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Le favole della buonanotte
Le favole della buonanotte
Le favole della buonanotte
E-book85 pagine1 ora

Le favole della buonanotte

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Info su questo ebook

“ Come i disegni di bambini sulla spiaggia, travolti sotto le onde del mare.”
 
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2022
ISBN9791220124140
Le favole della buonanotte

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    Le favole della buonanotte - Dario Chiariglione

    cover01.jpg

    Dario Chiariglione

    Le favole della buonanotte

    © 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-1850-7

    I edizione gennaio 2022

    Finito di stampare nel mese di gennaio 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Le favole della buonanotte

    Per Viola, che possa volare libera come una rondine; per il suo amore affinché risieda per sempre nel mio cuore. Per lei che mi fa ricordare.

    Memento

    La memoria e il ricordo sono armi.

    L’uomo può ferire o esserne ferito.

    DOPO LA GUERRA

    Ci sarà un giorno¹…

    Un contadino felice che arerà la terra e

    guiderà l’aratro collegato ad un bue.

    Il sorriso si levava gaio e acceso sul suo volto, i muscoli tesi sotto il sole estivo e caldo cercavano di mantenere l’equilibrio dell’aratro. Lunghi solchi di terra bruno-scura dividevano il futuro campo di grano in linee precise e parallele. Uno sbuffo contrariato di Julio, l’enorme bue, tagliò il silenzio nell’aria secca. Una bestia imponente, una macchia nera in una distesa di terreno marrone e il giallo di un deserto sconfinato e misterioso, che si apriva oltre il campo.

    Ve lo dico fin da subito, nessun uomo avrebbe sopportato simile paesaggio, ma Hector lo fece, e per molto tempo. Erano passati quindici anni da quando non aveva visto altro che questa distesa di nulla. Come tutti i deserti era caldo e secco durante il giorno, ma di notte Hector doveva coprirsi con tutte le poche coperte che possedeva. Coltivava il frumento in un pezzo di terra, per se stesso e il suo unico compagno da tredici anni, il bue. L’acqua usciva limpida e fresca da un pozzo dietro la piccola casetta, l’unica costruzione per chissà quante migliaia di chilometri.

    Vi starete chiedendo cosa ci facesse un contadino nel deserto? Ora ve lo spiego.

    Hector è un uomo fortunato, sebbene sia solo e in mezzo ad un deserto sconosciuto, è un sopravvissuto. Un sopravvissuto alla guerra. Quale guerra? Una delle tante che i giorni, terminati e che devono sorgere ancora, hanno visto e vedranno. Ma non parleremo di quella guerra. Non oggi; non è il momento; non è il passato che verrà raccontato. Volete conoscere la sua storia? Bene perché supera la fantasia, supera la guerra ed è giusto ricordare come il sottoscritto ha incontrato questo antico soldato e nuovo contadino. Ma partiamo dall’inizio della storia, che egli stesso una sera mi raccontò.

    Hector e il suo amico Julio, un suo compagno di guerra (sì, lo stesso nome del bue…poi vi spiegherò, non siate impazienti), stavano scappando da una battaglia. Quel giorno il loro esercito subì una brutta sconfitta e numerose perdite. Nessuno, anche se scappando verso la città più vicina, ce l’avrebbe fatta. Decisero così di tentare la fortuna, decisero di dirigersi verso il deserto vicino, l’unica via di scampo. Nessun altro li seguì. Nessuno era mai tornato da quel deserto, ed era meglio cadere con onore per la patria che cercare di fuggire come un codardo per poi lasciarci comunque le penne. Quando il sottoscritto lo conobbe lo rimproverai per essere fuggito via, dal mio punto di vista l’onore veniva prima della Vita e della Morte. Ma non per tutti è così, la paura è un aratro senza un contadino, in balia non di un bue ma di un toro impazzito, perché ha visto il rosso. Lo stesso colore che la guerra fa scorrere sulle vie per la pace.

    Così, come stavo narrando, i due confratelli d’armi presero questa vile ma allo stesso tempo coraggiosa scelta di fuggire nel deserto. Prepararono dei viveri, delle coperte, raccolsero più acqua che poterono mettere nelle borracce, anche di coloro che erano caduti. Partirono all’alba, lasciandosi dietro le spalle i suoni della battaglia, lasciando quei compagni che la sera prima erano stati esortati a venire con i due disertori. Hector e Julio erano sempre state anime libere che non riuscivano a vedere la guerra come inizio della pace, non vedevano negli ordini dei superiori dei consigli. Forse perché erano giovani, i più giovani del plotone, troppo giovani per la guerra, troppo deboli per sorreggere l’aratro del toro.

    A mezzogiorno erano nel deserto, intorno a loro solo dune e sabbia, qualche roccia sparsa che fuoriuscendo dal deserto chiedeva di essere vista e considerata, niente di più². Cercavano disperatamente di trovare l’orientamento osservando la lunga linea di orme che si stavano lasciando dietro, cercandone con fortuna delle altre. Il loro obiettivo era quello di aggirare la battaglia, e magari la guerra stessa, facendo il giro attraverso il deserto, e poi una volta usciti, al cosa fare nessuno dei due ci pensò. Erano troppo concentrati a non perdersi nel deserto. O forse non ci pensarono perché oltre al coraggio avevano perso anche la speranza. Cinque giorni passarono, soffrirono la sete e la fame. Erano dimagriti e come sospettarono, dopo la prima notte, persero le tracce lasciate alle loro spalle. Un vento caldo e forte modellò le dune durante il sonno dei due soldati. La mattina si risvegliarono con le gambe e braccia ricoperte. Non si accorsero di nulla perché il deserto è paziente e silenzioso. Se ne sarebbero accorti solo se li avesse coperti fino alla testa.

    Hector e Julio si conoscevano dall’infanzia, erano legati da una forte amicizia, ma quest’ultima, come in tutte le situazioni critiche, venne messa alla prova. Julio era il più vivace e socievole, un attaccabrighe, ma sapeva raccontare storie. Mi rispecchio molto in lui. Hector mi raccontò che da bambini sotto le stelle di notte riusciva ad inventare miti e storie sull’origine delle costellazioni. Ma solo questo ricordò, ci arriveremo poi al perché. Dicevo, Julio era il più

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