Per favore e grazie
Di Luisa Da RE
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Anteprima del libro
Per favore e grazie - Luisa Da RE
La famiglia 1
Niente da dichiarare?
Una moglie e quattro figli.
Iris lo sapeva. Il padre faceva la stessa battuta ogni volta che passavano un confine. Non che ne passassero mai molti. Era una fortuna che le gite in famiglia fossero così rare. Una o due volte l’anno il padre e la madre comunicavano: Domani andiamo a trovare i cugini in Austria.
Sorridevano. Probabilmente era una cosa di cui essere contenti. La madre sorrideva molto, aveva un sorriso dolce ed elegante, il suo sguardo non si posava mai su nulla, il padre invece non era mai contento, probabilmente sorrideva in quelle occasioni per fare contenta la madre.
Il risultato era sempre quella frase al passaggio della frontiera e poi una noiosa visita provvista sempre di strudel, che piaceva solo a Rosa, e rientro frettoloso a casa. Iris si era sempre chiesta perchè dovevano andare in gita se poi la cosa più importante era rientrare di corsa perchè il padre smaniava per richiudersi nel salotto e guardare la televisione sul suo divano. Suo.
Iris si domandava molte cose. Perchè il divano era del padre? La madre sembrava possedere lo studio invece.
A volte le capitava di guardare la famiglia dall’alto, una famiglia che usava i pronomi possessivi solo per le cose. Il suo divano, la sua sala, il suo studio, il loro salotto.
La nostra babysitter
pensava Iris, guardando quella goffa ragazzotta piena di brufoli e fornita di gambe pelosissime, che resisteva da due anni con lei, le sorelle e il fratello. Un momento, la babysitter non era una cosa! Aveva anche un nome, Bertilla. Forse doveva toglierle il pronome possessivo.
Iris svegliati, sempre con la testa sulle nuvole tu
- proprio Bertilla la stava richiamando - devi finire i compiti adesso, domani è venerdì e non hai ancora studiato storia.
Poi con quel fare petulante di chi può comandare anche se è ancora giovane si rivolgeva a Rosa: E tu signorina lezioni di solfeggio.
Rosa non parlava mai. Quasi mai. Occhi tristi quella sorella maggiore.
Iris continuava a volare sopra la famiglia riflettendo, nonostante Bertilla avesse messo il libro davanti al suo naso. Adesso sorvolava Dea. Dea non è un vero nome
pensava e frugava nel suo cervello per trovare qualche compagno delle varie scuole che aveva cambiato, che avesse almeno un parente lontano che si chiamasse cosi. Forse questa sorella non è una vera sorella.
Dea era la più piccola, Iris non lo sapeva perchè era stata chiamata così. E, ad annusarsi le mani, come faceva di continuo, quello strano fratello. Perchè il fratello fosse così importante per la famiglia Iris non lo aveva ancora capito. Ci pensava spesso. Intanto era più piccolo di lei, poi non sembrava nemmeno tanto intelligente. Certo aveva occhi espressivi, ma per lo più era impaurito. Camminava sulle punte dei piedi, come a voler far piano. Edoardo. Un nome incredibilmente lungo.
Rosa, Iris, Dea ed …. Edoardo. Stonava.
Anche se in quel momento sentiva solo Rosa che stava stonando con i solfeggi. Meglio studiare storia.
IRIS 1
Leggo le parole, raccontano cosa succedeva in Egitto tanti anni fa, mi piace come mi solleticano il cervello, leggo ed entra tutto, lo posso ripetere come voglio, con voce forte, oppure canticchiando, nella mia testa si sta compiendo una magia, imparo. Lo sento che lavora qualcosa lì dentro e io ho un pezzo di nozione in più per me. Che mi stiano raccontando la verità su questo popolo antico? O il signore che ha scritto il libro sta solo facendo un lavoro noioso e butta giù quello che gli sembra più verosimile inventando? Un po’ mi dispiace avere solo un libro di storia, vorrei avere altre versioni. Uff.
Mi annoio ora. Rosa continua a stonare. Possibile che il padre e la madre non si siano accorti che non le piace la musica? Ma, lo so, loro non ci vedono. Bertilla ci vede, perchè ha paura che ci facciamo male. Dea è sempre quella che piange di più. Noiosa anche lei.
Se solo Edoardo fosse un po’ più… un po’ più… non saprei cosa potrebbe avere per essere interessante. Quando ero piccola nonna Cristina mi aveva raccontato quella storia delle tre fatine, me la ricordo ancora. Diceva che si posavano sulla culla dei bimbi appena nati per dar loro tre virtù, mi sa che non hanno saputo della nascita di Edoardo. Succede, la lettera si è persa magari. O forse hanno sbagliato bambino. Ci sarà un bambino in giro con 6 virtù!
Certo a Rosa non hanno donato la musica. A Dea di sicuro hanno donato le lacrime. A me il volo.
La famiglia 2
Iris vieni alla cattedra per favore.
Il maestro Ercole della nuova scuola elementare che Iris frequentava in quel momento, era sempre gentile. Era arrivata da poco in quella terza C, entrata quasi alla fine dell’anno scolastico, dopo l’ennesimo trasloco. Al padre una casa piaceva solo per un anno. O forse era la casa a cui non piaceva più il padre perchè i muri sentivano che urlava. I muri possono essere permalosi.
Al richiamo Iris titubante si era alzata, sentiva gli occhi dei nuovi compagni appuntati sul suo grembiule, usavano gli spilli per tenerli tutti li addosso a lei e ne avvertiva le punte dolorose sulla schiena.
Si era avvicinata cauta alla cattedra, ma il maestro Ercole sorrideva. Va bene
- pensava Iris - forse non ho fatto niente di male questa volta.
Ti ho chiamata qui davanti a tutti i tuoi compagni, perchè hai scritto il tema più bello di tutta la classe e mi piacerebbe che tu lo leggessi ad alta voce, te la senti Iris?
Aveva trattenuto il respiro per tutta la frase, ora lentamente stava facendolo uscire con un lungo sibilo, ne aveva preso subito un altro veloce e aveva detto tutto d’un fiato: Veramente signor maestro proprio non vorrei farlo, per favore e grazie.
Lo stava guardando dritto negli occhi.
Il maestro Ercole aveva degli occhi molto rotondi, come una mucca. Il primo giorno di scuola lei aveva sbirciato dietro la schiena del maestro per vedere se aveva anche la coda, con il tipico ciuffetto di peli alla fine. No, aveva solo gli occhi. Ora lei stava sprofondando in quegli occhi da mucca supplicandolo di non leggere il tema. Le mucche sono buone?
E va bene
, aveva detto il maestro. Iris aveva tirato un sospiro di sollievo, le mucche sono veramente comprensive.
Lo leggerò io.
Uffa - aveva pensato Iris - le mucche non capiscono molto l’animo umano.
Lei voleva che il tema non fosse proprio letto.
Lo leggerò lentamente perchè così potrete apprezzare questo stile veramente originale della vostra nuova compagna
- aveva detto il maestro Ercole - ha sorpreso anche me che insegno da tanti anni, quindi silenzio e ascoltate.
Iris si sentiva in imbarazzo lì ferma a lato della cattedra a vedersi denudare da quello che veniva letto. Il titolo era: Descrivi la tua famiglia
. Non era bello descriverla a tutti. La famiglia è una cosa riservata, già il titolo non le era piaciuto. Adesso aveva tutti gli spilli attaccati davanti.
Ma il maestro Ercole stava cominciando:
La famiglia con cui abito ha avuto la strana idea di dare alle figlie i nomi di fiori, almeno alle prime due figlie, infatti la sorella maggiore…
Amedeo, un bambino con la faccia grande che tutti prendevano in giro proprio per le dimensioni di quel volto pieno di sopracciglia, stava esclamando ad alta voce:
Signor maestro perchè Iris ha scritto la famiglia con cui abito? Vuol dire che è stata adottata? Mia mamma mi ha detto che i bambini adottati sono strani.
E per condire l’interruzione aveva anche fatto un risolino che poi aveva contagiato altri compagni. Un ridacchiamento generale.
Il maestro Ercole aveva fatto abbassare le mani, perchè adesso volevano parlare tutti, e aveva calmato gli animi:
Vorrei continuare a leggere senza nessuna interruzione, perchè il tema, è veramente bello, zitti e ascoltate. La nostra Iris è una piccola poetessa, non è vero Iris? Quindi penso che si sia concessa qualche licenza che in questo caso si chiama licenza poetica, quando diventerete anche voi un po’ poeti capirete.
Il maestro Mucca era davvero gentile, ma Iris avrebbe voluto essere in un altro posto. Non sapeva dove guardare e si domandava, quando sarebbe finito quello strazio. Voleva solo tornare al posto e fantasticare. Così aveva stirato le labbra in un sorriso cercando di imitare quello dolce della madre e si era guardata le punte dei piedi. Adottata? Carina come idea
, aveva pensato.
La sorella maggiore
- aveva proseguito il maestro Ercole con i fogli in mano - "si chiama Rosa, poi ci sono io, Iris. A questo punto della storia deve essere successo qualcosa perchè il padre e la madre quando è nato il fratello hanno cambiato direzione e allungato il nome in un oblungo Edoardo, che poco ha a che fare con la botanica. Per non parlare della sorella più piccola che si riveste del nome di Dea. Forse proprio perchè è piccola ed Edoardo aveva già preso tante lettere, hanno pensato di darle un nome che ne avesse poche, e Dea ne ha solo tre.
Il padre e la madre non mangiano mai con noi fiori e altri nomi, si chiudono nel salotto grande e noi stiamo con Bertilla, una babysitter. Meglio dire una e non la nostra, perchè Bertilla non è un divano. E anche perchè è una delle tante, abbiamo avuto Fernanda, Mafalda, Maria e adesso questa. Bertilla ha piedi molti grandi. Credo sia perchè non vuole cadere.
Noi fiori e altri nomi studiamo e giochiamo, facciamo sport e leggiamo, non parliamo quasi mai con il padre e la madre, perchè siamo invisibili. A volte vedo Rosa soffrire per questo, ma io so che essere invisibile ha i suoi vantaggi. Un giorno lo capirà anche lei.
Edoardo sembra avere qualcosa che noi non