, sono tante le cure cui si sottopone. Per il volere dell’imperatore Hailé Selassié, è trasferito in un rinomato ospedale di Londra, ma le fratture alla colonna vertebrale sono troppo gravi e lo portano alla paralisi.

    Gli uomini di successo incontrano la tragedia. È stato il volere di Dio se ho vinto le Olimpiadi, ed è stato il volere di Dio a farmi incontrare l’incidente. Ho accettato quelle vittorie come accetto questa tragedia. Devo accettare entrambe le circostanze come avvenimenti della vita e vivere felicemente.

    Abebe Bikila

    Queste, ancora, le parole di un uomo, semplicemente … straordinario.

    Il suo infinito amore per lo sport lo porta a trovare la forza di continuare a gareggiare: nelle categorie speciali, nel tiro con l’arco, nel tennis tavolo e perfino con la slitta.

    Cinquant’anni dopo la vittoria di Abebe Bikila, nel marzo 2010 a Roma, gli viene dedicata la sedicesima edizione della maratona, che vede vincere un altro atleta etiope: Siraj Gena. Per rendere omaggio a Bikila, Siraj corre scalzo, avvolto in una bandiera etiope, gli ultimi trecento metri.

    Vince in 2h 8’ 39" e a fine gara ricorda così il suo connazionale:

    - Bikila per me è sempre stato una fonte d’ispirazione enorme. È lui che mi ha dato la forza per vincere questa maratona e ho voluto sentire cosa si prova a superare la linea d’arrivo a piedi nudi, come ha fatto lui quella volta. –

    Abebe Bikila muore nel 1972 a causa di un’emorragia cerebrale: al suo funerale sono presenti la famiglia dell’Imperatore e oltre settantacinquemila persone.

    Lo stadio nazionale di Addis Abeba è a lui dedicato.

    Sulle strade olimpiche di Roma raccontò al mondo il cuore e l’orgoglio della sua terra

    Questo, quello che si può leggere sulla targa commemorativa di Abebe Bikila in via San Gregorio a Roma.

    Tim Judah, uno dei più prestigiosi corrispondenti esteri, è autore della biografia del maratoneta Bikila: Ethiopia’s Barefoot Olimpian. Nel suo libro sono le stesse parole di Abdesselam a ricordare gli straordinari piedi di Bikila: li descrive come composti di piante spesse e nere come il carbone, con la pelle così dura da sembrare il copertone di un camion militare. Ma allo stesso tempo dotati di estrema sensibilità.

    Sono in tanti a

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