Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Figli della Stella Bianca
Figli della Stella Bianca
Figli della Stella Bianca
E-book413 pagine5 ore

Figli della Stella Bianca

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Dopo il ritorno per salire al trono sul proprio pianeta natio, Garryn si ritrova tormentato da sogni in cui compare un misterioso sistema planetario dal sole giallo.


Spinto a consultare un metapsichista per comprendere le cause delle proprie visioni notturne, Garryn scopre di non essere il solo a svegliarsi in preda agli incubi. Insieme a un nuovo amico parte per cercare di scoprire l’origine dei propri sogni.


Ma la verità nasconde un segreto che cambierà le loro vite e scuoterà le fondamenta dell’Impero.

LinguaItaliano
Data di uscita23 feb 2023
Figli della Stella Bianca

Correlato a Figli della Stella Bianca

Ebook correlati

Fantascienza per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Figli della Stella Bianca

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Figli della Stella Bianca - Linda Thackeray

    1

    SOGNI

    Era di nuovo lì.

    Con lo stesso vento secco e caldo che gli soffiava sulle guance, sbatté le palpebre mentre rinnovava la sua conoscenza con quel sogno così familiare. Non importava quante volte ci fosse stato: tutto sembrava nuovo. Forse era perché il terreno appariva alieno, con nuove cose da scoprire.

    Il cielo azzurro era sempre la prima cosa ad attrarre la sua attenzione. Per la maggior parte della vita si era svegliato sotto un cielo color ambra riscaldato dal bagliore del sole arancione scuro intorno a cui orbitava Brysdyn. Quell’intenso splendore invece gli toglieva il fiato. L’azzurro sembrava un colore innaturale. Non aveva mai visto un mondo come quello neppure nel corso di tutta la sua carriera militare.

    L’azzurro era il colore degli oceani e dei ghiacciai, non del cielo.

    Eppure, quello era uno dei tanti enigmi di quel posto. Un altro erano i campi dorati che costellavano il paesaggio, con qualche chiazza di verde qua e là. Aveva sempre pensato che, in una pianta, il colore dorato o marrone fossero un segno che stava morendo, arrostita dal calore di un clima torrido. E tuttavia, osservando la terra che si stendeva davanti a lui, sapeva che godeva di piena salute. I fusti si ergevano maestosi sotto la luce del sole, fieri e ribelli contro il vento che con dolcezza li costringeva a piegarsi.

    Emanavano un odore particolare, insolito, ma stranamente rilassante. Si accese nella sua mente la fiamma di un ricordo, ma dalla luce così fievole che i frammenti svanirono prima ancora che lui riuscisse a ricomporli. Minuscoli granelli di polline, trasportati dalla brezza, danzavano nell’aria. Udì il chiassoso starnazzare di strani uccelli bianchi dalla cresta gialla che solcavano il cielo e che cinguettavano con voci quasi umane.

    Com’era entrato quel mondo nella sua testa? Era forse una combinazione di vari luoghi ricreata dalla sua psiche? Forse ogni dettaglio di quel posto era il pezzo simbolico di un puzzle realizzato dal suo subconscio?

    Ci fu un mutamento considerevole, con un improvviso abbassamento della temperatura. Il problema del cielo azzurro, da quel che gli era sembrato di capire, era che, quando si faceva freddo, appariva più scuro. Sopra alla sua testa le nuvole bianche divennero di un grigio minaccioso, simile a fumo. La brezza divenne un vento deciso che, con moto violento, trasformò la graziosa esibizione dei pollini danzanti in un movimento frenetico.

    Sapeva cosa stava per accadere. Quella calma momentanea glielo faceva dimenticare ogni volta, ma quando la tempesta imperversò sul paesaggio come una divinità vendicativa, si ricordò cosa c’era ad attenderlo.

    Avrebbe dato qualunque cosa per sapere cosa tutto ciò rappresentasse. Fin dall’inizio gli aveva provocato una paura così intensa come mai aveva provato in vita sua. Garryn era ben capace di fronteggiare la paura: non era un codardo, né ignorava gli aspetti più difficili dell’esistenza, ma quando iniziavano le esplosioni gli veniva voglia di mettersi a correre per andare a nascondersi sotto una roccia.

    L’esplosione iniziale lo fece cadere in ginocchio. Persino in sogno, i suoi anni di servizio militare si facevano strada nel terrore e prendevano il sopravvento. Le vide arrivare sopra di sé, ombre oscure e malvagie, come rapaci che tornavano a precipitarsi sulla preda. Quelle figure compirono un altro passaggio, ma sapeva di non essere lui il bersaglio.

    Era qualcos’altro, qualcosa di nascosto.

    Non aveva mai capito cosa stessero cercando. Sapeva solo che avrebbero dato fuoco ai campi dorati e incendiato il cielo per trovarlo. I bellissimi uccelli bianchi precipitarono sul suolo carbonizzato, le piume immacolate annerite dalla fuliggine e dallo sporco. Gli occhi di Garryn iniziarono a lacrimare e i polmoni a bruciare, man mano che il fumo lo privava dell’aria fresca e il calore gli pungeva la pelle.

    Avrebbe voluto svegliarsi e andarsene prima che quel luogo sereno si disintegrasse ulteriormente, ma c’era sempre qualcosa che lo tratteneva. No, si rese conto che non era qualcosa, ma qualcuno.

    Nell’istante in cui la pensò, lei apparve.

    Sembrava quasi che dovesse evocarla nella propria mente, perché lei potesse fare la sua apparizione. Quella giovane donna aveva i capelli di un biondo dorato, così chiari da sembrare quasi bianchi. Riflettevano la luce del sole, a dispetto della devastazione che la circondava. La pelle era color del bronzo e, a vederla correre su quella pianura in fiamme, appariva simile a un indomabile spirito del fuoco.

    Garryn non si svegliava mai prima che lei arrivasse.

    Gli occhi azzurri di quella donna perlustravano i campi, cercando senza sosta, colmi di paura, non per il terrore degli oggetti volanti che facevano piovere la morte dal cielo, ma di qualcos’altro. C’era qualcosa che alimentava la sua determinazione a proseguire, nonostante l’angoscia. Era una ricerca inutile, in mezzo al caos del fuoco e del fumo. Se ne rendeva conto persino lui. Ma lei andava avanti, inflessibile nel suo rifiuto ad arrendersi, spinta da qualcosa di più grande del desiderio di preservare la propria vita.

    Gridava un nome, ma lui non riusciva mai a sentirlo. Vedeva la disperazione che quella donna aveva negli occhi, una disperazione che si trasformava in panico quando cominciava a rendersi conto che probabilmente non avrebbe trovato quello che stava cercando. Le lacrime le scorrevano lungo le guance, tracciando solchi sulla pelle coperta dalla fuliggine. Avrebbe voluto aiutarla, ma come in molte altre occasioni prima di quella, non riusciva ad arrivare in tempo.

    A piedi nudi e ancora avvolto nelle lenzuola, corse verso di lei, nel tentativo di raggiungerla prima che l’inevitabile li colpisse entrambi.

    Giunse sottoforma di un’esplosione ben troppo familiare. Scoppiò dentro al suo cranio, quando i suoi sensi si ritrovarono sovraccarichi per tutti i rumori e i colori dell’attacco. Seguì un breve grido, l’unico suono che la udiva emettere.

    A corto di fiato, la raggiunse nel solito punto. Come tutte le altre volte di cui aveva ormai perso il conto, niente cambiò quando le si avvicinò. Le fiamme dei campi infuocati li sovrastavano e la nuvola di fumo era così densa che diventava difficile vedere il cielo. Il mondo si trasformò in una foschia di fumo furente e di calore penetrante.

    Un rivolo di liquido rossiccio, denso e viscoso, scivolò verso di lui, lambendogli le piante dei piedi con il suo calore bruciante. Garryn non si ritrasse, né corse via. Era necessario per il rituale, era un prova da sopportare finché quell’incubo non l’avesse liberato dalla sua morsa. Forse l’unica cosa di cui aveva bisogno per potersene andare, per svegliarsi, era vederla.

    Gli occhi azzurri e vuoti della donna fissavano il nulla, mentre i capelli biondi venivano cosparsi di sangue. Dei rivoli color vermiglio le solcavano le guance, andando a mischiarsi con lo sporco e le lacrime ormai asciutte. Il suo viso aveva un’espressione infastidita, come se la Morte fosse un’ospite arrivato in anticipo per la cena. Sul petto si stagliava la ferita mortale. L’energia del colpo che aveva ricevuto non si era ancora dissipata del tutto e la carne bruciata sfrigolava ancora.

    L’ondata di dolore e angoscia che si sollevò dall’animo di Garryn era come una marea di una forza indomabile, che trovò sfogo in un urlo.

    Garryn urlò quella parola che non riusciva mai a ricordare una volta sveglio.

    Garryn si sollevò a sedere nel letto.

    Per un attimo sembrò quasi aspettarsi di trovarsi circondato dalle fiamme e dal fumo del sogno. Come sempre, non appena cercava di ricordarne i contenuti, i ricordi gli sfuggivano dalla mente. Quando si rendeva conto di essere sveglio, si ritrovava con il battito accelerato sforzandosi di ricordare il perché.

    Con un profondo sospiro, si passò le dita tra i capelli, scuotendo via gli effetti residui di quell’incubo. Nonostante la frescura di quella notte, aveva le lenzuola appiccicate alla pelle. A lungo si sentiva preda della sensazione di essere perso e insicuro, che poi diventava frustrazione. Era lo stesso sogno di ogni singola notte dal suo ritorno a casa e, se le cose andavano come al solito, non avrebbe dormito per il resto della nottata.

    Dopo un futile tentativo di sfidare la sorte e provarci comunque, decise di alzarsi dal letto. Fuori era ancora buio. Il crono al muro gli diceva che l’alba non era lontana. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto il sorgere del sole a Brysdyn e ancora di più dall’ultima volta che se l’era goduto da casa.

    «Luci».

    «Luci attivate».

    I comandi computerizzati gli risposero con una dolce voce femminile, inondando la stanza con una soffusa luce d’ambiente.

    La vista di quella camera ancora lo frastornava.

    Avrebbe preferito tornare nella propria, ma non gli era concesso scegliere. La camera era una suite collegata a un balcone che si affacciava sul cortile sottostante. Ospitava pezzi d’antiquariato e opere d’arte inestimabili provenienti da una decina di mondi, esibendo tessuti lussuosi ed eleganti. Garryn aveva l’impressione di essere il pezzo finale che andava a coronare la mostra di un museo.

    Si spinse fuori dal letto e si avvolse in una vestaglia prima di uscire sul balcone. Aveva bisogno di inalare l’aria notturna nei polmoni e di sfuggire al panico che si stava facendo strada nelle sue viscere. La decisione di insediarsi nella residenza ufficiale del Prescelto non gli aveva mai dato un senso di claustrofobia così profondo.

    Appoggiandosi al parapetto in marmo, incamerò la vista di quella magnifica alba. Era ancora buio, ma l’intenso cielo ambrato indicava che quella sarebbe stata una giornata calda. La suite del Prescelto era situata ai piani alti del Domicilio e offriva una vista panoramica della città.

    Sotto di lui, Paralyte suscitava la sua invidia per la sua capacità di dormire. La capitale gli sembrava simile a una ricca vedova seduta al centro dell’Impero Brysdyniano. Sede dell’Imperatore e del Prescelto, suo erede designato, era stata immortalata nella prosa e nelle rappresentazioni teatrali e artistiche sin dagli albori dell’Impero. I primi coloni superstiti dell’Esodo avevano scelto quel luogo per costruire il loro nuovo insediamento dopo aver raggiunto questa zona della galassia.

    L’Impero aveva preso il via da questa città.

    Adesso quel gioiello era come una coltre di oscurità e a rivelarne la vita erano solo le luci che balenavano tra i grattacieli nel cielo. Garryn amava Paralyte. Adorava perdersi tra i suoi gazebi, lungo i viali, nei musei, nei parchi. Si poteva trascorrere una giornata intera viaggiando da una capo all’altro della metropoli su un treno a levitazione, scendendo solo quando si incontrava qualcosa di interessante lungo il percorso.

    Sua madre amava i bazar e aveva insegnato anche a lui ad apprezzarli. A Garryn piaceva camminare tra le bancarelle, inspirando l’aroma delle spezie di paesi esotici. Si potevano trascorrere ore ad ascoltare i mercanti che contrattavano sul prezzo delle merci con clienti scaltri provenienti da ogni angolo dell’Impero. Quando erano bambini, Aisha portava lui e sua sorella a esplorare i mercati. Erano scappatelle fatte di nascosto, perché riteneva di poter fare gli affari migliori quando i venditori non sapevano di avere davanti la moglie dell’Imperatore.

    Ormai lei non c’era più e Garryn sentiva ancora la sua mancanza. Tornare a casa senza sua madre ad accoglierlo era almeno altrettanto sconcertante quanto dormire in una stanza tanto opulenta da sembrare un museo. Era uno stupido se pensava che la sua vita potesse tornare a essere di nuovo la stessa, adesso che si avvicinava la Cerimonia d’Ascesa. Il fatto che si trovasse in quella stanza ridicolmente sfarzosa ne era una prova.

    Negli ultimi dieci anni della sua vita, Garryn si era calato nella parte del soldato. Si era unito all’esercito come una recluta qualsiasi e dunque i suoi commilitoni non sospettavano niente della sua vera identità e lui preferiva così, per evitare trattamenti di favore. Gli piaceva l’esercito e sarebbe stato ben felice di restare a fare il soldato, se non fosse stato per le responsabilità a cui lo richiamava la sua posizione.

    Era sempre fiero di essere il figlio dell’Imperatore, non perché suo padre era il sovrano di Brysdyn, ma perché era un brav’uomo e un padre ancora migliore. Li aveva guidati nel corso degli anni più turbolenti del regno, guadagnandosi così l’eterna devozione del popolo, che la famiglia non poteva non condividere. Dopo l’incubo del Flagello, la famiglia era divenuta la preoccupazione primaria di ogni brysdyniano e Iran non faceva eccezione: si prendeva cura della propria come di un dono prezioso.

    Anche se Garryn era un Cittadino Nuovo, ci si aspettava che un giorno sarebbe divenuto Imperatore. La cerimonia era solo il primo passo. Garryn si chiedeva se l’esitazione a prendere sulle proprie spalle il mantello fosse dovuta al fatto di essere un figlio adottivo. Forse era necessario avere sangue reale per essere Imperatore. Lui non era diverso dagli altri Cittadini Nuovi portati a Brysdyn dopo il Flagello.

    Cosa lo rendeva tanto speciale da spingere l’Imperatore a sceglierlo come prossimo sovrano?

    Niente, a parte il fatto che ti vuole bene, si disse Garryn. Perché, adottato o meno, sei sempre suo figlio.

    Garryn aveva preso una licenza per tornare a casa per la Cerimonia, a cui mancava solo un mese. Una volta diventato il Prescelto, si sarebbe ritrovato sotto la tutela diretta di suo padre e avrebbe appreso tutti gli intricati meccanismi della gestione dell’Impero. Anche se si trattava di una responsabilità spaventosa, Garryn sapeva che avrebbe fatto del suo meglio, perché l’unica cosa peggiore di venir meno al suo impegno davanti all’Imperatore, sarebbe stata deludere suo padre.

    E se solo fosse riuscito a trascorre una notte di sonno ristoratore, tutto sarebbe andato a meraviglia.

    Il numero di volte in cui si svegliava in preda a un sudore freddo stava crescendo. Gli incubi erano cominciati mesi prima, ma proprio non riusciva a capire cosa li avesse scatenati. Era vero che era tornato da poco da Erebo. L’esercito era stato inviato a sopprimere una violenta rivolta su una colonia e mentre le coscienze erano in preda al rimorso della guerra, lui era un pilota e non un combattente schierato in prima linea. Il combattimento aereo gli aveva risparmiato la sciagura di vedere da vicino la distruzione della missione.

    Se Garryn sognava la guerra, era una guerra che non conosceva.

    Forse avrebbe dovuto seguire il consiglio di Elisha.

    Sua sorella, la Principessa Reale, era di due anni più giovane di lui e in tutto e per tutto figlia di sua madre. Elisha non era certo una novellina e aveva infranto il classico stereotipo dell’aristocratica frivola e superficiale. Aisha, figlia della Delegazione di Jyne, aveva cresciuto i propri figli trasmettendo loro i valori della tolleranza e della cultura. Grazie alla loro madre, Elisha era diventata, crescendo, una giovane coscienziosa, il cui più grande amore erano i libri e le cause da difendere.

    Terribilmente viziati dal padre, Garryn non osava immaginare cosa sarebbero diventati se non fosse stato per la disciplina imposta loro da Aisha. Dopo la sua scomparsa, niente aveva impedito che Iran cedesse ai capricci di Elisha, consentendole addirittura di scegliersi da sola un marito. La maggioranza dell’aristocrazia di Brysdyn aveva accolto con disdegno questa decisione, ma Garryn sapeva che suo padre non se ne curava. Elisha era la sua bambina e non l’avrebbe mai costretta a un matrimonio d’interesse politico.

    Garryn gliene era grato. Da bambini Elisha era stata la sua confidente, da adulti la sua migliore amica. Lei sapeva con quali parole venire in suo aiuto quando era nel dubbio ed era più che naturale confessarle i suoi incubi.

    Come tutti i soldati, non riponeva nessuna fiducia negli uomini di medicina, pur riconoscendo il loro contributo alla società. Elisha gli aveva suggerito di consultare un metapsichista per risolvere il problema, al ché la sua prima reazione era stata un netto rifiuto. Se i Guaritori erano degli inetti, i metapsichisti erano ancora peggio. Questi dottori che sostenevano di studiare la psiche non consideravano un sacrilegio farsi strada nella porzione più intima della memoria della gente. A Garryn l’idea non piaceva, né tantomeno aveva voglia di sottoporsi a un simile trattamento.

    Tuttavia in quel momento non poteva permettersi di non essere mentalmente lucido. Non adesso, quando mancavano solo poche settimane alla sua incoronazione come Prescelto. E in un angolo della sua mente albergava anche un’assillante timore di avere davvero bisogno d’aiuto. Se così fosse stato, rimettere a posto la situazione era una cosa che doveva non solo a sé stesso, ma all’Imperatore, che avrebbe avuto bisogno di un Prescelto in ottima salute.

    E così, per il bene di suo padre e per il proprio, non aveva altra scelta se non farsi visitare da un metapsichista, per quanto gli ripugnasse l’idea.

    2

    L’IMPERATORE

    «N oi siamo i figli della Stella Bianca, guerrieri della Casa di Brysdyn. Dovremmo forse rinunciare all’istinto guerriero che ci ha permesso di costruire il nostro impero? Quand’è che siamo diventati un branco di codardi che si nascondono dietro ai libri di legge? Pace, signori miei, è una parola che ci farà diventare una nazione di femminucce. Quando cesseranno queste idee esterne di influenzare la nostra società? Dobbiamo difendere la nostra eredità prima che crolli a causa della nostra indulgenza!».

    Garryn lo fissava esterrefatto. Al Generale Edwen non era mai piaciuta la politica di suo padre, ma ascoltare quell’uomo mentre sbraitava la propria opinione davanti a tutto il Quorum era irritante. Il comandante dell’Elite di Sicurezza se ne stava davanti all’Imperatore in tutta la sua arroganza e la sua impudenza, fissandolo con sguardo duro e sfidandolo a rispondere, ma non possedeva né l’autorità né il carisma con cui Iran dirigeva il Quorum. Tuttavia l’aspetto disarmante e indefinito di Edwen aveva la peculiare caratteristica di portare spesso la gente a sottovalutarlo.

    Ma non per Garryn.

    Essere un membro della famiglia reale gli aveva insegnato a distinguere gli amici dai nemici. Diversi anni prima, Garryn sapeva bene da che parte era schierato Edwen. Si chiedeva come Iran avrebbe gestito le sue idee anti-Jynite, espresse così esplicitamente in pubblico. Venivano covate da anni e per Garryn non erano certo una sorpresa. Aisha gli aveva fatto notare il crescente scontento di Edwen nei confronti di Jyne già diversi anni prima.

    Il padre di Aisha era Elvan, Cancelliere della Delegazione di Jyne. Il fidanzamento era avvenuto durante una visita di Iran, a quel tempo il Prescelto, a Jyne, dove aveva incontrato Aisha a un ballo di stato. Né Elvan né Darian, allora Imperatore, avevano in progetto di far nascere un matrimonio da quel viaggio. I Jyne non credevano nei matrimoni di convenienza e Brysdyn provava una certa insofferenza nei confronti l’approccio diplomatico di Jyne a ogni genere di questione.

    Nonostante questo, quei due giovani così diversi si innamorarono, con gran sorpresa di entrambi i padri. La loro relazione produsse opportunità inaspettate per una nuova Alleanza Bianca, come ai tempi dei loro antenati di epoche lontane. Molti accolsero quell’unione come la fusione di due potenti nazioni, mentre altri, come Edwen, la giudicarono infausta sin dall’inizio.

    Fino al Flagello, il matrimonio e l’imminente alleanza furono costante causa di controversia all’interno del Quorum, facendo ricadere su Aisha il senso di colpa per essere la causa di tante ostilità.

    Garryn non aveva mai perdonato le offese contro sua madre.

    Quel giorno la vecchia disputa era risorta in tutta la sua forza e Garryn era contento che Aisha non dovesse presenziare al discorso caustico di Edwen.

    Non essendo ancora il Prescelto, Garryn poteva solo assistere al dibattito dalla galleria dei visitatori. Come avrebbe reagito l’Imperatore alle provocazioni del Generale? Indipendentemente dal contesto, quella non era solo una sfida alla volontà di Iran di favorire il trattato di non belligeranza con Jyne, ma era anche un insulto nei confronti di sua moglie.

    Manifestando il proprio dissenso, Edwen sferrava un colpo a doppio effetto.

    I membri del Quorum, il consiglio eletto per rappresentare i distretti regionali di Brysdyn, trattenevano il fiato mentre i due titani ingaggiavano una guerra fredda in quella sala. Il Generale Edwen aveva sferrato il primo colpo e tutti aspettavano con ansia la risposta dell’Imperatore.

    Dopo una lunga pausa, l’Imperatore parlò:

    «Generale, se mi consente vorrei contestare».

    Iran Primo si alzò dal suo seggio e scese i gradini che portavano al podio degli Oratori. Edwen, uno spilungone magro che talvolta aveva un aspetto macabro, lasciò la postazione e fece ritorno al suo seggio nel Salone del Quorum.

    Mentre si preparava a parlare, per l’ennesima volta Iran impressionò Garryn con la sua imponente presenza. Suo padre era alto tanto quanto lui e aveva gli stessi capelli scuri. Avevano entrambi gli occhi azzurri e spesso la gente pensava che fossero della stessa stirpe, benché ogni somiglianza tra di loro fosse puramente casuale. Nelle vene di Iran scorreva il sangue di migliaia di generazioni del Casato di Brysdyn, cosa che Garryn non avrebbe mai potuto vantare.

    Raggiunto il podio, Iran non rivolse neppure uno sguardo a Edwen prima di cominciare a parlare.

    «Amici miei, nel corso di tutta la nostra storia documentata siamo stati un popolo di conquistatori. La nostra civiltà si è distinta per l’espansione e la sottomissione di razze meno aggressive. Per noi questo era l’unico tipo di esistenza possibile. Il nostro Impero è la prova di tutte le nostre conquiste, ma il Flagello ci ha costretti a cambiare».

    Un mormorio di approvazione si diffuse nell’assemblea e Garryn notò l’effetto che menzionare il Flagello aveva prodotto. Qualunque argomento Edwen potesse sollevare contro la perdita d’identità di Brysdyn, niente reggeva il confronto con il periodo più buio dell’Impero.

    «Molti dei nostri figli adesso stanno pensando di diventare genitori a loro volta», proseguì Iran. «Solo un quarto di secolo è trascorso dal Flagello e non possiamo ignorare la mancanza di una nuova generazione di dimensioni apprezzabili. Anni addietro la nostra dedizione alla guerra ha ostacolato i progressi in tutte le altre discipline. Forse, se avessimo dedicato più risorse alla ricerca scientifica, per esempio alla medicina, saremmo potuti sfuggire alla sterilizzazione causata dal Flagello.

    «Le Tessitrici ci hanno regalato una seconda opportunità con i nostri Cittadini Nuovi. Le nostre speranze sono rinate perché ci sono stati dati dei bambini sani e forti. Questi bambini sono il nostro futuro e voglio vederli vivere abbastanza a lungo da prendere il nostro posto. Non voglio un’altra guerra dove muoiano senza senso come i nostri non nati durante il Flagello! Il nostro Impero è stato salvato dall’estinzione. Non sprechiamo la prossima generazione dimenticando quanto è preziosa.

    «Per quel che riguarda l’Alleanza, lasciate che vi rammenti che i Jyne sono stati gli unici disposti ad aiutarci durante il Flagello. Ricordate: quando gli altri ci hanno voltato le spalle e si sono rifiutati di ascoltare le nostre richieste, i Jyne non hanno sfruttato la nostra debolezza a loro vantaggio, né hanno tentato di invaderci quando eravamo più vulnerabili. Ci hanno invece aiutato a trovare una cura. La Casa di Brysdyn ha lasciato la Stella Bianca insieme alla Casa di Jyne. I nostri antenati pensavano che avremmo trovato insieme una nuova patria dove vivere in pace. L’idea originaria era che dovessimo restare uniti, se non nello stesso territorio, almeno in amicizia».

    Dopo la conclusione, esplose un applauso assordante, anche se Garryn non si aspettava niente di meno. Suo padre era un leader carismatico, capace di parlare e far breccia nel suo pubblico. Quella reazione entusiastica fornì al Generale Edwen l’occasione per un’uscita defilata. La sfida era stata raccolta e rispedita al mittente, per il momento, ma Garryn temeva che fosse ben lontana dall’essersi conclusa.

    Provò tuttavia una certa soddisfazione nel veder sparire Edwen dalla porta posteriore con la coda tra le gambe.

    Quando il consiglio del Quorum decise di sciogliere la seduta di quella giornata, Garryn attese che l’ultimo dei membri terminasse di parlare con l’Imperatore prima di raggiungere suo padre. Quando entrò nello stretto passaggio, la guardia di servizio gli consentì l’accesso.

    Suo padre, affiancato dalle guardie, stava uscendo e si incontrarono a metà strada nel corridoio. Tenendo il passo con Iran, i suoi protettori si fecero da parte per lasciare al padre e al figlio un po’ di intimità.

    «Edwen ti ha lanciato una sfida», commentò Garryn.

    «Non ne sono sorpreso», Iran si strinse nelle spalle. «L’idea di un’Alleanza non lo ha mai esaltato e mi aspettavo che prima o poi avrebbe espresso il suo dissenso. Credo che neanche tu sia rimasto troppo stupito».

    «La mamma mi aveva avvertito».

    L’espressione di suo padre si fece triste e nei suoi occhi balenò una scintilla di dolore personale. Convinto che la morte di Aisha fosse ancora fonte di un dolore vivo per lui, Garryn gli strinse una mano sulla spalla in segno di conforto.

    «Già, lei vedeva sempre certe cose con chiarezza. Mi manca ancora molto».

    «Siete stati sposati per trentacinque anni, padre. Non può essere facile lasciarla andare. Era mia madre e tutte le volte che attraverso il suo giardino preferito, spero ancora di trovarla a leggere sulla sua panchina. Non so immaginare il dolore che dovete provare voi».

    Iran rivolse al figlio un sorriso di gratitudine per la sua comprensione e poi si immersero entrambi nel silenzio e si avviarono verso le sale del Panopticon, dove il Quorum teneva le proprie sedute.

    «Edwen dovrà essere tenuto d’occhio».

    «No, non credo», dichiarò l’Imperatore, ma senza preoccuparsi di dare una spiegazione, adesso che ormai erano giunti alla serie di porte alla fine del corridoio.

    Le porte si aprirono cigolando ed entrambi fecero il loro ingresso nella Baia del Panopticon. Pur non essendo altrettanto grande quanto i porti commerciali di Paralyte, la baia aveva le giuste dimensioni per accogliere i trasporti appartenenti ai leader del Quorum. Era anche sede dei meccanici e conteneva le strutture necessarie all’assistenza tecnica dei veicoli.

    La maggior parte delle guardie dell’Imperatore lo stava aspettando nei veicoli della scorta. Un agente occupò il suo solito posto sul davanti, a fianco del conducente, e la navetta entrò in movimento dopo che Iran e Garryn furono saliti sul sedile posteriore. Quando si avvicinarono all’uscita, una voce computerizzata annunciò la disattivazione della griglia di sicurezza, permettendo così al corteo di uscire dal Panopticon.

    Fuori era una giornata calda. Quel giorno Paralyte era fervente di attività. Il bel tempo faceva uscire tutti e nei bazar dell’intera città i mercanti erano presenti in massa. La stagione turistica aveva portato da tutto l’Impero e da oltre i suoi confini un mare di visitatori che pullulavano per le strade in una fiumana esotica. Alcuni si fermarono per osservare l’Imperatore, scattando ologrammi mentre il convoglio passava loro vicino.

    «Vorrei poter entrare a Paralyte senza che nessuno si accorga di me, come fai tu. Tua madre aveva avuto un’ottima idea con i suoi travestimenti».

    «È vero», confermò Garryn, ma non aveva intenzione di demordere su Edwen. «Allora, cos’hai intenzione di fare con il Generale?»

    Mantenendo lo sguardo fisso sulla scena fuori dal finestrino, Iran rispose senza guardare il figlio negli occhi. «Non farò proprio niente, Garryn. Edwen è una voce e le voci hanno il diritto di dire ciò che vogliono».

    «Ha chi lo appoggia. La sua Elite di Sicurezza gli è ancora molto fedele. Mi chiedo se sia saggio da parte nostra consentirgli di riunirsi con le persone che ha a propria disposizione».

    «È vero», riconobbe Iran prima di voltarsi verso Garryn. «Ma le nuove reclute sono molto poche. Erebo ha lasciato un retrogusto amaro in molti e l’Elite di Sicurezza è stata in parte responsabile dell’accaduto. Edwen sarà anche un formidabile oratore e non dubito che abbia dei sostenitori nel settore civile, ma questo non è certo sufficiente a far dimenticare Erebo».

    «Devo riconoscere che hai ragione».

    Era fortunato a essere stato solo un pilota durante la rivolta. Le truppe di superficie atterrate sulla luna avevano dovuto sostenere una dura prova. Nessun bravo soldato era felice di uccidere a colpi di arma da fuoco dei civili, figuriamoci poi se malamente armati e neppure addestrati. Per mesi l’insediamento di Erebo aveva lottato per tenere in vita il sogno di una nuova nazione, per quanto poche fossero le probabilità di vederlo realizzato.

    A Iran non sfuggì l’espressione cupa sul volto di Garryn.

    «Non ci hanno lasciato scelta, Gar. Abbiamo offerto loro l’amnistia, con la possibilità di deporre le armi e rimettersi al lavoro o di tornare a casa, se così preferivano. Si sono rifiutati e non sapremo mai cosa è scattato nelle loro teste quando hanno deciso di suicidarsi dando fuoco al giacimento. Forse per loro era preferibile affrontare la morte piuttosto che la sconfitta».

    «Non si sarebbe dovuti arrivare a tanto. I soldati rientrati da Erebo dopo il raid finale erano come spiritati. Credo che non dimenticherò mai l’orrore sui loro volti e che le loro menti continueranno a essere tormentate per molto tempo a venire».

    «Condivido la loro sofferenza», sospirò Iran e Garryn ne dedusse che stesse pensando a qualcos’altro che non era Erebo. Poi quell’espressione seria abbandonò il suo viso e, un attimo dopo, guardò di nuovo Garryn. «Adesso sei convinto che Edwen non costituisce più una minaccia?»

    «Non saprei. Continuo a pensare che dovremmo tenerlo d’occhio», ammise Garryn.

    «Ma in tal caso non saremmo migliori della sua Elite di Sicurezza, non credi?»

    Garryn non aveva una risposta pronta con cui replicare.

    3

    IL METAPSICHISTA

    «J on! non ci crederai mai!».

    Jonen restò a bocca aperta quando vide la sua assistente, normalmente diligente e composta, piombare nel suo studio su di giri e senza fiato. I capelli sempre perfettamente acconciati e mai incline a manifestare le proprie emozioni più del necessario, Mira era un modello di self-control. Tranne in quel momento, quando,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1