L' Eco di Umberto ovvero il Problema Semiotico in Agostino d'Ippona
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Anteprima del libro
L' Eco di Umberto ovvero il Problema Semiotico in Agostino d'Ippona - Antonino Viola
INTRODUZIONE
La nostra ricerca sulle teorie del segno nel De Magistro e nel De Doctrina Christiana di Agostino mira a tematizzare il problema semiolinguistico secondo coordinate puramente filosofiche prescindendo dalle pur presenti implicazioni teologiche. Diversi sono gli studiosi che si sono occupati, da differenti punti di vista, del rapporto tra Agostino e la semiotica, intesa come tentativo di realizzare una teoria generale del segno e dei modi di produzione segnica. Appare, dunque, opportuno, prima di cominciare l’analisi vera e propria dei testi agostiniani, delineare quello che è andato configurandosi come lo status quaestionis
: molti interpreti, sia del De Magistro che del De Doctrina Christiana, attribuiscono ad Agostino, in relazione alla tematica semiolinguistica, il primato, non solo cronologico, di aver saputo cogliere la novità di una teoria che mira a definire contemporaneamente segni e parole. A questo proposito G. Cenacchi afferma: Ecco perché Agostino tenta, per primo nella storia della teoria linguistica, di rendere
comprensibile il segno in quanto tale e di condurre lo scolaro nel De Magistro alla riflessione
interiore con azione nuova e feconda di
intenzionalità (1). Questa frase del Cenacchi mira a riabilitare il De Magistro:
Oggi la linguistica in generale e i segni linguistici in particolare hanno uno stuolo di studiosi di tutto rispetto, ma purtroppo il De Magistro non è quasi mai citato e lo si ritiene operetta pedagogica e quindi quasi insignificante (2) e continua:
Non siamo del parere che Agostino non abbia capito il valore espressivo e comunicativo del linguaggio, intento solo, come affermano non pochi critici, al valore strettamente pedagogico del De Magistro, perché egli insiste continuamente sulla natura linguistica e semiotica del segno-parola e della cosa significata (3). Inoltre, secondo G. Manetti
con Agostino si opera, per la prima volta e in maniera esplicita, una completa saldatura fra la teoria del segno e quella del linguaggio. Per trovare una altrettanto rigorosa presa di posizione teorica bisogna aspettare il Corso di linguistica generale
di Saussure, scritto quindici secoli dopo (4) e continua affermando che
la grande importanza che la tematica semiolinguistica ha in Agostino deriva in gran parte dal suo assorbimento della lezione stoica, come del resto testimonia il trattato giovanile De Dialectica (387): in esso sono riassunti molti dei principali temi stoici in materia semiotica, tra cui il principio che la conoscenza è, in linea generale, conocenza attraverso i segni. (5) Al contrario, l’interpretazione di T. Todorov ci sembra più prudente quando afferma, nel capitolo intitolato
La nascita della semiotica occidentale :
Il titolo ambizioso che precede mi obbliga a cominciare con una restrizione. Sono partito da una nozione sommaria di ciò che è la semiotica, ma solo due delle sue componenti sono determinanti ai fini di questo lavoro: il fatto che si ha a che fare con essa con un discorso il cui obiettivo è la conoscenza (non la bellezza poetica o la pura speculazione) e il fatto che il suo oggetto è costituito da segni di specie differente (e non soltanto di parole, ad esempio). Mi pare che queste due condizioni si trovino pienamente soddisfatte, per la prima volta, nell’opera di Agostino. Ma Agostino non ha inventato la semiotica; al contrario si potrebbe affermare che egli non ha inventato nulla, ma si è limitato a comporre e riorganizzare idee e nozioni provenienti da orizzonti diversi (6) e continua nel capitolo dedicato alla
sintesi agostiniana e intitolato
Definizione e descrizione del segno :
Agostino non ha ambizioni di semiotico, la sua opera si organizza intorno a un obiettivo di carattere completamente diverso (religioso): è solo via facendo e ai fini di questo diverso obiettivo che egli enuncia la sua teoria del segno. Ciononostante il suo interesse per la problematica semiotica sembra più grande di quanto lui stesso non dica o addirittura non pensi: in effetti durante tutta la sua vita egli ritornerà su queste questioni. Il suo pensiero in materia non rimane costante e bisognerà osservarlo nella sua evoluzione. I testi più importanti dal nostro punto di vista sono: un trattato giovanile, considerato talora inautentico, De Dialectica, scritto nel 387; De Doctrina Christiana, testo centrale sotto ogni punto di vista, scritto per la parte che ci interessa nel 397 e il De Trinitate, datato 415, ma innumerevoli altri testi contengono indicazioni preziose (7). Come si può facilmente notare, in quest’ultima citazione di Todorov manca il De Magistro e nel resto della sua analisi questa lacuna non verrà mai colmata. Tuttavia, ci sembra più interessante, a conclusione di questa introduzione della nostra analisi del problema delle teorie del segno dal De Magistro al De Doctrina Christiana citare la posizione di uno studioso di cui T. Todorov, senza esplicitarne i motivi, sconsiglia la lettura: si tratta del saggio di R. Simone intitolato
Semiologia agostiniana :
Nei confronti di queste [sc. aristotelica e stoica] tradizioni semiologiche che egli deve certamente aver conosciuto, Agostino assume una posizione per più aspetti completamente nuova. Egli ha profondamente assimilato la semiologia stoica, di cui ha accolto non solo le categorie, ma insieme l’impianto, sicché la conoscenza è anche per lui conoscenza dia semeion
. Ma d’altro canto ha saldato, su questa tradizione, la teoria cristiana (e in ultima analisi platonica) del segno, per la quale le cose create non sono che un indizio, un segno appunto, di una superiore volontà, che, non potendo manifestarsi direttamente agli uomini, è costretta a significare se stessa creando (8). In primo luogo analizzeremo distintamente le due opere di Agostino, il De Magistro e il De Doctrina Christiana, riservandoci una sede di confronto per evidenziare eventuali sviluppi o difformità. Il nostro punto di vista cercherà di chiarire ed esplicitare tematiche puramente filosofiche, pur essendo consci del fatto che l’interesse principale dell’opera di Agostino consiste nel costante impegno nel testimoniare la propria fede religiosa. Tuttavia, laddove l’argomentare del nostro autore presenti un intreccio inestricabile di tematiche
laiche" e religiose, prenderemo atto di quelle teologiche e ci limiteremo a discutere quelle filosofiche secondo l’impostazione stessa del pensiero agostiniano che mira ad accettare con un atto di fede le verità scritturali e nel medesimo tempo sottopone ad una serrata dialettica i risultati della speculazione delle scuole filosofiche di cui era prevalentemente a conoscenza. Il De Magistro si presenta nella forma espositiva del dialogo a due voci ed ha come modelli storici: da una parte il dialogo filosofico di origine platonica e dall’altro esempi di manuali di grammatica ancora esistenti al suo tempo come l’ Ars Minor di Donato che si svolge in forma di dialogo tra un anonimo maestro e un altrettanto anonimo discepolo (9) a differenza del De Magistro in cui Agostino dialoga con il figlio Adeodato attribuendogli realmente la maggior parte degli interventi. Viceversa il De Doctrina Christiana