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Un orgasmo alla volta: Guida al piacere per chiunque
Un orgasmo alla volta: Guida al piacere per chiunque
Un orgasmo alla volta: Guida al piacere per chiunque
E-book307 pagine4 ore

Un orgasmo alla volta: Guida al piacere per chiunque

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Info su questo ebook

"Il mio obiettivo è rendere il mondo un posto migliore, un orgasmo alla volta." - @lapopdoc

Una guida pratica e inclusiva per imparare a conoscere il tuo copro e quello altrui attraverso il piacere.

Vuoi scoprire la vera essenza del piacere sessuale?

Dimentica i cliché e le regole imposte dalla società: è tempo di liberarti dall’idea del sesso come una “performance” e di viverlo come un’esperienza di scoperta e gioco. In questo libro, la dottoressa Silvia Gioffreda, meglio nota online come @lapopdoc, ti guida attraverso un percorso di conoscenza del tuo corpo e della tua sessualità, per raggiungere un piacere autentico e veramente tuo. Grazie ai consigli pratici e alla scoperta dei quattro pilastri preliminari (la cultura del piacere, del consenso, della comunicazione e della sicurezza), potrai liberarti dei pregiudizi e delle convinzioni che hai sul sesso, trovando un nuovo modo di godere. In autonomia e in compagnia, imparerai a esplorare insospettabili zone erogene e a capire come attivare il circuito del piacere nella tua mente.

Non importa quanti orgasmi hai avuto o quante posizioni hai provato: con questo libro, finalmente potrai vivere il sesso come un momento di arricchimento e libertà, diventando una persona più consapevole di sé e contribuendo a rendere il mondo un posto migliore. Scopri la sessualità come non l’hai mai vista prima!

LinguaItaliano
Data di uscita7 apr 2023
ISBN9788830592414
Un orgasmo alla volta: Guida al piacere per chiunque
Autore

Silvia Gioffreda

Silvia Gioffreda è medico di pronto soccorso con un master in sessuologia. Dalla sua vocazione di divulgatrice sono nati il podcast di “Repubblica” SaluteSex, il blog “la Pop-doc del sesso” e il profilo Instagram @lapopdoc.

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    Anteprima del libro

    Un orgasmo alla volta - Silvia Gioffreda

    1

    I PRELIMINARI

    Quali sono i limiti delle persone che vogliono godersi il sesso? Una scarsa conoscenza del proprio corpo? L’incapacità di ascoltarlo? Il non sapere da che parte iniziare? A volte sono alcuni di questi, altre sono tutti, ma sempre, dico sempre, il limite più grande alla scoperta del nostro piacere ha a che fare con quelli che chiamo i preliminari. E no, non sto parlando dei preliminari che intendi tu. Mi sto riferendo a tutto ciò che dovrebbe venire prima del sesso, affinché questo possa rappresentare un viaggio piacevole e divertente; un momento in cui sentirsi liber* di sperimentare senza pressioni o giudizi; con rispetto nei tuoi confronti e nei confronti delle persone con cui fai sesso.

    Quello che ci insegna la società sul sesso è lontanissimo da tutto questo. Ma la buona notizia è che la società siamo noi e possiamo cambiare il nostro rapporto con il piacere partendo dalla diffusione di culture nuove che liberano la nostra sessualità. Immaginatele come 4 pilastri, all’entrata di un tempio bellissimo dedicato al piacere. Sono la cultura del piacere, la cultura del consenso, la cultura della comunicazione e quella della sicurezza.

    Sembrano solo idee e modi di affrontare la sessualità ma hanno il potere di rendere il sesso quell’esperienza di libertà di cui parlavo prima. Come sempre le cose nuove possono sembrare complicate, ma non preoccuparti, te le spiegherò passo passo partendo dalle basi.

    LA CULTURA DEL PIACERE

    Quindi, eccoci qui a cercare di rendere il mondo un posto migliore, un orgasmo alla volta. Nel nostro tentativo di cambiare il mondo, dobbiamo però toglierci dalla testa gli amplessi da film porno e partire con il promuovere la cultura del piacere, del conoscerlo, rispettarlo e amarlo.

    Il piacere è parte naturale e sana della vita. Scoprirai, durante la lettura di questo libro, che siamo stati progettati per viverlo, eppure occuparsi del proprio piacere è ancora considerato qualcosa di perverso, di improprio, o comunque da fare senza che nessun altro lo sappia.

    Creare una cultura del piacere significa quindi parlare dei suoi benefici, sradicare gli stereotipi negativi che lo riguardano, favorire l’accesso a esperienze piacevoli e promuovere una comunicazione aperta sul tema. L’obiettivo è rendere l’idea stessa della ricerca del piacere piacevole di per sé, accettando che delle volte il nostro corpo proverà piacere e delle altre no, e che in ogni caso avremo avuto un’occasione per scoprirci di più.

    L’AUTOEROTISMO È UNA SCOPERTA

    Dobbiamo imparare a suonare il nostro strumento in solitaria, prima di iniziare a suonare in una band. Alla base della cultura del piacere c’è infatti l’autoerotismo, perché è il modo più efficace per esplorare il nostro corpo, sapere cosa ci piace e cosa no e quali sono le nostre fantasie sessuali. Dovrebbe essere un momento di scoperta, intriso di libertà, e invece spesso su di esso aleggiano tantissimi pregiudizi e tabù.

    La battaglia della società in cui viviamo contro la masturbazione comincia quando ci dicono – direttamente o indirettamente – che masturbarsi è sbagliato e fa male.

    Ricordo come fosse ieri la serata in cui, durante una di quelle vacanze organizzate dalla parrocchia, i maschi erano stati invitati dagli educatori a mettersi in cerchio per parlare della pratica peccaminosa del toccarsi i genitali. Se sei stato uno di quei ragazzi o uno di quegli educatori, sappi che non è colpa tua, perché l’idea che masturbarsi sia un peccato ce la portiamo avanti già da un po’.

    L’autoerotismo esiste infatti dall’alba dei tempi: ne sono prova le rappresentazioni figurative dell’atto masturbatorio già nell’arte preistorica. Quello che pochi sanno è che nell’antichità la masturbazione aveva un’accezione positiva: i Sumeri ritenevano fosse in grado di aumentare la potenza sessuale, mentre gli Egizi attribuivano la creazione dell’universo e le inondazioni fertilizzanti del Nilo all’eiaculazione tramite masturbazione del dio Atum. Anche nell’antica Grecia l’autoerotismo era vissuto come una delle tante possibili attività sessuali, quale sana e utile valvola di sfogo.

    Solo con l’arrivo della cultura giudaica – e quindi cristiana – la masturbazione è diventata una pratica peccaminosa. Si iniziò a pensare che fosse un atto egoistico di piacere sessuale poiché non finalizzato alla riproduzione. E così nel 1054 il papa dell’epoca la condannò ufficialmente.

    La giustificazione biblica secondo cui l’autoerotismo è un peccato è contenuta nella storia di Onan (Genesi 38, 6-10) un tizio che venne fulminato – esatto, fulminato – da Dio. Per secoli, a causa di una traduzione sbagliata, si è creduto che la ragione della punizione divina fosse l’autoerotismo. In realtà però il peccato di Onan fu quello di aver praticato il coito interrotto, considerato crimine contro la stirpe.

    Anche se il termine onanismo ha per secoli indicato la masturbazione, di fatto, la vera colpa di Onan non era stata quella di masturbarsi, ma quella di usare un metodo contraccettivo. Seppure nata da un malinteso, la cattiva fama dell’atto di darsi piacere da soli avrà lunghissima vita: nel 1760 un medico protestante calvinista, consulente del Vaticano, pubblica L’Onanisme, un trattato pseudo-medico riguardante la masturbazione e i suoi effetti avversi per la salute, in cui sostiene che toccarsi può portare alla pazzia, alla nevrosi, alla cecità e anche all’impotenza. Insomma, l’idea che la masturbazione faccia diventare ciechi ce la portiamo dietro dal 1760! In epoca vittoriana sono stati addirittura introdotti dei metodi per curare l’autoerotismo come l’elettroshock, le cinture di castità o l’asportazione dei genitali.

    Solo nel Novecento il sessuologo Henry Havelock Ellis ha provato a invertire questo trend. Ma lo stigma contro la masturbazione è rimasto, tanto che nel 2009 in Gran Bretagna e in Spagna è stata promossa una campagna volta a normalizzare l’autoerotismo, con il meraviglioso – e contestatissimo – slogan An orgasm a day keeps the doctor away, un orgasmo al giorno toglie il medico di torno.

    Tutto questo pippone storico (ecco un caso in cui la terminologia relativa alla masturbazione ha accezione negativa) per spiegarti quali sono le ragioni del diffuso senso di colpa legato all’atto masturbatorio. Secondo una ricerca dell’Università degli Studi di Firenze, le persone che ne hanno sofferto sono più del 15%. Se sei tra queste, ora che sai com’è nato puoi serenamente sentirti liber* e felice di toccarti.

    Ma per promuovere veramente una cultura del piacere dobbiamo anche toglierci dalla testa l’idea che lo scopo della masturbazione, o dell’autoerotismo che dir si voglia, sia solo quello di avere un orgasmo. Sarebbe veramente riduttivo. Quando la cultura del piacere regnerà come sovrana indiscussa la masturbazione verrà vista come un momento di scoperta, un momento in cui puoi godere con e di te stess*, esplorare le tue fantasie sessuali e il tuo corpo.

    L’autoerotismo dovrebbe essere vissuto con la stessa dedizione riservata a un appuntamento con una persona che ci piace tantissimo. Quando facciamo sesso con qualcun altro è probabile che ci prendiamo cura dei preparativi e del suo benessere. Allora perché quando facciamo sesso con noi, lo facciamo in modo frettoloso, solo per venire, senza dedicarci le attenzioni che meritiamo? La cultura del piacere passa proprio dall’imparare ad assaporare questi momenti senza l’obbligo di arrivare necessariamente a un orgasmo. Se ricorri sempre alla masturbazione soltanto per venire nella maniera più efficiente e veloce, potresti perdere la possibilità di creare un momento di connessione con Te.

    Prima di decidere di fare sesso con altre persone, prima ancora di iniziare a capire come avere un orgasmo, usa l’autoerotismo per scoprirti, per sentire come varia il piacere, come puoi controllarlo, come alcuni punti e alcune stimolazioni siano più erotici di altri. Il piacere viaggia nel tuo corpo come un’onda, e se vuoi avere un orgasmo quell’onda la devi saper surfare. E per imparare a farlo è necessario passare un po’ di tempo a studiarla, a capire dove si rompe e dove si alza. L’autoerotismo è esattamente questo: studiare l’onda.

    POP-ATTIVITÀ

    APPUNTAMENTO CON TE

    Questa settimana stabilisci una sera in cui avrai un appuntamento con il tuo corpo. Preparati e prepara la stanza come se fosse l’appuntamento con la tua cotta del liceo. Scegli la musica, le luci, magari un bel sex toy e un buon lubrificante.

    Mettiti a tuo agio ed esplora il tuo corpo.

    Attenzione! L’obiettivo è non venire. In questo primo appuntamento gli orgasmi sono vietati. Dedicati solo a esplorare il tuo corpo, accarezzati e cerca di concentrarti unicamente sulle sensazioni che provi.

    LIVELLO PRO: vivi questo momento di autoerotismo senza porno o immagini erotiche. Sfrutta solo la tua fantasia e concentrati sulle sensazioni di piacere. Non perché il porno faccia male, ma perché eccitarsi e provare piacere sfruttando soltanto la propria immaginazione è un ottimo esercizio mentale ed erotico.

    Loghi di contorno a tema sessuale

    POP-ATTIVITÀ

    GUARDATI ALLO SPECCHIO

    Per molti lo specchio ha un profondo significato erotico. Ci sono tantissime persone che trovano eccitante guardarsi allo specchio mentre fanno sesso con qualcun altro. Ma hai mai pensato di farlo mentre fai sesso con te? Può essere molto divertente giocare a essere il proprio oggetto erotico e non c’è nulla di male a trovarsi eccitanti.

    Loghi di contorno a tema sessuale

    POP-ATTIVITÀ

    NUDISMO

    È vero che il corpo è il nostro strumento per provare piacere, ma è vero anche che questo povero corpo deve subire così tante pressioni sociali che delle volte diventa più uno strumento di tortura che uno strumento di piacere. Nessuna pop-attività potrà sostituire mesi o anni di psicoterapia volti ad accettare e apprezzare il proprio corpo, magari però un aiutino te lo può dare. Per migliorare il rapporto con la tua immagine stai nud*, ti permetterà di entrare in contatto con il tuo corpo, che forse non ti piace, che forse vorresti cambiare, che forse ti fa soffrire, ma ora, in questo preciso istante di ricerca del piacere, è l’unico strumento che hai e come tale lo devi sfruttare il più possibile.

    Loghi di contorno a tema sessuale
    IL SESSO NON È UNA PERFORMANCE

    Non solo l’autoerotismo è un momento di scoperta, il sesso tutto, qualsiasi atto sessuale, può esserlo. E invece spesso ci ritroviamo a valutare un atto sessuale come se fosse una performance. Ma quali sarebbero i parametri di valutazione? Il numero di orgasmi? La durata? Tutte le posizioni nuove che siamo riuscite a fare? Così il sesso non è più qualcosa che facciamo per sentire piacere, ma solo un tentativo di dimostrare qualcosa.

    Logo identificativo del box

    SCUSI, DOC, MA COS’È IL SESSO?

    Il sesso non è solo penetrazione, se così fosse sarebbe molto triste e noioso. Il sesso è molto di più: fare sesso significa anche praticare autoerotismo, fare e ricevere sesso orale, limonare, condividere fantasie sessuali, fare sexting, praticarsi massaggi sensuali o passare tutta la sera ad accarezzarsi il corpo. Il sesso, per me, è qualsiasi cosa ci regali delle sensazioni piacevoli ed erotiche.

    Per capire quanto è profondamente sbagliato questo approccio, immagina di essere una persona che fa jogging a livello amatoriale. Fai jogging proprio perché ti piace, non perché ti stai preparando alle Olimpiadi o perché è il tuo lavoro. Puoi decidere di vivere lo sport come una performance, e quindi valutare a ogni sessione come migliorano i tuoi tempi e le tue condizioni fisiche. Non c’è niente di male in questo, vedere che dopo uno o due mesi i tempi migliorano ti fa stare bene. Ma dove sta il piacere? Non c’è. Se corri pensando solo a come saranno i numeri della tua prestazione alla fine della corsa, perderai di vista la corsa stessa. Il vero piacere lo prova chi riesce a stare nella corsa, concentrandosi su come i piedi battono per terra, sull’iniziale dolorino alle ginocchia, sul respiro affannato e poi regolare. Il vero piacere lo prova chi riesce a stare nel momento e goderselo, pensando che a prescindere dai numeri che vedrà sull’orologio alla fine dell’allenamento sta comunque imparando qualcosa di più su di sé e sul suo corpo (ho dovuto fare chilometri e chilometri di corsa prima di arrivare a questa conclusione, prima ero anche io una fissata con i numeri).

    Lo stesso vale per il sesso. Spesso pensiamo di dover dimostrare qualcosa, che alla fine i valori numerici ci diranno se è stata una buona o una cattiva performance. Ma per fortuna la cultura del piacere ci dice che il sesso non è una performance, ma un momento di cui godere a pieno e non da passare sotto esame.

    Il parametro più diffuso per valutare un’esperienza sessuale è sicuramente l’orgasmo. Sei venuta? Quanti orgasmi hai avuto? Quanti orgasmi ti ha dato? Sei venuto subito? Tutte domande molto comuni da fare ad amici e amiche per commentare una scopata.

    Ma possiamo ridurre tutta l’esperienza sessuale a un semplice e banale orgasmo? L’orgasmo è solo un segmento di qualche secondo posto al termine di un autentico viaggio nel piacere. Se proprio vogliamo guardarla meglio, l’orgasmo è l’assassino del piacere, perché, quando arriva, significa che il nostro viaggio è finito. Immagina se avessimo gli orgasmi senza mai poterci godere tutto il piacere che viene prima e quello che viene dopo: nessuno avrebbe così tanto interesse nel viverli. Gli orgasmi sono belli perché sono accompagnati da un insieme di sensazioni che ci portano ad apprezzarli, e per apprezzarli al massimo dobbiamo goderci tutto il percorso.

    Questa iperperformatività del sesso è faticosa da gestire. Le energie che potremmo usare per scoprire e godere vengono disperse nel tentativo di performare.

    Se invece ogni atto sessuale venisse vissuto come un momento di scoperta in cui puoi sapere qualcosa di nuovo su di te o sulle persone con cui fai sesso, anche quelle scopate che normalmente definiremmo terribili ci starebbero comunque insegnando qualcosa.

    Sai nella realtà cosa significa tutto questo? Che il 76% delle donne e il 25% degli uomini hanno finto un orgasmo almeno una volta nella vita. Fingere per me è il vero fallimento. Stiamo parlando di sesso, non del progetto che dovevi presentare al lavoro lunedì. In quel caso fingere che il tuo cane sia stato male è un ottimo modo per evitare polemiche inutili. Ma con il sesso no. Con il sesso non devi niente a nessuno, se non al tuo piacere. Anche se non riesci a venire, quell’atto sessuale sarà altrettanto valido. Ricorda che l’obiettivo non dovrebbe essere venire, l’obiettivo non ci dovrebbe essere affatto, ma se hai assolutamente bisogno di averne uno allora dovrebbe essere solo godere nello scoprire cose nuove.

    Insomma, alleggeriamo il sesso da tutta questa ansia su come pensiamo debba essere, e viviamolo come un gioco e non come una performance. Non devi vincere una gara, non sei in competizione con nessuno, nemmeno con te stess*. Chi si diverte facendo sesso sta davvero divulgando la cultura del piacere.

    LA CULTURA DEL CONSENSO

    La cultura del consenso si incarna nell’idea (meravigliosa) secondo cui esiste il consenso solo se la persona esplicita chiaramente un sì, lo voglio. Oggi invece, nella maggior parte dei casi, viene dato per scontato, secondo il diffuso principio che chi tace acconsente. Promuovere una cultura del consenso significa cambiare questo trend e diffondere il concetto che chiedere il consenso è fondamentale, bellissimo e anche molto romantico.

    Ci sono delle persone che lo trovano noioso e credono che chiederlo e darlo esplicitamente uccida il romanticismo. Avessi avuto un centesimo tutte le volte che ho sentito che qualcosa uccide il romanticismo nel sesso, a quest’ora saremmo tutt* a chiacchierare di consenso nella mia villa a Bali.

    Quando le persone sostengono che parlare di consenso rischia di rovinare l’atmosfera è o perché sono preoccupate che il/la partner possa dire di no, o perché hanno paura di prestare troppa attenzione ai propri bisogni ed emozioni e accorgersi che non vorrebbero fare qualcosa che invece il/la partner vorrebbe che facessero. In entrambi i casi, ci sono delle valide ragioni per chiedere il consenso.

    Penso anche che chi crede che chiedere il consenso possa in qualche modo uccidere il romanticismo evidentemente non si è mai trovat* in una situazione in cui il suo consenso non è stato chiesto e/o rispettato. Ecco cosa uccide veramente il romanticismo.

    Il mio parere è che invece non ci sia niente di più sexy, perché è un gesto intriso di rispetto e premura nei confronti dell’altra persona.

    Chiedere il consenso è il vero atto romantico da parte di qualcuno che, piuttosto che provare a metterti la lingua in bocca nella speranza che vada bene, ti rispetta e ti dice: «Mi andrebbe di baciarti in questo momento, posso?».

    Mi emoziono solo a scriverlo.

    In parte lo capisco: se una persona ti piace da morire, la maggior parte delle volte vorresti che ti mettesse la lingua in bocca senza troppi giri di parole, ma è sempre così? No, perché non sempre la persona che ti mette la lingua in bocca è una persona che vorresti baciare, o magari secondo te semplicemente quello non è il momento o il luogo per un bacio con la lingua. Quindi succede che questa persona la lingua in bocca te la mette veramente e tu passi i primi secondi a chiederti: Ma voglio fare veramente questa cosa? E magari poco dopo ti rispondi pure che no, non lo vuoi veramente, solo che ormai sei lì, la sua lingua sta facendo la centrifuga nella tua bocca, per cui tanto vale sperare che il tutto finisca al più presto, perché alla fine è solo un bacio e non vuoi offenderlo/a allontanandoti.

    È così? Alla fine è solo un bacio? Quindi se fosse una mano sui genitali sarebbe diverso? Qual è il limite minimo arrivati al quale serve chiedere il consenso? C’è un limite universale? Perché io vorrei che mi venisse chiesto il consenso anche per un semplice bacio sulla guancia, vorrei che mi venisse chiesto il consenso anche solo per toccarmi la spalla.

    E lo vedrei sempre e comunque come un grandissimo segno di amore e rispetto nei miei confronti.

    La nostra storia con il consenso ha radici antichissime.

    Appena nasciamo, quando ancora non abbiamo imparato a camminare o a parlare, siamo bravissime a esprimere il nostro consenso, poi questa capacità ci viene tolta con prepotenza, lasciandoci in balia dell’idea che il consenso rovini il momento.

    Ti è mai capitato di prendere in braccio un neonato che non vuole essere preso in braccio? Be’, quella creatura di poche settimane o mesi si metterà a esprimere il suo dissenso piangendo e dimenandosi finché non la rimetti dove vuole effettivamente stare.

    Quindi, fin qui, siamo esseri umani in grado di esprimere il proprio consenso o dissenso.

    Poi la creatura inizia a crescere e le viene sempre più spesso chiesto di stare a delle regole sociali assurde. Ecco i vari: «Vai a dare un bacio a nonno, devi rispettare le persone più grandi!»; «Fatti dare un bacio da zia, che sennò si offende»; «Non fare il maleducato e fatti abbracciare»; «Che bambina antipatica che sei! Dai, un bacio non si nega a nessuno»; «Ti do questo regalo solo se prima mi dai un bacio».

    Sembrano delle frasi innocenti: che sarà mai dare un bacio a nonno, una delle persone che ti ama di più nell’universo? Detto così non è niente di grave, ma indirettamente stiamo insegnando a quel bambino/quella bambina di tre o quattro anni che i suoi desideri non sono importanti, che ciò che gli altri fanno con il suo corpo, anche contro la sua volontà, è accettabile e anzi segno di rispetto, affetto, amore e educazione.

    Questi bambini e queste bambine presto saranno adolescenti a cui magari non verrà chiesto il consenso e, quando si ritroveranno con la lingua di qualcun altro in bocca, penseranno: E se ora mi allontano passerò per antipatic*? Maleducat*? L’altra persona si offenderà? Non mi vorrà più bene?

    Se tu sei stat* un* di quest* adolescenti forse saprai cosa si prova quando vorresti dire di no ma le regole sociali che ti sono state insegnate te lo impediscono. Allora il no non lo dici, e ti convinci che non sia poi la fine del mondo, perché era solo un bacio. Ma è comunque una sensazione un po’ spiacevole, vero? Una sensazione che una semplicissima domanda ti avrebbe risparmiato.

    Ricordiamoci che non esiste una prospettiva universale: se ti sembra che chiedere il consenso rovini l’atmosfera, puoi cambiare prospettiva e cominciare a considerarlo un momento magico, ricco di amore e di rispetto. Un gesto grazie al quale l’altra persona ti vedrà come qualcuno che la rispetta a tal punto da domandarle: «È permesso?», prima di entrare a gamba tesa nella speranza di non venir cacciata via.

    Il nostro corpo è la nostra casa; quando siamo ospiti in quella altrui chiediamo: «Posso togliermi le scarpe? Posso appoggiare il cappotto qui?», giusto? Ecco, con lo stesso rispetto e la stessa educazione dobbiamo chiedere all’altra persona cosa possiamo fare e

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