L'arte di ottenere rispetto
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Introduzione di Gian Carlo Giani
L’onore (la rispettabilità) è l’opinione che gli altri hanno di noi. Da questa premessa muove Schopenhauer, passando in rassegna i generi e sottogeneri di onore presenti nel consorzio umano: privato, pubblico, sessuale, nazionale, dell’umanità, cavalleresco.
Quest’ultimo è definito come l’onore secondo la follia, sottratto cioè al dominio della ragione e soggetto, invece, alla legge della superiorità fisica, che rivela l’aspetto più basso e volgare della natura umana, la sua animalità. Ebbene, le offese all’onore nulla potranno contro l’uomo colto, che mostri di possedere nell’animo l’aristocrazia dei sentimenti. Dalle offese, anzi, il suo onore trarrà incremento. Ricco di puntuali citazioni (greche, latine, di Shakespeare, di Voltaire e molti altri), questo è un saggio scaturito dal vivo dell’esperienza reale, sottoposta al vaglio di un’osservazione acuta, guidata dal tenace ed appassionato amore per la verità che contraddistingue tutto il pensiero di Schopenhauer.
Arthur Schopenhauer
nacque il 22 febbraio 1788 a Danzica. Quando la città passò sotto il controllo prussiano, il padre, ricco banchiere, si trasferì con la famiglia ad Amburgo. Studiò in Francia e Inghilterra, e alla morte del padre, suicida, andò a vivere con la madre a Weimar. Nel 1813 si ritirò a vita appartata a Jena, per preparare la tesi per l’abilitazione Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, tuttavia non ottenne mai la cattedra a Berlino alla quale ambiva. Nel 1831 si ritirò a Francoforte, dove compose tra le altre opere anche la sua ultima, Parerga e paralipomena (1851), e dove morì il 21 settembre 1860. Di Schopenhauer la Newton Compton ha pubblicato La saggezza della vita. Aforismi, Saggio sulla visione degli spiriti; Il mondo come volontà e rappresentazione, L’arte di ottenere ragione e L'arte di capire le donne.
Arthur Schopenhauer
Nació en Danzig en 1788. Hijo de un próspero comerciante, la muerte prematura de su padre le liberó de dedicarse a los negocios y le procuró un patrimonio que le permitió vivir de las rentas, pudiéndose consagrar de lleno a la filosofía. Fue un hombre solitario y metódico, de carácter irascible y de una acentuada misoginia. Enemigo personal y filosófico de Hegel, despreció siempre el Idealismo alemán y se consideró a sí mismo como el verdadero continuador de Kant, en cuyo criticismo encontró la clave para su metafísica de la voluntad. Su pensamiento no conoció la fama hasta pocos años después de su muerte, acaecida en Fráncfort en 1860. Schopenhauer ha pasado a la historia como el filósofo pesimista por excelencia. Admirador de Calderón y Gracián, tradujo al alemán el «Oráculo manual» del segundo. Hoy es uno de los clásicos de la filosofía más apreciados y leídos debido a la claridad de su pensamiento. Sus escritos marcaron hitos culturales y continúan influyendo en la actualidad. En esta misma Editorial han sido publicadas sus obras «Metafísica de las costumbres» (2001), «Diarios de viaje. Los Diarios de viaje de los años 1800 y 1803-1804» (2012), «Sobre la visión y los colores seguido de la correspondencia con Johann Wolfgang Goethe» (2013), «Parerga y paralipómena» I (2.ª ed., 2020) y II (2020), «El mundo como voluntad y representación» I (2.ª ed., 2022) y II (3.ª ed., 2022) y «Dialéctica erística o Arte de tener razón en 38 artimañas» (2023).
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L'arte di ottenere rispetto - Arthur Schopenhauer
511
Titolo originale: Von dem, was einer vorstellt in Aphorismen zur Lebensweisheit
Traduzione di Leonardo Casini e Irmela Evangelisti
Prima edizione ebook: settembre 2014
© 2014 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-7299-9
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Corpotre, Roma
Arthur Schopenhauer
L'arte di ottenere rispetto
Introduzione di Gian Carlo Giani
ominoNewton Compton editori
Introduzione
L’Abbozzo di un trattato sull’onore [Skitze einer Abhandlung über die Ehre], indicato da Schopenhauer come Trattato sull’onore [Abhandlung über die Ehre], è contenuto nel libro manoscritto Adversaria [Annotazioni provvisorie][1], e fu composto nel 1828. Adversaria, iniziato a Berlino nel marzo 1828 e terminato nel 1830[2], appartiene al gruppo dei Manoscritti Berlinesi del periodo 1818-1830, insieme con il Reisebuch [Libro di viaggio][3], iniziato nell’ottobre 1818, con datazione incerta per parte del 1820, e per gli anni 1821 e 1822; il Foliant i [Libro in folio], dal gennaio 1821 al maggio 1822, quando fu interrotto[4]; il Brieftasche [Portafogli], dal 1822 al 1824[5]; il Quartant [Libro in quarto], scritto dal 1824 al 1841[6]; il Foliant ii, dal 1826 al 1828[7]; l’Eristische Dialektik [Dialettica eristica], composta probabilmente nel 1830-1831 e pubblicata postuma[8]. Il Trattato sull’onore sarà sostanzialmente immesso, con estese inserzioni letterali, nonché perfezionato ed ampliato nel Capitolo iv degli Aphorismen zur Lebensweisheit [Aforismi sulla saggezza della vita], intitolato Su ciò che uno rappresenta
, e che è qui presentato in traduzione integrale.
Nuove e numerose sono in esso le citazioni da Goethe, Epicarmo, Gellert, Hobbes, d’Alembert, C. Durand, Tacito, M. Alemán e perfino dal «Times». Gli Aforismi sono contenuti nella prima edizione dell’opera Parerga und Paralipomena [Digressioni e cose omesse], apparsa nel 1851[9]. «Con i Parerga [lavori secondari] e i Paralipomena [cose rimaste], complementi a Die Welt als Wille und Vorstellung [Il mondo come volontà e rappresentazione] redatti con intento divulgativo e in forma comprensibile a tutti, Schopenhauer riuscì a ottenere il successo come filosofo e il riconoscimento come classico della lingua tedesca»[10]. Rispetto all’Abbozzo, trova soprattutto estesa trattazione in questo capitolo degli Aforismi il concetto di Ruhm [fama], ed il suo rapporto con quello di Ehre [onore]. «Fama e onore sono fratelli gemelli, allo stesso modo, però, dei Dioscuri, di cui Polluce era immortale e Castore mortale: la fama è la sorella immortale del mortale onore». Qui è intesa la fama di genere più elevato, essendovi anche quella effimera (p. 100)[11].
Nell’Abbozzo si sostiene che l’onore ha un carattere negativo, mentre la fama ha un carattere positivo, dovendo essere raggiunta mediante qualità che mancano agli altri. Non avere la fama, non significa averla perduta, bensì non averla ottenuta; chi invece è senza onore, lo ha perduto più per ciò che ha omesso di fare, che per ciò che ha fatto[12].
Ed ecco come il tema è progressivamente enucleato nel suddetto quarto capitolo: l’onore riguarda le qualità che tutti esigono da ognuno e che ognuno può attribuire pubblicamente a se stesso; mentre la fama riguarda soltanto quelle che non si possono esigere da nessuno, e che nessuno può attribuire a se stesso [13]; inoltre «ognuno può esigere l’onore, la fama possono pretenderla solo gli individui eccezionali, perché la fama viene raggiunta soltanto con prestazioni straordinarie. Queste possono essere azioni o opere, per cui la fama ha aperte davanti a sé due strade»[14] (p. 101); ma mentre le azioni dipendono dalle circostanze e dal racconto dei testimoni oculari ed il loro ricordo si altera nel tempo e tende perfino a svanire; le opere, soprattutto quelle scritte, sono di per sé immortali[15]. La fama matura lentamente, simile ad una quercia e, contrariamente all’onore, è difficile a conseguire, e facile a mantenere[16]. Constatiamo inoltre che «fama e gioventù insieme è troppo per un mortale. La nostra vita è così povera che i suoi beni devono essere distribuiti con parsimonia»[17] (p. 118).
Appena quindicenne, nel 1803 Schopenhauer rinuncia a frequentare la scuola e intraprende un viaggio di piacere, della durata di due anni, attraverso l’Olanda, l’Inghilterra, la Francia e la Svizzera, e soggiorna per tre mesi a Wimbledon. Rientrato finalmente ad Amburgo, commenterà questa sua esperienza con parole che illuminano il suo orgoglioso carattere di spirito libero: «Questo processo educativo mi ha abituato per tempo a non accontentarmi dei soli nomi delle cose, ma a preferire decisamente al suono delle parole l’osservazione e l’analisi delle cose stesse e la loro conoscenza derivante dalla intuizione; per questo motivo non ho mai corso pericolo, in seguito, di prendere le parole per le cose»[18]. L’intelletto, scriverà il filosofo sessantaduenne, «secondo la sua natura, non conosce altro fine che, appunto, la sola verità. Non è dunque sufficiente, per essere un filosofo, cioè un amante della sapienza (la quale non è altro che la verità), amare la verità nella misura in cui essa sia conciliabile con il proprio interesse o con la volontà dei superiori o con i canoni della chiesa o con i pregiudizi ed il gusto dei contemporanei: ma fintantoché ci si accontenta, si è soltanto un 1 [amante di se stesso], non un 2 [amante della sapienza, filosofo]»[19].
Nel 1823 Schopenhauer, durante il suo secondo viaggio in Italia (1822-1824), soggiornando a Firenze, scrive: «Il vedere e lo sperimentare sono altrettanto necessari del leggere e dell’imparare»[20]. Di conseguenza, anche in questo suo breve Trattato sull’onore, ripartito in 14 massime, 6 delle quali dedicate all’onore cavalleresco, egli «non affronta il tema dell’onore da un punto di vista strettamente speculativo, bensì con una finalità pragmatica, come accade del resto per la dialettica eristica e per la felicità. Intende cioè fornire uno strumento di saggezza pratica… offrendo un prontuario di massime più che una elaborazione squisitamente filosofica del problema… In questa prospettiva, cioè alla luce dell’interesse schopenhaueriano per la saggezza di vita,… andrebbe riconsiderato e studiato il rapporto tra il sistema filosofico esposto nel Mondo come volontà e rappresentazione (1819) e le riflessioni empirico-pragmatiche che tanta parte occupano nei suoi quaderni manoscritti, specialmente nel periodo berlinese»[21]. È tuttavia con completa indipendenza di pensiero e assoluta mancanza di pregiudizi, che Schopenhauer si accinge ad analizzare il tema dell’onore, senza approfondire la vasta letteratura che da Aristotele a Kant si è occupata dell’argomento. In ciò, egli obbedisce alla sua vocazione di filosofo, per il quale «l’autentico filosofare esige l’indipendenza»[22].
Il motto preposto al Trattato sull’onore è ricavato dall’opera di Baltasar Gracián y Morales (1601-1658), celebre moralista spagnolo del Seicento, intitolata Oráculo manual y arte de prudencia (1647) [Oracolo manuale e arte della prudenza], tradotta da Schopenhauer nel 1832, ma rifiutata dall’editore Brockhaus, e che apparirà soltanto postuma[23]. Il motto, dunque, contenuto nella prefazione, è il seguente: Lo bueno, si breve, dos vezes bueno; y aun lo malo, si poco, no tan malo: mas obran quintas esencias, que farragos [Il buono, se breve, è doppiamente buono, e perfino il male, se poco, non è così male. È più efficace la quintessenza delle cose, che la loro farragine][24]. Con ciò si vuole proclamare la vocazione del filosofo a perseguire l’essenza della realtà fenomenica, liberandosi nel suo amore per la verità 3 dai vincoli fallaci dell’opinione 4 . Dopo avere affermato di non conoscere alcuno scritto sull’onore, ad eccezione del trattato del giureconsulto Marquard Freher (1565-1614)[25], limitatamente al diritto romano; Schopenhauer intraprende la sua analisi dell’argomento nei due capitoli del Trattato ad esso dedicati: il primo, Dell’onore e della verità; il secondo, Dell’onore secondo la follia[26].
Attingendo al tesoro delle sue sterminate letture, egli correda le sue massime di numerose citazioni in lingua latina, greca, francese, inglese, spagnola a sostegno del proprio assunto. La massima 8 del Capitolo i[27] elenca i diversi generi di onore presi in considerazione insieme con i loro sottogeneri: l’onore privato e i suoi generi particolari, quali l’onore commerciale, l’onore proprio di ogni professione e arte, l’onore familiare; l’onore pertinente all’ufficio, che si articola nell’onore del dipendente statale, del medico, dell’avvocato, di ogni pubblico