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Leggende in Sicilia: antologia d'antropologia culturale: Una raccolta di racconti, leggende e storie popolari provenienti da ogni angolo e provincia della Sicilia
Leggende in Sicilia: antologia d'antropologia culturale: Una raccolta di racconti, leggende e storie popolari provenienti da ogni angolo e provincia della Sicilia
Leggende in Sicilia: antologia d'antropologia culturale: Una raccolta di racconti, leggende e storie popolari provenienti da ogni angolo e provincia della Sicilia
E-book122 pagine1 ora

Leggende in Sicilia: antologia d'antropologia culturale: Una raccolta di racconti, leggende e storie popolari provenienti da ogni angolo e provincia della Sicilia

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La Sicilia fu (ed è) crocevia e crogiolo di civiltà e con queste di miti, leggende e tradizioni sacre e profane millenarie, dalle radici che affondano tra le remote culture dei Sicani e poi dei Siculi e degli Elimi, dei Fenici, dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni... Un corpus imponente per quella che è stata la patria di filosofi, Santi, artisti, scienziati e poeti. La maestosità delle caratteristiche ambientali e architettoniche, la bellezza del suo mare e delle sue montagne o lo splendore dei suoi monumenti divengono cornici perfette per queste storie.
LinguaItaliano
Data di uscita22 nov 2023
ISBN9791222476100
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    Anteprima del libro

    Leggende in Sicilia - Gianluca Napoli

    Breve premessa introduttiva

    di Gianluca Napoli

    Secondo una definizione (dal sottoscritto accettata), la leggenda è: il racconto di un evento alla cui base c'è un fatto storico realmente accaduto. Nel racconto orale, poi, la storia si è arricchita di particolari misteriosi od addirittura fantastici che le conferiscono i tratti di leggenda .

    La Sicilia fu (ed è) crocevia e crogiolo di civiltà e con queste di miti, leggende e tradizioni sacre e profane millenarie, dalle radici che affondano tra le remote culture dei Sicani e poi dei Siculi e degli Elimi, dei Fenici, dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni... Ad aumentare l'importanza e l'imponenza di questo corpus, oltre appunto ad una storia millenaria, vi è il fatto di essere stata la patria di filosofi, Santi, artisti, scienziati e poeti. Se a tutto questo si unisce la maestosità delle sue caratteristiche ambientali e architettoniche, la bellezza del suo mare e delle sue montagne o lo splendore dei suoi monumenti, avremo le perfette cornici delle nostre storie. In questa antologia non tratterò le leggende più classiche, quelle che per commistione divennero greche e poi romane, come ad esempio Aretusa o Aci e Galatea o il mito di Proserpina o di Tifeo ed in generale dei giganti. Allo stesso modo non racconterò le storie più esportate, come quella di Colapesce, delle Teste di Moro, o dei numerosi castelli considerati infestati. Analizzeremo, invece, le leggende meno famose, quelle anche tramandate dagli anziani, quelle che tutt'ora puoi vedere camminare in un assolato giorno di luglio o in un uggioso giorno di novembre. Vedremo che, spesso, questi nostri racconti, s’intrecciano con fatti storici di cronaca e con personaggi realmente vissuti. Per strutturare questa antologia mi sono avvalso inoltre di interviste ad abitanti dei luoghi, letture e studi settoriali, avvalendomi anche di ausilio, consulenza e collaborazione di P.R. Arcadia80, società di indagini, studi e ricerche in ambito storico-antropologico-archeologico. Io stesso ho visitato personalmente la maggior parte dei luoghi menzionati all’interno di questa antologia ma ho deciso di non trascrivere qui le mie sensazioni dell’epoca né le mie personali elucubrazioni. Per il semplice principio che ritengo equo che ognuno possa e debba farsi una propria idea. Pongo, semmai, anch’io un quesito: come mai, alle soglie del 2024, dove la superstizione non è altro che un termine dentro ad un vocabolario, in un’era ultra tecnologica e presso società avanzate, vi sono ancora uomini impavidi che vanno in giro alla caccia di tesori o più timorosi che rifiutano di attraversare una determinata strada? Questo lavoro, dunque, racconterà la leggenda o la storia popolare ambientata in una data città, una contrada, una casa, una chiesa o una montagna. Perché chi legge sappia che in Sicilia la leggenda è ovunque.

    Agrigento e dintorni

    Non posso invidiare a Dio il Paradiso, io vivo in Sicilia - Federico II di Svevia

    Il tesoro di Falaride

    Si racconta di tre uomini aventi lo stesso nome che si incontrarono casualmente a mezzanotte nei pressi di una grotta, leggendaria sede di un tesoro e vi entrarono. Non appena entrati furono accolti da un vento furioso eppure, caparbiamente, andarono avanti per quei corridoi e quelle grotte. Arrivarono dentro uno stanzone pieno di monete d’oro e d’argento e tante altre cose preziosissime, tutte divise a tre a tre: tre carrozze, tre tavoli, tre casse di monete, ecc. Ogni cosa era d’oro massiccio e ricoperta di pietre preziose. I tre uomini cercarono di raccoglierne il più possibile ma, quando vollero andarsene, non trovarono più l’uscita dell’ipogeo. Il tesoro che avevano trovato era quello del leggendario e crudele tiranno akragantino Falaride [1] .

    I dèmoni di Akragas

    Racconta lo storico Polibio [2] che il comandante cartaginese Amilcare, dopo essere sfuggito ad un attentato durante l'assedio di Akragas, ordinò per rappresaglia di demolire tutti i sepolcri agrigentini che si trovavano fuori le mura. Ma mentre i soldati cartaginesi stavano iniziandone la distruzione, spiriti malvagi, con sembianze mostruose, uscirono dalle tombe infestando della loro presenza il campo cartaginese. Il terrore si diffuse tra l'esercito e questo seguì una pestilenza. Il comandante cartaginese annullò l'ordine di distruggere le tombe e fece abbandonare il campo precipitosamente. Da allora nessuno si avventura di notte presso questo ingresso tra le mura dell'antica città dove si narra sia avvenuta la strage dei cartaginesi. Altre presenze oscure, secondo antiche leggende, vengono ricordate dagli antichi storici, sulle pendici orientali della Rupe Atenea, la rocca dell’antica Akragas, inaccessibile sede dei tiranni agrigentini e del loro corpo di guardia. In particolare i romani, dopo la conquista di Akragas rimasero atterriti per aver sentito diffondersi dalle grotte del santuario rupestre, terrificanti grida di donne, insieme ad ogni sorta di spaventosi ed infernali rumori.

    La fontana di San Diego

    Dalla Spagna portavano, diretta a Caltanissetta, una statua di San Diego d'Alcalà su di un carro tirato da buoi. Giungendo alle porte di Naro, gli uomini si fermarono, vinti dalla stanchezza e dal caldo e alla ricerca ansiosa di acqua per dissetarsi. La zona sembrava veramente arida e le torride temperature non aiutavano. Fu così che, improvvisamente, la statua di San Diego cominciò a zampillare dai piedi un fiore d'acqua limpida e fresca. Rinfrancati e convinti di avere assistito ad un miracolo, ripresero il cammino verso Caltanissetta ma giunti che furono a Canicattì, dinanzi la chiesa di San Sebastiano, il quale era il patrono del paese, i buoi non vollero più procedere e non ci fu forza umana che valesse a smuoverli. Interpretarono l’episodio come la volontà del Santo di essere eletto protettore di Canicattì e così fu fatto.

    Il Cristo nero

    A Siculiana, piccolo comune, in maggio si festeggia il Cristo nero. In occasione della festa gli emigrati rientrano in paese ed i fedeli sfilano a piedi scalzi. Si narra, che la statua del Cristo appena spirato (e quindi nero), fu commissionata dagli abitanti del paese Burgio. Mentre veniva trasportata per essere consegnata, i due portatori incaricati, si fermarono a riposare presso l’antico casale di Siculiana che era per strada. Posata la cassa con il Cristo in una stalla, i due si addormentarono. Avvenne che passava da lì un cieco, il quale ignorando il contenuto della cassa, vi si sedette sopra. Svegliatisi i portatori, ingiunsero, in malo modo, al poveraccio di alzarsi e fu allora che costui si accorse che ci vedeva. Diffusasi la voce del prodigio, gli abitanti di Burgio ne reclamarono la restituzione e ne derivò una disputa per il diritto di possesso della statua. Non potendo arrivare a soluzione alcuna, i contendenti vennero ad un patto: la statua sarebbe stata trainata da buoi, fino ad oltrepassare il torrente Catania e solo se ciò non fosse accaduto, avrebbero letto in questo evento la volontà del Cristo di restare a Siculiana. La leggenda vuole che i buoi si rifiutarono di oltrepassare il torrente e così facendo la statua rimase agli abitanti di Siculiana.

    Fantasmi a Sambuca di Sicilia

    Sambuca di Sicilia è un piccolo e grazioso comune. Qui si narra della presenza di losche figure che comparirebbero al calar della sera. Secondo alcuni si tratterebbe dei fantasmi di antichi abitanti della zona, forse Saraceni, a cavallo. Questo borgo ha alle spalle una storia antichissima, che parte intorno al IX secolo quando venne fondato dagli Arabi con l’antico nome di Zabuth. Ed è qui che avvenne un sanguinoso massacro operato da parte dei soldati comandati da Federico II nei confronti degli abitanti arabi del luogo. L’intricata rete di cunicoli che si trova al di sotto del paese di Sambuca divenne la prigione dei Saraceni sopravvissuti, i quali in quegli spazi terminarono i loro giorni morendo di stenti. La leggenda narra che da allora, intorno al castello di Zabuth, vengano viste delle sagome aggirarsi nel buio e scomparire nei cunicoli. Le testimonianze parlano di fantasmi a cavallo, di pianti ed urla strazianti. Durante il XVI secolo, queste manifestazioni turbarono così tanto la popolazione di Sambuca che si decise di realizzare la costruzione di una cappella in onore alla Madonna della Scala, dove i fedeli si riunivano per pregare affinché gli spiriti si allontanassero dalla loro cittadina.

    Uno sarà ricco ed uno povero e pazzo

    Nel paesino di Racalmuto il tesoro, protetto da un incantesimo, si trova nell’antico Castelluccio che domina il paese. Sarebbe stato lasciato dagli Arabi dopo la sconfitta subita per mano del normanno Conte Ruggero. Leggenda vuole che ci sarebbe un solo modo per trovarlo: due amici devono recarsi, in una notte di luna piena, al Castellucio. Ma uno dei due amici, non si sa quale, uscirà di senno quando scoprirà il tesoro e così l’altro si assicurerà l’intera fortuna. Quindi uno dei due amici diverrà ricchissimo e l’altro solo povero e pazzo. In paese si dice che molti, nel tempo, si sono dati da fare per bucare le murature del Castellucio alla ricerca dei tesori sin da quando il maniero è stato abbandonato. Addirittura, in anni recenti, ci avrebbero provato persino facendo brillare candelotti di dinamite. A quanto pare, una volta con una forte carica di dinamite alcuni vandali tentarono di fare crollare l’intero edificio per scoprire entrate di accesso nascoste ma, fortunatamente, la montagna su cui sorge e che sostiene l’edificio resistette e per il Castello non vi furono gravi conseguenze [3].

    Calogero il Santo africano

    Abbreviato dagli agrigentini come San Calò e festeggiato in luglio. Rappresentato come con i tratti africani ed un libro in mano ad indicarne la sapienza. Visse tutta la sua vita da eremita, arrivò nella città di Agrigento intorno al XV sec. Giunto in città, dopo essere stato precedentemente a Sciacca, dove aveva già acquistato fama

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