Cani acerbi
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Anteprima del libro
Cani acerbi - Gianluca Conte
Table of Contents
Gianluca ConteCani acerbi
Gianluca Conte Cani acerbi
Glossario
Gianluca Conte
Cani acerbi
Immagine di copertina
foto di Mirna e Martina Marić
http://www.facebook.com/MaricSistersPhotography
Ogni riferimento a fatti, cose, luoghi, persone, è da ritenersi puramente casuale.
© Musicaos Editore, 2015
Tutti i diritti riservati
Musicaos Editore
info@musicaos.it
www.musicaos.it
Maggio 2015
ISBN 9788899315160
GIANLUCA CONTE è nato a Galugnano, in Salento, nel 1972. Laureato in filosofia, è poeta, scrittore, operatore culturale. Con il Centro Studi Tindari Patti ha pubblicato la silloge Il riflesso dei numeri
(2010), finalista al concorso nazionale Andrea Vajola
. Con Il Filo Editore, ha pubblicato Insidie
(2008). La sua terza raccolta, intitolata Danza di nervi
(Lupo Editore, 2012), ha vinto il Premio PugliaLibre 2012 nella sezione 'raccolta lirica'.
Il blog di Gianluca Conte, Linea Carsica
è qui: http://glucaconte.blogspot.it/
La copertina.
Mirna Maric e Martina Maric, sorelle rispettivamente di 19 e 21 anni, sono due giovani fotografe croate. La loro pagina ufficiale è qui:
http://www.facebook.com/MaricSistersPhotography
Gianluca Conte
Cani acerbi
Appaiono come spettri alla controra, nere come gomme d’automobile. Appena fuori dal paese la strada per Lu Gurgu, una contrada di case sparse e fondi coltivati, me le stampa sugli occhi ogni cazzo di giorno. Le trovo sempre lì, sotto pittoreschi ombrelloni. Le puttane dei campi. Nigeriane toccasana. Passatempo preferito dei contadini della zona, che tra un colpo di sarchia e una rastrellata, vanno a inzuppare il biscotto.
A Fiumenero hanno catramato un parcheggio apposta, anche se nessuno lo dice apertamente che è stato fatto per le zoccole. La contrada Fiumenero è una non-contrada sulla Statale Debosciata, come la chiamano qua a Scorcia. Si trova nel bel mezzo di due grandi arterie fuori dai centri abitati. Non c’è un cazzo di niente là. Non c’è una fabbrica, un’azienda, un ferrovecchio. Neanche un bar. Niente di niente. Chilometri di nulla. E allora che ci va a fare tanta gente? Anche un idiota capirebbe come stanno le cose. E allora perché le lasciano lì le zoccole? Perché nessuno va a cacciarle? Il Bel Paese. Certo. Tutti a sparare a zero sulle puttane. Tutti che però ci vanno.
Le puttane di Fiumenero sono un tantino più chic rispetto a quelle che battono sulla strada per Lu Gurgu. Da loro non ci vanno gli sfigati di passaggio con le utilitarie scassate. Ci vanno quelli coi macchinoni. Uomini d’affari con il SUV e il Tudor al braccio. Ci vanno pure avvocatoni puliti e ingelatinati con tanto di Visa. Lo so perché li vedo con che macchine arrivano. E poi me l’hanno detto pure al patronato. E quelli sanno tutto. Sanno pure quanti peli uno c’ha in culo. Uomini di lusso, dicono, mica sporchi contadinacci. Mi sono chiesto tante volte perché tipi così pieni di soldi andassero dalle donnacce di strada e non dalle zoccole d’alto bordo. E tutte le volte che me lo sono chiesto ad alta voce, al patronato m’hanno detto – fatti i cazzi tuoi! E allora io chiedevo a quelli del patronato perché mi mettevano al corrente di certe cose se poi non ne potevo parlare ad alta voce. E quelli mi rispondevano – perché certe cose le devi sapere. Ma le devi tenere per te. Perché sapere certe cose ti può tornare utile quando sei con le spalle al muro.
Io ancora oggi me lo chiedo, seppure in silenzio. Non mi so spiegare perché quei ricconi vanno a cercare sesso in mezzo a una strada. Sono due mondi talmente diversi, quello delle nigeriane e quello dei ricconi, che proprio non mi ci faccio capace. Ma c’è una costante: la vendita. Costante universale. E a niente valgono le mie menate morali.
- Qui non ci sono cenerentole. Qui non aspettano nessun principe che le salvi con baci miracolosi. È un lavoro come un altro. Il tempo si vende. Il corpo si vende. Ci sono infiniti modi di prostituirsi, quello è solo uno dei tanti. E buonanotte al secchio - così la pensa Riccardo. Il migliore amico mio.
Ah, io sono Alessio Delmale. E faccio il contadino in un fondo a due passi dalle zoccole. Attenzione: ho detto con-ta-di-no non bracciante. Io sono proprietario della mia terra. Possiedo dieci ettari belli belli. Tutti piantati. E in paese tutti sanno come stanno le cose. Sanno che io i soldi ce li ho. Ce ne ho più del dottore medico di 'sta minchia. E sono pure uno di cultura. Anche se al patronato se lo dimenticano e chiamano sporchi contadinacci tutti quelli che lavorano la terra. Poi però se ne ricordano che io sono diverso da tutti i falliti che circolano a Scorcia. Se ne ricordano e fanno ammenda. Perché io c’ho i soldi e mi vogliono tenere buono.
La strada per Lu Gurgu si fa ogni giorno più sconquassata. Alle buche si aggiungono i lavori in corso che non finiscono mai. Quaggiù si danno da fare per non realizzare niente. Esistono ditte nate apposta per questo. Prendono l’appalto e ci stanno su tre mesi, sei mesi, un anno, dieci anni. Ci sono strade iniziate quindici vent’anni fa e mai portate a termine. E sono ancora là, così. Monumenti al nulla, capolavori incompiuti lasciati ai posteri. Un eterno cantiere. Un mangia mangia che ha saziato i soliti noti. A nessuno interessa davvero questa cosa di malaffare, se non quando ci passa di sopra con la macchina. Allora si ricordano tutti.