12 Febbraio: Romanzo
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Siamo agli inizi del febbraio 1975, anno di elezioni regionali e comunali che si terranno fra domenica 15 e lunedì 16 giugno. Gli elettori di centro-destra sono in ansia: prevedibilmente, nella maggior parte delle regioni e dei comuni il Partito Comunista italiano sta per raccogliere i frutti della propria semina di promesse d’una società migliore e, in primo luogo, ordinata che, dopo ben otto anni di manifestazioni di piazza spesso violente e d’ancor più allarmanti terrorismo fascista bombarolo ed estremismo comunista rivoluzionario-pistolero, sta spargendo a larghe mani sui cittadini. Sono le ore 23 e 40 di mercoledì 12 febbraio, siamo a Torino: un alto esponente del partito che, fin ad allora, ha avuto la maggioranza sia nel Paese sia, di gran norma, localmente, la Democrazia Cristiana, imprenditore ricchissimo, d’idee conservatrici, consigliere e assessore regionale e candidato nelle elezioni piemontesi di giugno, nel tornare a casa a piedi da una riunione nella vicina sede del Consiglio Regionale, è freddato innanzi al portone da due colpi di pistola. Dirige le indagini sul delitto il vice questore Vittorio D’Aiazzo. Il funzionario pensa a uno dei tanti attentati a uomini politici e magistrati perpetrati nello stesso periodo dalle Brigate Rosse, ma l’assenza di rivendicazioni, diversamente dalla consuetudine di quell’organizzazione eversiva, sempre pronta a lanciare un comunicato stampa sul crimine compiuto, lo fa ricredere: il movente, più verosimilmente, può essere privato oppure sì a sfondo politico ma per un qualche interesse personale. Le indagini si snodano, come nella prassi, anzitutto nell’ambiente familiare dell’ucciso, poi tra le amicizie e nell’ambiente di lavoro; si cercano eventuali amanti, e i loro relativi coniugi gelosi, tanto della moglie, cardiochirurga di fama internazionale, quanto della stessa vittima. Intanto s’analizza il carattere del defunto uomo politico che, a un certo punto, appare essere stato, nella vita privata e nella propria grossa azienda, violento fin al sadismo: una vendetta di qualche vittima?! Le indagini vanno avanti a lungo senza esito e, il 12 febbraio dell’anno seguente, un altro assassinio, sempre d’una personalità politica, viene inaspettatamente perpetrato. Anche il 1976 è anno di elezioni e il pericolo è ben più grave per il centro-destra che nell’anno precedente: si tratta infatti del rinnovo dei membri della Camera e del Senato e i comunisti paiono ancor più prossimi alla vittoria: s’attuerà la minaccia che, fin dal dopoguerra, i democristiani vanno sventolando innanzi agli elettori moderati citando un’antica profezia, il pericolo dei cosacchi che abbeverano i cavalli nelle fontane di Roma? L’Unione Sovietica diverrà di fatto padrona dell’Italia? Il comunismo nelle elezioni del ‘76 non vince, ma tallona gli altri partiti e si prepara a espandersi e governare. Nel 1977 viene perpetrato un altro delitto, stavolta vittima un giovane e ricchissimo esponente della Democrazia Cristiana: di nuovo in un 12 febbraio. Le indagi
Guido Pagliarino
Guido Pagliarino è laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino con una tesi di ricerca storica pubblicata a cura dell’Istituto di Storia Economica e Sociale. Di particolare interesse durante i suoi studi erano state la medesima disciplina e la Storia delle dottrine economiche e sociali, sotto le guide dei compianti professori Carlo Cipolla e Mario Abrate. Negli anni, insieme ad altri interessi culturali, è continuato quello storico e Pagliarino ha pubblicato diversi saggi su pensiero e storia cristiani. È autore inoltre di romanzi e versi. Per la sua opera edita fin al 1996, nel 1997 gli è stato assegnato il "Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri". Trascurando i volumi più antichi, l'autore ha pubblicato negli anni 2000 i seguenti libri, in parte scritti nel decennio precedente: a) Editi dalla 0111 Edizioni: Il mostro a tre braccia e I satanassi di Torino, due romanzi brevi, 2009 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) ISBN 978-88-6307-195-5 - Svolte nel tempo, 2011 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (PRIMO ASSOLUTO sezione "Narrativa edita" al Premio Creativa VI Edizione : http://www.edizionicreativa.it/content/cms/db/pages/54/risultati%20premio%20creativa.pdf ) libro: ISBN 978-88-6307-350-8 e-book: ISBN 978-88-6578-039-8 b) Editi da GDS Edizioni: - Vittorio il barbuto, romanzo breve, 2010 ISBN 9788896961537 - Creazione ed Evoluzione, saggio, 2011 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA al "Premio Nazionale di Arti Letterarie 2010, sezione inedito": http://www.pagliarino.com/images/premio_10_arti_letter_500x364.JPG ) Edito, FINALISTA premiato con diploma al "Concorso Mario Pannunzio 2011": ( http://www.pagliarino.com/premio3_Pannunzio_finalista_2011.htm ) Edito FINALISTA premiato con medaglia e diploma al "Premio Marchesato di Ceva 2014" ( http://www.pagliarino.com/premio_Marchesato_Ceva_finalista_2014.htm ) libro: ISBN 97888896961759 e-book: ISBN 978-88-96961-82-7 - Il terrore privato, il terrore politico, romanzo, 2012 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (ROMANZO 2° CLASSIFICATO al Premio internazionale Marguerite Yourcenar 2013 Punctum Literary Agency.eu : http://www.pagliarino.com/images/Premio_Yourcenar_Pagliarino_tra_i_5_finalisti.jpg ) libro ISBN 978-88-97587-62-0 e-book ISBN 978-88-97587-71-2 - Sindòn la misteriosa Sindone di Torino, saggio, 2013 (© Editrice GDS) (("Menzione d'onore della Giuria" al "Premio Nazionale di Arti Letterarie Città di Torino" - X Edizione: http://www.pagliarino.com/Sindon_segnalazione_pr_Arti_letter.htm ) libro ISBN 978-88-67820-55-9 e-book ISBN 978-88-67820-88-7 c) Editi dalla Prospettivaeditrice: - La vita eterna; sull’immortalità tra Dio e l’uomo, 2002 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (PRIMO ASSOLUTO AL "PREMIO CITTA' DI TORINO 2003": http://www.pagliarino.com/premio2003_c_torino.htm ) ISBN 88-7418-106-X - Gesú, nato nel 6 ‘a.C.’ crocifisso nel 30, 2003 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) ( Segnalazione di Merito al "PREMIO PER LA PACE 2004" del Centro Studi Cultura e Società : http://www.pagliarino.com/premio_pace-2004_gesu'.htm ) ISBN 88-7418-072-1 - Cristianesimo e Gnosticismo; 2000 anni di sfida, 2003 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) Secondo Premio Saggistica al Concorso "Città di Salò" 2005 : http://www.pagliarino.com/premio_salo'_2005.htm ) ISBN 88-7418-177-9 - Il giudice e le streghe, romanzo, 2006 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (Targa e diploma - Menzione d'onore al "Premio Letterario Nazionale Di Benedetto 2009" :http://www.pagliarino.com/prem_De_Bened-09.htm ) ISBN 978-88-7418-359-3 - Le indagini di Giovanni Marco cittadino romano, romanzo, 2007 (FUORI CATALOGO © GUIDO PAGLIARINO) (Premio Speciale della Critica al Premio Letterario Nazionale "Alfonso Di Benedetto" 2008 : http://www.pagliarino.com/premio-A-Di-Benedetto-2008_indag-Giov-Marc.htm Premiato al Premio "Aldo Cappelli - Romanzo storico" - Concorso Nazionale Letterario GARCIA LORCA : http://www.pagliarino.com/pr_g_lorca-2_capelli_giov_marco.htm ) ISBN 978-88-7418-343-7
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Anteprima del libro
12 Febbraio - Guido Pagliarino
Opera distribuita da Tektime S.r.l.s. Unipersonale, Via Armando Fioretti, 17 , 05030 Montefranco (TR) – Italia – P.IVA/Codice fiscale: 01585300559 –Copyright © 2022 Guido Pagliarino – All rights reserved to Guido Pagliarino – Tutti i diritti appartengono a Guido Pagliarino –
Guido Pagliarino
12 FEBBRAIO
Romanzo
Guido Pagliarino
12 FEBBRAIO
Romanzo
Distribuzione Tektime
Copyright © 2022 Guido Pagliarino – Tutti i diritti appartengono all’autore
Fonte dell’immagine di copertina: Radio 105 TV Network https://www.105.net/news/tutto-news/260684/donna-chiama-i-carabinieri-dopo-aver-trovato-una-pistola-in-casa-ma-era-un-accendino.html
Nessuna persona realmente esistente o esistita appare in questo romanzo, a parte le figure storiche citate generalmente note e non partecipanti all’azione. I personaggi, i nomi di persona, di enti, ditte e società e di prodotti e i servizi che appaiono in questa narrazione e gli avvenimenti narrati sono del tutto immaginari. È da considerarsi assolutamente casuale e involontario ogni eventuale riferimento a persone reali e, in generale, alla realtà, presente o passata, personale, familiare, professionale o istituzionale.
I
Erano i primi di febbraio del 1975, anno di elezioni regionali in Piemonte e comunali nella mia Torino. Si sarebbero giocate fra domenica 15 e lunedì 16 giugno. Palpiti ansiosi tamburavano nei petti degli elettori di centrodestra perché il Partito Comunista Italiano stava, prevedibilmente, per raccogliere i frutti della propria semina di promesse d’una società migliore e, in primo luogo, ordinata che, dopo ben otto anni di manifestazioni di piazza spesso violente e d’ancor più allarmante terrorismo fascista bombarolo e di certo estremismo comunista rivoluzionario-pistolero, stava spargendo a larghe mani sugli elettori. Le statistiche preelettorali facevano supporre che ne sarebbero stati influenzati anche molti votanti che, in passato, avevano scelto la poco concludente Democrazia Cristiana. Per la seconda volta dai primi anni del dopoguerra, Torino poteva ritrovarsi con un sindaco del Partito Comunista Italiano¹ mentre, simmetricamente, la Regione aveva molte possibilità di veder sedere sul suo seggio presidenziale una figura dello stesso partito o del Partito Socialista marxista. Come si sarebbe visto dopo il voto, i comunisti avevano ben motivo di pregustare progressi e i democristiani di temerli: è Storia che le elezioni comunali avrebbero portato al Partito Comunista, grazie al 37,85 per cento dei voti validi, ben 31 consiglieri cui se ne sarebbe unito un altro della lista d’arcisinistra di Democrazia Proletaria, contro, per non citare gli altri partiti sconfitti, il 24,50 per cento di voti e 20 consiglieri dell’avversaria Democrazia Cristiana; e il 16 giugno la vittoria avrebbe arriso al Partito Comunista anche alle elezioni regionali, pur se con uno scarto minore, 22 seggi contro i 20 dei democristiani, e il nuovo Governo piemontese non sarebbe più stato di centrosinistra ma di sinistra: Partito Comunista - Partito Socialista.
Nondimeno non è la prova elettorale del 1975 in sé ma un omicidio che la precedette di qualche mese, avente a bersaglio un autorevole candidato al Consiglio Regionale, a dare il là a questo nuovo episodio della saga poliziesca che io, Ranieri Velli scrittore e giornalista torinese, sto stendendo da anni sulla figura del mio amico Vittorio D’Aiazzo, un’epopea iniziata col napoletano mio amico ventitreenne vice commissario nella sua città nel 1943, anno delle gloriose Quattro Giornate di Napoli² .
Nel 1975 Vittorio era ormai salito a vice questore e dirigeva la Sezione Omicidi e reati contro la persona della Questura torinese.
L’avevo conosciuto e avevo collaborato con lui nella Questura di Genova prima del nostro trasferimento a Torino³ , egli commissario mio superiore, io suo aiutante: in quel tempo ero ancor lontano dal congedarmi dal Corpo e soddisfare la mia vocazione letteraria e giornalistica.
Eravamo entrambi amanti della poesia, lui suo appassionato lettore, di opere classiche soprattutto pur non disdegnando autori contemporanei, io, quanto meno nei primi anni del nostro sodalizio, prima di passare interamente alla narrativa e al giornalismo, discreto poeta con qualche buon successo all’attivo⁴ . Eravamo usi discutere anche di poesia durante le passeggiate che, quasi ogni settimana, facevamo per le vie del centro in ore libere dal lavoro. Fisicamente eravamo persone molto diverse. Lui era robusto ma non alto, sul metro e sessantacinque, aveva occhi nocciola ed esibiva una folta barba grigiastra lasciata crescere per bilanciare, un poco, un’incipiente calvizie che aveva quasi sostituito la fluente zazzera scura d’un tempo. Io ero alto un metro e 90, avevo occhi azzurri e capelli ancor naturalmente biondi con qualche filo grigio alle tempie. Era più anziano di me, nell’anno in cui la vicenda che sto narrando s’avvia aveva 55 anni, io 45. Mentr’io ero uno scapolo vocato e le mie relazioni sentimentali erano sempre state di breve durata, a parte una sola tentazione matrimoniale presto respinta nel 1969⁵ , l’amico era intimamente desideroso d’un rapporto per la vita; a lungo però non aveva avuto fortuna, essendo stato prima abbandonato dalla giovanissima moglie e quindi dalla nuova compagna quasi altrettanto giovane; solo nel 1973 finalmente, in circostanze piuttosto singolari⁶ , s’era acceso in lui un amore appieno ricambiato, non più per una superficiale ragazza ma verso un’assennata coetanea, Luisa Manforti, investigatrice privata. La sua innamorata era una giovanile signorina cinquantunenne che dirigeva l’agenzia privata d’indagini e servizi di scorta Sam Buzzi, impresa che dello scomparso fondatore manteneva solo più il nome e apparteneva interamente alla sua ex moglie, un’avvocata che riponeva fiducia massima nella direzione di Luisa, già valente collaboratrice nel suo studio legale⁷ . L’amata di Vittorio era slanciata e in carne nei posti giusti, si presentava con un viso ancor fresco sovrastato da capelli lucenti tinti in rosso rame e una bella bocca non artefatta da rossetti: sicuramente poteva attrarre anche un uomo più giovane di lei e, a maggiore ragione, un signore dell’età di Vittorio, anche perché era persona di mite e cordiale carattere; e tuttavia infiammabile assai, quando la sua professione o qualsiasi altra bisogna lo reclamasse. Abilissima nella lotta giapponese, Luisa era donna coraggiosa fisicamente e salda psicologicamente, pur potendo in rari casi soggiacere all’ansia, come tutti. Secondo il suo innamoratissimo fidanzato, Luisa aveva quasi solo meriti su meriti e una sola debolezza, che lui considerava però veniale anche se un po’ fastidiosa: amava certi sigaretti spagnoli e se ne fumava quotidianamente, senza aspirarli ma assaporandoseli a lungo in bocca, almeno cinque o sei; e Vittorio proprio non sopportava il fumo e men che mai il più puzzolente di tutti
, come definiva quello del cigarrillo. Dunque, quand’ella era ospite d’amore in casa di lui, evitava di toccare il proprio portasigaretti, pronta però ad accendere uno di quegli zampironi sulla strada non appena uscita; e quand’era lei a ospitare Vittorio, prima ch’egli arrivasse dava ben bene aria all’appartamento. In entrambi i casi sciacqui su sciacqui della bocca di Luisa precedevano l’incontro. Si amavano molto, ma il cigarrillo era stato insormontabile ostacolo a un matrimonio, che pur Vittorio avrebbe gradito e lei non disdegnato: ciascuno a casa sua e insieme soltanto per volersi bene, senza fumi estranei durante le ore dell’amore.
II
Il consigliere e assessore regionale geometra Gaspare Beltramotti era stata freddato per via con due colpi di pistola alle 23 e 40 di mercoledì 12 febbraio 1975: uno dei più importanti esponenti locali della Democrazia Cristiana, proprietario d’una catena di negozi alimentari e di molti altri beni e uomo politico sicuro di venir inserito sempre in alta posizione nella lista dei candidati alle elezioni regionali, stavolta non avrebbe potuto, in caso di vittoria del partito, rioccupare il suo vecchio seggio in Consiglio Regionale né far parte della Giunta.
Per i periti balistici della Questura era stato un solo individuo a sparare, ché i due proiettili estratti dalla schiena della salma erano stati esplosi da un’unica pistola calibro 7,65, verosimilmente una Beretta brevetto 1915, arma in uso nell’Esercito Italiano durante la Prima Guerra Mondiale avente caricatore da 8 colpi invece dei 7 della successiva Beretta calibro 9. I due bossoli espulsi dall’arma e ritrovati dagli agenti sul selciato s’accordavano a quel modello. Non c’erano stati testimoni diretti dell’atto criminale. Si poteva supporre che l’assassino avesse atteso nell’ombra il Beltramotti in prossimità di casa e, all’arrivo dell’uomo politico, che stava tornando a piedi dalla non lontana sala del Consiglio Regionale, gli fosse sbucato alle spalle e, presolo di mira, lo avesse ucciso mentre stava per entrare nel palazzo. La strada, immersa nella notte rischiarata assai debolmente da due fanali fra loro distanti, era in quei momenti deserta. L’assassino era stato visto soltanto dopo il misfatto e per brevi momenti, mentre si dileguava nello stesso buio da cui doveva essere uscito; erano stati alcuni proprietari e inquilini del palazzo della vittima e dello stabile prospiciente a vederlo o, per meglio dire, a intravvederlo, affacciatisi dopo aver udito i due colpi di pistola: era infagottato in un pastrano molto largo e la sua testa era coperta da un cappello di feltro tipo Borsalino o Bantam abbassato totalmente a coprirne il volto; non correva allontanandosi ma solo camminava, come se fosse stato certo dell’impunità.
Data l’importante posizione politica ed economica del bersaglio e considerando che le sue idee erano di centro-destra, i sospetti degl’investigatori della Sezione omicidi e reati contro la persona s’erano indirizzati in un primo tempo al terrorismo pistolero delle Brigate Rosse, continuando l’Italia a esser soggetta, oltre a violenze di piazza, a quel terrorismo di destra e di sinistra che sarebbe durato ancora per molti anni a venire. Poiché però i brigatisti rossi erano usi rivendicare, il giorno stesso o il seguente, le loro sanguinarie prodezze con volantini e ciò non era accaduto, l’ipotesi della loro colpevolezza s’era affievolita: il movente non aveva necessariamente da essere politico, l’autore del crimine poteva essere un odiatore della vittima o qualcuno che aveva voluto eliminarla per interesse. Il mio amico Vittorio non aveva voluto abbandonare del tutto l’ipotesi dell’attentato politico, ma l’aveva considerata subordinata e aveva incaricato l’unità operativa guidata dal commissario Aldo Moreno e dal suo vice, il maresciallo ordinario Evaristo Sordi, di proseguire le indagini secondo le altre ipotesi.
Come nella prassi, il Moreno aveva ordinato al Sordi di puntare anzitutto lo sguardo sull’ambiente domestico della vittima e sulle amicizie