Sospesa
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Anteprima del libro
Sospesa - Maria Rita Chiara Pantaleoni
Maria Rita Chiara
Pantaleoni
Sospesa
Francesco Bevivino Editore srl – Milano/Roma
Sospesa di Maria Rita Chiara Pantaleoni
© Copyright 2012
Tutti i diritti riservati
Isbn 978-88-88764-44-3
www.bevivinoeditore.it
info@bevivinoeditore.it
FOTO DI COPERTINA: Piero Quaranta
IN REDAZIONE: Roberta De Seta, Valentina Fassi, Elisa Ferrario,
Gaetano Moraca, Mara Vignati
Sospesa tra il razionale e l’irrazionale,
sospesa tra passato, presente e futuro.
Sospesa in un sogno.
Sospesa nel tempo che fugge,
sospesa tra tutti i miei vorrei...
tra quella che ero e quella che sono diventata.
A voi: Arianna, Eriona e Jessica
Capitolo 1
3 Ottobre 2010
Ricordo ancora quella sera d’inizio ottobre. L’estate aveva deciso di non dar spazio ai colori e al profumo malinconico dell’autunno.
I miei capelli crescevano sempre di più, erano anni che non li tagliavo, biondissimi, tutti mi scambiavano per una straniera quando passeggiavo per le vie del centro.
Bionda, com’è possibile? In famiglia tutti con i capelli scuri; e i miei occhi verdi?
Strano anche questo, in famiglia tutti con gli occhi neri.
I miei avranno dato vita a un’eccezione. Una sfortunata eccezione, credo.
Mi stesi sul letto della mia camera, quella camera a cui, spesso e volentieri, cambiavo disposizione in base al mio umore e alle mie sensazioni. Spostavo gli oggetti come se, una volta compiuto il gesto, la mia vita cambiasse. Quel letto si sarà mosso cento volte per ognuna delle quattro pareti di quella stanza.
Lo facevo per sentirmi meglio, per sentirmi libera, forse un po’ diversa, costruendo la mia capanna a modo mio, dove nessuno osava entrare.
Mi guardavo allo specchio, quella macchiolina sul labbro era comparsa di nuovo, come una voglia, come un segno indelebile.
All’inizio la odiavo, ma poi, ogni volta che se ne andava, l’aspettavo ansiosa, perché ormai faceva parte di me.
Udii dei passi lungo il corridoio, qualcuno si avvicinava alla porta.
Chiara bussò.
– Cosa ti metti questa sera? – Io avevo mille pensieri per la testa.
Chiara indossò una T-shirt marrone con le paillettes e io una sul verde acqua, che avevo comprato l’estate prima, con un jeans blu scuro.
Continuavo a fissarmi allo specchio mentre mi sistemavo il mascara. Cercavo di fare attenzione, ma l’attenzione non è mai stata il mio forte. Era come se vivessi in due mondi paralleli, due realtà che non si somigliavano affatto. Una parte razionale, piena d’illusioni e promesse, fatta di gente per bene all’apparenza e di poveri uomini che fuggono da se stessi, per rifugiarsi nella seconda metà. Quella metà irrazionale, dove nulla è impossibile, dove tutto appare perfetto e armonioso, tutto in sintonia.
Ecco, spesso correvo in quel mondo. Mi ritagliavo uno spazio, una nicchia dove poter lasciare la vera me. Perché io la vera me la lascio sempre lì, giusto o sbagliato che sia. Mi ero persa completamente. Sapevo di essere nascosta in qualche piccolo buco, ma quale? Dov’ero andata a finire?
– Ti senti bene? – mi chiese Chiara.
Una frase accompagnata da una carezza così delicata come se non volesse svegliarmi, ma volesse capire ciò che mi stava succedendo.
– Sì, va tutto bene – la rassicurai, quando sapevo perfettamente che il mio corpo era in questo mondo, mentre la mia mente era altrove.
Ci sistemammo il trucco e ci avviammo verso il nuovo locale fuori città.
Arrivati, ci avvicinammo all’entrata. Chiara stringeva la mano di Andrea, mio fratello. Non si staccavano mai. Io li seguivo come un cane segue il proprio padrone.
– Siete voi quelli della lista? – ci chiese un ragazzo dall’aspetto elegante, spuntato dal nulla. Si chiamava Pietro. Un volto mai visto, molto particolare. Mi attraeva.
Posammo le nostre cose al tavolo riservato e cominciammo a girare per la discoteca. Mi sentivo osservata; chissà se le persone che mi circondavano avvertivano questo mio senso di disagio.
Un uomo alto, credo sulla trentina, mi fissava insistentemente dal bancone del bar, capelli lunghissimi raccolti, sguardo penetrante. Mi eccitai solo a guardarlo.
Pietro si avvicinò a me, interrompendo quel gioco di sguardi e chiese a Chiara – Hai già preso qualcosa da bere?
Girandosi mi urtò e non mi chiese scusa.
– Ma stai un po’ attento!– gli urlai in faccia; lui mi guardò con indifferenza.
Rientrammo a casa alle cinque di mattina, avevo ancora la musica assordante nelle orecchie.
Chiara aveva bevuto troppo e vidi, dalla porta semichiusa della mia camera, mio fratello che la trascinava come un corpo morto.
Io non avevo preso alcolici, solo acqua.
Ero sempre io, persa nella mia capanna fuori dal mondo. In attesa di un segno, un segno che mi scuotesse la vita e mi facesse innamorare di nuovo di lei.
Mi spogliai.
Stanca, mi sedetti a terra sul tappeto di velluto che mi aveva regalato mia madre anni prima e che, nonostante il tempo, aveva mantenuto la sua lucentezza. Non come me. Dov’era la luce nei miei occhi?
– Buonanotte, faccia pulita – mi sussurrò mio fratello dal buco della serratura.
Mi chiamava ogni giorno in un modo diverso e io provavo piacere nel sentirlo inventare nomi nuovi. Una faccia pulita, perché al di fuori non si nota nulla, come il ritratto di Dorian Gray, che mantiene la sua bellezza disarmante mentre l’essere interiore va in putrefazione.
– Hai dei bei denti, sorridi ogni tanto che sei più bella – continuò aprendo la porta, poi mi lanciò un bacio, io contraccambiai e lui uscì raggiungendo Chiara.
Nel letto, accompagnata dal piacevole ricordo del tipo dai capelli lunghi, mi lasciai andare.
Capitolo 2
9 Ottobre 2010
Qualcuno aveva lasciato un messaggio sulla mia pagina Facebook.
– Ecco dove ti avevo vista l’altra sera... Spero che tu sia stata bene.
Un messaggio di Pietro Maracci. Riconobbi il maleducato dalle foto del suo profilo. Non