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Torino tamarindo: La nuova indagine del commissario Aldo Piacentini
Torino tamarindo: La nuova indagine del commissario Aldo Piacentini
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E-book190 pagine2 ore

Torino tamarindo: La nuova indagine del commissario Aldo Piacentini

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Info su questo ebook

In un’estate calda e sonnacchiosa degli anni Settanta non c’è un attimo di pace per il commissario Aldo Piacentini: già provato dalle frequenti liti e le continue ripicche tra l’anziana madre e la promessa sposa, che si è trasferita da loro, il responsabile della squadra omicidi torinese deve affrontare nuovi grattacapi sul lavoro. Nei sotterranei della Basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro, a poca distanza dal movimentatissimo mercato di Porta Palazzo, viene rinvenuto il cadavere mummificato di un uomo: chi ha condotto l’esperimento per ridurlo in quello stato? E non è l’unico problema: Piacentini deve occuparsi anche del temuto ritorno dalla Spagna del killer Antonio Ponto. Una grana che proveranno a risolvere anche i carabinieri attraverso uno dei loro ufficiali più brillanti, il maggiore Stefano Tangitano soprannominato “Rosso Fumante”. Come non bastasse anche l’agente segreto Stella torna da Venezia nel capoluogo piemontese, dove subito deve fare i conti con il suo passato e un vecchio amore che giammai avrebbe voluto rincontrare. Intrigante nella trama e misterioso nei contenuti, questo noir al tamarindo – aspro e dolce allo stesso tempo – regala al lettore sorprese inaspettate sino all’ultima pagina, dipingendo una città trasversale, ricca di memorie, a tratti scostante e beffarda.

Ivano Barbiero è nato a San Benedetto Po (Mantova), ma dall’età di tre anni vive a Torino. Giornalista professionista, ha lavorato per trentacinque anni per l’Editrice La Stampa (Stampa Sera, La Stampa, Torinosette) scrivendo di Spettacoli, Cronaca, Teatro, Arte e Musica. Per vent’anni cronista di nera, dal 1980 al 1982 è stato Presidente del Gruppo Cronisti Piemonte e Valle d’Aosta. Nel 2011 ha curato la mostra storica fotografica al Borgo Medievale del Valentino “Torino, la città che cambia (1880-1930)”, visitata da aprile ad ottobre da oltre 180mila visitatori. Come Nero Wolfe - il mitico personaggio creato da Rex Stout - oltre a curare numerosi esemplari di orchidee è appassionato di gastronomia e coltiva peperoncini piccanti. Possiede una collezione di oltre trecentocinquanta elefantini in miniatura. Da piccolo sognava di riparare gli orologi dei campanili. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Il Guardiano dei Cavalieri (2018).
LinguaItaliano
Data di uscita22 mar 2019
ISBN9788869433481
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    Anteprima del libro

    Torino tamarindo - Ivano Barbiero

    CAPITOLO I

    TENERIFE COLOMBIANA

    Aldo Piacentini era esterrefatto. Leggeva la relazione del truce delitto che gli era appena arrivata dall’isola spagnola di Tenerife, mentre sulla scrivania aveva anche la lettera inviatagli dalla vittima sette giorni prima.

    "Caro commissario, spero si ricordi di me. Sono Franca Bottero, Franchina, la mamma di Mara, la ragazza che era fuggita di casa anni fa con il sacerdote bello della parrocchia, Pietro Lugli, che l’ha messa incinta e che poi è morto facendo immersioni in Spagna dove si erano stabiliti. Mi scusi se la disturbo ancora, volevo dirle che io ho poi raggiunto mia figlia a Tenerife che dopo aver avuto il figlio, Mauro, si è tirata su le maniche ed ha continuato a gestire il bar che aveva comprato con il suo compagno defunto, il Pietro Lugli. Ma non starò a dilungarmi troppo, anche perché faccio una certa fatica a mettere insieme le idee su carta.

    Ora vorrei informarla che da alcuni mesi la mia figliola sta con un’altra persona. Un omone grande e grosso come un armadio, alto due metri e pesante oltre 130 chili che mette paura solo a guardarlo e che io chiamo lo Spartiacque perché quando passa lui, tutti si scansano.

    Ebbene quest’orco dice di avere abitato vicino a Torino e a me non piace per niente anche se sembra avere un mucchio di soldi. Non so cosa ci trova in lui mia figlia, né lo voglio sapere di preciso. Lei lo chiama Flani ed è tutta un miele nei suoi confronti: ‘Flani di qui, Flani di lì’. Però a naso quello non mi piace affatto. Una volta l’ho anche sentito mormorare: ‘Ecco che torna l’impicciona’ e sono sicura che si riferiva a me. So che non va bene ma due giorni fa sono riuscita a vedere la sua carta d’identità che aveva nel portafoglio e che aveva dimenticato sul comodino. C’era scritto Flavio Marini, da qui il nomignolo di mia figlia, Flani, appunto.

    Sul documento di questa bestia umana c’era scritto anche che aveva la residenza a Rivoli, in corso Francia, ma non ricordo il numero civico esatto. E già che c’ero ho guardato anche il suo passaporto. Ma qui il nome era un altro, mentre la foto sul documento era sempre la sua, però i capelli erano più scuri e aveva anche un paio di baffi folti

    Non mi chieda quale nome c’era scritto, non me lo ricordo proprio, perché a quel punto mi sono spaventata e senza toccare più nulla sono uscita di corsa in strada, entrando nel dehors del bar che ha mia figlia. Però a lei non ho avuto il coraggio di raccontare quello che avevo appena scoperto.

    Detto che la mia Mara è all’oscuro di quanto ho scovato io, lei per favore può farmi sapere qualcosa? Con urgenza? Chi è mai questo individuo che a me, le ripeto, sembra poco raccomandabile? E perché viaggia con documenti che riportano nomi diversi? Le sembra tutto normale? Mi aiuti.

    Questo è il mio nuovo indirizzo e se le capita di venire a Playa de las Américas venga a trovarci. Casa nostra è grande e per lei la porta sarà sempre aperta. Venga appena può, il clima è caldo, nulla a che vedere con Torino, l’Oceano certi giorni è un incanto. Questo sì che è il posto ideale per trascorrere la vecchiaia.

    Con grande stima

    Franca Bottero

    (Franchina)".

    In quanto ai cinque fogli del rapporto ricevuto dalla polizia iberica, per competenza inviato nell’ultima città dove aveva avuto la residenza la vittima prima di trasferirsi in Spagna, segnalavano la morte violenta di una cittadina italiana, comprese alcune modalità raccapriccianti. Quasi fosse un eccesso di precisione, c’era anche un dettagliato resoconto dell’omicidio. Riferiva che alla donna era stata praticata la cravatta colombiana, ovvero chi l’aveva uccisa le aveva tagliato la gola da un orecchio all’altro e da quell’orrendo squarcio le aveva srotolato fuori la lingua facendola penzolare sotto il collo.

    Una morte orribile che non era sopravvenuta all’istante; di solito il decesso avveniva per soffocamento o per perdita di sangue, e dava al malcapitato di turno tutto il tempo di rendersi conto di quanto gli stava accadendo, anche se per poco.

    La segnalazione diceva inoltre che il nipote della donna aveva assistito in parte alla scena, restandone traumatizzato e sotto shock. Il ragazzino, forse attirato dal trambusto, era entrato nella stanza e aveva fatto in tempo a vedere la nonna rantolante e in un lago di sangue. Ma prima di riuscire ad avvicinarsi o verosimilmente cercare di fuggire aveva ricevuto una sberla tremenda dall’assassino che lo aveva rinchiuso subito dopo in uno sgabuzzino. Non prima di squarciargli con lo stesso coltello il suo pallone da calcio e averlo minacciato: Se solo provi a urlare torno e ti faccio fare la stessa fine.

    Per quello che riguardava la mamma del giovane, che era anche la figlia dell’uccisa, era stato appurato che al momento del delitto si trovava nel bar: anche se il locale era attiguo all’alloggio dove si era consumata la tragedia lei non si era minimamente accorta di quanto era accaduto. Solo al rientro nell’appartamento, verso le 15.00, aveva fatto la macabra scoperta e soccorso anche il figlio che era ancora rinchiuso nello sgabuzzino, ammutolito e scioccato.

    Del suo nuovo compagno che si era trasformato improvvisamente in omicida aveva saputo dire poco o nulla, a parte il nome, Flavio Marini. Aveva però voluto aggiungere che con lei Flani era sempre stato buono, a tratti affettuoso ed espansivo. Non passava giorno che la riempisse di regali e attenzioni. Mentre nei confronti di suo figlio si era sempre dimostrato attento e premuroso, mai distratto.

    Il rapporto proseguiva con ulteriori dati salienti della donna ammazzata e con la registrazione dei documenti che l’uomo aveva lasciato quattro mesi prima in hotel, presumibilmente appena arrivato a Tenerife. Qui, ulteriore sorpresa, si era invece registrato come Marco Concerti, residente a Pisa in via Notari, di professione rappresentante di commercio. Però alla frontiera di Tenerife interna all’aeroporto negli ultimi sei mesi non erano stati registrati in arrivo cittadini italiani con quei nomi.

    Grande, grosso, massiccio, un armadio l’aveva definito Franca Bottero, capelli corti tagliati a spazzola. A prima vista non sembrava difficile localizzarlo. Eppure Piacentini sentiva che c’era qualcosa che non quadrava e che lo stava turbando. Altro che storia semplice. Gli stava venendo in mente il fatto di sangue accaduto mesi prima a Torino, in un loro ufficio di copertura in corso Cairoli, a pochi passi dal Po. Si augurava che non si trattasse della stessa persona, dello stesso agente, quell’Antonio Ponto considerato una scheggia impazzita dei Servizi Segreti, da cui ci si poteva aspettare qualunque follia.

    In realtà il suo sesto senso gli stava dicendo che non poteva trattarsi che di lui. Costui prima di far perdere le tracce dall’Italia con ogni probabilità aveva ammazzato il collega con cui interagiva, durante un violentissimo quanto sanguinoso litigio. Il fatto era avvenuto nella palazzina di corso Cairoli, nei pressi del Po, utilizzata come base e copertura di comodo. Ponto si era poi impossessato di tutti i documenti, comprese cinque o sei carte diplomatiche, e della cassa contenente una somma ingentissima. Le prove della tremenda colluttazione fra i due uomini erano le copiose tracce di sangue ritrovate in ogni angolo di quell’ufficio, oltre al fatto che prima di volatilizzarsi Antonio era andato a farsi medicare in un ospedale riservato agli agenti speciali.

    Nessuna traccia invece del suo compagno Davide Guerrieri, soprannominato anche Smilzo Elettrico, per i suoi cinquantacinque chili di muscoli, nervi e scatti e per i suoi eccezionali tempi di reazione. Poiché dal magazzino di corso Cairoli era sparita una delle vecchie casse di legno che veniva utilizzata per le finte consegne settimanali, si era ipotizzato che Antonio avesse messo lì il corpo del collega ucciso e se ne fosse sbarazzato gettandolo in uno dei fiumi di Torino o in una delle tante discariche. Insomma, un gran casino.

    In cuor suo Piacentini sperava che quel pauroso armadio con le gambe non tornasse nuovamente a Torino. Perché sicuro sicuro ci sarebbero stati altri morti. La relazione riservata che aveva avuto modo di leggere mesi prima non lasciava presagire nulla di buono in caso di un suo rientro. In estrema sintesi, si trattava di un pazzo pericoloso. Meglio evitarlo. Ma quello era solo il suo desiderio mentre la realtà come al solito avrebbe imboccato percorsi imprevedibili quanto inaspettati.

    Gli venne in mente un proverbio in dialetto romagnolo: Terra addosso e messe poche. A significare sbrigativamente che la vita sarebbe andata avanti comunque e in fretta, qualunque fatto fosse capitato. I morti sarebbero finiti assieme ad altri morti e dopo la sepoltura non occorreva occuparsene più di tanto.

    Poteva bastare. Per lui ce n’era già abbastanza e in abbondanza. Oltre tutto era venerdì 17 e anche se non credeva ai numeri nefasti e alle date simboliche sentiva che qualcosa d’altro doveva accadere. E infatti gli venne servito il resto in meno di un amen.

    Mentre stava ancora pensando ai fatti di Tenerife, dopo aver bussato discretamente, entrò nell’ufficio il suo attendente Furio Bergamaschi con un’altra rogna devastante.

    Commissario, mi sa tanto che abbiamo una nuova inchiesta da svolgere, una storiaccia coi contro fiocchi.

    CAPITOLO II

    VENERDÌ 17

    Due addetti di un’impresa di manutenzione hanno intravisto stamattina un corpo, se così si può definire, nei sotterranei, anzi negli infernotti della Basilica dei Santi Maurizio e Lazzaro di via Milano.....

    Bergamaschi era come suo solito preciso, meticoloso, attento a raccogliere tutte le informazioni, anche quelle che ad un primo esame potevano sembrare ininfluenti per le indagini.

    Quei due operai erano in quel posto perché dovevano posizionare dei fili di una nuova linea elettrica. Dopo quello che hanno visto sono entrambi sconvolti, ma è dire poco. Sembra che riposizionando le linee si siano imbattuti in una vecchia porta di legno semichiusa adornata da croci scolpite, ma non solo: sull’uscio erano inchiodati teschi e altre ossa.

    Piuttosto macabro, commentò il suo superiore.

    Infatti. Ma, come tutte le persone curiose, hanno vinto l’iniziale timore e l’hanno spinta. Sono entrati, hanno puntato le torce ed è bastato quel poco che hanno visto per farli scappare, in preda al terrore.

    Cioè? Spiegati.

    Ci arrivo. Entrambi sono fuggiti, uscendo da una porta che dalle cantine arriva alla galleria Umberto I. Qui, ai primi agenti in cui si sono imbattuti, hanno riferito di aver visto un ‘assemblaggio di corpi’, ovvero un morto in parte mummificato, in parte pietrificato e in parte già ridotto in scheletro. Almeno a loro è sembrato così.

    Una mostruosità che magari poteva anche essere soltanto un manichino, osservò Piacentini.

    Ma che si trattasse realmente di una sorta di mummia lo hanno poi confermato anche i colleghi intervenuti sul posto: hanno riferito di un cadavere in parte mummificato, coperto in minima parte con un camice, una sorta di divisa di quelle usate sovente dai ricoverati degli ospedali o dei manicomi,composto con estrema cura su un vecchio tavolo di marmo. Aveva entrambe le mani appoggiate davanti alla bocca. Come a imporre il silenzio. Sul petto invece c’era anche una sorta di targhetta bluastra con dei caratteri di stampa sbiaditi o forse corrosi.

    Allucinante!, esclamò il commissario. Saranno rimasti scossi.

    Sicuramente, al telefono hanno commentato di non aver mai visto nulla di simile, una sorta di apparizione dell’altro mondo.

    Sono rimasti lì?.

    Certo, anzi là sotto negli infernotti ora ci sono anche un paio di carabinieri. Poiché tutta l’area ricade nella loro zona di competenza, hanno voluto ficcarci il naso. e sono lì, silenziosi e pazienti come preti durante le funzioni. In attesa che arrivi il medico legale per i primi accertamenti.

    I riti, ci vogliono i riti, sono necessari i riti, pensò fra sé e sé Piacentini. Occorrono rituali, funzioni, cerimonie propiziatorie ed espiatorie. Per rinsaldare e ribadire i vincoli di appartenenza, di condivisione di fede e ideali. Si prega e ci si genuflette per l’Aldilà, l’Eterno, l’Oltretomba, l’Inferno e il Paradiso, la Messa sacra e quella satanica. Quanti saranno gli stronzi assatanati che credono ancora nella Torino magica e a tutte le sue ostie bianche o nere che siano? Questa non è una quasi metropoli bensì un crogiolo di pazzi indemoniati. Proprio così, anche io me ne sto convincendo giorno dopo giorno.

    Bene, benissimo, perfetto!, disse stavolta a voce alta e con aria arrabbiata guardando il suo attendente. "Dopo i fantasmi, i medium e le messe nere ecco la novità, la mummia! Ecchepalle! Ci risiamo! Questa è

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