Imago Mortis (ITA)
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Info su questo ebook
Milano, 2013. Augusto Ghites è un medium con un incredibile potere: entra in contatto con gli spiriti dei defunti solo sniffando o fumando le loro ceneri, come se si trattasse di una droga qualsiasi. Questa terribile dote, a metà fra la maledizione e la tossicodipendenza, fa di lui un uomo solitario, malinconico, ostaggio del proprio vizio segreto, e circondato solo da gente morta. Quando un'anziana ex prostituta gli chiede di aiutarla a scoprire l'assassino che nel 1953 uccise diverse sue colleghe, inizia per Ghites la discesa in un girone infernale di cimiteri, ex case chiuse, battone ottuagenarie, circhi malfamati, periferie invase da scorie chimiche e balordi di ogni risma, sullo sfondo di una Milano pre-Expo schizofrenica, spietata, preda degli istinti più bassi e del motto segreto che regola la vita dei suoi cittadini: homo sine pecunia est imago mortis, l'uomo senza denaro è l'immagine della morte.
"La potenza narrativa messa in campo dall'autore è devastante" - Nella mente di Redrum.
"Come mi fa spaventare e inquietare Marolla, non ci riesce nessuno" - Il Viagra della Mente.
"Questa novel è un acquisto obbligatorio" - Plutonia Experiment.
"Ho letto una cosa strafiga, un tipo che sniffa la cenere dei morti si muove in una Milano più nera e cupa della polvere che inala. Uno spettacolo." - Letteratura Horror.
Samuel Marolla
I was born in Milan (Italy), where I actually live. I'm a speculative fiction writer and a comic-book writer. I publish with several publishers, both in Italy and worldwide. In 2014 I co-founded Acheron Books, the first Italian speculative fiction publisher in English language.
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Anteprima del libro
Imago Mortis (ITA) - Samuel Marolla
Imago Mortis
Samuel Marolla
Prima edizione digitale: gennaio 2014
Sito dell'autore: www.samuelmarolla.com
Acheron Books n. 2
Direttore Editoriale: Adriano Barone
Editing: Adriano Barone
Impaginazione a cura di Matteo Poropat
Illustrazione di copertina di Jessica Angiulli e Lucio Mondini – Diramazioni.it
ISBN epub: 9788899216023
ISBN mobi: 9788899216030
Opera protetta da copyright. Ogni riproduzione anche parziale, se non autorizzata dall'autore, sarà perseguita a norma di legge.
Copyright Imago Mortis
© 2014 Acheron Books
All rights reserved
Acheron Books – www.acheronbooks.com
Imago Mortis
di Samuel Marolla
PARTE PRIMA
Quando stranisci
People are strange
when you're a stranger.
Jim Morrison
Milano, gennaio 2013.
Sulla città il cielo grigio era basso, gonfio, fradicio come uno straccio passato su un pavimento lercio.
Mancavano due ore all'appuntamento, io non avevo nulla di meglio da fare e così mi misi a girare in macchina per un po' . I faraonici complessi residenziali in costruzione, i lavori bloccati da anni per le infiltrazioni della 'ndrangheta o perché i soldi erano finiti, mi sembravano le rovine di una razza aliena e priva di qualsiasi parvenza di buon gusto che avesse abbandonato in tutta fretta il pianeta prima dell'apocalisse.
L'acqua nera gocciolava su alberi morti, impiantati oltre i reticolati e il filo spinato, pozzanghere marroni si congiungevano in rivoli gorgoglianti, fabbriche chiuse sulle cui pareti grigie barrivano nella brezza gelata striscioni dei sindacati, i comignoli delle case vomitavano fumo nero sulla barriera corallina di antenne satellitari, i bei tetti di tegole rosse della vecchia Milano devastati dall''infestazione di nuove mansarde invendute, con le pareti che sembravano di amianto pitturato color sterco.
Superai San Vittore e proseguii verso la Darsena, sempre più secca e puzzolente tanto da sembrarmi un titanico cesso rotto abbandonato in un campo, sulle due ripe luccicavano i vecchi binari in disuso, mentre giù da via Washington e corso Vercelli le ombre della sera iniziavano già a calare, a infiltrarsi fra i palazzi, stava per tramontare e iniziava la movida, le strade che nel tramonto appena abbozzato andavano riempiendosi di auto che mi incastrarono nel mezzo, cellulari trillavano in continuazione, risate scoppiavano all''improvviso senza che riuscissi a sentire le battute che le avevano generate, i circoli rossi delle sigarette fumate negli abitacoli disegnavano geometrie strane, i neon fluorescenti dei locali lungo i Navigli si accendevano come luci di Natale, l''aria sapeva di ruggine e asfalto bagnato e di elettricità dei cavi frizzanti dei tram, la pioggia continuava a ticchettare sul parabrezza.
Era ancora Milano, che bruci all'inferno, era Milano sotto un temporale e io mi ci ero di nuovo perso dentro, come un vecchio vizio balordo di cui non riesci proprio a fare a meno.
Il Topaz viveva in un attico nel nuovo quartiere di Santa Giulia, in un palazzo sotto sequestro per fallimento.
Lo raggiunsi mentre spioveva.
La zona sembrava Fukushima dopo lo tsunami e l'incidente nucleare. I palazzoni bianchi tutti uguali alla luce dei lampioni sembravano fatti di compensato. Al centro, un immenso campo rettangolare somigliava a un cratere dopo lo schianto di un meteorite; vi si era formato uno stagno con l'acqua nera e schiumosa per i rifiuti tossici sotterrati fino alla falda acquifera. Ci sarebbero voluti decenni, pensavo, per tirare su tutta la merda che avevano seppellito là sotto. Intanto l'aria della notte era già ammorbata dall'odore chimico dei copertoni bruciati dai rom, le spirali di fumo nero che evoluivano sui due campi nomadi di via San Dionigi.
Parcheggiai, citofonai e salii all'ultimo piano. L'appartamento era sempre in ordine, come se qualcuno per magia lo sistemasse all'alba per renderlo di nuovo agibile, mi immaginavo, visto il tipo, una Mary Poppins psicopatica imbastita di cocaina.
C'era sempre una luce soffusa che proveniva da lampade dai vetri colorati. I mobili erano tutti etnici, cinesi o tibetani, comprati da Cargo. Una teca di vetro conteneva un piccolo squalo in formalina.
Il Topaz era seduto su un divano di pelle color panna, alle sue spalle l'armadio dei liquori e un quadro di arte moderna che a me sembrava solo lo sbocco di un ubriaco su una tela. L'aria sapeva di chiuso, di acqua di colonia e dell'odore dolciastro della coca scaldata. Su un vassoio d'argento c'era una banconota arrotolata e i rimasugli delle piste che aveva ragliato. Lui mi guardava con i suoi occhi, gli occhi bianchi e molli di un polpo, sempre con quell'espressione di chi l'aveva capita fin dall'inizio, l'aveva capita fino in fondo, e, in ogni caso, di certo l'aveva capita più di te.
- Ciao, Ghites, ciao, bello. Vieni, siediti. Non ti mando niente perché so che non ti piace.
- Grazie lo stesso. - risposi, mi sedetti di fronte a lui e accesi una sigaretta. - Che si dice?
Topaz alzò le spalle. Aveva la fronte imperlata di sudore e smascellava come uno con le convulsioni. Guardava il plasma immenso che aveva di fronte, sintonizzato con l'audio spento su Red Bull Tv che mandava a rotazione video di sport estremi. Fuori, una macchina passò rombando con il clacson tirato a mille. - Lascia stare, mi sto veramente rompendo i coglioni, l'altro giorno gli sbirri mi hanno strizzato il cazzo solo perché sono andato a farmi un Cuba, mezz'ora, ci credi, cosa ci vuole per andarsi a bere qualcosa con gli amici, mezz'ora al massimo. - disse fra i denti che digrignavano come una tagliola. - Il problema vero poi non sono gli sbirri ma i romeni.
- Quali romeni? Di cosa parli?
- Devo dare cinquantamila neuri a un gruppo di rom romeni.
- E cosa avresti fatto di simpatico per guadagnarti questo debito?
- Il poker, il Texas Hold'em, zio, è la mia passione. I napoletani non mi facevano più credito, così sono andato in una bisca dei rom di via Idro, lo sai com'è.
Sì. Lo so com'era, il Topaz.
- Oh, non è che ti controllano l'appartamento? - gli chiesi di colpo. Gesù, a volte divento davvero paranoico.
- Con le cimici, dici? Ma va, zio, ma stai tranquillo. Mi faccio fare la pulizia una volta ogni tre mesi e poi ormai sono sempre a casa, quando cazzo ci entrano? Ho trovato la cosa che mi hai chiesto.
- Sono qui per questo.
- E' stato un casino. Adesso ti racconto tutto bene. A Lanzarote ho questi due amici, no, questi due napoletani di cui ti avevo parlato, adesso sono ospiti nella mia villa, e
- Fermo. - dissi, alzando la mano, la sigaretta fra le dita. Buttai fuori una nuvoletta di fumo color panna. - Me lo racconterai un'altra volta, all'aperto. Non si sa mai.
- Ma ti ho detto che l'appartamento è pulito, cosa
- Non si sa mai. - ripetei. Dio, quanto odiavo queste cose. L'unica mia concessione all'illegalità e all'immoralità era questa, e non volevo farmi fregare come un fesso, come i capi mafiosi cerebrolesi che vengono arrestati perché telefonano col proprio cellulare, comprato a loro nome, e dicono: L'hai ammazzato il tizio, come ti avevo ordinato?
. Queste erano cose che mi facevano andare fuori di testa.
In ogni caso lo smascellone, qui, moriva dalla voglia di parlare con qualcuno, aveva talmente tanta barella in corpo che avrebbe parlato persino con i suoi mobili cinesi, e forse lo stava anche già facendo prima che arrivassi io, ma non ero il suo padre confessore, non ero nemmeno suo amico, o perlomeno non lo ero più dai tempi delle superiori, Diosanto, e volevo solo la mia roba e andare in un posto tranquillo a farmela. Pubbliche relazioni. Ancora venti minuti di pubbliche relazioni e sarei stato libero, ma le pubbliche relazioni erano forse l'attività che odiavo di più al mondo. - Una cosa non l'ho mai capita. Perché ti tieni la villa a Lanzarote, se non ci puoi più andare?
Prese una sigaretta dal mio pacchetto appoggiato sul tavolino tibetano, la accese e la succhiò come fosse una cannuccia, le bruciò via metà con un solo tiro.
- Mi fa stare tranquillo. Un giorno mollo tutto e mi ritiro lì. In ogni caso non è esattamente a Lanzarote, è quasi dentro il Timanfaya, il parco nazionale, quello vulcanico. Una figata imperiale, zio. Vedi i crateri dal balcone della camera da letto principale.
- Ma non dovrebbe essere vietato costruire in un parco nazionale?
- Sì, e infatti è sotto sequestro in attesa di essere demolita. Me l'ha costruita dieci anni fa un narcotrafficante di Medellin che poi è morto ammazzato nel deserto messicano, poi è arrivata a me, adesso ti racconto come è andata, zio.
- Lascia stare. Tuo padre?
- Mi passa ancora i soldi, ma mi sta rompendo i coglioni, dice che devo sistemare i suoi affari laggiù, sai no che mio padre c'ha quei due resort alle Canarie, e che devo vedere Samsara.
- Ha ragione.
- Lo so che ha ragione. È mia figlia. Sono un bastardo. - disse portandosi le mani al volto. Il suo tono di voce si incrinò - Sono solo un bastardo, ho lasciato mia figlia alle Canarie e mi sono fatto beccare in Italia come uno stronzo con una valigia piena di soldi falsi, merda. Dovevo subito cambiare strada, o si sarebbe messa davvero malissima, mi avrebbe tenuto tutta la notte a raccontarmi della sua vita sfigata da Grande Gatsby fallito e fuori tempo massimo.
- Non fare così, adesso. Fai l'uomo, Mario. Hai una figlia che ha bisogno di te. Da quanto tempo non la vedi?
- Due anni, zio. Ormai ha compiuto cinque anni.
- Quando finiscono i domiciliari?
- Otto mesi con l'indulto.
- Otto mesi non sono niente. Aspetti che finiscano e poi torni a Lanzarote, rivedi Samsara, te ne