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Arca di Sion vol. 2
Arca di Sion vol. 2
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E-book598 pagine6 ore

Arca di Sion vol. 2

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Info su questo ebook

Rennes-le-Château, la Svolta
Le inedite Decifrazioni, Scoperte e Documenti
dell’Eresia più nascosta della Storia del Cristianesimo
Con l’accuratezza di un saggio e i colpi di scena di un  romanzo, Arca di Sioи presenta nuove straordinarie ipotesi e risposte ai misteri di Rennes-le-Château, attraverso la decifrazione del Serpent Rouge,    enigmatico manoscritto esoterico, fino ad oggi mai completamente decodificato. Il libro dimostra come le due famose pergamene dell’abate Saunière e il crittogramma Sot Pécheur presentino un inedito e più profondo livello di decifrazione, rispetto a quelli finora noti: una vera e propria mappa, che conduce a scottanti rivelazioni    in merito all’eresia circolante nel sud della Francia.  Arca di Sioи accompagna alla vera ricerca del Graal e dell’Arca dell’Alleanza, sulle tracce della Maddalena, alle porte della perduta necropoli merovingia, fino all’entrata del Labirinto Templare dei Pirenei.
Con un’intervista esclusiva al
Gran Maestro del Priorato di Sion Marco Rigamonti
Rennes-le-Château e i misteri connessi
Arca di Sioи svela i segreti della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi e il messaggio del Quadrato Magico del SATOR, della N inversa e dell’iscrizione ET IN ARCADIA EGO, passando per l’enigma di Papa   Celestino V e la natura del Bafometto, il misterioso idolo dei Cavalieri del Tempio. La Tavola Rotonda non è solo  una leggenda e il vero codice di Leonardo da Vinci conduce         in Linguadoca, terra mitica ed eretica
LinguaItaliano
Data di uscita7 feb 2023
ISBN9788869377136
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    Anteprima del libro

    Arca di Sion vol. 2 - Valentina Francesca Salcioli

    ​Stazione VII Il Leone, Iside e la Maddalena

    De celle que je désirais libérer, montaient vers moi les ef-

    fluves du parfum qui imprégnèrent le sépulchre. Jadis les uns l'avaient

    nommée : ISIS, reine des sources bienfaisantes, VENEZ A MOI VOUS TOUS

    QUI SOUFFREZ ET QUI ETES ACCABLES ET JE VOUS SOULAGERAI, d'autres :

    MADELEINE, au célèbre vase plein d'un baume guérisseur. Les

    initiés savent son nom véritable : NOTRE DAME DES CROSS.

    Di colei che io desidero liberare, salgono verso di me

    gli effluvi del profumo che impregnano il sepolcro.

    Una volta alcuni l'avevano chiamata:

    ISIDE, regina delle sorgenti benefiche,

    VENITE A ME VOI TUTTI

    CHE SOFFRITE E CHE SIETE OPPRESSI E IO VI DARO' SOLLIEVO, altri: MADDALENA,

    dal celebre vaso colmo di balsamo guaritore.

    Gli iniziati conoscono il suo vero nome:

    NOSTRA SIGNORA DES CROSS.

    Nel segno del Leone, entriamo nella seconda metà del percorso iniziatico del Serpente Rosso, avvicinandoci al magico momento in cui, dopo molta preparazione, l’Autore si avvicina al sepolcro della Bella Addormentata, che emana i suoi profumi. Gli effluvi che impregnano il sepolcro potrebbero essere, non solo un’espressione poetica, ma proprio un odore specifico che la camera sepolcrale emanerebbe: tutta la zona di Rennes-les-Bains è in effetti bagnata da acque ricche di minerali, che possono generare esalazioni all’interno delle cavità naturali o artificiali nel sottosuolo. Il particolare profumo del sepolcro potrebbe essere allora l’odore della Sals che, rosata di ferro e salata, scorre come un Serpente Rosso in mezzo e dentro alle rocce del Serbairou.

    Con la frase De celle que je désirais libérer l’Autore sembra richiamare sottilmente a quel CELLIS sulla tomba della marchesa di Blanchefort, suggerendo che desidera liberare sia la Bella che le celle, ovvero le camere sepolcrali o, come abbiamo ipotizzato, le miniere.

    Nella nuova Stazione del Leone, l’Autore comunica apertamente il nome della Bella o, meglio, alcuni dei nomi della Bella, testimoniando la visione universale ed ecumenica della Cerca nonché della sua principale protagonista femminile. L’Autore riporta due nomi della Bella: il nome di Isis, Iside, regina delle sorgenti benefiche, e di Maddalena dal vaso di balsamo guaritore. I due nomi che l’Autore ci presenta supportano quella continuità nel divino femminile che abbiamo già riconosciuto in Iside e la Maddalena. Nella seconda parte del manoscritto, l’Autore del Serpente Rosso allega la documentazione inerente all’origine precristiana delle fondamenta di Saint-Germain-des-Prés, che sarebbe sorta, come sappiamo, su un terreno sacro dedicato a Iside, allora all’interno di un ampio contesto di terme e giardini, ancora intatto ai tempi dei Merovingi (pagina 8 del Serpente Rosso).

    immagine 1

    La precisa posizione di Saint-Germain-des-Prés rispetto ai giardini dei palazzi termali è evidenziata in una mappa di Parigi ai tempi dei romani, tramite un bell’asterisco a ruota (che curiosamente ci ricorda la ruota della nostra Cerca, di Caterina, della Dea Fortuna e di Maddalena stessa). La mappa è risalente al 1821 e una sua stampa è conservata nella chiesa parigina. Sempre nella stessa area sarebbe sorta anche Saint-Sulpice, proprio sulle rovine del tempio di Iside, come riportato dall’Autore del Serpente Rosso.

    Il segno del Leone che custodisce i nomi della Bella ci riporta anche al Leone di Giuda, simbolo della tribù ebraica di Gesù, usato anche nell’Apocalisse per identificare il Messia: la Maddalena, nuova Iside, potrebbe essere la sposa del Leone di Giuda nonché custode della sua discendenza.

    Il termine jadis, che significa anticamente, è in forte assonanza con jais, che designa il giaietto e suggerisce forse la miniera alla Borde-Neuve o il legno nero di un’antica statua di Iside-Maria.

    L’Autore del Serpente Rosso riconosce alla Bella proprietà taumaturgiche, indicandola come regina delle sorgenti benefiche e dal celebre vaso colmo di balsamo guaritore. In particolare, la natura benefica e salvifica delle acque rafforza la relazione tra la Maddalena e il culto delle apparizioni mariane correlate alle fonti miracolose, come quella di Lourdes, che abbiamo incontrato di fronte alla chiesa di Rennes-le-Château, nella citazione Penitence Penitence sul capitello visigoto, e come, naturalmente, quella di Notre-Dame de Marceille, che sgorga nel pozzo sacro in grado di guarire gli occhi. Parallelamente le proprietà guaritrici del balsamo della Maddalena ci suggeriscono di portare particolare attenzione agli unguenti profumati coi quali ella avrebbe cosparso Gesù secondo i Vangeli, che sarebbero guaritori. Abbiamo già visto come sia lo stesso Gesù a considerare l’unzione offerta da Maddalena - Maria di Betania in relazione alla propria prossima morte: Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura, dice in Giovanni 12,7, e ancora Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura, dice in Matteo 26,12. Ma se il balsamo è guaritore, allora forse, nel pensiero dell’Autore del Serpente Rosso, Maddalena avrebbe potuto risanare le ferite di Gesù, anche quelle, e forse soprattutto quelle, della Crocifissione. In questo senso, l’Autore vuole forse suggerirci, ancora una volta, che Gesù sarebbe sopravvissuto alla Croce, proprio grazie alla Maddalena e alle sue lacrime di amore e di balsamo guaritore. Potrebbe anche suggerire un particolare potere di conservazione di questi balsami, forse in grado di imbalsamare. Il tema riporta alla mente un misterioso corpo sdraiato, avvolto in fasce, raffigurato sulla barca della Maddalena, nel suo reliquiario alla Sainte-Baume [1],

    immagine 2

    sul quale un uomo e una donna pregano. Il corpo potrebbe rappresentare Lazzaro, fratello di Maria di Betania/Maddalena, che, secondo i Vangeli, sarebbe stato resuscitato da Gesù. Tuttavia, la sua raffigurazione in termini di malato o morto, sulla leggendaria barca che portò la Maddalena in Francia, è misteriosa, perché l’episodio della risurrezione di Lazzaro sarebbe ben precedente al suo viaggio in Francia insieme alla Maddalena.

    immagine 3

    È certamente possibile che la barca rappresenti simbolicamente diversi episodi della vita di Maddalena, compreso il momento della risurrezione del fratello. La barca raffigurerebe proprio i protagonisti del favoloso viaggio salvifico verso la Francia che, secondo la tradizione, erano: Maria Maddalena, Maria Salomè, Maria di Cleofa, Lazzaro, Marta, San Massimino, San Sidonio e le serve Marcella e Sara. Queste ultime potrebbero essere le due figure sedute alla nostra sinistra. Le tre figure centrali potrebbero essere le tre Marie (Maddalena, Salomè e di Cleofa). I personaggi a destra sarebbero allora Marta, Massimino e Lazzaro. Quest’ultimo potrebbe allora essere rappresentato sia come viaggiante sulla barca di Maddalena che come il miracolato da Gesù, con una retrospezione artistica sulla sua storia passata.

    Certamente la presenza della figura di Lazzaro ancora stranamente malato, se non addirittura morto, ha colpito l’attenzione degli studiosi di Rennes-le-Château, anche perché esiste una tradizione parallela alla Leggenda Aurea che vorrebbe che Lazzaro si sia trasferito, non in Francia, ma a Cipro, dove sarebbe stata ritrovata nell’890 la sua tomba, con l’iscrizione Lazzaro, amico di Cristo [2]. Il sepolcro è ancora visibile nella chiesa di Larnaca. Considerando questa seconda tradizione, il personaggio avvolto sulla destra della barca potrebbe essere qualcun altro, forse nei panni di Lazzaro, magari proprio quel viaggiatore dell’incognito, ovvero in incognito, di cui parla l’Autore del Serpente Rosso nella prima Stazione dell’Acquario. All’appello sulla barca, sembrerebbe mancare Sidonio che, secondo la tradizione, coinciderebbe con il cieco guarito da Gesù e che sarebbe succeduto a Massimino come vescovo di Aix-en-Provence. Potrebbe essere allora proprio lui il personaggio avvolto in fasce e sdraiato. Volendo invece identificare Sidonio con l’uomo in piedi, coi capelli al vento, di fronte al corpo avvolto in fasce, mancherebbe all’appello Massimino, oppure una delle due serve (considerare uno dei due viaggianti a sinistra come un personaggio maschile). In ogni caso, insomma, i conti non tornano facilmente e qualche protagonista del leggendario viaggio non è stato rappresentato dall’artista, mentre l’identità dell’uomo avvolto in fasce, forse morto o forse malato, resta ancora incerta.

    Dopo il riferimento al balsamo guaritore, l’Autore confida infine un nuovo nome della BELLA, il nome che solo gli iniziati conoscono e comprendono veramente, ovvero NOTRE DAME DES CROSS. Con questa affermazione è probabile che l’Autore ci suggerisca che egli stesso sia un iniziato, o perché affiliato a una determinata società esoterica oppure per il fatto stesso di avere ricevuto un’iniziazione diretta, grazie alla discesa nel sepolcro della Bella, un’iniziazione conferita dallo stesso processo di VITRIOL, ovvero di discesa fisica nelle interiora della terra. NOTRE DAME DES CROSS è un appellativo non completamente francese: CROSS sembrerebbe piuttosto inglese, nel doppio significato di croce e di attraversare, come suggerisce anche Boudet nel suo libro.

    C’è una particolare Notre Dame du Cros, che cita per due volte Boudet nella sua opera, in un luogo non lontano da Rennes-les-Bains:

    immagine 4

    Potremmo citare ancora il nome di un altro santuario delle nostre contrade, situato vicino a Caunes e chiamato Notre-Dame du Cros. Anche lì, sotto la magnifica fonte che sgorga ai piedi della montagna, era stata segnata una croce, cross. Una statua della Madonna ha, più tardi, sostituito la croce vicino alla fontana, ed il santuario costruito a poca distanza, ha ricevuto il nome di Notre-Dame du Cros o Notre-Dame de la Croix (Nostra Signora della Croce) [3] .

    Boudet testimonia ancora una volta la relazione tra Maria e le acque miracolose. Il luogo dove la chiesa sorge è degno di una particolare attenzione a sé: si tratta di Caunes-Minervois, che deriva il proprio nome dalla divinità Minerva, dea della saggezza, che resta nella toponomastica di molte località limitrofe, testimoniando ancora una volta un sincretismo di culti del femminile. La Vergine nella chiesa di Notre-Dame du Cros è lignea e dalla pelle scura, in linea con la tradizione delle Madonne Nere e di Notre-Dame de Marceille. La statua, secondo la leggenda, sarebbe stata ritrovata all’interno di una nicchia nella roccia e portata a Caunes, villaggio vicino. Ma ogni notte la statua sarebbe ritornata nella sua cavità, a indicare che proprio lì desiderava che il suo culto venisse praticato, dove infine fu costruita la chiesa. La leggenda ricorda altri simili ritrovamenti di Madonne Nere provenienti dalla terra o dalle rocce, spesso correlate a fonti miracolose. Ma questa leggenda introduce una pastorella, che avrebbe dato da bere quest’acqua benefica al proprio bambino malato, che sarebbe miracolosamente guarito. La figura della pastorella ricorda da vicino la BERGERE del Serpente Rosso. Nei pressi della chiesa troviamo cavità e caverne, utilizzate per i primi culti religiosi, la cui importanza è testimoniata dallo stesso nome Caunes, che è termine che significa grotte, cave. Il nome di Caunes-Minervois è traducibile quindi come Cave di Minerva. Notre-Dame du Cros, nelle Cave di Minerva, si erge sulle rive del Ruisseau du Cross, ovvero il Ruscello della Croce, in un fluire di nomi che continua a sussurrare la profonda relazione tra la Vergine, Minerva e le dee precristiane, attraverso le acque miracolose, la Croce e le grotte.

    Il misterioso nome della Bella, NOTRE DAME DES CROSS, conosciuto solo dagli iniziati, è traducibile unendo francese e inglese, come Nostra Signora delle Croce, con un errore apparente tra singolare e plurale. Continuiamo a ricordare come gli errori, in questa Cerca, siano indizi che guidano il nostro errare e meritano quasi più attenzione che le più semplici coincidenze. L’appellativo DES CROSS potrebbe allora essere mancante di qualcosa tra DES e CROSS, forse di un segreto custodito nella discrepanza tra singolare e plurale. La Bella potrebbe allora essere la Signora DES HOMMES DE LA CROSS, ovvero degli uomini della Croce, o addirittura DES CHRISTS DE LA CROSS, ovvero dei Cristi della Croce, oppure DES HOMMES WHO CROSS, ovvero degli uomini che attraversano. Oppure entrambe le soluzioni insieme: DES CHRISTS WHO CROSS LA CROSS, ovvero degli uomini che attraversano la croce. È noto, come già visto insieme, che le iniziazioni misteriche hanno da sempre previsto un processo di morte e risurrezione simbolica, anche attraverso una sorta di sepoltura rituale. Coloro che attraversano la croce potrebbero allora essere quelli che passano attraverso una morte rituale, per rinascere iniziati. Sappiamo che questa discesa agli inferi iniziatica è spesso anche fisica, ad esempio nel rituale della morte simbolica nella bara massonica: possiamo quindi ipotizzare che anche le grotte e cripte sacre della nostra Cerca potrebbero aver ospitato simili iniziazioni.

    Su questo tema, pare piuttosto improbabile che opportuni scavi nella chiesa di Rennes-le-Château non abbiano avuto modo di essere portati avanti legalmente e con successo, per recuperare l’entrata alle camere sotterranee, confermate anche tramite le scansioni, considerando anche tutto il rumore mediatico e l’aspettativa attorno alla vicenda. Certamente ci si è trovati di fronte a un legittimo desiderio di preservare il patrimonio storico e artistico della chiesa di Rennes-le-Château, ma bisogna anche ammettere che sono disponibili tecnologie rispettose e d’avanguardia e che, esattamente come gli archeologi conducono scavi nei siti più importanti del mondo (come le piramidi), simili esplorazioni potrebbero essere organizzate all’interno della piccola chiesa, portatrice, tutto sommato, di una dote storico-artistica anche relativamente modesta, perlomeno da un punto di vista dell’ufficiale Storia dell’Arte. Sembra più probabile piuttosto che ci sia una precisa volontà di non scavare e di non trovare, magari semplicemente per la paura di cercare e non trovare proprio nulla oppure di perdere l’indubbio fascino economico che ha un tesoro perduto (e quindi non ancora ritrovato), ma forse anche per proteggere qualcosa, la cui conoscenza, al momento, potrebbe essere riservata a pochi. L’Autore pare essere proprio uno di questi, uno di quei pochi che riesce a giungere al sepolcro, forse perché è un iniziato di qualche fratellanza esoterica o cavalleresca, forse perché il suo istinto, fede e dedizione lo hanno premiato nelle ricerche. Ma la sua iniziazione sarebbe stata a Rennes-le-Château o, piuttosto, nella gemella Rennes-les-Bains? Considerata questa seconda ipotesi, la particolare geografia fisica del territorio e lo stato di conservazione dei suoi labirinti sotterranei, fatti di grotte e miniere, possiamo immaginare che il VITRIOL iniziatico sia stato per l’Autore altamente pericoloso. Il tempio sotterraneo potrebbe presentare pozzi, dirupi, crolli e incroci, dove l’anima e il corpo temono di perdersi e dove molti potrebbero aver perso la stessa vita. In effetti, la morte dei tre presunti autori del Serpente Rosso potrebbe essere collegata al pericolo della discesa iniziatica, ovvero del VITRIOL, rappresentato forse dalla scaletta discendente dei loro nomi, sul Frontespizio. Sappiamo che probabilmente la paternità del libro è un espediente letterario, ma il suo messaggio è chiaro: sono otto asterischi, huit astérisques, ovvero oui, aussi tu risques, sì, anche tu rischi.

    immagine 5

    L’Autore del Serpente Rosso non descrive nei particolari il suo VITRIOL, ma possiamo pienamente integrare il suo silenzio con una descrizione invece accuratissima dell’iniziazione ipogea di Charlot, il protagonista del Circuit di de Chérisey in Pierre et Papier : una descrizione tanto accurata da destare, nel particolare contesto dei documenti del Priorato di Sion, il ragionevole dubbio che questi luoghi esistano davvero. Possiamo allora seguire Charlot, nel suo percorso iniziatico all’interno della grotta, la cui entrata, come abbiamo già visto insieme, avviene attraverso la fenditura rocciosa CATIN, mentre la compagna, Marie-Madeleine, lo attende fuori.

    Dopo un'ultima occhiata alla campagna, striscia attraverso una fessura rocciosa chiamata catin, cui si potrebbe passare accanto mille volte senza accorgersene, avanzando per una stretta imboccatura. Al termine di un tratto piuttosto corto che sembrava interminabile, arriva a un bivio in una fogna. Cellis o arcis? Destra o sinistra? Andiamo a sinistra, e viva il Re. A faccia in giù, striscia attraverso una poltiglia biancastra con emanazioni che gli fanno venire le lacrime agli occhi e lo fanno tossire. Dopo una trentina di metri, lo stretto passaggio incontra una liscia parete verticale dove i precedenti cavalieri hanno scavato alcune tacche nella roccia. Dalla sesta tacca sgorga un rivolo. Charlot quasi perde l'equilibrio, il suo ginocchio colpisce duramente la pietra. Dolorosamente, raggiunge una solida piattaforma in cima dove, ricoperto di bianco e con il sangue che gli scorre lungo la gamba, avanza sembrando un fantasma zoppicante. A un incrocio sopraelevato a volta, al centro della piattaforma, c'è la tomba del Grande Romano. Due iscrizioni sul basamento celebrano quello la cui bara di piombo ermeticamente sigillata non presenta un solo graffio. Charlot bacia la tomba. Non c'è traccia di un tesoro, se non qualche venatura di rame sulle pareti interne della volta. Diverse grotte si tuffano in profondità tali che il raggio della torcia non può raggiungere. C'è un passaggio mortale sotto una volta che crolla; questo è il corridoio di destra e Charlot ringrazia il cielo per averlo ignorato prima. Le grotte sono allagate a livello delle ginocchia; tuttavia si può camminare carponi su un muretto laterale basso e stretto fatto di tegole accatastate l'una sull'altra senza cemento. Il soffitto è biancastro e di pietra alquanto friabile. La progressione è lenta. Charlot si ferma per riprendere fiato, accende la sua seconda torcia e, per ammazzare il tempo, solleva una piastrella per vedere come funzionavano le piastrelle in passato. La piastrella è molto pesante in quanto realizzata in oro, che traspare dopo averla graffiata con un chiodo. Con una piastrella del genere, si può vivere comodamente per due anni, e ci sono chilometri dello stesso, vale a dire millenni di baldoria. Ma portare a quattro zampe quella tegola quando si è nudi al freddo e si vede dietro di sé la scia di sangue che segna la rotta percorsa, non è divertente; la vita non è più divertente, dannazione! Charlot: Inferno maledetto!. L'eco: Inferno! Ripone la piastrella sul muretto, dove l'ha trovata, e la copre di polvere, come l'ha trovata, poi prosegue il viaggio di ritorno attraverso la grotta fino a ritrovarsi dietro la tomba del Grande Romano. La liscia parete verticale così difficile da scalare sembra vertiginosa durante la discesa. Un po' a casaccio, Charlot segue un altro passaggio ed è piuttosto soddisfatto della sua scelta di vedere la luce del giorno in lontananza. Tuttavia, con suo orrore, la grotta che si apre alla luce del giorno è la residenza delle sentinelle del Grande Romano. Sono cadaveri sepolti a metà in un buco, che brandiscono la loro piastrella curva, come uno storpio brandirebbe un ceppo. Si tratta di morti di età diverse, poiché tra loro ci sono scheletri perfetti, insieme a figure così ben conservate dalle condizioni atmosferiche, da assomigliare alle stelle del Museo delle cere di Grévin. Charlot: Terribilis est locus. Si infiltra tra i morti, scivola su una tibia e cade, colpendo con la testa un teschio che si stacca dal tronco con uno schiocco acuto. La sua mano cerca appoggio e si appoggia su un oggetto rotondo, una moneta. La luce del sole cade nella grotta che è abbagliante sotto pile di diversi piatti d'argento e d'oro. Ecco il negozio del prete multimilionario. Una torcia è ancora accesa. Charlot si sporge in avanti sopra il precipizio. Qui morte; in lontananza, la bella rovina guardiana della spada; laggiù, in basso, dev'esserci l'abito chiaro di Marie-Madeleine, ma lei non riesce a vedere il raggio della torcia sulla sua schiena. Si può gridare, lei non può sentire. Tornando sui suoi passi all'interno della grotta, Charlot nota una galleria che scende lentamente. Striscia più di quanto cammina. I suoi occhi bruciano e il suo respiro è sempre più affannoso. Ma poi arriva a un vicolo cieco. Urla, cade a terra, urla di nuovo e sviene. Marie-Madeleine udì la voce che sembrava provenire da sotto una grossa pietra. Pulisce alcuni arbusti, piccole pietre e terra e, con grande difficoltà, districa questo povero giovane Lazzaro risorto dai morti. Lava via la patina bianca, gli cura le ferite, lo avvolge nel sacco a pelo e gli dà un sorso di rum.

    A Marie-Madeleine Charlot racconterà che lì dentro esiste davvero un tesoro, anzi un doppio tesoro uno terribile e uno favoloso, abbastanza per sostenere vari imperi ma, afferma, che preferirebbe morire piuttosto che toccarlo. In effetti, sembrerebbe che proprio il fatto che Charlot non abbia sottratto alcunché dal tesoro gli abbia permesso di uscire vivo e al contempo iniziato, senza divenire sentinella sepolta a metà, con la propria piastrella d’oro in mano. Il tesoro resta dietro CATIN: Aspetteremo fino a quando qualcuno del Rond de Lis lo reclami, conclude, o che si presenti un capo di Stato onesto, cosa che a volte può accadere.

    Se il Rond de Lis riconduce naturalmente al Fleur-de-lys, ovvero al fiore del giglio reale, esso è altresì un possibile riferimento al Cromleck di Rennes-les-Bains, almeno secondo de Sède, in quanto lys, nella toponomastica del luogo, indicherebbe un menhir [4]. Il tesoro che Charlot rispetta, lasciandolo nascosto da CATIN, ricorda quel peigne d’or quale pegno d’oro: un tesoro impegnato per la futura restaurazione del Rond de Lis, del Cerchio del Giglio e del Menhir, il cui capo e Salvatore sarebbe rappresentato da quel Cap de l’Homme decapitato dalla sua pietra, ovvero la testa di Dagoberto e, forse, di Cristo. In merito al Rond de Lis de Sède accenna brevemente a Nostradamus, al suo Rond e al suo Lys. Questi in effetti appaiono nella Centuria XI,4, che cita:

    D'un rond, d'un lis, naistra un si grand Prince

    Bien tost et tard venu dans sa Prouince,

    Saturne en Libra en exaltation:

    Maison de Venus en descroissante force,

    Dame en apres masculin soubs l'escorse,

    Pour maintenir l'heureux sang de Bourbon

    E che possiamo tradurre con:

    Da un cerchio, da un giglio, nascerà un così grande Principe

    Ben presto e tardi venuto nella sua Provincia,

    Saturno in Bilancia in esaltazione,

    La Casa di Venere in forza decrescente,

    Dama da allora in poi maschile sotto la scorza,

    Per mantenere il felice sangue dei Borboni

    Cercando di leggere dentro queste righe profetiche e criptiche, possiamo considerare in primis il parallelismo tra il giglio e il menhir: incrociando le parole di Nostradamus con le interpretazioni di de Sède, il Principe sarebbe destinato a nascere allora da un cerchio e da un giglio/menhir. Questo Principe sarebbe giunto alla sua Provincia molto presto e al contempo tardi: l’ambiguo dettaglio potrebbe fare riferimento a Sigisberto, giunto a Rennes molto presto, ovvero bambino, e al contempo tardi, perché la dinastia merovingia era già stata soppiantata da quella carolingia. Seguono due indicazioni astrologiche e poi una frase particolarmente criptica Dama da allora in poi maschile sotto la scorza. Quest’ultima potrebbe essere un riferimento alla Maddalena che potrebbe essere stata nascosta sotto gli abiti maschili di Giovanni. In realtà potrebbe essere anche il contrario, con un riferimento a un uomo che potrebbe essere stato nascosto sotto panni femminili: la misteriosa Dama da allora in poi potrebbe essere dunque maschile sotto la scorza. Questa opzione è quanto mai interessante, poiché tutta la nostra Cerca testimonia figure dall’ambigua identità sessuale, in primis di Giovanni Evangelista/Maddalena ma anche dell’androgino alchemico, fino a giungere alla Gioconda e al Salvator Mundi di Leonardo, che coniugano perfettamente aspetti maschili e femminili.

    Contestualizzando la Centuria nell’ottica della nostra Cerca, come sembra suggerire de Sède, sotto i panni più sicuri di una donna, il grande Principe potrebbe essere stato protetto, con possibile riferimento, ancora, a Sigisberto. La scorza o la corteccia femminile che nasconde una natura maschile potrebbe anche essere un travestimento del principe, non da vivo, ma bensì da morto. Ecco allora che la favolosa ipotesi calza ancora più perfettamente alla nostra Cerca, che è tutta incentrata sul ritrovamento della Dama delle Leggende, della Bella Addormentata: è lei solo la Maddalena o la Maddalena protegge, come una madre, il suo discendente Sigisberto? E la favolosa seconda tomba della Marchesa di Blanchefort custodiva le spoglie di una donna o di un uomo?

    La salvezza del principe Sigisberto avrebbe permesso di sopravvivere alla dinastia merovingia e questa sarebbe dunque, sempre seguendo la Centuria, confluita nel felice sangue dei Borboni. Questi ultimi derivano dall’antica dinastia dei Capetingi, discendenti in linea femminile anche dai Merovingi. Seguendo l’indizio accennato da de Sède, potremmo dedurre che forse anche il sangue di Sigisberto e addirittura quello di Cristo potrebbe essere confluito in quello dei Borboni, secondo l’interpretazione dei protagonisti della nostra Cerca. Proprio un esponente dei Borboni, Luigi XVI, marito di Maria Antonietta, regnava in Francia all’arrivo della Rivoluzione Francese, durante la quale fu deposto e infine decapitato. Secondo questa ipotesi, alcuni protagonisti della nostra Cerca potrebbero aver considerato il suo sangue, versato sulla ghigliottina, di una nobiltà incredibilmente preziosa: ecco che allora, oltre agli usurpatori catari e quelli carolingi, potrebbero aggiungersi, nell’ottica del Serpente Rosso, anche gli usurpatori rivoluzionari, che si sarebbero macchiati, in questa interpretazione, di aver deposto, ancora una volta, la dinastia merovingia e forse addirittura la discendenza di Cristo, celate sotto quella dei Borboni.

    Sembra che ci sia stato un certo diretto interesse dei Borboni nelle vicende di Rennes-le-Château, perlomeno nella persona della Contessa di Chambord, Maria Teresa Beatrice Gaetana d'Austria-Este, divenuta membro della casa dei Borboni attraverso il matrimonio con Enrico V di Francia. Questa avrebbe stanziato una generosa donazione per la ristrutturazione della chiesa di Rennes-le-Château [5]. La stessa contessa nel 1862 donò alla Chiesa di Notre-Dame de Marceille una splendida icona, da cui emerge una meravigliosa Madonna col Bambino, dalla pelle olivastra. È possibile che i segreti di Rennes-le-Château e di Limoux potessero forse avvicinare al trono il marito della contessa, ovvero Enrico V di Francia. Questi proveniva dalla famiglia d’Artois, il cui nome non può non ricordarci l’Artù delle leggende, ed era figlio del re Carlo X, che ci riporta parallelamente alla pietra ALCOR, che è proprio l’anagramma del nome di Carlo, sul Serbairou. La Contessa avrebbe proseguito il finanziamento di Saunière anche attraverso il suo testamento, di cui era esecutore testamentario Giovanni Salvatore d’Amburgo [6], amico e confidente del marito Enrico V. Questi tentò più volte di restaurare la monarchia, fino alla sua morte, avvenuta nel 1883, dopo la quale tuttavia fu riconfermata la Repubblica. Sei anni più tardi, nel 1889, fu fondata l’ Action française, partito politico che caldeggiava il ritorno alla monarchia costituzionale in Francia, ancora oggi attivo. Prima di fondare i suoi Alpha Galates (un ordine di giovane cavalierato), Pierre Plantard militò per un breve periodo nell’ Action française [7] , con ogni probabilità appoggiando la loro causa monarchica. Questa era certamente sposata anche dall’abate Saunière, che Rivière ricorda intervenire durante le elezioni del 1885, parlando in questi termini dei suoi avversari politici: I repubblicani, ecco il Diavolo da sconfiggere che deve piegare il ginocchio sotto il peso della Religione e dei battezzati. Il segno della croce è vittorioso e con noi [8].

    I pretendenti al trono di Francia si suddividono perlopiù fra i cosiddetti legittimisti, che appoggiavano Enrico V, e gli orleanisti, che al contrario sostenevano Luigi Filippo d'Orléans, cugino di Carlo X. Una seppur piccola percentuale, che annovera tuttavia anche lo scrittore e politico François-René de Chateaubriand, fu fedele invece a una leggendaria discendenza diretta da Luigi Carlo di Borbone, figlio di Luigi XVI di Borbone e di Maria Antonietta. Il bambino era stato imprigionato insieme alla famiglia, durante la Rivoluzione Francese, prima in un convento e in seguito nella prigione della Torre del Tempio, un edificio costruito a Parigi dai Cavalieri Templari. Dopo la condanna ed esecuzione del padre, il bambino fu considerato dai monarchici Luigi XVII, tanto che lo zio, il conte di Provenza, fuggito in Germania, prese il nome di Luigi XVIII e iniziò a progettare un piano per far evadere il nipote ed erede al trono. Secondo la storia ufficiale, questo tuttavia morì, a soli dieci anni, nel 1795. Un’autopsia dichiarò il decesso per infezione e il corpo fu sepolto al Cimitero di Santa Margherita, privo di lapide tombale. Le voci di una possibile sostituzione del principe e fuga di quest’ultimo iniziarono a circolare e furono rafforzate dai recenti esami condotti sulle salme rinvenute nel cimitero, che fecero emergere un corpo di un ragazzino con tracce di autopsia che, secondo gli esperti, sarebbe morto ben oltre i dieci anni e avrebbe anche presentato caratteristiche fisiche diverse da Luigi XVII [9]. Nell’ottica della nostra Cerca, possiamo ipotizzare che i simpatizzanti monarchici, forse con l’aiuto di qualche neotemplare della Torre del Tempio, abbiano organizzato e permesso la fuga del Delfino. Il 17 di Luigi XVII ricorda proprio il misterioso numero che permea tutta la nostra Cerca e che divenne un simbolo del sostegno al piccolo Delfino incarcerato, ad esempio per i Moscardini, gruppo filomonarchico che iniziò a indossare 17 bottoni di perla per ricordare l’erede al trono. Considerando la teoria della fuga di Luigi XVII, un secondo principe merovingio, dopo Sigisberto, potrebbe essere fuggito alle persecuzioni, proseguendo in segreto la stirpe dei Re Taumaturghi e di Gesù. Un possibile riferimento alla fuga di Luigi XVII potrebbe trovarsi già nella stessa attribuizione del Serpente Rosso ai tre ufficiali autori, da sempre messa in discussione dagli studiosi del manoscritto.

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    La particolare disposizione dei nomi dei presunti autori sul Frontespizio dell’opera mette in evidenza Feugère Louis e Maxent Gaston. Tramite Cabala Fonetica i nomi rendono la frase Fugere Louis - max en garçons , che possiamo tradurre come Fuggire Luigi massimo tra i ragazzi. La discussa attribuzione ai tre autori morti suicidi potrebbe allora essere un espediente dell’Autore, non solo per sottolineare l’importanza dei contenuti del Serpente Rosso e la pericolosità della discesa iniziatica, ma anche per suggerire che il Delfino di Francia, ancora una volta, potrebbe essere sopravvissuto: non solo Sigisberto, ma anche Luigi XVII potrebbe essere fuggito dagli usurpatori, custodendo il segreto della dinastia del Sang Real.

    Il controverso libro The Holy Blood and the Holy Grail propose che la discendenza merovingia fosse attribuita, non solo alla famiglia di Plantard, ma soprattutto a Ottone d’Asburgo-Lorena [10], citato come Re di Gerusalemme. Questi era il figlio di Zita di Borbone-Parma, ultima imperatrice d’Austria, della famiglia dei Borbone-Parma, ramo italiano dei Borboni. Primo figlio maschio di Ottone, ora capo della Casa d’Asburgo e, secondo la teoria del libro, discendente dei Merovingi, sarebbe Carlo d'Asburgo-Lorena, nato nel 1961, che porta ancora un nome caro alla nostra Cerca: Carlo, che richiama la pietra ALCOR e il protagonista Charlot del Circuit di de Chérisey. Seguendo la linea di indizi che unisce la Centuria di Nostradamus, per come citata e probabilmente interpretata da de Sède, al Rond de Lis citato da de Chérisey, possiamo dedurre che alcuni protagonisti della nostra Cerca potrebbero aver individuato nel Serbairou le tracce dell’antica monarchia perduta, ma al contempo vivente all’interno dei Borboni, sopravvissuta forse grazie a un travestimento dell’erede, ovvero Sigisberto IV, da donna o sotto tombe femminili. Nella grotta di de Chérisey sarebbero state accumulate in questo senso le ricchezze necessarie alla restaurazione di quell’antica monarchia, che rivendicava la più nobile delle origini, ovvero la discendenza da Gesù.

    Nel suo cammino tra mattoni d’oro e sentinelle scheletriche, de Chérisey ci descrive un preciso percorso sotterraneo con un bivio, che può ricordarci lo strabismo di Asmodeo nell’acquasantiera di Rennes-le-Château: forse lo sguardo del Demonio potrebbe sottolineare proprio la pericolosità di quello svincolo ipogeo, in grado di tramutarsi in morte e, parallelamente, in iniziazione.

    De Chérisey cita almeno due grandi e specifici tesori all’interno della grotta iniziatica di Charlot: la tomba del Grande Romano e la spada. Questa corrisponde con ogni probabilità alla grande spada raffigurata nella copertina di Circuit, la cui impugnatura sembra celarsi proprio nella zona delle Rennes della nostra Cerca. La spada nel segreto della grotta non può non ricordare il mito della Spada nella Roccia del ciclo arturiano, che compare per la prima volta nel Merlino di Robert de Boron (XII - XIII secolo). Vista la profonda relazione tra la nostra Cerca e le leggende arturiane, compresa la Tavola Rotonda, possiamo valutare la favolosa ipotesi che anche la Spada nella Roccia possa avere un corrispettivo fisico e archeologico reale, dietro il mito. Se Circuit tramanda in vesti letterarie un viaggio iniziatico nel Serbairou, allora Rennes-les-Bains potrebbe essere il villaggio della Tavola Rotonda e anche della Spada nella Roccia. Questa ci riporta a sua volta alla figura di Ercole, che l’Autore cita nella Stazione del Cancro, con la sua potenza magica: Servio infatti scrive, nel suo commento all'Eneide, che Ercole, volendo dimostrare il proprio valore, avrebbe conficcato nel suolo una sbarra di ferro, che nessuno riuscì in seguito a estrarre, se non lui stesso. Il Serbairou, la nuova montagna d’Arcadia, potrebbe allora essere proprio la dimora della vera Spada nella Roccia, anche lei una Bella Addormentata, in attesa di essere estratta di nuovo dal Re o dal nuovo Re.

    Il secondo rilevante dettaglio che fornise de Chérisey è il riferimento al Grande Romano e alla sua sepoltura, che è centrale nel percorso iniziatico di Charlot. Sappiamo che tutta la nostra Cerca è in profonda relazione con Gesù e il suo rapporto con la Maddalena, ma Gesù di Nazareth, o forse il Nazareno, non era romano, almeno secondo la condivisa tradizione cristiana, e non era romano neanche Giovanni Battista: entrambi erano ebrei. In questo appellativo di romano possiamo forse allora cercare un prezioso altro indizio sull’identità del grande personaggio sepolto nella grotta di Charlot. Se scegliamo di seguire la pista catara del ROMA/AMOR, l’appellativo di Grand Romain può diventare l’anagramma di Grand in Amor, con possibile significato di grande in amore. La preposizione IN potrebbe anche essere abbreviativo di INRI, forse in riferimento al grande Messia dell’amore Iesous Nazarenus, o anche a Iohannes Nazarenus. Oppure l’indizio potrebbe fare riferimento a un vero romano o a un suo discendente e, in ogni caso, a qualcuno che Charlot, il protagonista iniziato, ha l’istinto di baciare e riconoscere come re. In questo

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