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La scomparsa di Carmen
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E-book202 pagine2 ore

La scomparsa di Carmen

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“La scomparsa di Carmen” segna il ritorno sulla scena della collaudata coppia formata dalla psichiatra Stella Ferranti e l’investigatore privato Riccardo Conte, già protagonisti de “L’ultima corsa”, “Vacanze ad Arbatax” e “Addio per sempre”.
Entrambi si ritrovano in vacanza presso la storica struttura “Vecchie Terme”, sita nel Medio Campidano; Stella con l’amica di sempre Margherita Ferrari, Riccardo con la futura moglie Dora Monti.
Un mese prima degli eventi, alla morte di Cecilia La Rosa, la proprietaria dell’albergo, la lettura del testamento sorprende la figlia adottiva Carmen, perché la struttura è affidata invece che a lei ai cugini Noemi e Marcantonio.
La giovane donna brasiliana dalla delusione decide di fuggire in Inghilterra, per dimenticare il suo tormentato passato fatto di disagi psichici e una giovinezza turbolenta.
Una misteriosa morte porterà a dubitare delle ragioni della fuga, Noemi La Rosa infatti decide di incaricare Riccardo Conte delle indagini sia dell’omicidio sia della scomparsa di Carmen.
Giuliana Carta, la psichiatra col vizio del giallo, non ci delude neanche questa volta. Il suo stile avvolgente e ricco di descrizioni unisce la suspence a una narrazione più leggera.
“La scomparsa di Carmen” colpisce nel segno anche questa volta. Una lettura piacevole e avvincente che va fatta tutta d’un fiato, con i numerosi colpi di scena a cui ci ha bellamente abituato la nostra scrittrice.
 
in copertina: elaborazione grafica da Sexy summer girl and in sketch-style on a subway station background. @ R_lion_O
https://it.depositphotos.com/
 
 
L'AUTRICE
 
Giuliana Carta è nata a Domusnovas nel 1977. È laureata in medicina e chirurgia e specialista in Psichiatria. Lavora presso il Dipartimento di Salute Mentale di Carbonia.
È sposata con Fabrizio e ha due figli: Gloria Rita e Filippo.
Nel 2017 ha pubblicato (tramite self publishing) il romanzo giallo “Il convegno degli orrori”, in cui per la prima volta compaiono i due protagonisti, il detective Riccardo Conte e la psichiatra Stella Ferranti.
Ha pubblicato i romanzi “L’ultima corsa”, 2018, “Vacanze ad Arbatax” 2019, e “Addio per sempre” 2020, “Resti del passato” 2021, tutti pubblicati con la casa editrice AmicoLibro.
Tra gli autori preferiti di Giuliana Carta figurano Agatha Christie, Stephen King, Alessia Gazzola, Joel Dicker.
 
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2023
ISBN9791221351569
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    Anteprima del libro

    La scomparsa di Carmen - Giuliana Carta

    L’AUTRICE

    Giuliana Carta è nata a Domusnovas nel 1977. È laureata in medicina e chirurgia e specialista in Psichiatria. Lavora presso il Dipartimento di Salute Mentale di Carbonia.

    È sposata con Fabrizio e ha due figli: Gloria Rita e Filippo.

    Nel 2017 ha pubblicato (tramite self publishing) il romanzo giallo Il convegno degli orrori, in cui per la prima volta compaiono i due protagonisti, il detective Riccardo Conte e la psichiatra Stella Ferranti.

    Ha pubblicato i romanzi L’ultima corsa, 2018, Vacanze ad Arbatax 2019, e Addio per sempre 2020, Resti del passato 2021, tutti pubblicati con la casa editrice AmicoLibro.

    Tra gli autori preferiti di Giuliana Carta figurano Agatha Christie, Stephen King, Alessia Gazzola, Joel Dicker.

    A Fabry, Gloria e Fily

    che assieme formano

    il mio tutto

    PREFAZIONE

    La scomparsa di Carmen segna il ritorno sulla scena della collaudata coppia formata dalla psichiatra Stella Ferranti e l’investigatore privato Riccardo Conte, già protagonisti de L’ultima corsa, Vacanze ad Arbatax e Addio per sempre.

    Entrambi si ritrovano in vacanza presso la storica struttura Vecchie Terme, sita nel Medio Campidano; Stella con l’amica di sempre Margherita Ferrari, Riccardo con la futura moglie Dora Monti.

    Un mese prima degli eventi, alla morte di Cecilia La Rosa, la proprietaria dell’albergo, la lettura del testamento sorprende la figlia adottiva Carmen, perché la struttura è affidata invece che a lei ai cugini Noemi e Marcantonio.

    La giovane donna brasiliana dalla delusione decide di fuggire in Inghilterra, per dimenticare il suo tormentato passato fatto di disagi psichici e una giovinezza turbolenta.

    Una misteriosa morte porterà a dubitare delle ragioni della fuga, Noemi La Rosa infatti decide di incaricare Riccardo Conte delle indagini sia dell’omicidio sia della scomparsa di Carmen.

    Nasce un’indagine complessa e appassionante, con un lungo stuolo di personaggi uniti e divisi da passioni e rancori. Violetta, impiegata dell’hotel deve subire il tradimento del marito Filippo, istruttore di nuoto, con l’avvenente massaggiatrice Giada.

    Marcantonio, altro nipote di Cecilia La Rosa, è ancora innamorato di Violetta mentre lo scrittore di gialli Renzo Poggi con la consorte Vilma sono attenti ospiti della struttura nonché amici di famiglia.

    Giuliana Carta, la psichiatra col vizio del giallo, non ci delude neanche questa volta. Il suo stile avvolgente e ricco di descrizioni unisce la suspence a una narrazione più leggera.

    La scomparsa di Carmen colpisce nel segno anche questa volta. Una lettura piacevole e avvincente che va fatta tutta d’un fiato, con i numerosi colpi di scena a cui ci ha bellamente abituato la nostra scrittrice.

    Roberto Sanna

    PRIMA PARTE

    Carmen

    La morte non esiste, figlia. La gente muore solo quando viene dimenticata,

    mi spiegò mia madre poco prima di andarsene.

    Se saprai ricordarmi, sarò sempre con te.

    Mi ricorderò di te, le promisi. […]

    Poi mi prese una mano e con gli occhi mi disse quanto mi amava, finché il suo sguardo non divenne nebbia e la vita uscì da lei senza amore.

    Isabel Allende, Eva Luna

    CAPITOLO I

    Il treno che da San Gavino si dirigeva a Elmas era quasi vuoto, quella sera.

    Gli unici presenti erano un giovane sui vent’anni vestito da militare e una ragazza dal volto lentigginoso, i jeans strappati e numerosi piercing sulle orecchie, l’ala del naso, e perfino il sopracciglio destro; due sagome austere immerse dentro l’atmosfera densa di luce artificiale e morbida penombra.

    Carmen si fece strada attraverso un corridoio stretto, che sapeva vagamente di stantio, ma che allo stesso tempo racchiudeva dentro di sé il profumo fugace e fresco del maestrale. Il maestrale, che diffondeva le sue ventate attraverso le portiere scorrevoli, spalancate per permettere l’ingresso dei viaggiatori coperti da giacche a vento o cardigan di cotone, o altri capi adatti al clima caratteristico di fine aprile.

    Passando davanti alla ragazza dal viso cosparso di lentiggini, Carmen La Rosa scorse un tatuaggio colorato che debordava dalla camicetta bianca e si espandeva sul petto dall’incarnato chiaro; si riusciva ad intravedere una rosa e quello che pareva essere lo spigolo di un lucchetto, un’immagine curiosa che per un’istante rapì la sua attenzione. Solo per un istante, però, perché subito si accorse del leggero turbamento prodotto nella ragazzina, che con un’alzata di spalle quasi impercettibile cercò di coprire la pelle esposta agli sguardi altrui. Carmen distolse educatamente lo sguardo, lo indirizzò sul sedile attiguo a quello in cui il giovane militare sedeva reggendo fra le mani un grosso libro dalle pagine ingiallite e si fermò. Sollevò la valigia color senape e la depose sul bagagliaio che sovrastava i sedili, poi si sistemò i pantaloni a vita alta neri e il bolerino dello stesso colore che copriva una maglia bianca, disseminata di fiori rossi, e infine si sedette, emettendo allo stesso tempo un sospiro.

    Si voltò verso il giovane in divisa e lesse il titolo tracciato con caratteri argentati sulla copertina: Niente di vero tranne gli occhi di Giorgio Faletti. Tempo prima l’aveva letto anche lei, pensò col rammarico che sempre le donava il solo fatto di rivangare il passato.

    Con un gesto ampio si liberò dalla borsetta a tracolla, di dimensioni molto piccole, contenente solo il biglietto del treno, il cellulare e una pinza per capelli color verde mare, e la posò accanto a sé. Poi, come in preda a un ripensamento, aprì la borsetta ed estrasse la pinza: con essa raccolse i capelli scuri e ricci in cima alla testa e si lasciò andare sullo schienale. Infine si passò una mano in viso, carezzandosi la fronte e il mento, abbassò le palpebre in un gesto che pareva escludere il mondo circostante dall’universo dei propri pensieri sconsolati.

    Carmen era una ragazza alta, dalle spalle ampie e il seno voluminoso. Le sue fattezze, unite alle labbra carnose, i lineamenti marcati, la mandibola pronunciata e gli ampi zigomi, mettevano in risalto le origini sudamericane. Aveva lasciato il Brasile quando aveva appena cinque anni. Tempo addietro aveva provato a rinnegare le sue origini; l’aveva fatto con i compagni delle scuole elementari e gli amichetti che abitavano nella sua stessa strada, per il solo motivo che non le piaceva l’idea di esser stata adottata. Avrebbe fatto di tutto per dire al mondo intero di esser la vera figlia di Cecilia La Rosa. Il pensiero della madre morta da appena una settimana, del suo portamento elegante, del suo fare degno di una filantropa - quale la sessantenne era - fece inumidire gli occhi scuri a forma di oliva.

    Se li asciugò con le dita nude. Ripensava alle novità che avevano contraddistinto gli ultimi sette giorni e al peso emotivo che le stesse avevano generato in lei.

    Concluse che era stato tutto tremendamente ingiusto. Avvertì la rabbia aprirsi come una voragine dentro di lei. Tuttavia non la sentiva così intensa: poco prima aveva, infatti, assunto le medicine prescritte dal suo psichiatra.

    Rigorosamente. Come aveva preso a fare da sei mesi a oggi, introducendo nella sua vita un importante cambiamento.

    Carmen aveva fatto a sua madre una promessa e aveva deciso di mantenerla. Era stanca di deludere sua madre e di deludere sempre tutti, in passato l’aveva fatto troppe volte, pensò piena di amarezza iniziando a rimestare il calderone dei ricordi.

    Aveva lasciato gli studi, tentato due volte il suicidio e per questo altrettante volte era stata ricoverata in Psichiatria; si era data all’alcool, alla cocaina, alla marjuana, abbandonando le terapie farmacologiche centomila volte. E questo era solo un assaggio.

    Era stata una continua fonte di delusioni e di dolore per Cecilia. Nondimeno, sei mesi prima aveva giurato a se stessa che sarebbe stata l’ultima volta che tradiva la fiducia della madre. Questo perché non poteva dimenticare - e lì i ricordi si facevano ancora più pungenti - gli occhi increduli di una Cecilia La Rosa pietrificata in cima delle scale. Non poteva scordare quegli occhi che la osservavano pieni di sofferenza. Non poteva dimenticare la pietà che si leggeva nello sguardo dei suoi cugini Marcantonio e Noemi. Non poteva cancellare quella notte dal repertorio dei ricordi.

    Era tornata a casa ubriaca fradicia, dopo settimane che non prendeva le medicine, faceva le ore piccole nei pub e introduceva in corpo tutto l’alcool che si imbatteva nella sua strada. Era rincasata dopo due giorni di assenza, con indosso il sudore che faceva corpo unico con gli abiti leggeri. La matita scura disegnava spiacevoli sbavature sulla pelle olivastra e le gambe cedevano dentro i blue jeans scoloriti.

    Le venne in mente il vecchio film Ragazze Vincenti, visto alla TV anni prima. Un giovane Tom Hanks si affacciò nel monitor della sua mente e pronunciò una frase che galleggiava confusamente fra i ricordi, composta più o meno dalle seguenti parole:

    Metti in moto la testa, quella bozza rotonda che sta circa un metro sopra il culo.

    Si era sbellicata dalle risate assieme a Noemi, entrambe spaparanzate sul divano di fronte alla TV con un mega vassoio di popcorn e patatine sul tavolino di fronte a loro. O forse metti in moto la testa non c’era, aveva pensato, ma di sicuro si era parlato di una bozza che stava circa un metro sopra il culo. O forse c’era, perché altrimenti… in che modo avrebbe potuto agganciarsi al discorso testa?

    Le elucubrazioni insorte attorno a una frase così sciocca la spinsero a ridere. Nel silenzio del soggiorno illuminato da una costosa lampada rosa e bianca echeggiò una risata pesante e grossolana. Non riuscì a trattenersi e l’urina si guadagnò la strada del tappeto persiano ai suoi piedi; un tappeto che Cecilia adorava.

    Carmen non se ne accorse subito, ma dopo qualche istante. Lo stupore la spinse ad aprire la bocca a formare una O perfetta e fu allora che un conato avanzò dallo stomaco.

    Barcollò, si resse al tavolino su cui era appoggiata l’elegante lampada e percepì una nuova ondata traditrice. E così i resti della cena della sera prima finirono davanti alla pozzanghera non meno maleodorante di pipì.

    In quel momento la luce in cima alle scale si accese. Si udì un rumore di passi, infine comparve nella penombra il trio costituito da Cecilia, Noemi e Marcantonio.

    Carmen vide Cecilia coprirsi la bocca con le mani nel tentativo di reprimere un gemito e subito dopo si accorse che lo sguardo della madre rimbalzava da lei - ubriaca, sporca e barcollante - al tappeto sporco di vomito e urina.

    Adesso la mamma era morta, Carmen non riusciva a capacitarsi della rapida ineluttabilità con cui Cecilia l’aveva lasciata. Certo, era cardiopatica e negli ultimi tempi appariva pallida e dimagrita, con i capelli sfibrati che la notte si spargevano sopra la federa pulita: fili minuti bruni e argentati, ma non poteva immaginare che quella notte nel cuore di aprile, quella notte in cui Cecilia si era svegliata accusando un malore e chiedendo di chiamare subito un medico, sarebbe stata la notte in cui si sarebbero dette addio per sempre.

    E ancora meno avrebbe potuto immaginare i restanti eventi, quelli che si sarebbero svolti al termine delle onoranze funebri.

    Erano appena rientrati dal funerale, lei e i suoi cugini.

    All’interno del bel salotto, i mobili erano stati accuratamente puliti e lucidati per l’occasione, gli splendenti vasi di cristallo riempiti di gigli e di gardenie fresche appena recise e il tappeto persiano pulito e disinfettato dopo la celeberrima notte. Il profumo di lavanda e di orchidea selvatica riempiva gli anditi dalle pareti costellate di quadri e foto, mentre le due badanti, che si erano prese cura di Cecilia nell’ultimo anno, si facevano strada nella stanza per aprire le tende e far entrare la luce del pomeriggio tiepido.

    Tutto prima che giungesse il legale di famiglia, Daniele Ferri.

    Il funerale si era appena concluso, e Carmen per tutto il tempo non era riuscita a versare una lacrima come se il dolore provato, fitto e lancinante come pochi, fosse stato risucchiato dentro la bara di legno massiccio in cui sua madre riposava.

    Stretta in un vestitino scuro, con gli occhi bassi, fissi al pavimento chiaro e lindo, si teneva leggermente distante dai cugini. Noemi, vestita anche lei con indumenti scuri cui faceva contrasto la carnagione chiara, stava in piedi, con la schiena appoggiata alla parete. D’un tratto estrasse un fazzoletto di carta dalla borsetta nera e lo adoperò per asciugarsi lacrime discrete. Marcantonio, in piedi, a fianco a lei con le mani sprofondate nei pantaloni dell’elegante abito grigio scuro, si abbassò fino ad accostare le labbra all’orecchio della cugina e disse sommessamente:

    Mi domando perché siamo qui a perder tempo. Sappiamo tutti come finirà. Carmen avrà la fetta più grande e noi dovremo dividerci le briciole.

    Noemi rispose alla cinica considerazione inviando un’occhiata glaciale al cugino spilungone. In quel momento Carmen sollevò gli occhi su entrambi e Marcantonio provò una punta di vergogna al sospetto di esser stato udito.

    Forse per dissipare l’imbarazzo, Noemi accarezzò il braccio del cugino e gli mormorò qualcosa che esulasse dal discorso eredità.

    All’improvviso dei passi rapidi e decisi rimbombarono nel corridoio impregnato dal silenzio del recente lutto. I presenti si voltarono quasi contemporaneamente a osservare l’avvocato Daniele Ferri, legale della famiglia La Rosa da ben tre generazioni, che avanzava spedito. Il fisico scolpito del legale si stagliava dentro l’abito elegante. La minuziosa cura di sé - era perfettamente sbarbato, i capelli castani erano tagliati corti e la pelle del viso e del collo odorava di dopobarba - l’abito di colore beige impeccabile, la borsa in pelle nera che ondeggiava sotto l’impulso dei passi veloci aggiungevano all’eleganza un’immagine di perfetta professionalità.

    Gli sguardi dei tre cugini si focalizzarono sul giovane avvocato, depositario di un fascino che non passava inosservato. Al suo Buongiorno! squillante, i tre risposero con un saluto timido ma adeguato. Subito le due badanti che avevano tirato i tendaggi del salotto si affacciarono e sorrisero al bell’avvocato, facendogli cenno di entrare.

    Come un signore del feudo d’altri tempi, Daniele entrò nella camera ampia, luminosa e profumata di fiori freschi

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