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Il vangelo di Papa Francesco
Il vangelo di Papa Francesco
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E-book564 pagine14 ore

Il vangelo di Papa Francesco

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Il Vangelo ufficiale commentato dal Santo Padre

Sono ormai passati oltre quattro anni da quel giorno di metà marzo in cui il mondo conobbe per la prima volta il volto e le parole di papa Francesco. E da allora, il primo papa sudamericano della storia della Chiesa Cattolica non è mai stato avaro di parole. Le sue omelie, pronunciate alla messa mattutina della Casa di Santa Marta, le sue interpretazioni dei passi dei vangeli espresse nelle due encicliche, e i numerosi scritti e interventi pubblici in Italia e in giro per il mondo, sono la testimonianza di anni di riflessioni e di studio e del desiderio di indicare una strada ai fedeli di ogni luogo. Questo testo è un’opera unica, frutto del certosino lavoro di raccolta e montaggio delle sue parole e delle sue riflessioni in un unico volume che contiene il testo integrale dei quattro Vangeli corredato dalle parole del Santo Padre. Un volume prezioso per avere l’occasione di rileggere i testi dei quattro evangelisti e fare l’esperienza di riassaporarli attraverso le parole del papa. Ed è lui stesso, papa Francesco, a esortare i cristiani a «uscire per annunciare», perché «il Vangelo è proclamato sempre in cammino, mai seduti, sempre in cammino», ma con attenzione, perché l’annuncio del Vangelo va fatto con umiltà, vincendo la tentazione della superbia. 

Il testo integrale dei quattro Vangeli nella versione ufficiale della CEI corredato dalle parole del Santo Padre

Un volume prezioso e unico per tutti i fedeli, i sacerdoti e i credenti che desiderino avere sempre sotto gli occhi le parole sui Vangeli di papa Francesco

«Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita.»
Papa Francesco
Papa Francesco
Jorge Mario Bergoglio è stato eletto il 13 marzo del 2013 266mo Vescovo di Roma e papa della Chiesa Cattolica
Piero Spagnoli
Si occupa dell’opera del Santo Padre. Per la Newton Compton ha curato i libri di papa Francesco Parole di saggezza, Parole di pace per il nuovo anno e Il Vangelo di papa Francesco.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2017
ISBN9788822715920
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    Anteprima del libro

    Il vangelo di Papa Francesco - Papa Francesco

    Introduzione

    «Una lettura quotidiana del Vangelo ci aiuta a vincere il nostro egoismo e a seguire con decisione il Maestro, Gesù».

    Tweet di papa Francesco, 21 agosto 2015

    I Vangeli sono il cuore della fede cattolica. Dal racconto della vita di Gesù – delle sue opere, dei suoi insegnamenti, della sua morte e risurrezione – scaturisce tutto ciò che a buon diritto può essere chiamato cristiano. Questo è tanto evidente, quasi banale, da venir spesso dimenticato. Nelle pagine dei Vangeli i cristiani possono trovare gioia e consolazione, possono rinnovare la loro stessa identità, se solo si ricordano di ritagliare un tempo, nelle loro vite, per tornarci con pazienza. E perfino coloro che non credono possono scoprirvi una fonte di ispirazione profonda e inaspettata, capace di affascinare le donne e gli uomini di ogni angolo del globo da quasi venti secoli.

    Forse anche per questo la lettura della Bibbia e dei Vangeli è uno dei punti fermi della predicazione di papa Francesco. Bergoglio, che si sente profondamente parroco e pastore, consiglia spesso di leggere le parole degli evangelisti ogni giorno, dedicandogli alcuni minuti indispensabili a «conoscere e riconoscere Gesù, adorarlo, seguirlo». Convinto della centralità del messaggio evangelico, ha usato molti dei suoi interventi pubblici per assolvere un compito che lo accomuna ai semplici sacerdoti: commentare e spiegare i Vangeli con passione, interpretandoli secondo la sua sensibilità e la sua conoscenza profonda dei testi e del mondo di cui raccontano.

    Approcciarsi ai Vangeli non è un’esperienza immediata. Questi scritti, pur tra i più recenti della Bibbia, si interessano a una realtà lontana da quella che viviamo, trasmettono un messaggio profondo e complesso che non può essere avvicinato senza il timore di fraintendimenti. Chi leggesse senza una guida rischierebbe di non comprendere né di assaporare questi testi antichi, magari finendo per abbandonarli dopo poche pagine. Oppure potrebbe derivarne messaggi incoerenti e addirittura pericolosi. Nella storia è successo più volte, perfino in seno alla Chiesa. Ecco perché il papa sente di avere il compito di aiutare i fedeli a rimettersi in sintonia con i Vangeli, per «trovare Gesù e avere la gioia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo».

    Questo libro raccoglie tutti i commenti ai brani dei Vangeli di papa Francesco, pronunciati e scritti durante il suo pontificato. Si tratta di oltre duecento commenti che interessano ogni capitolo delle opere di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, a ribadire l’importanza che Bergoglio attribuisce alla lettura di questi testi. Il papa spiega con parole semplici i passaggi della Scrittura, anche i più ostici, e lascia riverberare lo stupore, la gioia e la fede per la grandezza del messaggio di Cristo. Nel farlo riflette su punti cardinali di una saggezza millenaria, di una ricchezza per fedeli e curiosi, per chiunque si interroghi sul senso della sua esistenza e su come condurla.

    Il testo che avete tra le mani, e che propone i Vangeli nella più recente traduzione della Conferenza Episcopale Italiana, è un formidabile compagno di viaggio per chi vorrà seguire gli insistenti consigli del papa – «leggete ogni giorno una pagina del Vangelo per dieci, quindici minuti e non di più» – ma, oltre ai commenti di Bergoglio, fornisce in questa introduzione alcune informazioni storiche imprescindibili per una lettura ancor più consapevole e proficua.

    Si dice che i primi tre Vangeli – quelli di Matteo, Marco e Luca – per via delle somiglianze nei fatti raccontati e nel linguaggio utilizzato, se disposti su tre colonne parallele, potrebbero essere letti con un solo sguardo. Per questo vengono chiamati sinottici (dal greco synopsis, sguardo d’insieme), anche se non si tratta certo di testi equivalenti. Gli studiosi motivano i punti di contatto tra gli scritti spiegando che il Vangelo di Marco è probabilmente una delle fonti a cui hanno attinto sia Matteo sia Luca, derivandone episodi e scansione cronologica. Questo significa, tra l’altro, che l’ordine in cui da secoli leggiamo i Vangeli – Matteo, Marco, Luca, Giovanni – non corrisponde all’ordine cronologico della loro stesura. Il primo Vangelo a essere scritto fu quello di Marco, che infatti servì da fonte, e che sicuramente è precedente al 70 d.C. Poi Matteo e Luca diedero forma alle loro vite di Gesù (intorno al 70-80 d.C.), mentre quella di Giovanni, molto diversa per forma, struttura e approccio, è l’opera più tarda (scritta tra l’80 e il 110 d.C.). Non sappiamo con precisione a cosa sia dovuto l’ordine in cui leggiamo i Vangeli, ma sappiamo che è molto antico, già attestato nel III secolo.

    Il Vangelo di Marco nell’antichità è stato il meno apprezzato, anche a causa di un caustico giudizio di sant’Agostino che lo definì una versione abbreviata di quello di Matteo, a sua volta il più popolare, letto e commentato. Il greco di Marco, se confrontato a quello degli altri tre Vangeli, è modesto, lo stile non è ricercato, ma immediato e spontaneo, e la teologia espressa è semplice, anche se si farebbe un torto a considerarla banale. Tuttavia, quando a partire dal Settecento si iniziarono a studiare criticamente i Vangeli, si scoprì in quello di Marco non una copia ma, come si è detto, una fonte antica; il testo riprese così ad affascinare e intrigare gli studiosi. La caratteristica fondamentale che colpisce il lettore di Marco è l’insistenza del racconto sui tratti umani, emotivi e personali di un Gesù che risulta davvero uomo, in carne e ossa. La sua divinità prende corpo poco a poco lungo il racconto, e trova pieno riconoscimento solo sulla croce, come al termine di un percorso di svelamento.

    Il Vangelo di Matteo, invece, riprende da Marco oltre la metà dei contenuti, ma li rielabora in una struttura più elegante e ordinata, arricchita da raffinati artifici retorici. L’opera è caratterizzata da cinque grandi discorsi in cui l’evangelista raggruppa gli insegnamenti di Gesù, e la scrittura si sofferma con insistenza sul rapporto tra il Cristo, gli Apostoli e i discepoli, e cioè sulla comunità cristiana e le sue differenze rispetto al popolo ebraico. Quello di Matteo è il racconto di una Chiesa che nasce e alla quale Gesù chiede di portare il suo messaggio nel mondo. È probabile che i destinatari dello scritto fossero di origine ebraica, ma convertiti al cristianesimo: numerosi sono i rimandi all’Antico Testamento, e proprio sulla base di questi si è spesso ipotizzato che il Vangelo sia stato posto in apertura del Nuovo Testamento come un ponte ideale tra la vecchia e la nuova alleanza tra uomini e Dio. L’evangelista Matteo, secondo la tradizione, sarebbe l’esattore delle tasse di cui si legge nei Vangeli di Matteo e di Luca (nel secondo caso con il nome di Levi) e che poi diverrà uno degli Apostoli. Oggi gli studiosi sono concordi nel rigettare quest’interpretazione, ma alcuni sostengono che chi scrisse il Vangelo potrebbe aver fatto parte della comunità cristiana fondata da Matteo-Levi, e che quindi ci sia un effettivo legame tra la predicazione di quest’ultimo e la stesura dello scritto.

    È invece indubbio che l’evangelista Luca non sia stato un testimone oculare, ma solo un discepolo di coloro che videro e conobbero Gesù. Il suo Vangelo è per tutti il Vangelo della misericordia: questo il suo tratto fondamentale, la chiave di lettura che percorre la vicenda e gli insegnamenti di Cristo. Per esempio, è interessante notare che questo è l’unico Vangelo in cui compare, al capitolo 10, la parabola del buon Samaritano. Gesù, per Luca, è di una divinità sorprendente, che va ben oltre le attese degli uomini, e si caratterizza secondo schemi inaspettati. Quelli, appunto, della misericordia e dell’attenzione per gli ultimi. Luca è l’unico evangelista, inoltre, che fa seguire al racconto della vita di Gesù, il Vangelo più lungo e meglio scritto dei quattro, quello delle vicende della prima Chiesa: gli Atti degli Apostoli.

    Il Vangelo di Giovanni, infine, è il più tardo e complesso. La scansione cronologica è differente, così come la scelta degli episodi. Mancano, ad esempio, le tentazioni di Gesù, la trasfigurazione, l’istituzione dell’Eucaristia durante l’Ultima Cena. Ci sono, invece, episodi importanti come le nozze di Cana, l’incontro con la Samaritana, la lavanda dei piedi e altro ancora di cui nei sinottici non c’è traccia. Ma non è questa la differenza più marcata tra Giovanni e gli altri evangelisti. Nell’ultimo Vangelo ci troviamo di fronte a un racconto frutto di una profondissima riflessione teologica, in cui trovano spazio pochi fatti e tanti insegnamenti e riflessioni, e dove non sono rari perfino i commenti espliciti dell’evangelista, quasi del tutto assenti negli altri scritti. La tradizione identifica l’estensore di questo Vangelo, dell’Apocalisse e delle lettere di Giovanni con Giovanni figlio di Zebedeo, uno degli Apostoli di Gesù. Oggi questa tesi è fortemente contestata, ma è probabile, come nel caso di Matteo, che tale discepolo non sia l’evangelista, bensì colui che fondò la comunità in cui l’evangelista ha portato il suo annuncio.

    Il fatto che la Chiesa non legga una sola vita di Gesù, ma quattro, ci suggerisce la loro complementarità, cioè che ciascun Vangelo esprima qualcosa di unico, ma che nessuno esaurisca il racconto del Cristo in tutte le sue sfumature. Il mistero di Gesù è, appunto, un mistero che non può essere semplicemente espresso ma solo continuamente indagato. E, come dice spesso papa Francesco, leggere tutti i giorni un passo del Vangelo resta «l’unico modo di conoscere Gesù», compito per il quale le parole dello stesso pontefice sono di certo il miglior aiuto che si possa immaginare.

    Piero Spagnoli

    Vangelo secondo Matteo

    Il Vangelo dell’infanzia

    1 La genealogia di Gesù – ¹ Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. ² Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, ³ Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, ⁴ Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, ⁵ Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, ⁶ Iesse generò il re Davide.

    Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, ⁷Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, ⁸Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, ⁹Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, ¹⁰Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, ¹¹Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

    ¹²Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, ¹³Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, ¹⁴Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, ¹⁵Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, ¹⁶Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

    ¹⁷In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

    La nascita di Gesù – ¹⁸Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. ¹⁹Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. ²⁰Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ²¹ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». ²²Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ²³Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. ²⁴Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; ²⁵senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.

    1,18-25: Giuseppe e Maria vivevano a Nazaret; non abitavano ancora insieme, perché il matrimonio non era ancora compiuto. In quel frattempo, Maria, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo, divenne incinta per opera dello Spirito Santo. Quando Giuseppe si accorge di questo fatto, ne rimane sconcertato. Il Vangelo non spiega quali fossero i suoi pensieri, ma ci dice l’essenziale: egli cerca di fare la volontà di Dio ed è pronto alla rinuncia più radicale. Invece di difendersi e di far valere i propri diritti, Giuseppe sceglie una soluzione che per lui rappresenta un enorme sacrificio. E il Vangelo dice: «Poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (v. 19).

    Questa breve frase riassume un vero e proprio dramma interiore, se pensiamo all’amore che Giuseppe aveva per Maria! Ma, anche in una tale circostanza, Giuseppe intende fare la volontà di Dio e decide, sicuramente con gran dolore, di congedare Maria in segreto. Bisogna meditare su queste parole, per capire quale sia stata la prova che Giuseppe ha dovuto sostenere nei giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù. Una prova simile a quella del sacrificio di Abramo, quando Dio gli chiese il figlio Isacco (cfr. Gen 22): rinunciare alla cosa più preziosa, alla persona più amata.

    Ma, come nel caso di Abramo, il Signore interviene; ha trovato la fede che cercava e apre una via diversa, una via di amore e di felicità: «Giuseppe – gli dice – non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (v. 20).

    Questo brano ci mostra tutta la grandezza d’animo di san Giuseppe. Egli stava seguendo un buon progetto di vita, ma Dio riservava per lui un altro disegno, una missione più grande. Giuseppe era un uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio, profondamente sensibile al suo segreto volere, un uomo attento ai messaggi che gli giungevano dal profondo del cuore e dall’alto. Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante, gli veniva presentata. È così, era un uomo buono. Non odiava, e non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo. Ma quante volte a noi l’odio, l’antipatia pure, il rancore avvelenano l’anima! E questo fa male. Non permetterlo mai: lui è un esempio di questo. E così Giuseppe è diventato ancora più libero e grande. Accettandosi secondo il disegno del Signore, Giuseppe trova pienamente se stesso, al di là di sé. Questa sua libertà di rinunciare a ciò che è suo, al possesso sulla propria esistenza, e questa sua piena disponibilità interiore alla volontà di Dio ci interpellano e ci mostrano la via.

    2 La visita dei Magi – ¹ Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme ² e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

    2,1-2: Con queste parole i Magi, venuti da terre lontane, ci fanno conoscere il motivo della loro lunga traversata: adorare il re neonato. Vedere e adorare: due azioni che risaltano nel racconto evangelico: abbiamo visto una stella e vogliamo adorare.

    Questi uomini hanno visto una stella che li ha messi in movimento. La scoperta di qualcosa di inconsueto che è accaduto nel cielo ha scatenato una serie innumerevole di avvenimenti. Non era una stella che brillò in modo esclusivo per loro né avevano un DNA speciale per scoprirla. Come ha ben riconosciuto un padre della Chiesa, i Magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella, ma videro la stella perché si erano messi in cammino (cfr. san Giovanni Crisostomo). Avevano il cuore aperto all’orizzonte e poterono vedere quello che il cielo mostrava perché c’era in loro un desiderio che li spingeva: erano aperti a una novità.

    I Magi, in tal modo, esprimono il ritratto dell’uomo credente, dell’uomo che ha nostalgia di Dio; di chi sente la mancanza della propria casa, la patria celeste. Riflettono l’immagine di tutti gli uomini che nella loro vita non si sono lasciati anestetizzare il cuore.

    La santa nostalgia di Dio scaturisce nel cuore credente perché sa che il Vangelo non è un avvenimento del passato ma del presente. La santa nostalgia di Dio ci permette di tenere gli occhi aperti davanti a tutti i tentativi di ridurre e di impoverire la vita. La santa nostalgia di Dio è la memoria credente che si ribella di fronte a tanti profeti di sventura. Questa nostalgia è quella che mantiene viva la speranza della comunità credente che, di settimana in settimana, implora dicendo: «Vieni, Signore Gesù!».

    ³All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. ⁴Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. ⁵Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

    E tu, Betlemme, terra di Giuda,

    non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

    da te infatti uscirà un capo

    che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

    ⁷Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella ⁸e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

    ⁹Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. ¹⁰Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. ¹¹Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. ¹²Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

    2,3-12: Con il loro gesto di adorazione, i Magi testimoniano che Gesù è venuto sulla terra per salvare non un solo popolo, ma tutte le genti. […] Il Signore non riserva il suo amore ad alcuni privilegiati, ma lo offre a tutti. Come di tutti è il Creatore e il Padre, così di tutti vuole essere il Salvatore. Per questo, siamo chiamati a nutrire sempre grande fiducia e speranza nei confronti di ogni persona e della sua salvezza: anche coloro che ci sembrano lontani dal Signore sono seguiti – o meglio inseguiti – dal suo amore appassionato, dal suo amore fedele e anche umile. Perché l’amore di Dio è umile, tanto umile!

    Il racconto evangelico dei Magi descrive il loro viaggio dall’Oriente come un viaggio dell’anima, come un cammino verso l’incontro con Cristo. Essi sono attenti ai segni che ne indicano la presenza; sono instancabili nell’affrontare le difficoltà della ricerca; sono coraggiosi nel trarre le conseguenze di vita derivanti dall’incontro con il Signore. La vita è questa: la vita cristiana è camminare, ma essendo attenti, instancabili e coraggiosi. Così cammina un cristiano. Camminare attento, instancabile e coraggioso. L’esperienza dei Magi evoca il cammino di ogni uomo verso Cristo. Come per i Magi, anche per noi cercare Dio vuol dire camminare – e come dicevo: attento, instancabile e coraggioso – fissando il cielo e scorgendo nel segno visibile della stella il Dio invisibile che parla al nostro cuore. La stella che è in grado di guidare ogni uomo a Gesù è la Parola di Dio, Parola che è nella Bibbia, nei Vangeli. La Parola di Dio è luce che orienta il nostro cammino, nutre la nostra fede e la rigenera. È la Parola di Dio che rinnova continuamente i nostri cuori, le nostre comunità. Pertanto non dimentichiamo di leggerla e meditarla ogni giorno, affinché diventi per ciascuno come una fiamma che portiamo dentro di noi per rischiarare i nostri passi, e anche quelli di chi cammina accanto a noi, che forse stenta a trovare la strada verso Cristo.

    La fuga in Egitto – ¹³Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

    ¹⁴Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, ¹⁵dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

    Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

    La strage degli innocenti – ¹⁶Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. ¹⁷Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:

    ¹⁸Un grido è stato udito in Rama,

    un pianto e un lamento grande:

    Rachele piange i suoi figli

    e non vuole essere consolata,

    perché non sono più.

    Il ritorno a Nazaret – ¹⁹Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto ²⁰e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». ²¹Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. ²²Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea ²³e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

    2,13-23: Il Vangelo ci presenta la Santa Famiglia sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi. Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie.

    In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla Santa Famiglia di Nazaret nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento, che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Ma pensiamo anche agli altri esiliati; io li chiamerei esiliati nascosti, quegli esiliati che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani.

    Gesù ha voluto appartenere a una famiglia che ha sperimentato queste difficoltà, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio. La fuga in Egitto a causa delle minacce di Erode ci mostra che Dio è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari.

    L’annuncio del Regno

    3 La predicazione di Giovanni Battista – ¹ In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea ² dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

    ³Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

    Voce di uno che grida nel deserto:

    Preparate la via del Signore,

    raddrizzate i suoi sentieri!

    ⁴E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.

    ⁵Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui ⁶e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

    ⁷Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? ⁸Fate dunque un frutto degno della conversione, ⁹e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. ¹⁰Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. ¹¹Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. ¹²Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

    3,1-12: In questo passo vediamo come il Battista attendesse con ansia il Messia e nella sua predicazione lo avesse descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il Regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi.

    Il battesimo di Gesù – ¹³Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. ¹⁴Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». ¹⁵Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. ¹⁶Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. ¹⁷Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

    3,13-17: Il Vangelo ci presenta la scena avvenuta presso il fiume Giordano: in mezzo alla folla penitente che avanza verso Giovanni il Battista per ricevere il battesimo c’è anche Gesù. Faceva la coda. Giovanni vorrebbe impedirglielo dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te» (v. 14). Il Battista infatti è consapevole della grande distanza che c’è tra lui e Gesù. Ma Gesù è venuto proprio per colmare la distanza tra l’uomo e Dio: se Egli è tutto dalla parte di Dio, è anche tutto dalla parte dell’uomo, e riunisce ciò che era diviso. Per questo chiede a Giovanni di battezzarlo, perché si adempia ogni giustizia (cfr. v. 15), cioè si realizzi il disegno del Padre che passa attraverso la via dell’obbedienza e della solidarietà con l’uomo fragile e peccatore, la via dell’umiltà e della piena vicinanza di Dio ai suoi figli.

    Nel momento in cui Gesù, battezzato da Giovanni, esce dalle acque del fiume Giordano, la voce di Dio Padre si fa sentire dall’alto: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (v. 17). E nello stesso tempo lo Spirito Santo, in forma di colomba, si posa su Gesù, che dà pubblicamente avvio alla sua missione di salvezza; missione caratterizzata da uno stile, lo stile del servo umile e mite, munito solo della forza della verità, come aveva profetizzato Isaia: «Non griderà, né alzerà il tono, […] non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità» (42,2-3). Servo umile e mite.

    Ecco lo stile di Gesù, e anche lo stile missionario dei discepoli di Cristo: annunciare il Vangelo con mitezza e fermezza, senza gridare, senza sgridare qualcuno, ma con mitezza e fermezza, senza arroganza o imposizione. La vera missione non è mai proselitismo ma attrazione a Cristo. Ma come? Come si fa questa attrazione a Cristo? Con la propria testimonianza, a partire dalla forte unione con Lui nella preghiera, nell’adorazione e nella carità concreta, che è servizio a Gesù presente nel più piccolo dei fratelli. Ad imitazione di Gesù, pastore buono e misericordioso, e animati dalla sua grazia, siamo chiamati a fare della nostra vita una testimonianza gioiosa che illumina il cammino, che porta speranza e amore.

    Questa festa ci fa riscoprire il dono e la bellezza di essere un popolo di battezzati, cioè di peccatori – tutti lo siamo –, di peccatori salvati dalla grazia di Cristo, inseriti realmente, per opera dello Spirito Santo, nella relazione filiale di Gesù con il Padre, accolti nel seno della madre Chiesa, resi capaci di una fraternità che non conosce confini e barriere.

    4 Le tentazioni di Gesù – ¹ Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. ² Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. ³ Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». ⁴ Ma egli rispose: «Sta scritto:

    Non di solo pane vivrà l’uomo,

    ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

    ⁵Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio ⁶e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:

    Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

    ed essi ti porteranno sulle loro mani

    perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

    ⁷Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:

    Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

    ⁸Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria ⁹e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». ¹⁰Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:

    Il Signore, Dio tuo, adorerai:

    a lui solo renderai culto».

    ¹¹Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

    4,1-11: Il tentatore cerca di distogliere Gesù dal progetto del Padre, ossia dalla via del sacrificio, dell’amore che offre se stesso in espiazione, per fargli prendere una strada facile, di successo e di potenza. Il duello tra Gesù e Satana avviene a colpi di citazioni della Sacra Scrittura. Il diavolo, infatti, per distogliere Gesù dalla via della croce, gli fa presenti le false speranze messianiche: il benessere economico, indicato dalla possibilità di trasformare le pietre in pane; lo stile spettacolare e miracolistico, con l’idea di buttarsi giù dal punto più alto del tempio di Gerusalemme e farsi salvare dagli angeli; e infine la scorciatoia del potere e del dominio, in cambio di un atto di adorazione a Satana. Sono i tre gruppi di tentazioni: anche noi li conosciamo bene!

    Gesù respinge decisamente tutte queste tentazioni e ribadisce la ferma volontà di seguire la via stabilita dal Padre, senza alcun compromesso col peccato e con la logica del mondo. Notate bene come risponde Gesù. Lui non dialoga con Satana, come aveva fatto Eva nel paradiso terrestre. Gesù sa bene che con Satana non si può dialogare, perché è tanto astuto. Per questo Gesù, invece di dialogare come aveva fatto Eva, sceglie di rifugiarsi nella Parola di Dio e risponde con la forza di questa Parola. Ricordiamoci di questo: nel momento della tentazione, delle nostre tentazioni, niente argomenti con Satana, ma sempre difesi dalla Parola di Dio! E questo ci salverà. Nelle sue risposte a Satana, il Signore, usando la Parola di Dio, ci ricorda anzitutto che «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (v. 4; cfr. Dt 8,3); e questo ci dà forza, ci sostiene nella lotta contro la mentalità mondana che abbassa l’uomo al livello dei bisogni primari, facendogli perdere la fame di ciò che è vero, buono e bello, la fame di Dio e del suo amore. Ricorda inoltre che «sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo» (v. 7), perché la strada della fede passa anche attraverso il buio, il dubbio, e si nutre di pazienza e di attesa perseverante. Gesù ricorda infine che «sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (v. 10); ossia, dobbiamo disfarci degli idoli, delle cose vane, e costruire la nostra vita sull’essenziale.

    Queste parole di Gesù troveranno poi riscontro concreto nelle sue azioni. La sua assoluta fedeltà al disegno d’amore del Padre lo condurrà dopo circa tre anni alla resa dei conti finale con il «principe di questo mondo» (Gv 16,11), nell’ora della Passione e della croce, e lì Gesù riporterà la sua vittoria definitiva, la vittoria dell’amore!

    Gli inizi della predicazione in Galilea – ¹²Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, ¹³lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, ¹⁴perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

    ¹⁵Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

    sulla via del mare, oltre il Giordano,

    Galilea delle genti!

    ¹⁶Il popolo che abitava nelle tenebre

    vide una grande luce,

    per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

    una luce è sorta.

    ¹⁷Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

    La chiamata dei primi discepoli – ¹⁸Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. ¹⁹E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». ²⁰Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. ²¹Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. ²²Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

    Gesù predica e guarisce – ²³Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. ²⁴La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. ²⁵Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

    4,12-25: Il Vangelo racconta gli inizi della vita pubblica di Gesù nelle città e nei villaggi della Galilea. La sua missione non parte da Gerusalemme, cioè dal centro religioso, centro anche sociale e politico, ma parte da una zona periferica, una zona disprezzata dai Giudei più osservanti, a motivo della presenza in quella regione di diverse popolazioni straniere; per questo il profeta Isaia la indica come «Galilea delle genti» (Is 8,23).

    È una terra di frontiera, una zona di transito dove si incontrano persone diverse per razza, cultura e religione. La Galilea diventa così il luogo simbolico per l’apertura del Vangelo a tutti i popoli. Da questo punto di vista, la Galilea assomiglia al mondo di oggi: compresenza di diverse culture, necessità di confronto e necessità di incontro. Anche noi siamo immersi ogni giorno in una Galilea delle genti, e in questo tipo di contesto possiamo spaventarci e cedere alla tentazione di costruire recinti per essere più sicuri, più protetti. Ma Gesù ci insegna che la Buona Notizia, che Lui porta, non è riservata a una parte dell’umanità, è da comunicare a tutti. È un lieto annuncio destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere.

    Partendo dalla Galilea, Gesù ci insegna che nessuno è escluso dalla salvezza di Dio; anzi, che Dio preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi, per raggiungere tutti. Ci insegna un metodo, il suo metodo, che però esprime il contenuto, cioè la misericordia del Padre. «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata. Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20).

    Gesù comincia la sua missione non solo da un luogo decentrato, ma anche da uomini che si direbbero, così si può dire, di basso profilo. Per scegliere i suoi primi discepoli e futuri Apostoli, non si rivolge alle scuole degli scribi e dei dottori della Legge, ma alle persone umili e alle persone semplici, che si preparano con impegno alla venuta del Regno di Dio. Gesù va a chiamarli là dove lavorano, sulla riva del lago: sono pescatori. Li chiama, ed essi lo seguono, subito. Lasciano le reti e vanno con Lui: la loro vita diventerà un’avventura straordinaria e affascinante.

    Il discorso della montagna

    5 ¹ Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. ² Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

    ³«Beati i poveri in spirito,

    perché di essi è il regno dei cieli.

    ⁴Beati quelli che sono nel pianto,

    perché saranno consolati.

    ⁵Beati i miti,

    perché avranno in eredità la terra.

    ⁶Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

    perché saranno saziati.

    ⁷Beati i misericordiosi,

    perché troveranno misericordia.

    ⁸Beati i puri di cuore,

    perché vedranno Dio.

    ⁹Beati gli operatori di pace,

    perché saranno chiamati figli di Dio.

    ¹⁰Beati i perseguitati per la giustizia,

    perché di essi è il regno dei cieli.

    ¹¹Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. ¹²Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

    5,1-12: Le Beatitudini aprono il grande discorso detto della montagna, la magna charta del Nuovo Testamento. Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità. Questo messaggio era già presente nella predicazione dei profeti: Dio è vicino ai poveri e agli oppressi e li libera da quanti li maltrattano. Ma in questa sua predicazione Gesù segue una strada particolare: comincia con il termine «beati», cioè felici; prosegue con l’indicazione della condizione per essere tali; e conclude facendo una promessa. Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – per esempio, «poveri in spirito», afflitti, affamati di giustizia, «perseguitati»… – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il «regno» annunciato da Gesù. Non è un meccanismo automatico, questo, ma un cammino di vita al seguito del Signore, per cui la realtà di disagio e di afflizione viene vista in una prospettiva nuova e sperimentata secondo la conversione che si attua. Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio.

    Mi soffermo sulla prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 3). Il povero in spirito è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio. La felicità dei poveri – dei poveri in spirito – ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio. Riguardo ai beni, ai beni materiali, questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento più ho, più voglio, non sono felici e non arriveranno alla felicità. Nei confronti di Dio è lode e riconoscimento che il mondo è benedizione e che alla sua origine sta l’amore creatore del Padre. Ma è anche apertura a Lui, docilità alla sua signoria: è Lui, il Signore, è Lui il Grande, non io sono grande perché ho tante cose! È Lui: Lui che ha voluto il mondo per tutti gli uomini e l’ha voluto perché gli uomini fossero felici.

    Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su se stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui. Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane. I poveri, in questo senso evangelico, appaiono come coloro che tengono desta la meta del Regno dei cieli, facendo intravedere che esso viene anticipato in germe nella comunità fraterna, che privilegia la condivisione al possesso.

    La testimonianza – ¹³Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

    ¹⁴Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, ¹⁵né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. ¹⁶Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

    5,13-16: Gesù dice ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; […] Voi siete la luce del mondo». Questo ci stupisce un po’, se pensiamo a chi aveva davanti Gesù quando diceva queste parole. Chi erano quei discepoli? Erano pescatori, gente semplice. Ma Gesù li guarda con gli occhi di Dio, e la sua affermazione si capisce proprio come conseguenza delle Beatitudini. Egli vuole dire: se sarete poveri in spirito, se sarete miti, se sarete puri di cuore, se sarete misericordiosi voi sarete il sale della terra e la luce del mondo!

    Per comprendere meglio queste immagini, teniamo presente che la Legge ebraica prescriveva di mettere un po’ di sale sopra ogni offerta presentata a Dio, come segno di alleanza. La luce, poi, per Israele era il simbolo della rivelazione messianica che trionfa sulle tenebre del paganesimo. I cristiani, nuovo Israele, ricevono dunque una missione nei confronti di tutti gli uomini: con la fede e con la carità possono orientare, consacrare, rendere feconda l’umanità. Tutti noi battezzati siamo discepoli missionari e siamo chiamati a diventare nel mondo un Vangelo vivente: con una vita santa daremo sapore ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, come fa il sale; e porteremo la luce di Cristo con la testimonianza di una carità genuina. Se però noi cristiani perdiamo sapore e spegniamo la nostra presenza di sale e di luce, perdiamo l’efficacia. Ma che bella è questa missione di dare luce al mondo! È anche molto bello conservare la luce che abbiamo ricevuto da Gesù, custodirla, conservarla. Il cristiano dovrebbe essere una persona luminosa, che porta luce, che sempre dà luce! Una luce che non è sua, ma è il regalo di Dio, è il regalo di Gesù. E noi portiamo questa luce. Se il cristiano spegne questa luce, la sua vita non ha senso: è un cristiano di nome soltanto, che non porta la luce, una vita senza senso. […] È proprio Dio che ci dà questa luce e noi la diamo agli altri. Lampada accesa! Questa è la vocazione cristiana.

    La Legge e il suo compimento – ¹⁷Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. ¹⁸In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. ¹⁹Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

    ²⁰Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

    ²¹Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. ²²Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna.

    ²³Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, ²⁴lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

    ²⁵Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. ²⁶In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

    ²⁷Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. ²⁸Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.

    ²⁹Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. ³⁰E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

    ³¹Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio. ³²Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

    ³³Avete anche inteso che fu detto agli antichi: «Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti». ³⁴Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, ³⁵né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. ³⁶Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. ³⁷Sia invece il vostro parlare: Sì, sì,

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