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Soltanto giovani
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E-book213 pagine2 ore

Soltanto giovani

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Info su questo ebook

Lorenzo e Sara, al loro primo appuntamento, salgono sulla ruota panoramica al porto. Nello stesso luogo, pochi giorni dopo, si consumerà una tragedia. Rebecca se ne va in giro con la pelle coperta di lividi, e i suoi amici non sanno come aiutarla. Chiara scopre di provare invidia nei confronti di Vanessa, la sua compagna di banco. Viola deve fare i conti con un corpo che cambia e con l'attrazione che prova per il fidanzato della sua migliore amica. Matilde e Matteo, per la prima volta in campeggio in montagna, partecipano a un gioco. Due ragazzini esplorano una colonia abbandonata al calar del sole. Miriam fa volontariato in una mensa dei poveri, ma si trova a dover rivedere le sue certezze. Pietro si accorge all'improvviso di non voler più uscire di casa, complice una nevicata fuori dal comune che copre ogni cosa. Dodici racconti che prendono vita nell'arco di un anno: sullo sfondo una Rimini quotidiana, una città viva in ogni stagione. I protagonisti sono ragazzi e ragazze alle prese con le ferite dell'adolescenza, quelle ferite da cui non si guarisce mai del tutto.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2023
ISBN9788893433730
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    Anteprima del libro

    Soltanto giovani - Marianna Vitale

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    © Utterson s.r.l., Viterbo, 2022

    AUGH! Edizioni

    Collana: Frecce

    I edizione digitale: marzo 2023

    ISBN: 978-88-9343-373-0

    Progetto grafico di copertina: Luca Verduchi

    Progetto grafico interni: Stefano Frateiacci

    Il racconto Confini è stato pubblicato online sulla rivista Spazinclusi il 19 gennaio 2022 e nella versione inglese sul World Literature Today l’11 luglio 2021.

    Questa è un’opera di fantasia. Alcuni nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell’immaginazione e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

    www.aughedizioni.it

    A te che a volte ti senti come Sara, Pietro, Rebecca o Marco.

    "Qui non c’è tensione. È un luogo accogliente, che ti tiene a galla.

    Vivendo qui, ti dimentichi che se hai smesso di affondare

    non vuol dire che non sei più sott’acqua".

    (Amy Hempel)

    Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.

    (Italo Calvino)

    Primavera

    L’ignoto

    Con le spalle appoggiate al muro e le mani nelle tasche dei jeans, Lorenzo ormai ha perso il conto dei minuti. Gliel’avevano detto che le ragazze si fanno aspettare, ma Sara doveva essere lì già da mezz’ora e lui inizia a temere che abbia cambiato idea.

    Mentre i lampioni di San Giuliano tingono i vicoli di luce calda e la folla del sabato sera si mescola tra i locali del borgo riminese, Lorenzo controlla ancora una volta il display del cellulare. Poi torna a fissare le sue Nike bianche e l’orlo sfilacciato dei jeans, e srotola i polsini della camicia, perché l’aria della sera si è fatta più fresca e umida.

    Quando alza gli occhi, finalmente la vede: le gambe dritte e sottili che camminano in fretta, avvolte nelle calze scure e negli shorts, la camicetta di raso che cade morbida sul petto, lasciando scoperte le piccole efelidi proprio sopra i seni.

    «Sono in ritardo» dice Sara.

    «Non ti preoccupare» fa lui. Le va incontro e le dà due baci sulle guance. «Ci prendiamo un aperitivo?». Indica l’entrata del Retroborgo e la accompagna appoggiandole una mano tra le scapole, sfiorandole appena. «Vado a chiedere se possiamo metterci qua fuori».

    Lei intanto siede su uno sgabello, tra i tavolini a forma di botte. Sul lato opposto della strada, due ragazzini stanno giocando a pallone fuori dalla casa con le persiane rosse. Sara pensa che le piacerebbe abitare in quella zona, così vicina al centro. Non sarebbe costretta a farsi accompagnare sempre dai suoi.

    «Okay, ho ordinato due spritz» dice Lorenzo al suo ritorno, sedendosi accanto a lei. «Ci portano anche qualcosa da mangiare».

    «Benissimo» commenta Sara, e sorridendo svela quella dentatura imperfetta che è uno dei primi motivi per cui Lorenzo l’ha notata – il canino destro leggermente storto, sopra all’incisivo.

    «Sei molto carina stasera… cioè, sei sempre molto carina».

    Le guance di lei si colorano appena.

    «Allora, com’è andato il pomeriggio?» fa lui. «Eri dalla tua amica… Elisa, giusto?».

    Sara annuisce. «Sì, abbiamo fatto un giro. Per questo ho fatto tardi». E abbassa lo sguardo.

    Il cameriere li solleva dall’imbarazzo portando i due calici e un piccolo tagliere di assaggi.

    I due ragazzi brindano in silenzio, le mani che si sfiorano di tanto in tanto nel prendere una patatina o un quadrettino di pizza.

    «Dicono che qua si mangia bene» fa lui.

    «Non ci ero mai stata».

    «Nemmeno io».

    «Queste cose sono buone».

    «Sì, molto. Magari potremmo tornarci».

    «Magari».

    Lorenzo non riesce più a trattenere i brividi, si strofina le braccia con le mani, e Sara se ne accorge.

    «Hai freddo?».

    «No, tranquilla».

    «Non hai un giubbotto?».

    «L’ho dimenticato».

    «Ma ti ammali».

    «Non me la tirare, però!».

    «Va bene, scusa. Comunque non puoi restare così tutta la sera».

    «Casa mia è vicina. Se non ti scoccia poi ci passiamo».

    «Okay».

    Sara finisce il suo drink e le ultime patatine.

    «Ti va qualcos’altro?» chiede lui.

    «No, sono a posto».

    Tira fuori il portafoglio dalla borsetta ma lui la ferma.

    «Ho già pagato».

    Lei lo guarda storto. «Non dovevi».

    Lorenzo alza le spalle. «Volevo fare bella figura».

    Si incamminano per il borgo, lui le mette un braccio intorno alla vita e con la mano riesce a sentire le ossa sporgenti del bacino. È così magra che vorrebbe sollevarla – la immagina leggera come zucchero filato.

    Sara si lascia guidare e annuisce di tanto in tanto mentre lui le racconta di com’è andata la mattinata a scuola. Frequentano entrambi il liceo scientifico, ma sono in classi diverse. È stato in cortile, durante un intervallo, che Lorenzo le ha chiesto per la prima volta di uscire. Lei era seduta sul muretto, lui si è avvicinato e le ha rivolto un invito gentile e impacciato. Lei ha rifiutato, perché si conoscevano appena e perché era circondata dagli sguardi dei compagni. Ma il giorno dopo c’è stata una conferenza, tutte le classi si sono riunite nell’auditorium, e Lorenzo si è seduto accanto a lei senza dire nulla. È rimasto in silenzio per tutto il tempo e solo alla fine le ha chiesto se poteva aggiungerla su Facebook. Da allora hanno iniziato a sentirsi regolarmente in chat – a Sara piace come lui risponde ai suoi messaggi, le sembra che un po’ la capisca. Lorenzo non le ha più chiesto di uscire fino a quando non è stato assolutamente sicuro che lei avrebbe accettato. Sara sa che ormai lui conosce i suoi tempi, che non vuole forzare le cose. Anche adesso, con quell’abbraccio indeciso, sa che sta solo prendendo le misure – sta testando i loro corpi perché possano amalgamarsi nella maniera più naturale possibile.

    Arrivati nella zona residenziale di San Giuliano, Lorenzo si ferma.

    «Ci siamo». Indica una palazzina degli anni Ottanta, su due piani indipendenti. «Abito qui».

    Sara guarda la casa con curiosità, come se potesse svelarle qualcosa in più su di lui, ma le sembra piuttosto normale.

    «Ti aspetto» dice.

    «Ci metto un secondo».

    Lorenzo apre il piccolo cancello in ferro battuto, poi il portone del piano terra. Sparisce un istante per riapparire subito dopo, con il giubbotto di pelle già addosso.

    «Un secondo vero» dice Sara, un po’ delusa per non essere riuscita a sbirciare l’interno della casa.

    Lui le passa un braccio dietro la schiena, con un gesto ora più sicuro.

    Lei si stringe un poco nelle spalle, come per capire se quella stretta può contenerla tutta.

    «Va meglio?» gli chiede.

    «Molto meglio. Che ti va di fare?».

    «Passeggiamo ancora un po’» dice lei, sollevando appena gli angoli della bocca, quasi cercasse di trattenere un sorriso senza riuscirci del tutto.

    Proseguono verso il porto, camminando lungo il canale e superando le barche ormeggiate, i negozi di pesca, l’alto faro bianco.

    «Hanno montato la ruota panoramica» dice Lorenzo, scorgendo in lontananza la struttura metallica illuminata. «Ci sei mai salita?».

    Sara scuote la testa. «Soffro di vertigini».

    «Nemmeno io ci sono mai salito. Ci proviamo?».

    «Se ti ho detto che soffro…».

    Lui rallenta per guardarla negli occhi.

    «Anche io» ammette. «Ma ci vorrei salire con te».

    Lei non risponde, gli dà un bacio veloce sulla guancia e riprende a camminare più in fretta.

    Raggiungono il piazzale del porto – il punto in cui comincia la spiaggia. Da un lato c’è la sabbia chiara che corre per chilometri e chilometri, una distesa liscia e spoglia. Dall’altro, la lanterna della darsena con la sua luce rossa che lampeggia a intermittenza. Al centro, la grande ruota panoramica.

    Lorenzo fa i biglietti e salgono subito, prima di poter cambiare idea. La cabina si ferma appena un istante, il tempo di saltarci dentro ed è già ripartita.

    I due ragazzi siedono vicini e guardano il mare farsi sempre più esteso, una coperta di velluto scuro rimboccata sulla riva, e ogni cosa diventare meno riconoscibile man mano che si sale. Le luci brillano sulle curve del paesaggio come un vestito di strass aderente e le lanterne alla fine del molo mandano segnali colorati a intermittenza.

    Sara si sporge un po’, le cabine sono aperte ai lati, e cerca di calcolare i metri che la separano da terra. Prova una strana vertigine, ma non è paura, è una sorta di attrazione, come se la forza di gravità fosse improvvisamente aumentata. Mette fuori un braccio, e poi l’altro, sente scorrere tra le dita l’aria densa di salsedine, e per un secondo le sembra di poter dominare quella sensazione. Inizia a girarle la testa e si ritira dentro la cabina, con le braccia lungo i fianchi e le mani sotto le cosce.

    «Pensavo che avrei avuto più paura» commenta.

    «Anche io, in realtà» dice lui.

    Si sorridono, e Lorenzo resiste alla tentazione di baciarla solo perché teme che la cabina possa oscillare al più piccolo movimento.

    Dopo il secondo giro della ruota Sara ha riacquistato sicurezza, apre la borsetta e tira fuori dal portafoglio una monetina da un centesimo. La guarda. E poi guarda di nuovo giù.

    «Che stai facendo?».

    Lei gli mostra la monetina stretta tra il pollice e l’indice, dice: «Porta fortuna».

    Lorenzo ride. «Ma nelle fontane, mica sulla ruota».

    Sara alza le spalle.

    Aspetta che non passi nessuno sotto di loro e lascia cadere la monetina, si sporge per osservarla con attenzione mentre gira sempre più veloce su se stessa e diventa sempre più piccola, appena un bagliore nell’oscurità. Sente come un vortice nello stomaco, come se fosse lei a precipitare. Non la vede toccare terra, non sente alcun rumore.

    «Certo che da qui è facile cadere» dice.

    «Basta stare fermi e non guardare giù».

    Sara rimette le mani sotto le gambe, lo sguardo di una bambina che è stata rimproverata per qualcosa che sa che farà di nuovo.

    «E adesso?» dice Lorenzo.

    «Aspettiamo».

    «Speriamo che funzioni».

    La ruota compie cinque giri completi prima di rallentare per lasciarli scendere e all’ultimo giro i due ragazzi hanno smesso di provare stupore per quello che stanno guardando. Si sentono un po’ più leggeri, fissano l’orizzonte scuro senza metterlo del tutto a fuoco.

    Sono arrivati in fondo al molo, dove l’ultima lingua di cemento si getta nel mare. La statua della Sposa del marinaio è quasi un’ombra che indica un punto lontano in mezzo al buio. È qui, sotto al piccolo faro giallo, che Lorenzo e Sara si baciano per la prima volta, tra la musica troppo alta che esce dalle finestre del Rockisland e l’odore dolciastro del fumo di qualcuno che si è appartato come loro per farsi un tiro seduto sugli scogli.

    Lui le prende il viso tra le mani e lo avvicina al suo, chiudono gli occhi e si lasciano guidare dal rumore delle onde e dal battito pulsante della musica. A un certo punto Lorenzo la solleva leggermente da terra – di qualche centimetro appena. Lei non oppone resistenza.

    Poi, senza parlare, girano intorno al Rockisland, una palafitta di legno poggiata sul molo con una grossa rete sempre tesa sul mare. Lorenzo guarda la locandina con il programma della serata, appesa all’entrata del locale. Indica con il dito il nome della band, una scritta in grassetto bianco che spicca sullo sfondo nero: The Tapes.

    «Ci suona un mio amico» dice.

    «Andiamo a sentirli, allora!».

    Entrano tenendosi per mano e si fanno strada a spallate tra la gente stipata sotto al palco. Lorenzo cerca un angolino dove lui e Sara possano stare un po’ più tranquilli. Lei si mette a ballare sul posto, muovendo solamente i fianchi e le gambe, lui fa ondeggiare la testa seguendo il ritmo della batteria.

    «Sono bravi» dice lei, avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire.

    «Sì, è vero» fa lui, le mette le braccia intorno alla vita e la avvicina a sé.

    Un’ora dopo sono di nuovo costretti a spingere verso l’uscita. Il padre di Sara la sta aspettando nel parcheggio sul lungomare.

    Lei non vuole che sappia di Lorenzo, perciò lo saluta sotto la ruota panoramica, con un ultimo bacio e la promessa di risentirsi il giorno dopo.

    Lui torna a casa a piedi, annusandosi il colletto della camicia, sul quale è rimasto impresso il profumo di lei.

    La ruota è ancora in movimento, tra lo stridio dei gabbiani e la sirena di un peschereccio che annuncia il suo arrivo nel porto. Continua a girare lentamente, senza sosta.

    Una settimana dopo, a scuola, Sara sta per rispondere a un messaggio di Lorenzo quando entra la professoressa di lettere, e per prima cosa chiede alla classe di osservare un minuto di silenzio. Non ha bisogno di specificarne la ragione, tutti hanno già letto la notizia: la sera prima un ragazzo della zona, di appena diciassette anni, si è tolto la vita saltando dalla ruota panoramica.

    Sara non ne sa ancora nulla, chiede spiegazioni alla sua compagna di banco.

    «Non hai sentito?» dice Elisa. «Era un ragazzo della nostra età, Michele Fabbri. Si è buttato dalla ruota…».

    Lei incassa la notizia come un boccone che va giù tutto intero e che si blocca nell’esofago, all’altezza dello sterno.

    «Si è buttato? Cioè, è sicuro che…».

    Elisa annuisce. «Qualcuno lo ha visto saltare. E comunque hanno detto che non è possibile cadere accidentalmente».

    Sara sente che le manca l’aria, la testa che si alleggerisce, come se tutte le energie vitali fossero scese più in basso, verso lo stomaco.

    Durante il minuto di silenzio non riesce a non pensare a quando anche lei, dall’alto della ruota, si è sporta

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