Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Muto come un orsetto: Milano in una favola noir
Muto come un orsetto: Milano in una favola noir
Muto come un orsetto: Milano in una favola noir
E-book89 pagine1 ora

Muto come un orsetto: Milano in una favola noir

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

“Milano, via Padova, un’anziana prostituta giace assassinata nel suo letto. Il referto del medico legale recita “morte per asfissia”. In bocca e nella gola della sventurata ciocche di peli sintetici tolgono ogni dubbio circa la natura dell’arma del delitto: un peluches, un tenero orsacchiotto di cui si è persa ogni traccia. Il suo nome è Gosa e dal divano di Ginger, vecchia prostituta e sua amata padrona, è ora finito per strada, gettato via come si fa con l’arma del delitto, buttato tra le vie indifferenti di una nuova Milano da bere. Un barbone, tre spazzini, un’ex moglie, un ragazzone ritardato, un killer, un trentenne da aperitivo, uno psicologo, un meccanico, uno sbirro, un orsacchiotto che brama vendetta e poi Milano, un formicaio di peccatori che parcheggiano in doppia fila! Muto come un orsetto, una favola di mezzanotte narrata attraverso gli occhietti neri del peluches di una puttana.
LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2015
ISBN9788869430107
Muto come un orsetto: Milano in una favola noir

Correlato a Muto come un orsetto

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Muto come un orsetto

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Muto come un orsetto - Helfrid P. Welwood

    - 1 -

    Muto come un orsetto

    "Se la merda fosse un colore

    io sarei l’arcobaleno"

    Diario di Ginger, pag. 23

    Ora qualcuno mi raccoglie... ora qualcuno mi raccoglie... nessuno mi raccoglierà mai! Nessuno ti tende una mano quando sei coperto di merda, quando sei a terra tra i mozziconi e le pisciate.

    Mi chiamo Gosa e prima di finire per strada, prima che un barbone avvinazzato si pulisse il culo su di me, realizzando il suo sogno di morbidezza, ero un soffice orsetto che da quasi mezzo secolo oziava sul divano di Ginger, la mia padrona, una delle mignotte più vecchie di via Padova, una che la vita l’aveva iniziata quando in Duomo c’era ancora la nebbia e Mc Donald’s era solo un cognome straniero.

    Ho conosciuto Ginger tanti anni fa, quando ancora usava lo specchio per truccarsi e non per contare le rughe. Sono entrato nella sua vita sottobraccio a un cliente. Uno di quelli da regalini, rose e divorzio. Il classico stupido convinto che per conquistare il cuore di una puttana si dovesse sudare la metà. Uno dei tanti che credeva fosse amore e che Ginger, a mo’ di agente del fisco, spremeva impietosa. Innamorarsi di una baldracca è come innamorasi di una santa, solo i pazzi ci riescono, mi spiegava Ginger ridacchiando allo specchio. A me quasi dispiace per quelli così, ma anche noi dobbiamo pagare luce e gas.

    Sacrosanto baby, avrei voluto rispondere, fanculo ai matti e ai moralisti con la pancia piena! A quelli che credono che le puttane non mangino! È solo grazie al tuo lavoro se abbiamo un frigo pieno e una casa calda. Io ci sono stato al freddo. Io l’ho patito il gelo di un container bloccato in dogana e ti assicuro, Ginger, non è bello. Ma è in quel buio polare che vorrei costringere tutte le teste di cazzo che ti additano. Tutte le stronze come tua madre, che non ti invita a natale. Tutti i bugiardi come quello che prometteva di sposarti, ma solo dopo l’aborto. E tutti gli amministratori di condominio del cazzo, che inventano spese per rubare soldi ai vecchietti e poi storcono il naso quando scoprono che qui si batte! Al diavolo tutti! E che Dio benedica la Maddalena, donandole ricchi clienti e mille anni di paradiso per ogni minuto di solitudine trascorsa in terra.

    Ora qualcuno mi raccoglie… ora qualcuno mi raccoglie… giuro che mi basta uno shampoo per tornare soffice… magari due…

    Ma perché nessuno mi raccoglie? Sono ridotto così male? Sono marrone, puzzo di merda, ma non sono uno stronzo, raccoglietemi!

    Anzi sì, sono una merda di cane, tiratemi su. Coraggio, qualcuno levi questa cagata dal marciapiede! Coraggio...

    Fanculo tutti, è inutile. Se questa città non ha avuto pietà per Ginger, figuriamoci quanto rispetto può mostrare per un vecchio peluche tutto sgommato.

    Chissà se hanno già trovato il corpo? Forse è ancora presto. Anche Ginger starà aspettando che qualcuno la tiri su. Si accorgeranno dell’omicidio solo coi gas della decomposizione, quando l’odore richiamerà i vicini. Ma ormai sarà tardi per beccare il bastardo che l’ha uccisa.

    Ginger, questo non mi piace per niente, volevo dirle, "mandalo via. Non hai più l’età per battere. Questo non è come quel matto delle foto nuda, questo è uno alla Psyco, uno che ha la madre impagliata sul dondolo. Ginger, mandalo via". Ma perché devono cucire le labbra agli orsetti... perché ci obbligano al silenzio? A sorridere e tenerci tutto dentro?

    Non lo prenderanno mai quel sadico. Io posso riconoscerlo, ma non lo prenderanno mai quell’animale. Come si fa a soffocare una vecchia con il suo orsacchiotto…

    Maledetto! Ti ho visto bene mentre mi premevi sul viso di Ginger. Bastardo! Non c’era bisogno di buttarmi anche in strada, di eliminare il testimone. Tanto la farai franca comunque. La polizia non si spenderà per risolvere l’omicidio di una vecchia bagascia che perfino da viva tutti avevano dimenticato. E ora che un barbone ha violato con il suo lurido culo il mio soffice pelo, nessuno mi raccoglie. Mi lasciano qui... nessuno mi raccoglie...

    Ho freddo, mi manca Ginger...

    "La vita è un viaggio

    e io non ho il biglietto"

    diario di Ginger, pag. 54

    - 2 -

    L’erezione architettonica

    "Se questa città fosse una

    nave l’affonderei"

    Diario di Ginger, pag. 14

    Sette giorni. Tanto è trascorso prima che un gruppo di spazzini mi raccattasse da terra. Una settimana buttato sul marciapiede, aggrappato ai miei pensieri. Immobile davanti a un tapis roulant indifferente di auto e persone. Sniffato dai cani, scavalcato dai pedoni, spettinato dal vento, tormentato da piccioni inquinati e scarafaggi grandi quanto saponette. Il tempo che il Signore ha impiegato per creare cielo e terra, io l’ho speso fissando la pubblicità di un profumo per donne che non esistono, i singhiozzi gialli di un semaforo mutilato e un muro lurido di scarabocchi e bestemmie spray, sul quale spicca un’unica frase di senso compiuto che amara recita: L’AMORE FINISCE COME IL ROTOLO DEL CESSO!

    E dopo sette interminabili giorni di esilio emotivo, ecco gli spazzini, i miei salvatori. Almeno così pensavo, finché a uno di loro non è venuto in mente di piantarmi in cima al camion dei rifiuti. Su, in alto. Un po’ impalato e po’ crocefisso. Legato all’autocarro come un cervo appena cacciato. Io, giudicato troppo lurido perfino dagli spazzini, lercio al punto da non meritare di sedere con loro in cabina. Che beffa per un tenero orsacchiotto...

    Ed ora eccomi qui, a due metri e mezzo da terra, più su dello stemma di una Rolls-Royce. Io nano di peluche che ho sempre visto il mondo a cinquanta centimetri d’altezza, io che non ero mai stato più su del divano di una puttana, eccomi adesso a scrutare dall’alto un’intera città, vasta quanto l’orizzonte.

    Auto, semafori, binari, moto, sirene, tombini, bar, biciclette, giornali, palazzi, insegne, alberi. I miei occhi sono pieni di tutto. È incredibile quante cose può contenere una città. E quante ne son cambiate dall’ultima volta che sono uscito!

    Della Milano da bere non è rimasta neanche una goccia, qualcuno l’ha scolata tutta lasciando al prossimo il conto da pagare, strisce blu e cantieri verticali che si accendono come pire sulla linea del tramonto. La città che poteva si è rifatta completamente a mo’ di vecchia riccona. Tette, labbra, lifting e botox. Interi quartieri di ringhiera e mattoni hanno lasciato il posto a lussuosi grattacieli da trenta e più piani che si fronteggiano in una gara all’insù per stabilire chi ce l’ha più

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1