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La manutenzione dell'universo: Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri (1815-1848)
La manutenzione dell'universo: Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri (1815-1848)
La manutenzione dell'universo: Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri (1815-1848)
E-book350 pagine4 ore

La manutenzione dell'universo: Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri (1815-1848)

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Info su questo ebook

Quanto può restare un essere umano senza mangiare, bere e dormire? Maria Domenica Lazzeri per 14 anni di fila, pare. Protagonista, ogni venerdì, di una sorta di morte apparente. Sulle mani, sui piedi e sulla fronte sangue che ignora la forza di gravità. Eventi inspiegabili, sparizioni e altro ancora.
Personaggi illustri la visitano incessantemente da tutta Europa. Un medico ne segue con attenzione e con spirito laico i prodigi.
È il quadro in cui si svolgono le straordinarie vicende di questa donna vissuta nella prima metà dell’Ottocento nel paese di Capriana, in Trentino. Vicende che, nonostante una popolarità di livello continentale, non sono mai riuscite ad emergere del tutto. Tanti, infatti, i misteri ancora irrisolti a cui si aggiungono l’incertezza e la prudenza con cui la Chiesa pare muoversi, ieri e oggi, attorno ai fatti di Capriana.
Con questo libro, Pino Loperfido porta a compimento una ricerca durata oltre vent’anni. E lo fa quasi in forma di romanzo, con una narrazione in cui letteratura, storia e scienza si intrecciano con le sue più intime memorie personali. Tra le pagine, infatti, spunta ben presto una seconda, inattesa protagonista. È Teresa, la madre dell’autore, mancata nel 2008.
“La manutenzione dell’universo” è un racconto sorprendente, dai diversi registri letterari. È un libro del lutto, ma è anche una cronaca giornalistica; è un moderno memoir e allo stesso tempo un romanzo storico.
Un testo in grado di interrogare, di stupire e di commuovere.
LinguaItaliano
EditoreAthesia
Data di uscita22 ago 2022
ISBN9788868762964
La manutenzione dell'universo: Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri (1815-1848)
Autore

Pino Loperfido

Pino Loperfido (Milano, 1968), nel 2001 pubblica “Ciò che non si può dire - Il racconto del Cermìs”, premiato monologo, andato in scena con grande successo nei teatri italiani. Nel 2004, è la volta di “Caro Alcide”, biografia romanzata di Alcide Degasperi. Seguono i due romanzi, “Teroldego” (2005) e “Le meccaniche dell’infelicità” (2009). Del 2014 è la raccolta di racconti “La Guerra Bambina”. Tutti per Curcu Genovese. Tra i più importanti successi teatrali, “Il cuoco di Mozart”, “La scelta di Cesare” e “Viva Rota… Viva Fellini”. È direttore della rivista “TrentinoMese”. È ideatore del Trentino Book Festival, che ha diretto fino al 2019.

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    Anteprima del libro

    La manutenzione dell'universo - Pino Loperfido

    PRIMA PARTE

    (1815-1834)

    Quando, alla sua quinta gravidanza, Margherita dà alla luce Maria Domenica è il 16 marzo del 1815. Nella reggia di Schönbrunn a Vienna, già da quattro mesi le principali potenze europee si sono riunite per ridisegnare la mappa del continente e provare a ristabilire gli equilibri, dopo i terremoti della Rivoluzione francese e di Napoleone. La Restaurazione ha confermato la fine del principato vescovile, già secolarizzato dal Bonaparte. Il 24 marzo del 1816, il Trentino viene incorporato nella contea del Tirolo. Due anni dopo entra a far parte della Confederazione Germanica. Ciò nonostante, a Capriana si continua a parlare l’italiano.

    Mentre nello sfarzo viennese, dunque, nasce la nuova Europa aristocratica, nella modesta casa trentina viene al mondo una bambina, sulla cui breve esistenza il destino pare aver imposto un curioso disegno. La Meneghina è la quinta di cinque figli: due fratelli – Pietro e Tomaso –e tre sorelle – le altre due sono Barbara e Carolina, quest’ultima curiosamente detta Margherita, come sua madre. Quando Domenica nasce, la genitrice, che ha lo stesso cognome del marito, ma nessuna parentela, ha già passato i quarant’anni. Suo padre si chiama Bortolomeo Lazzeri ed è soprannominato Tomasi, come già suo padre e tutti i membri della sua famiglia. Non si sa bene il perché, ma in paese lui per tutti è el Tomasi del Casàl.

    Il giorno di nascita di Maria Domenica cade alla vigilia del venerdì di Passione, in tedesco Schmerzens-freitag. Così è, o era chiamato, quel venerdì che ogni anno precede il grande Venerdì Santo e che è consacrato alla memoria della Madre Dolorosa. Qualcuno vuole vedere in ciò un’allusione ad una vita piena di patimenti.

    Non si hanno molte notizie sui primi anni della sua vita. Don Michelangelo Santuari, che diventa curato di Capriana nel 1822, così ne descriverà la fanciullezza: Ebbe già da ragazza un’ottima indole vistosa e di bel spirito, ben istruita nelle scuole di villa, e in particolare nella religione; attaccatissima ai doveri di sua famiglia e amorosa alle funzioni di Chiesa, e in particolare alle dottrine, amorosissima di assistere gli ammalati e moribondi, savia disinvolta, senza bigottismo frequentando i sacramenti ogni mese, e alla più ogni due.

    Sempre nel 1835, un’altra breve descrizione, che conferma i tratti indicati dal Santuari, ci viene dal cappellano, don Antonio Eccel: Era prontamente ubbidiente a voleri de’ suoi genitori, frequentava ogni mese i Santissimi Sacramenti dell’Eucharistia e Penitenza, assisteva alle sacre funzioni con grande attenzione e modestia; la sua Carità risplendeva in particolar modo verso gli infermi, e verso i poveri, parlava modestamente e poco colle persone di diverso sesso, come pure con quelle giovani; era molto attiva, e non si stancava mai dei lavori domestici, e quando le sopravanzava qualche poco di tempo lo impiegava nel leggere qualche libro devoto….

    È vero. La carità di Domenica è ammirabile, ma allo stesso tempo, per certi versi, inquietante. La fede la fa protendere verso le miserie altrui, ma non solo. C’è dell’altro. E, cioè, che spesso la ritroviamo al capezzale di persone morenti. C’è, in quegli sguardi colmi di meraviglia, qualcosa che la attrae. Come se, colte nell’agonia, a quelle persone si svelasse qualcosa.

    Altre piccole note caratteriali ci vengono dal dottor Leonardo Cloch – lo ritroveremo più volte nel corso del racconto. Così scrive: Ebbe fin dall’aprile dei suoi anni buon discernimento, ferma memoria e calda immaginazione, contegno riservato e modesto. A scuola, specie di religione, rispondeva e domandava con tanto ordine e retto dire che alcuna volta lo stesso suo maestro in religione veniva sovrappreso da meraviglia. Palesò pure per tempissimo singolare affezione alle cose che sentivano di evangelica fede.

    Di contro, i fratelli di Domenica pare siano di carattere difficile. Vengono spesso alle mani e usano un lessico non proprio da gentleman. Anche la parte femminile della famiglia, però, non ha quasi mai peli sulla lingua e non evita mai di dire quello che pensa, foss’anche spiacevole per l’interlocutore. Insomma, non sono tipi tiepidi questi Tomasi, bensì polemici, quando non addirittura irosi. Potremmo dire eccentrici? Mah. Anche ripensando alla strampalata confessione che un giorno una Domenica adolescente rilascia a don Santuari. Quel giorno, confida di avere un desiderio ardente, uno solo. Il prete già sorride immaginando gli sconvolgimenti ormonali così tipici di quell’età. Deve ridiventare serio, però, quando la ragazzina gli rivela l’oggetto di quel desiderio: patire. Sì, ha ben compreso, padre… La giovane ha tanta, tanta voglia di soffrire. Milioni di credenti, da secoli, rivolgono rosari e litanie al cielo, pur di guarire dalle malattie e non provare afflizioni di ogni sorta. Maria Domenica va in direzione ostinata e contraria. Lei li vuole proprio tutti quei dolori. Non sa spiegare perché, naturalmente, ma sente che quello è il suo inevitabile destino. È come se già intravedesse le linee generali della sua esistenza, di quello che avverrà di lì a qualche anno. Dio, il destino, i buchi neri di Stephen Hawking già bussano sulla porta del suo cuore di ragazza.

    E che probabilmente vi sia un disegno sulla sua vita, lo si può cominciare a sospettare, sin da quando, all’età di sei anni ha la ventura di sopravvivere ad un improvvido tuffo in uno stagno fangoso. Inspiegabilmente, resta a galla per un tempo lunghissimo, un quarto d’ora pare: per una bimba che non sa nuotare, nella viscosità della melma, è impossibile da spiegare. Alla fine, un tizio la tira fuori e la riporta a casa. Resterà a letto ammalata per certo tempo, ma poi si riprenderà.

    Oggi, i ragazzi di quell’età desiderano uno smartphone o un profilo Instagram, tutt’al più un motorino. Maria Domenica vuole solo patire. E vuole farlo per uno scopo preciso: per Gesù Cristo.

    Per amore di onestà, a questo punto credo di dover inserire un primo nota bene: se scrivo Gesù Cristo è perché si tratta dell’unico nome che la Lazzeri sa dare, in quel momento, al trascendente. La sua cultura e il suo tempo non le danno altri riferimenti all’infuori di quello.

    Ma ne riparleremo.

    Non tutte le cronache sono concordi, ma pare che, ad un certo punto, ella arrivi addirittura a mentire sull’età, ma non per poter uscire con un ragazzo o sposarsi o non so che altro. Ma solo per poter fare la Prima Comunione. Ricevere il corpo e il sangue di Cristo, infatti, è la priorità della sua pubescenza, anche a costo di mentire al curato e, quindi, di peccare. Allo stesso tempo, la gente di Capriana la considera una ragazzina saggia, ragionevole e costumata. Lavora spesso al mulino di suo padre e, mentre è affaccendata versando il grano o badando alla mola, si dà spesso alla preghiera o legge e medita sui dolori di Gesù. Così fa pure nei momenti di riposo dal lavoro dei campi, quando falcia l’erba o rastrella il fieno. Cerca di evitare qualsiasi esibizione ciarliera, soprattutto con uomini. In tutto questo, rimane però sempre modesta e naturale, per niente importuna o appariscente.

    Qualcuno racconta che abbia anche una particolare abilità nel raccontare dettagli delle vite dei santi. Alla vista di immaginette sacre, cioè, la piccola snocciola vita, morte e miracoli del santo o del beato. Pur leggendone il nome solo per la prima volta.

    All’inizio del Novecento, uno dei più anziani del paese, un certo Antonio Tavernar, di due anni più vecchio di Domenica, morto a Capriana all’età di 94 anni, così la descrive: L’ho vista qualche volta al pascolo, che guardava le bestie. Non le ho però mai parlato, poiché era per lo più meditabonda, con un libro in mano.

    Tra le sue letture preferite ci sono le meditazioni di Sant’Alfonso de’ Liguori (all’epoca solo Beato). Naturalmente, non manca mai una messa, accomodandosi sul lato delle donne. A volte, viene tirato un tendone al centro della navata, per impedire contatti visivi indiscreti tra i due sessi. Della celebrazione, il momento che Domenica preferisce è ovviamente la Comunione. È pratica comune la preghiera in famiglia: prima dei pasti e avanti di andare a dormire. Il capofamiglia raduna tutti e le orazioni si levano in casa, dai corpi inginocchiati, ciascuno con i gomiti appoggiati sul piano della propria sedia. Sono affollate le celebrazioni del mese di maggio e, naturalmente, le domeniche e le cosiddette feste comandate; le processioni con i gonfaloni portati alti dagli uomini più vigorosi del paese.

    Ci rifletto un momento. Sono passati solo duecento anni, ma è come se fosse trascorsa un’intera era geologica. Lo sguardo dell’essere umano sul mondo e su se stesso è già cambiato mille volte. E pure la spiritualità e la ricerca interiore hanno mutato forma, mantenendo pur intatta la sostanza. Sebbene distratte da mille occupazioni, schermi e tastiere, i mirabolanti progressi della scienza e della ricerca, le persone mantengono intatta dentro di sé una domanda di senso. C’è chi riesce a decifrarla e chi nemmeno ne sospetta la presenza, chi le dedica una vita intera e chi fa di tutto per censurarla, sotterrandola sotto il rumore di fondo dell’inutile. Eppure, quella domanda resta: è lì, vicino al cuore di ognuno.

    Proprio negli anni in cui Domenica partecipa con entusiasmo a certe espressioni della religiosità popolare, 400 chilometri più a sud, in un’amena cittadina appartenente allo Stato della Chiesa, giusto in quegli stessi momenti, un giovane poeta sta componendo dei versi che ben descrivono tutto ciò.

    "Dimmi, o luna: a che vale

    al pastor la sua vita,

    la vostra vita a voi? dimmi: ove tende

    questo vagar mio breve,

    il tuo corso immortale?"

    Certo Capriana non è Recanati, e la Lazzeri non è Giacomo Leopardi, i contesti famigliari e culturali sono certamente agli antipodi, eppure il desiderio di senso dei due è lo stesso.

    Meditare la Passione di Cristo tanto a lungo e profondamente, senza soluzione di continuità, giorno e notte, in estate e in inverno, al lavoro e nel riposo, desiderare ardentemente di divenire il ritratto vivente della sofferenza di quell’ebreo vissuto 1800 anni prima sotto Tiberio, fino a riproporne i segni, per lei è il massimo che si potrebbe domandare alla vita. Ecco cosa più desidera Domenica, sopra ogni altra cosa. Il senso è lì: lei lo ha trovato. Oppure non l’ha trovato ancora, ha solo intuito qualcosa. Così, decide di puntare le sue fiches su quel numero e lo fa con tutta se stessa, sorridendo al croupier che ora la sta osservando, imbarazzato. Ne è proprio sicura, signorina?!

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