La Fabbrica Dell’oblio
Di Fulvio Fusco
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La Fabbrica Dell’oblio - Fulvio Fusco
40
Capitolo 1
Chiudere gli occhi per almeno dodici ore e dormire profondamente era il suo pensiero in quel momento, negli ultimi giorni aveva fatto un tour de force di lavoro, le ripetute indagini l’avevano costretta a fare degli orari quasi impossibili, per fortuna poteva contare su dei validi collaboratori che oltre gli uffici, erano sguinzagliati in diverse zone della città e dintorni.
La sua carriera di poliziotto era iniziata molto presto, dopo gli studi liceali aveva frequentato la facoltà di giurisprudenza laureandosi a pieni voti, poi a ventiquattro anni, si era arruolata in polizia frequentando subito un corso di criminologia; superati i test finali nel 2004 era stata assegnata alla questura di Monza come vice commissario, e lì aveva trascorso tre anni riuscendo a collaborare attivamente e risolvendo diversi casi di rapine e due omicidi.
Dopo quel periodo Milena Sarchi era stata trasferita a Vicenza e aveva assunto il ruolo importante di commissario capo, poteva contare di molti uomini e donne al suo comando e il suo vice Marco Farelli le dava un valido aiuto.
Milena era una donna molto graziosa, 1,70 di altezza, capelli corti neri e occhi scuri, con un corpo agile e sinuoso, quando trovava un po’ di tempo frequentava la palestra della questura e in precedenza anche quella di Monza, era diventata in soli quattro anni cintura nera di Ju jitsu, un’arte giapponese che l’aveva resa molto più sicura di se stessa.
Marco invece anch’esso laureato, aveva trentadue anni, era diventato esperto a svolgere indagini nei sequestri di persone e criminalità varie, era fidanzato da diversi anni con Serena di ventisette anni, ma per ora non pensavano al matrimonio, convivevano a Vicenza in un piccolo appartamento condominiale, lei era insegnante in una scuola materna.
Anche Marco aveva fatto tutta la trafila superando brillantemente vari concorsi e forse tra qualche anno gli avrebbero affidato il commissariato di qualche altra città.
Milena era stata fidanzata con un suo collega di nome Enrico un paio d’anni più giovane di lei, ma come spesso le dicevano, il ragazzo era meglio farselo fuori dall’ambiente di lavoro, infatti solo dopo due anni l’aveva lasciato, non tanto perché non gli volesse bene, ma perché lui si ostinava a chiederle di lasciar perdere la carriera in polizia e di farsi una famiglia con lui a Milano dove era nato e cresciuto; suo padre aveva una concessionaria di automobili molto ben avviata e faceva spesso pressione all’unico figlio perché andasse a lavorare con lui.
Enrico era poliziotto scelto e non aveva ambizioni di carriera, anzi aveva preso la decisione di dimettersi, faceva servizio di pattugliamento in macchina, un lavoro pericoloso che per la sua mania delle armi aveva scelto anche contro la volontà del padre.
Milena era nata in periferia di Bologna nel 1978 dove risiedevano ancora i suoi genitori che avevano una gioielleria, sua sorella Micaela aveva venticinque anni e si era appena laureata in ingegneria aerospaziale ed ora frequentava un master di specializzazione a Roma, suo fratello Flavio invece aveva solo vent’anni, dopo il liceo non aveva proseguito gli studi, faceva qualche lavoro saltuario come cameriere stagionale e non voleva nemmeno aiutare i genitori nel loro negozio, era diventato un abilissimo sciatore e il suo desiderio era quello di diventare maestro di sci.
Quando poteva Milena si recava dai suoi familiari a Bologna in auto, possedeva una Mini Cooper verde scuro a cui era molto affezionata; anche quando era fuori dal suo distretto di competenza il suo cellulare di servizio squillava in continuazione, spesso era Marco che l’aggiornava su questa o su quella indagine, ne aveva anche uno personale di cui conoscevano il numero solo pochi intimi, tra questi il suo nuovo amico Toni Ravetti.
Toni aveva quarant’anni ed era celibe, l’avevano arrestato con l’accusa di rapina a mano armata e volto coperto con un fazzoletto in una farmacia a Vicenza, era stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza di una banca mentre quella mattina si aggirava lì vicino; la sua fronte e i suoi capelli risultarono evidenti sul video registrato, purtroppo Toni per quella mattina non aveva un alibi credibile, aveva fatto nella vita diversi mestieri e ultimamente faceva sondaggi porta a porta per una grande agenzia immobiliare.
La mattina della rapina lui era ancora a casa a programmare l’itinerario di quel giorno, ma alla polizia che lo aveva arrestato non credettero alla sua versione, i dottori della farmacia e alcuni clienti presenti quel giorno conoscendolo l’avevano indicato come il sicuro rapinatore.
Marco Farelli si era occupato del caso ed era giunto alla conclusione, visti i diversi testimoni e la reale somiglianza nel video registrato, che fosse colpevole ed era stato chiuso nelle carceri di Vicenza.
Toni Ravetti aveva rivolto appelli da ogni parte, diceva di essere innocente, il suo avvocato andò a parlare direttamente con il commissario capo Milena Sarchi e conoscendo la sua bravura, le chiese di rifare le indagini sulla rapina e sul suo assistito.
Milena non voleva interferire sulle conclusioni raggiunte dal suo collega, ma il suo sesto senso la convinse lo stesso a recarsi in carcere e parlare con Toni; l’uomo ripeté per l’ennesima volta la sua versione, che quella mattina era a casa anche se non poteva dimostrarlo.
Il commissario informò il suo vice e riprese le indagini visionando ripetutamente il video che riprendeva l’uomo di spalle sul marciapiede, notò una piccola ombra scura sul lato sinistro della fronte in un momento in cui si voltava e si passava la mano tra i capelli comprendo con l’avambraccio gran parte del suo viso; chiamò gli esperti video nel suo ufficio e fece fare degli ingrandimenti particolari sulla parte superiore della fronte, ora la macchia risultava nitida, si trattava di una cicatrice, forse un vecchio taglio o qualcosa di simile, e che Toni Ravetti non aveva assolutamente.
Milena ne parlò con Marco e anche lui concordò che aveva ragione il suo superiore, a lui quel particolare era sfuggito; fecero delle ricerche accurate sulla malavita organizzata di quella zona, verificarono gli schedari e tutte le informazioni a disposizione con le foto al computer, finché saltò fuori un pregiudicato condannato a due anni già scontati in carcere di nome Mario Bragadin e che ora abitava in periferia di Vicenza.
Le immagini video combaciavano perfettamente con la parte superiore del viso dell’uomo e anche la cicatrice era la sua.
Milena e diversi agenti si recarono all’indirizzo, l’uomo non era in casa, si appostarono in macchina lì vicino e dopo qualche ora lo videro arrivare; mentre apriva la porta di casa lo immobilizzarono e lo condussero al commissariato.
Gli fecero vedere il video, la sua cicatrice evidente e dopo un lungo interrogatorio confessò la rapina di quel giorno.
Milena fece subito scarcerare il povero Toni, l’invitò anche ad un ristorante per scusarsi dell’errore e lo trovò simpaticissimo; da allora erano diventati amici e lei ogni tanto l’invitava a cena nel suo piccolo appartamento, era abbastanza brava a cucinare i tortellini emiliani e altre specialità di quella regione, che Toni gustava molto volentieri.
Capitolo 2
Da una casa in periferia di Vicenza era scomparsa una donna di quarant’anni di nome Sandra Erici, la denuncia era stata fatta dall’anziana madre con cui viveva, la donna era uscita di casa al mattino per recarsi al lavoro in banca e alla sera sarebbe dovuta come sempre tornare a casa; nell’ufficio in cui lavorava quel giorno non l’avevano vista e nemmeno lei aveva avvisato dell’assenza.
La madre era disperata, aveva telefonato al 113 e poi si era recata di persona in questura per la denuncia, Sandra non aveva secondo lei alcun fidanzato al momento, ma solo dei normali amici e la maggior parte erano i suoi colleghi di lavoro.
Non era una gran bellezza e lei stessa lo sapeva, diceva spesso che non si sarebbe mai sposata, ma alla madre stava bene così, almeno la sera e nei fine settimana potevano stare assieme.
Il vice Marco raccolse tutte le informazioni possibili sulla donna, le abitudini, le amicizie ed eventuali inimicizie, poi si recò in banca dove lei lavorava e interrogò tutti i presenti, ma ogni indicazione non faceva pensare a dei nemici o fughe d’amore segrete.
Il mese precedente era scomparsa in città un’altra donna di trentasei anni di nome Rita Borin, era stata sposata e con una figlia di undici anni, ora divorziata da sette e l’ex marito conviveva da quattro con un’altra donna.
Le indagini erano a un punto morto e non si erano nemmeno trovati corpi di cadaveri in quel periodo; Milena aveva partecipato marginalmente a quel caso, lasciando a Marco lo svolgimento delle indagini.
Ora con questa nuova sparizione i casi enigmatici diventavano due in trenta giorni, quindi nel secondo caso non si poteva parlare di un nemico di Sandra Erici, se le due scomparse o rapimenti erano opera della stessa o più persone, le sparizioni potevano anche avere un filo conduttore comune.
Erano stati usati in entrambi i casi i cani poliziotto, ma le tracce delle due donne si perdevano poco lontane dalle loro case, entrambe usavano l’autobus per recarsi al lavoro, mentre Sandra Erici non aveva nemmeno la patente di guida, Rita Borin che era segretaria in una grande azienda vinicola aveva la macchina, ma la usava solo per andare a prendere la figlia a scuola e nel fine settimana; nel traffico a volte caotico era preferibile usare i mezzi pubblici.
A differenza di Sandra, Rita era una donna piacente e nel suo stato di donna libera era anche abbastanza corteggiata, ma nessuno aveva detto che avesse un fidanzato, dopo il fallimento del suo matrimonio si