La scienza spirituale e gli enigmi del presente: Risposte esoteriche ai problemi dell'attualità
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Proprio nell’ottica di questo perenne mutamento Tiziano Bellucci, stimato ricercatore e divulgatore scientifico spirituale, si è proposto di indagare con questo saggio tutte quelle delicate tematiche che solo oggigiorno è possibile analizzare con la dovuta precisione; quesiti spesso controversi, spinosi, sfuggenti. Dei veri e propri enigmi che l’autore ripartisce in sei macro temi e, con l’ausilio del suo ricco bagaglio di studi e conoscenze, sviscera in profondità per metterne in luce il significato e le contraddizioni.
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Anteprima del libro
La scienza spirituale e gli enigmi del presente - Tiziano Bellucci
I − ENIGMI DELLA SCIENZA
1. Il materialismo spirituale
Oggigiorno una schiera di pseudo-scienziati, ingegneri e dottori, forti del semplice fatto di avere una laurea, si sente autorizzata a poter dire la propria opinione in fatto di occultismo. La maggior parte di questi si appella alla fisica quantistica come nuovo dogma universale della scienza, ma, in realtà, essi parlano di materia, di cervello, di atomi e di DNA per giustificare l’esistenza dello spirituale. Lo spirito viene, infatti, da loro concepito come una sorta di finissima materia raffinata, impercettibile e invisibile, e la materia, a sua volta, come spirituale condensato. È un po’ come voler affermare che la sostanza che incontriamo nei sogni sia materia più fine, spiritualizzata.
Lo spirituale, però, non è uno stato della materia, bensì uno stato della coscienza.
Questa lunga lista di individui sente l’esigenza di sfruttare la materia per giustificare l’esistenza o la non esistenza dello spirito. Non critico direttamente il proposito, che può anche essere sincero e nobile, ma esiste un altro modo per dimostrare che lo spirito esiste senza ‘passare’ per la materia: il pensiero è lo spirito. E non ha bisogno del cervello per esistere. Il pensiero esiste, così come la musica, la vita, esistono; non ha bisogno dell’uomo per dimostrare la sua esistenza come forza. Senza l’uomo, la vita e il pensare divino esisterebbero lo stesso, ma non potrebbero esprimersi, arrivare a manifestarsi.
Il problema non è, quindi, dimostrare che dentro la materia esiste lo spirito: lo spirito ha bisogno della materia per sapere di sé, non per esistere.
2. Le dimostrazioni dell’esistenza dello spirito
In verità, un esperimento scientifico capace di dimostrare l’esistenza di una realtà spirituale sarebbe, in teoria, possibile, ma la sua esecuzione si basa su qualcosa che, affinché l’attuazione sia possibile, deve prima venire abbandonato, superato: la sfiducia, la curiosità. Il veggente deve credere nello spirito, non chiedere una prova della sua esistenza, né nutrire desideri o aspirazioni curiose e futili, quali la richiesta di una conferma fisica o intellettuale della sua veggenza. Questa, infatti, si origina proprio in virtù della fiducia che egli ha nello spirito; la fiducia che dal mondo spirituale gli vengano inviate, per grazia, delle rivelazioni. Ma tali rivelazioni non possono mai venire richieste dall’uomo: è solo il mondo spirituale che, se vuole e se lo ritiene conforme ai propri scopi, può disporre che ciò avvenga.
Lo spirito esiste, e non ha bisogno della materia per dimostrare la sua esistenza.
Non sarebbe assurdo che uomini posti davanti a un quadro, non vedendo o non conoscendone l’autore, mettessero in dubbio l’esistenza dell’opera stessa? Nondimeno quel quadro esisterebbe, ed esisterebbe anche il suo creatore. Cosa cambierebbe, dunque, se essi vedessero con i loro occhi l’artista? Forse ciò comproverebbe che è davvero lui l’autore? In realtà, essi non ne trarrebbero alcuna conferma; avrebbero soltanto sanato la loro curiosità. La stessa cosa si può dire di ciò che viene creato nel mondo fisico: vedere lo spirito artefice del mondo giustificherebbe forse l’esistenza del mondo stesso?
Il mondo spirituale non si lascia conquistare se non rendendosene degni e sviluppando nella calma dell’anima un atteggiamento di attesa e fiducia. Le conferme spirituali possono arrivare solo se lo spirito le ritiene utili all’evoluzione dell’umanità; ogni rivelazione intuitiva – che va dalla scoperta della ruota alla teoria della relatività, alle varie forme religiose giunte tramite profeti, iniziati, pensatori o scienziati – è stata donata all’uomo per grazia dal mondo spirituale. Non possono essere, dunque, gli scopi di scienziati curiosi o increduli a definire ‘scientifici’ i fatti spirituali. Gli scopi e gli intenti dovrebbero venire fissati dal mondo spirituale; esso dovrebbe scegliere un gruppo di uomini che, per destino, siano stati prescelti all’esperimento: solo in tal modo i veggenti potrebbero, con il permesso, appunto, dello spirituale, rivelare e confermare i fatti occulti.
3. Là fuori nel mondo non c’è niente!
I divulgatori del nostro tempo eleggono spesso il famoso detto indiano Tutto è Maya
come pretesto per portare un tipo di conoscenza che vorrebbe vanificare l’esistenza del mondo esteriore: tutta la realtà esterna sarebbe, quindi, sulla base di tale precetto, una nostra invenzione, un ‘nulla’ prodotto dalla nostra coscienza: il mondo risulterebbe, dunque, un’emanazione di noi stessi, una proiezione individuale a 360 gradi del nostro mondo interiore. Non esisterebbero, quindi, né umani, né animali, né dèi: sussisterebbe solo la nostra individualità circondata, per l’appunto, da quel ‘nulla’.
Alla fine del mio libro Il suono della luce¹ vi è una sorta di dialogo che propone un’immagine simile. Con una differenza: il mondo prende un colore, una forma, in risposta all’ordinamento che viene costruito dal nostro cervello, ma, fuori, vi è qualcosa. E questo ‘qualcosa’ stimola in noi pensieri e sentimenti, e noi lo rivestiamo e ci inventiamo forme e colori, facendolo apparire secondo il modo di rappresentare tipicamente umano. Il grande errore, l’illusione, è quindi credere che non vi sia nulla fuori: questa idea denuncia un delirio di onnipotenza che proclama l’inutilità del ruolo e della presenza di un dio nel cosmo. L’universo, invece, è pieno di entità spirituali che sono di fronte a noi, insite in ogni pianta, minerale o animale: semmai, il problema è che non siamo in grado di percepirle quali sono in realtà. L’organizzazione fisica ce lo impedisce; essa ci obbliga a vedere non l’essere del fiore o della pietra, bensì il suo apparire, secondo la nostra capacità umana. L’essere vivente è là fuori, ma noi non lo possiamo vedere: per questo ci facciamo domande, per questo vogliamo conoscerlo. Perché si nasconde alla nostra coscienza, dietro l’apparire illusorio delle forme fisiche.
Diffondere una conoscenza che vuole dirci: «Esisti solo tu e stai proiettando un mondo» significa dirsi: «Sei un creatore, sei Dio. Non hai bisogno di un altro dio; sei tu che crei il mondo in ogni istante».
Questo pensiero è ispirato non dallo spirito, ma da entità che vi agiscono contro. E questi pensatori moderni si sono bevuti non solo volumi su volumi di new age, ma, purtroppo, anche lo spirito dell’universo.
Gli antichi e saggi indiani non volevano affermare che il mondo non esiste, ma, piuttosto, che la forma del mondo come appare all’uomo è un’illusione. Occorre imparare a vederlo e a conoscerlo per ciò che è, come spiriti divini che attendono di essere incontrati dall’uomo stesso, nella loro reale essenza.
4. La fisica quantistica e il grande equivoco
Oggigiorno la fisica sta compiendo grandi passi nello studio degli enigmi della vita, assumendo sempre più una veste metafisica. Una delle affermazioni più importanti della quantistica è: «La coscienza reagisce con la realtà esteriore, la modifica, la crea». È un bellissimo punto di vista, ma è anche pericoloso, poiché porrebbe ogni individuo al centro di un suo universo personale, escludendo così ogni altra creatura che diventerebbe in automatico una creazione ex novo dell’individuo.
Se il mondo fosse una nostra proiezione, un’emanazione quantistica, e se la nostra coscienza interagisse con la sostanza, di fatto, ogni volta che ritorniamo in un luogo che abbiamo già visitato, esso potrebbe apparire diverso. Se noi, ad esempio, generassimo la stanza da letto e il suo contenuto ogni singola volta che vi entriamo, allora quando andiamo in bagno e ritorniamo in camera essa potrebbe apparire diversa; potrebbe, ad esempio, avere un altro arredamento. La nostra capacità di creare dovrebbe, quindi, essere anche incredibilmente mnemonica, al punto di ripresentare tutti i milioni di particolari allo stesso posto, nello stesso punto. Vi deve essere invece qualcosa, là fuori, che ci impone delle forme prestabilite, o che, perlomeno, ci permette di rivestire queste forme. Se il mondo fosse nulla e dovessimo crearlo noi ogni volta per poterlo percepire, allora il mondo sarebbe diverso ogni giorno. Invece non è così. Possiamo cambiare noi stessi dentro, ma non il mondo fuori. Ed è pur vero che, se prima cambiamo dentro, cambia poi anche il fuori, ma cambiano solo le persone, non le montagne, le rocce, le strade, gli animali o le piante.
5. Il nulla esiste?
L’idea di ‘nulla’ appartiene solo allo spirito umano. Non vi è nessun altro essere nel mondo, dalla pietra al Serafino, che è in grado di spiegare o citare il significato della parola ‘nulla’; non esiste niente di simile nell’universo. Si tratta di un concetto che viene prodotto esclusivamente dalla mente umana.
Vi è un ‘tutto’ che comprende ogni cosa ed essere: non può esistere un vuoto senza che lo spirito lo riempia. Il ‘niente’ si origina in virtù dell’incontro fra la coscienza umana e il mondo: è ciò che l’uomo traduce come sua esperienza personale del mondo. O, meglio, in realtà, ciò che l’uomo denomina ‘nulla’ è l’illusione che vi debba per forza essere qualcosa di opposto al ‘tutto’, allo spirito. Più che di nulla si dovrebbe, quindi, parlare di ‘illusione’ che la coscienza umana è costretta a produrre quando entra in contatto con la vita terrestre. Questo accade perché nei sensi fisici e animici dell’uomo agiscono due qualità di interferenza: Lucifero e Arimane. Esse fanno comparire la materia, mentre in realtà questa non esiste davvero: è un’illusione che si genera in seguito alla loro interazione con l’uomo. Ad esempio: vediamo là fuori delle montagne, ma non sono ‘vere’. Si tratta degli esseri spirituali che noi chiamiamo ‘montagne’. O, ancora, vediamo una pianta: è falso. In realtà, è l’immagine distorta di un essere angelico.
Quindi non esiste il ‘nulla’. Esiste l’illusione, l’inganno. Ma è proprio grazie a questa illusione che l’uomo può credersi separato dal ‘tutto’ e edificare una coscienza che, in un lontano futuro, lo renderà capace di reintegrarsi consapevolmente nel ‘tutto dello spirito’. A partire proprio dal ‘nulla’ del sé.
5.1 La Maja o ‘illusione’ del vedere le forme fisiche: immaginazioni arimaniche
Il veggente che osserva gli animali, le piante e i minerali, scopre che i loro corpi fisici non sono altro che immaginazioni create da Arimane. Ogni entità materiale esiste all’occhio umano perché, nell’attimo stesso in cui esso la percepisce, Arimane ne altera la natura spirituale in un’apparente natura fisica. Le anime di gruppo, le entità che guidano i regni della natura, non sono però immaginazioni di Arimane; solo i singoli animali, le singole piante lo sono. L’entità che, per esempio, è a governo del regno dei leoni, tramite un influsso pari a una sorta di incantesimo viene costretta da Arimane ad apparire in forma molteplice, mentre, in realtà, essa non ha che un’unica forma. Le singole forme leonine che si muovono nel mondo sono, quindi, in realtà, una moltiplicazione alterata di un unico essere, operata appunto da Arimane: egli suddivide in milioni di parti la linea di vita dell’essere del leone che si diffonde sulla Terra, facendolo apparire non integralmente, ma ‘scomposto’. È come se venisse esercitata, tramite un gioco di specchi, una moltiplicazione illusoria.
6. L’universo non è infinito
Il concetto di spazio infinito è una fantasticheria. Non dobbiamo figurarci una retta che continua all’infinito, ma, piuttosto, una retta che, prolungandosi in una direzione, torni indietro dall’altra. Una retta che opera un movimento circolare, dunque. L’universo è, infatti, concepibile come un cerchio che, se sciolto, origina suddetta retta: se procedessimo oltre, ci ritroveremmo, dopo un lunghissimo viaggio, nello stesso identico punto da cui siamo partiti.
Il mondo, o universo fisico, è circoscritto entro dei limiti ben precisi che sono definiti dalla Via Lattea e dal Sistema Solare. Vi è una sorta di portale che ci trattiene entro suddetto Sistema Solare: sembra quasi che nulla possa uscirvi né entrarvi, come se vi fosse una sorta di muro. Le stelle che esistono oltre la Via Lattea sono illusorie, non esistono davvero. Al di là della Via Lattea, vi è il nulla.
7. L’acronimo www indica world wide web: tradotto significa ampia ragnatela del mondo
Di seguito un passaggio tratto da una conferenza di Rudolf Steiner del 13 maggio 1921 a Dornach:
«Dalla Terra nascerà una genia di esseri che, per quanto riguarda il loro carattere, sono collocabili tra il regno minerale e il regno vegetale, con una natura di tipo automatico abbondante d’intelletto oltremodo intenso. Con questo movimento, che si diffonderà sulla Terra, questa sarà ricoperta come in una rete, in un tessuto di spaventosi ragni di enorme saggezza, ma che nella loro organizzazione non arrivano neppure al regno vegetale, ragni terrificanti, che si intrecceranno tra loro e che nei loro movimenti esteriori imiteranno tutto ciò pensato dagli uomini con l’intelletto confuso, non stimolato da quanto deve venire per mezzo di una nuova immaginazione in genere e la scienza dello spirito in particolare. Tutti i pensieri di questo tipo irreale degli uomini diventano reali. La Terra sarà ricoperta […] di terribili ragni vegeto-minerali, oltremodo razionali, ma tremendamente malvagi, che si intessono tra loro. L’uomo […] sarà costretto a unirsi con il suo essere con questi tremendi aracnidi vegeto-minerali. Questa specie di ragni avranno poi un carattere spiccatamente arimanico.»²
È interessante notare come già nel 1921 Steiner, dopo aver ricevuto un’immagine chiaroveggente che gli indicava accadimenti che sarebbero avvenuti nel futuro, tenti di descrivere qualcosa che a quei tempi era inimmaginabile. Monitor, computer, internet: tutto questo poteva essere paragonato a una ‘rete’ (il web) dove i microchip dei moderni computer apparivano come tanti ‘ragnetti’ all’opera sulla