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Che paura anche se: 31 storie per 31 sere da brivido
Che paura anche se: 31 storie per 31 sere da brivido
Che paura anche se: 31 storie per 31 sere da brivido
E-book146 pagine1 ora

Che paura anche se: 31 storie per 31 sere da brivido

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Info su questo ebook

Dopo lo straordinario successo della raccolta È Natale anche se, un nuovo libro-calendario, da leggere sera dopo sera, per scoprirsi, insieme, ogni giorno un po’ più coraggiosi! 
Zucche maligne, vampiri sdentati, pipistrelli, streghe, orchi tontoloni, mostri fifoni, lupi mannari, zuppe di zucca dagli strani poteri e persino... dolcetti mannari! Una straordinaria raccolta di racconti con tutti gli ingredienti giusti per scoprire insieme il piacere della lettura, con un pizzico di brivido e tante risate. Da gustare in ogni momento dell’anno!
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2022
ISBN9788831927307
Che paura anche se: 31 storie per 31 sere da brivido

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    Anteprima del libro

    Che paura anche se - AA.VV .

    1

    NONNA MIA, CHE PAURA!

    di Carolina D’Angelo

    «‘Notte Dafne» dice il papà, spegnendo la luce della stanza. «Hai augurato buonanotte alla nonna?»

    «Sì. Cioè, no. Non mi ricordo…» rispondo da sotto le coperte.

    «Sai che ci tiene...» dice il papà, sapendo quanto la nonna sia affezionata a me.

    È la mamma della mamma, vive con noi dal giorno in cui è rimasta sola.

    «La sento che russa, domani le auguro un bel buongiorno!» rispondo stanca morta.

    Sono stata all’allenamento di calcio, ho segnato tre goal. Non ho più energie.

    «Be’, allora sogni d’oro.» ripete il papà prima di chiudere la porta.

    «‘Notte pa’.»

    Devono essere le quattro del mattino. Forse prima.

    Fuori è buio pesto quando sento: GRUUU, GRUU, GRU, GR, G. Poi, più niente. Silenzio. Silenzio di tomba.

    Penso alla nonna che dorme nella stanza accanto.

    Nonna Monia, si chiama. Anche se per noi della famiglia è nonna Moka. Perché russa. Peggio di una caffettiera. Solo che adesso non russa più.

    «Pa’?» chiamo, cercando l’interruttore della lampada sul comodino.

    «Ma’?» chiamo nell’oscurità.

    «Ciro?» provo con il gatto.

    «Nonna Mo…» mi blocco.

    Un brivido mi corre lungo la schiena.

    E se si fosse sentita male? Devo andare a controllare.

    II cuore mi balza in gola, le gambe mi reggono a malapena e mi battono i denti come fossi uno scheletro.

    Apro lentamente la porta: «Nonna…»

    «Nonnina…» sibilo al buio. «Papà! Mamma! Presto correte!» grido terrorizzata, dopo aver acceso finalmente la luce.

    «Ciro, resta dove sei!» ordino al gatto.

    Nessuno mi risponde. Così mi precipito nella stanza dei miei genitori e urlo: «Nonna Moka è diventata una caffettiera! Per davvero!»

    «Come è potuto succedere?» chiede il papà, appallottolando la cuffia da notte.

    «Colpa nostra! E di come la chiamiamo con affetto.

    Non avremmo dovuto!» si dispera la mamma.

    «Cara, anche tu mi chiami spesso…» dice il papà beccandosi una gomitata.

    «Come, mamma?» chiedo, incuriosita.

    «Non ora Dafne, abbiamo altro a cui pensare!» ribatte lei.

    Ma il papà puntualizza: «Intendevo dire che nonostante mi chiami cucciolone non mi sono mai trasformato in un cane. O forse sì… bau!» abbaia per scherzo.

    «Miaooo!» miagola Ciro dalla stanza della nonna.

    «Presto, venite a vedere!» grido.

    Piombiamo tutti nella stanza della nonna, ma è vuota. Sentiamo il cigolio della porta di casa che si apre.

    Corriamo all’ingresso, ci infiliamo velocemente le giacche e usciamo sul pianerottolo.

    Riconosciamo quello strano verso, gorgogliante di GRUUU, GRUUU, GRUUU. Subito dopo, SBAM, la porta si chiude di colpo alle nostre spalle.

    Decidiamo di scendere in strada. Ciro, il gatto, è in testa alla fila. La mamma scruta il quartiere, preoccupata: «Dobbiamo trovarla alla svelta!»

    «Prima che la becchino i vigili urbani, i carabinieri, la polizia…» aggiungo io.

    «O i pompieri!» conclude il papà.

    Scoprire dove s’è cacciata la nonna sarebbe un gioco da ragazzi, se non fosse che è la notte di Halloween.

    E in giro c’è un sacco di gente molto più spaventosa di lei: zombie, vampiri, fantasmi, cavalieri senza testa e spose cadavere, che ci accerchiano minacciosi, agitando finte asce e coltelli insanguinati. Domandano cattivi: «Dolcetto o scherzetto?»

    La mamma si blocca per il terrore, pallidissima, ma la trasciniamo con noi e fuggiamo a gambe levate. Ciro ci fa cenno di svoltare all’angolo: ha fiutato qualcosa.

    In effetti sentiamo anche noi un buon profumino di colazione che ci sveglia dall’incubo e ci fa strabuzzare gli occhi perché quella lì… sì, quella è… «Scherzetto, dolcetto o caffè?» minaccia mia nonna mentre bussa alla vetrina del bar.

    Incredibile! L’abbiamo trovata!

    La mamma le si avvicina con cautela, l’afferra per il manico e, sollevando il coperchio, le sussurra con dolcezza: «Andiamo a casa. Più tardi penseremo a come farti tornare la nonnina squisita che eri.»

    «E se dovesse restare così per sempre?» domando, timorosa.

    «Vorrà dire che apriremo una caffetteria!» esclama il papà.

    «Miao!» miagola Ciro, esigendo la sua ricompensa.

    2

    SEMINAMOSTRI

    di Caterina Pavan

    Davanti a una grotta illuminata da grosse candele mezze sciolte, uno zombie fa la guardia, scrutando la foresta buia.

    A un tratto sussulta: tra i cespugli spinosi che crescono davanti all’ingresso, qualcosa si è mosso. È una bambina.

    «Perché ti nascondi?» le chiede lo zombie.

    «Seminamostri...» sussurra la bambina.

    «Cos’è?»

    «Un essere che va in giro, fa l’uovo e dentro l’uovo c’è un mostro.»

    «Come una gallina?»

    «Molto peggio, la gallina fa le uova nel pollaio, il Seminamostri le fa dappertutto.»

    «Forza, raccontami: com’è questo mostro nell’uovo?»

    «Dipende. È quello che ti fa più paura in assoluto.»

    «Cioè, per esempio, se ho paura dei vampiri, allora nell’uovo c’è proprio un vampiro?»

    «Esatto. Ma hai detto vampiri, al plurale, quindi in questo caso lascerebbe tante uova. Tu temi i vampiri?»

    «Non tanto. I ragni pelosi, invece, quelli sì che mi spaventano.»

    «Capisco.»

    «Dimmi, tu sai com’è fatto il Seminamostri?»

    «Lo so eccome!»

    «È un gigantesco orco puzzolente con gli artigli sporchi e i denti in fuori?»

    «No, per niente.»

    «È una strega col naso storto e mille incantesimi nella borsa?»

    «Macché.»

    «Un fantasma ululante? Un drago lanciafiamme? Un serpente velenoso?»

    «Proprio no.»

    «A cosa assomiglia, allora?»

    «A un angioletto, anzi un’angioletta.»

    Lo zombie socchiude gli occhi. «Una bimba come te, con gli occhi azzurri e i boccoli biondi?»

    «Sì.»

    «Con le ali da cigno?»

    «No, senza ali.»

    «Vestita di bianco?»

    «Di verde e arancione.»

    Lui indica la bambina con il dito e dice convinto:

    «Tu sei vestita di verde e arancione.»

    «Già.»

    «Vuoi confonderlo?»

    «Mi mimetizzo.»

    «Allora forse dovrei vestirmi anch’io così.»

    «Se vuoi. Ma non so se funziona.

    Il Seminamostri è molto furbo.»

    «Più di me?»

    «Credo proprio di sì.»

    «Più di te?»

    «Diciamo… uguale.»

    Lo zombie si guarda intorno.

    «E cosa succede quando il Seminamostri lascia le uova in giro?»

    «Al primo movimento che fai si schiudono e, nel tuo caso, i ragni pelosi ti circondano. Tu tremi, strilli e piangi. Il Seminamostri ti cattura per poterti spaventare ancora e ancora.»

    «Come fa?»

    «Riempie di ragni pelosi la gabbia in cui ti rinchiude.»

    «Oh, no! È tremendo! Senti, puoi non parlare di me e dei…

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