Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La dottrina esoterica del Nome Allāh
La dottrina esoterica del Nome Allāh
La dottrina esoterica del Nome Allāh
E-book258 pagine3 ore

La dottrina esoterica del Nome Allāh

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In questo trattato Ibn 'Aṭā' Allāh mette per iscritto l’insegnamento orale trasmessogli dal Maestro Abū al-‘Abbās al-Mursī (successore del fondatore eponimo della Via iniziatica Šāḏiliyya, Abū al-Ḥasan al-Šāḏilī) consistente nella concentrazione dell’aspirazione spirituale verso il Principio dell’esistenza mediante il Nome divino Allāh.
La dottrina esoterica del Nome Allāh si presenta suddiviso in due parti: la prima tratta della Dottrina dell’Unità divina a partire dall’analisi del Nome supremo, del Suo rapporto con i Nomi eccellenti e del simbolismo delle Sue lettere; la seconda della tecnica operativa della Menzione rituale, con particolare riguardo a quella del Nome supremo, e dei diversi gradi di realizzazione a essa collegati.
Questa è la prima traduzione completa in lingua occidentale, ottenuta raffrontando e integrando l’edizione a stampa con una copia manoscritta.
LinguaItaliano
Data di uscita30 mag 2022
ISBN9788865804056
La dottrina esoterica del Nome Allāh

Correlato a La dottrina esoterica del Nome Allāh

Titoli di questa serie (5)

Visualizza altri

Ebook correlati

New age e spiritualità per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La dottrina esoterica del Nome Allāh

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La dottrina esoterica del Nome Allāh - Ibn ‘Aṭā’ Allāh al-Iskandarī

    I GIOIELLI

    testi esoterici del Sufismo

    collana diretta da

    Paolo Urizzi

    8

    Ibn ‘Aṭā’ Allāh al-Iskandarī

    La dottrina esoterica del Nome Allāh

    (Al-Qaṣd al-muğarrad fī ma‘rifa al-ism al-mufrad)

    a cura di

    Alessandro Landi

    In copertina: Il Nome Allāh.

    ISBN: 978-88-6580-379-0

    ISBN ePub: 978-88-6580-405-6

    © Copyright 2022

    Edizioni Il leone verde

    Via Santa Chiara 30 bis, Torino

    Tel/fax 011 52.11.790

    leoneverde@leoneverde.it

    www.leoneverde.it

    INDICE

    INTRODUZIONE

    Cenni biografici

    LA DOTTRINA ESOTERICA DEL NOME ALLĀH

    Parte Prima

    Parte Seconda

    ELENCO DEI NOMI ECCELLENTI

    (Lista di al-Walīd ibn Muslim al-Dimašqī)

    BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

    Al cospetto del Maestro Abū al-‘Abbās [al-Mursī], Allāh sia soddisfatto di lui, si presentò un uomo che disse: Ho intenzione di accompagnarmi a te!.

    Lui gli chiese: E cosa vai cercando?. L’altro rispose: Cerco Allāh!.

    Fu così che il Maestro disse: "La tua similitudine non è altro che quella di un uomo che ha posto suo figlio sulle proprie spalle, sovrappensiero lo dimentica, e si mette a cercarlo dappertutto. Apparsa evidente la sua situazione, gli viene detto: ‘L’età del bambino è forse la stessa di quello che hai sulle spalle?’.

    Tornato in sé, si accorge allora che si trova proprio sulle sue spalle. Ora, la stessa cosa vale per te, in quanto Egli è con te e tu Lo cerchi, Lui che è più vicino a te stesso della vena giugulare!".

    Ibn ‘Aṭā’ Allāh al-Iskandarī (Zīnat al-nawāẓir wa tuḥfat al-ḫawāṭir, p. 312)

    INTRODUZIONE

    Nel nome di Allāh, il Clemente, il Misericordioso

    La presente traduzione è stata condotta su due copie del testo: una è la prima edizione a stampa, l’altra è un manoscritto risalente verosimilmente al 1800.

    La copia a stampa è stata pubblicata nel 1930 (H. 1348) dalla casa editrice cairota Al-Maṭba‘a al-miṣriyya bi-l-Azhar diretta da Muḥammad Muḥammad ‘Abd al-Laṭīf, il quale, nella postfazione, precisa che il manoscritto a sua disposizione rappresenta l’unica copia in circolazione.

    La copia manoscritta, costituita da 80 pagine in stile calligrafico magrebino, è conservata presso una biblioteca della cittadina di Rawḍa Ḫayrī in Egitto, dov’è catalogata col codice numerico 720. Del manoscritto abbiamo a disposizione una copia fotografica conservata in al-Azhar (614/3), citata nel catalogo di Carl Brockelmann Storia della letteratura araba (154/2).

    Siamo a conoscenza dell’esistenza di un secondo manoscritto conservato presso la biblioteca di stato di Monaco in Germania, e citato dal segretario della biblioteca Joseph Aumer col codice numerico 140 nella seconda parte del tomo primo, quella dedicata ai codici arabi, del Catalogo dei codici manoscritti della regia biblioteca di Monaco (Monaco, 1866): egli vi menziona, oltre al titolo, la frase iniziale del preambolo e, per esteso, i titoli dei due capitoli dell’opera, che risultano essere coincidenti con quelli della stampa cairota del 1930 e del manoscritto a nostra disposizione. Carl Brockelmann lo cita nel suo catalogo (481/6).

    Della sua esistenza, e della sua attribuzione a Ibn ‘Aṭā’ Allāh, si ha la conferma da parte di svariati Sapienti, di cui il primo in ordine di tempo è Aḥmad Zarrūq (m. 899/1493), che cita l’opera, con un titolo leggermente diverso, contestualmente all’elenco della catena di Maestri (Isnād) da cui ha ricevuto l’autorizzazione alla trasmissione del testo delle Ḥikam: «Ne siamo venuti a conoscenza con un’autorizzazione ricevuta oralmente dal Maestro Šams al-dīn al-Saḫāwī nell’anno 876 nella sua abitazione del Cairo, il quale ha detto: Ne siamo venuti a conoscenza con un’autorizzazione ricevuta a Gerusalemme dal Maestro Abū Zayd ‘Abd al-Raḥmān ibn ‘Umar al-Qabbānī; questi a sua volta ha detto: "Ne siamo venuti a conoscenza con una lista completa dei libri di Ibn ‘Aṭā’ Allāh dal Maestro dell’Islām Taqī al-dīn abū al-Ḥasan ‘Alī ibn ‘Abd al-Kāfī al-Subkī, che l’ha ricevuta dallo stesso Autore, e che comprende: Al-Tanwīr fī isqāṭ al-tadbīr, Laṭā’if al-minan, Tāğ al-‘arūs, Miftāḥ al-falāḥ e Al-Qawl al-muğarrad fī-l-ism almufrad"» (Al-Ḥikam al-‘aṭā’iyya, p. 8).

    Il testo, come lasciano intuire le parole pronunciate al termine del primo dei due capitoli in cui esso è strutturato, è con molta probabilità la trascrizione di un insegnamento orale trasmesso da Maestro a discepolo. È lecito supporre che esso sia il risultato di un processo di assimilazione e di rielaborazione da parte di Ibn ‘Aṭā’ Allāh delle parole del suo Maestro al-Mursī: questi, così come il suo predecessore al-Šāḏilī, fondatore eponimo della Šāḏiliyya, non ha lasciato alcun insegnamento scritto (di entrambi esiste soltanto una limitata corrispondenza privata), ed egli ha avuto il compito di trasmettere per iscritto ai discepoli della nascente organizzazione iniziatica i fondamenti della Dottrina e del metodo ricevuti oralmente da lui, incorporando nei propri testi la sua influenza spirituale.

    Il titolo originale del libro, L’aspirazione esclusiva nella conoscenza del Nome isolato, allude sinteticamente al contenuto dell’opera, l’essenza dell’insegnamento e del metodo trasmessi da al-Šāḏilī all’interno della sua Via iniziatica, consistente nella concentrazione dell’aspirazione spirituale verso il Principio dell’esistenza: «La sua Via iniziatica, Allāh sia soddisfatto di lui – scrive il Maestro – si fonda sulla concentrazione unitiva su Allāh e sull’abbandono della separazione, mantenendo l’isolamento e la Menzione rituale (Ḏikr)» (Laṭā’if al-minan, p. 120). Il mezzo utilizzato a tale scopo è il Nome divino Allāh, il quale, essendo una Parola sacra e non una semplice parola stabilita in base a una convenzione umana, costituisce un vero e proprio simbolo in grado di svolgere una duplice funzione: mediante il grafema e il fonema delle Sue lettere costitutive, quella di esprimere la Dottrina riguardante la manifestazione del Principio col passaggio dall’Uno al molteplice; mediante la Grazia di cui Esso è veicolo in qualità di ausilio esteriore della presenza del Nominato – se opportunamente vivificato dall’influenza spirituale trasmessa da un’iniziazione – quella di risvegliare l’intuizione intellettuale sovra-individuale e di consentire il ritorno alla non-manifestazione dell’Unità principiale nel caso in cui sia utilizzato come supporto di meditazione attuandoNe la Menzione rituale.

    In funzione di ciò, l’opera si presenta suddivisa in due parti. La prima parte, dopo un ampio spazio riservato all’esposizione della Dottrina dell’Unità divina (Tawḥīd) dal punto di vista essoterico – quella del Nome supremo e del Suo rapporto con i Nomi eccellenti in parallelo a quella del Principio e del Suo rapporto con i gradi della manifestazione – allo scopo di dare una preparazione teorica essenzialmente in linea con quella ortodossa della scuola teologica aš‘arita, tratta della dottrina esoterica della Scienza delle lettere applicata al Nome supremo (‘Ilm al-ḥurūf, scienza tradizionale simbolica, di carattere propriamente intuitivo e contemplativo, relativa all’auto-manifestazione del Principio, ovvero alle possibilità di manifestazione, allo sviluppo di queste e alla cosmogonia) la quale veniva trasmessa oralmente all’interno della Via iniziatica come testimoniato dal Maestro, che, riferendosi ad al-Mursī, afferma: «Non lo ho sentito parlare che a proposito dell’Intelletto superiore (al-‘Aql al-akbar), del Nome supremo e delle sue quattro sezioni, dei Nomi divini, delle lettere…» (Laṭā’if al-minan, p. 107). La seconda parte invece, tratta della tecnica operativa della Menzione rituale – compresi i diversi gradi di realizzazione e conoscenza ad essa collegati – con particolare riguardo a quella del Nome Allāh, specialmente riservata all’iniziato che ha avuto modo di raggiungere un certo grado di realizzazione e di conoscenza effettiva della Dottrina, a cui il Maestro al-Mursī si rivolge dicendo: «Che la tua Menzione rituale sia Allāh!, in quanto questo Nome è quello che ha autorità sugli altri Nomi divini (sulṭān al-Asmā’): gli sono propri un tappeto e un frutto, il suo tappeto è la scienza e il suo frutto è la luce, la quale non dev’essere fine a se stessa ma deve condurre allo svelamento intuitivo e alla visione diretta» (Laṭā’if al-minan, p. 165).

    Per l’analisi approfondita del testo rimandiamo alle note che accompagnano la sua traduzione: assolutamente imprescindibili per il suo studio e la sua comprensione sono stati gli scritti di René Guénon (‘Abd al-Wāḥid Yaḥyā), in modo particolare i numerosi riferimenti diretti alla Dottrina e al metodo di realizzazione della Tradizione islamica presenti in essi (dopo la Tradizione indù, è quella islamica la fonte dalla quale Guénon maggiormente attinge per la sua esposizione delle Dottrine metafisiche e delle pratiche rituali), che, come si avrà modo di constatare dai brani che abbiamo estrapolato e citato, concordano perfettamente, nella modalità di esposizione e nell’utilizzo di certi termini tecnici appartenenti al lessico Sufi, con l’insegnamento trasmesso dal nostro Maestro (è opportuno ricordare, a tale proposito, che Guénon è stato affiliato a un’organizzazione iniziatica Šāḏilī, la Ḥāmidiyya).

    Rintracciando le fonti delle citazioni, anche testuali, presenti nell’opera, si ritrovano, oltre il Corano e le Tradizioni profetiche, le opere di riferimento dei Maestri della Šāḏiliyya: queste sono la Risāla e lo Šarḥ al-Asmā’ al-ḥusnā di al-Qušayrī, il Qūt alqulūb di al-Makkī, l’Iḥyā’ ‘ulūm al-dīn e il Maqṣad al-asnā di al-Ġazālī, la Risāla al-malāmatiyya di al-Sulamī, il Manāzil alsā’irīn di al-Anṣārī, il Tanbīh al-ġāfilīn di al-Samarkandī. Sono i testi classici del Sufismo, letti, studiati e commentati dai Maestri di questa Via, che li utilizzavano non solo come supporto per il proprio insegnamento, ma anche come veicolo dell’influenza spirituale.

    Nonostante l’estrema concisione dell’esposizione dottrinale, abbiamo optato per una traduzione il più possibile fedele al testo originale, che tenesse conto della struttura delle frasi e rispettasse lo stile espositivo dei concetti.

    Entrambe le copie contengono evidenti errori (il testo a stampa presenta anche diverse lacune) dovuti a un’inesatta lettura e interpretazione dei rispettivi manoscritti utilizzati per la loro stesura che probabilmente si presentavano parzialmente corrotti: confrontandole, abbiamo cercato, per quanto ci è stato possibile, di emendarli.

    La lode spetta ad Allāh, Signore dei mondi.

    Cenni biografici

    Il poco che sappiamo sul Maestro Ibn ‘Aṭā’ Allāh, ci dice al-Taftāzānī, autore di uno studio critico fondamentale sulla sua biografia e sulla sua opera, è stato ricavato, oltre che dal racconto di episodi autobiografici presenti nelle sue opere, da quello che ci è stato riferito da coloro che le hanno commentate, dalle raccolte biografiche di Sufi e di Giuristi, da testi di Sufismo e di storia.

    Il suo nome completo è Aḥmad ibn Muḥammad ibn ‘Abd al-Karīm ibn ‘Aṭā’ Allāh, nome cui talvolta sono stati aggiunti i soprannomi onorifici di Tāğ al-dīn (Corona della religione) e Abū al-faḍl (Detentore del favore divino). L’appellativo al-Iskandarī (esiste anche la variante dialettale al-Sakandarī), gli è derivato dal fatto di essere nativo della città egiziana di Alessandria: i suoi progenitori, di origine araba, più in particolare della tribù Ğuḏām, vi si stabilirono quando giunsero in Egitto dopo la conquista islamica del paese.

    Da generazioni la sua famiglia era dedita alle Scienze religiose, in particolare la Giurisprudenza, e il nonno, Abū Muḥammad ‘Abd al-Karīm ibn ‘Aṭā’ Allāh (m. 612 h.), ci dicono le fonti, fu un illustre Giurista, oltre che un’autorità nella Teologia e nella Lingua araba. Studiò la Scienza della recitazione coranica e la Giurisprudenza alla scuola di Abū al-Ḥasan al-Ibyārī (m. 616 h.), il più eminente sapiente malikita del tempo in Alessandria. Tra le sue opere letterarie, due eccellenti riassunti di due importanti testi, al-Tahḏīb di al-Barāḏi‘ī e al-Mufaṣṣal di al-Zamaḫšarī. Il Maestro menziona la figura del nonno in più occasioni nel suo Laṭā’if al-minan senza mai citarne il nome, dandoci però conferma del suo importante ruolo come Giurista, così come di una sua certa ostilità nei confronti del Sufismo: nei due episodi che seguono, raccontati in prima persona, è il suo Maestro Abū al-‘Abbās al-Mursī a chiamarlo in causa.

    «Recatomi a fargli visita (al suo Maestro al-Mursī), mi disse: Allorché il Giurista Nāṣir al-dīn (ibn al-Munayyar) si sarà ristabilito, ti metterà nel posto di tuo nonno: il Giurista siederà da una parte e io dall’altra, e se Allāh vuole tu discorrerai di entrambe scienze (la Giurisprudenza e il Sufismo). Ed effettivamente, quel che egli mi aveva predetto si avverò».

    «Mi raccontò uno dei suoi discepoli (di al-Mursī): "Il Maestro disse un giorno: ‘Quando verrà il nipote del Giurista di Alessandria avvertitemi!’. Quando arrivasti avvertimmo della tua presenza il Maestro, il quale, dopo aver acconsentito che ti facessi avanti, disse: ‘Al tempo in cui l’Inviato di Allāh, Allāh preghi su di lui e gli rivolga il saluto di Pace, veniva tacciato di menzogna dai Coreisciti, lo raggiunse l’angelo Gabriele accompagnato dall’angelo delle montagne che lo salutò e disse: ‘Oh Muḥammad, se desideri che li ricopra con le due montagne della Mecca (al-Aḫšabayn) sarà fatto!’ L’Inviato di Allāh, Allāh preghi su di lui e gli rivolga il saluto di Pace, rispose: ‘Certo che no! Spero invece che Allāh faccia sortire dai loro lombi chi riconosce la Sua Unità e non Gli associa niente!’. L’Inviato di Allāh, Allāh preghi su di lui e gli rivolga il saluto di Pace, si dimostrò paziente con loro nella speranza di ciò che sarebbe potuto sortire dai loro lombi, e noi, alla stessa maniera, siamo stati pazienti col nonno di questo Giurista solo a causa di questo Giurista!"».

    Il padre, Muḥammad ibn ‘Abd al-Karīm ibn ‘Aṭā’ Allāh, fu contemporaneo di Abū al-Ḥasan al-Šāḏilī (m. 656 h.), ed ebbe anche modo di incontrarlo, come ci riferisce il Maestro stesso: «Mio padre, che Allāh abbia misericordia di lui, mi raccontò: Recatomi dal Maestro Abū al-Ḥasan al-Šāḏilī, Allāh sia soddisfatto di lui, lo sentii ribattere a qualcuno: ‘Per Allāh, tu mi fai una domanda per la quale io non ho alcuna risposta!’; intanto però vedevo la risposta tracciata sul calamaio, sulla stuoia e sul muro».

    La data di nascita del Maestro rimane incerta, ma secondo la maggior parte delle fonti si pone nella seconda metà del VII/XIII secolo, molto probabilmente non più tardi dell’anno 658/1260: il luogo, come già accennato, è la città di Alessandria nell’Egitto del primo periodo mamelucco. Qui crebbe nello studio delle Scienze religiose tradizionali, discipline che ebbe modo di perfezionare col fior fiore dei Maestri del tempo.

    Studiò la Dottrina malikita col più noto Giurista di Alessandria, Nāṣir al-dīn ibn al-Munayyar (m. 683 h.); nella scienza della Tradizione profetica ebbe come Maestri Šihāb al-dīn al-Abarqūhī (m. 701 h.) e Šaraf al-dīn al-Damyāṭī (m. 708 h.); nella Grammatica ebbe come Maestro al-Muḥī al-Māzūnī (m. 693 h.); per quanto riguarda invece i fondamenti della Giurisprudenza, la Teologia e altre discipline intellettuali quali la Filosofia e la Retorica, studiò con la più grande autorità in tali scienze, il Maestro di origine persiana Šams al-dīn al-Iṣbahānī (m. 688 h.), anch’egli presente ai consessi di al-Mursī.

    L’ambiente dei Giuristi nel quale egli crebbe e si istruì si dimostrava tendenzialmente ostile al Sufismo, e proprio a causa della sua formazione fu tra coloro che tendevano a contestare i suoi rappresentanti: egli mantenne questa sua posizione fino al 674 h., anno che segna l’incontro con colui che diventerà il suo Maestro, Abū al-‘Abbās al-Mursī. A testimonianza di ciò esistono due racconti autobiografici, il primo dei quali è il seguente:

    «Io ero tra coloro che sconfessavano tutto ciò che lo riguardava e che lo osteggiavano, ma non per qualcosa che avessi ascoltato da lui o per qualcosa di autentico che mi fosse stato riferito. Così, prima di divenire io stesso suo discepolo, ebbi una discussione con uno dei suoi compagni, al quale alla fine dissi: Non ha ragione d’essere che la Gente della scienza essoterica, visto che questa Gente (i Sufi) sostiene cose clamorose che il senso letterale della Legge sacra ricusa!… Tuttavia, dopo aver disputato con questa persona mi dissi: Basta! Andiamo a vedere quest’uomo, poiché colui che detiene la verità ha dei segni di riconoscimento in virtù dei quali la sua condizione non può rimanere nascosta!. Recatomi a un suo consesso, lo trovai a parlare dei respiri (anfās) ordinati dal Legislatore divino: "Il primo – disse – è Sottomissione esteriore (Islām), il secondo è Fede (Ῑmān), il terzo è Perfezione (Iḥsān); oppure, se vogliamo, possiamo dire che il primo è Servitù adorativa (‘Ibāda), il secondo è Condizione servitoriale (‘Ubūdiyya), il terzo è Servitù essenziale (‘Ubūda); oppure, se vogliamo, possiamo anche dire che il primo è Legge sacra (Šarī‘a), il secondo è Realtà (Ḥaqīqa), il terzo è Realizzazione (Taḥaqquq); e così via senza mai smettere di dire: ‘oppure, se vogliamo, possiamo dire…, finché il mio intelletto non ne rimase abbagliato e fui consapevole che quell’uomo attingeva direttamente dallo straripamento del mare divino. Fu così che Allāh mi liberò di quel che avevo dentro. Quella stessa notte, giunto a casa, non trovai affatto gradevole la possibilità di incontrare la mia famiglia com’ero solito fare, ma ebbi una strana sensazione che non riuscivo a comprendere e che mi spinse a isolarmi in un posto da dove potevo scrutare il cielo, le sue stelle e tutte le meraviglie della sua potenza che Allāh vi aveva creato. Quanto era accaduto mi indusse a tornare una seconda volta. Giunto nuovamente da lui, chiesi il permesso di incontrarlo: appena mi presentai al suo cospetto si alzò e mi venne incontro con affabilità e sollecitudine, tanto che rimasi attonito per l’imbarazzo. Non mi stimavo degno di tutto ciò, e la prima cosa che gli dissi fu: Oh signore, per Allāh, io ti amo!. Lui ribatté: Che Allāh ti ami come tu mi ami!. Quindi, mi dolsi delle inquietudini e delle afflizioni che mi tormentavano, e lui disse: Gli stati in cui viene a trovarsi il servo sono quattro, e non ve n’è un quinto: la serenità, la tribolazione, l’ubbidienza e la disubbidienza. Se ti trovi in uno stato di serenità, il Vero esige da te la riconoscenza; se ti trovi in uno stato di tribolazione, il Vero esige da te la pazienza; se ti trovi in uno stato di ubbidienza, il Vero esige da te la percezione dell’azione della Sua Grazia nel compiere l’atto; se ti trovi in uno stato di disubbidienza, il Vero esige da te che attui la richiesta di perdono. Quando mi alzai per andarmene, fu come se le inquietudini e le afflizioni fossero state un abito di cui m’ero spogliato. Qualche tempo più tardi mi chiese: Come stai?. Io risposi: Ho ricercato l’inquietudine ma non l’ho più trovata!. Allora recitò:

    La mia notte s’è illuminata col tuo viso,

    intanto che le sue tenebre si insinuano tra la gente:

    la gente è nel buio delle tenebre,

    mentre noi siamo nella luce del giorno.

    Dopodiché aggiunse: "Persevera! Per Allāh, se persevererai sarai un’autorità che emetterà responsi dottrinali (Muftī) su questioni riguardanti entrambe le scuole". Ed egli intendeva dire la scuola della Gente della Legge sacra, titolare della scienza essoterica, e quella della Gente della Verità metafisica, titolare della scienza esoterica».

    In quanto era opinione comune nell’ambiente dei Giuristi che l’iniziazione al Sufismo comportasse inevitabilmente l’abbandono dello studio della scienza essoterica, esitò prima di unirsi ad al-Mursī e divenire suo discepolo. L’idea che fosse assolutamente necessario abbandonare la sua carriera di promettente studente, lo tormentò fin quando non fu confortato da un nuovo incontro col suo Maestro: «Avevo sentire dire dagli studenti: Chi si accompagna ai Maestri Sufi non consegue alcun risultato in fatto di scienza essoterica!. E io, che non sopportavo l’idea di lasciarmi sfuggire la scienza e neppure la compagnia del Maestro, decisi di recarmi da quest’ultimo. Avendolo trovato intento a mangiare carne con aceto, dissi tra me e me: Quanto vorrei che il Maestro mi facesse assaggiare un boccone dalla sua mano!. Non feci in tempo a terminare la mia riflessione, che mi mise in bocca un pezzo con la sua mano, dicendo: Quando diviene nostro compagno un commerciante, non gli diciamo: ‘Lascia il tuo commercio e vieni!’. A qualcuno che ha un mestiere, non gli diciamo: ‘Lascia il tuo mestiere e vieni!’. A qualcuno che è dedito allo studio, non gli diciamo: ‘Lascia i tuoi studi e vieni!’. Noi non facciamo altro che confermare ciascuno nella posizione in cui Allāh lo ha messo». Come al-Mursī avrà modo di dire in un’altra occasione: «Questa è la condizione dei veridici, i quali non si distaccano da qualcosa fintantoché non è il Vero a occuparsi del loro distacco!».

    Iniziato al Sufismo da al-Mursī, lo accompagnerà per dodici anni: alla morte del suo Maestro, avvenuta nel 686 h., divenne discepolo di Yāqūt ibn ‘Abd Allāh al-Ḥabašī (m. 732 h.), più noto come Yāqūt al-‘Arš, che succedette alla guida della Šāḏiliyya.

    Mentre al-Mursī era ancora in vita, si era trasferito da Alessandria al Cairo, per esercitarvi la sua attività di insegnamento nelle discipline essoteriche ed esoteriche: due erano i luoghi di predicazione, la moschea-università al-Azhar e la Madrasa

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1