Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Thirds: Oltre i libri vol. 1
Thirds: Oltre i libri vol. 1
Thirds: Oltre i libri vol. 1
E-book499 pagine6 ore

Thirds: Oltre i libri vol. 1

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Unitevi a noi per celebrare l’universo dei THIRDS con questa collezione di racconti brevi scritti partendo da suggerimenti – prompt – inviati dai fans. A volte vogliamo saperne di più sui nostri personaggi preferiti. Da dove vengono, come sono diventati chi sono, le loro famiglie, le amicizie e i dolori passati. Questi frammenti di attimi nel tempo offrono uno sguardo all’interno delle vite dei nostri protagonisti preferiti dei THIRDS. Che parlino di prime mutazioni, della forgiatura di legami indistruttibili o di una notte piena di bravate, queste storie di sicuro arricchiranno la vostra esperienza di lettura dei THIRDS.

* * *

Il libro contiene dei racconti brevi che sono integrativi alla serie dei THIRDS. Anche se conoscere queste storie arricchirebbe la vostra esperienza del mondo dei THIRDS, non è necessario leggerle per godersi la serie.
I volumi della serie THIRDS: Oltre i libri dovrebbero essere letti dopo aver completato la lettura della serie principale dei THIRDS, perché i racconti brevi potrebbero contenere degli spoiler.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mar 2023
ISBN9791220705493
Thirds: Oltre i libri vol. 1

Leggi altro di Charlie Cochet

Autori correlati

Correlato a Thirds

Ebook correlati

Narrativa romantica LGBTQIA+ per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Thirds

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Thirds - Charlie Cochet

    1

    TONY E JOHN – IL DINAMICO DUO

    Prompt: Possiamo vedere Tony e John quando erano detective? Magari durante un appostamento o qualcosa del genere?

    Dannazione, odiava quei lunghi appostamenti. Aveva bisogno di una doccia e gli mancava il suo bel letto comodo, per non parlare del cibo che non veniva servito nella carta argentata o avvolto nel cellophane. Lo sportello dal lato del guidatore venne aperto per lui, e Tony scivolò all’interno dietro il volante con un grugnito di ringraziamento. Passò a John una delle tazze di caffè e chiuse la portiera.

    «Grazie, Anthony.» John gli rivolse quel suo gran sorriso da ragazzino, e Tony scosse la testa disgustato in direzione del migliore amico.

    «Sei fin troppo allegro dopo due giorni di questa merda.»

    John fece spallucce. «Perché non dovrei esserlo? Il tempo è magnifico, sono qui con il mio migliore amico e adesso ho il caffè. Che motivo c’è per non essere felici?»

    Tony si limitò a grugnire in risposta prima di prendere un sorso del suo caffè nero. Dominò la sua espressione sapendo cosa stava per succedere. Tre… due… uno…

    «Oh, mio Dio, pensavo avessi detto che prendevi del caffè,» farfugliò l’altro, con la faccia di uno che sembrava avesse appena assaggiato un limone o qualcosa di simile. Lui si congratulò con se stesso per non aver riso.

    «È caffè,» ribatté in tono piatto.

    John scosse la testa. «No, affatto. È disgustoso. Come se avessero preso i tuoi calzini da ginnastica e li avessero messi a mollo in acqua per giorni, e poi usato quell’acqua per fare questo caffè…»

    Tony ebbe un piccolo conato di vomito al pensiero. «Sei un poliziotto. Il caffè disgustoso viene fornito con il distintivo.»

    «Mi terrò il distintivo, ma il caffè verrà gettato nel fiume con il resto dei rifiuti biologici.»

    Lui si infilò una mano nella tasca della giacca e tirò fuori un mucchio di bustine di zucchero che lasciò cadere in grembo all’amico. «Ecco qua.»

    «Oh, beh, questo cambia le cose,» commentò l’altro in tono ironico. «Ora avrà il sapore di rifiuti tossici dolci.»

    Alzò gli occhi al cielo. «Non avevano nulla di quella roba fru-fru che bevi tu.»

    John fece un gran sorriso. «Di’ di nuovo fru-fru.»

    Tony gli mostrò il medio e l’amico rise fragorosamente.

    «Com’era il film che hai visto con Dex?»

    John fece del proprio meglio per prendersi il diabete mentre versava nel caffè una bustina di zucchero dopo l’altra. «L’ha adorato. C’erano un paio di scene che erano un po’ paurose, ma quando gli ho chiesto se volesse uscire, lui ha scosso la testa, con gli occhi incollati allo schermo. Gina lo ha portato a fare compere il giorno dopo, ed è tornato con una felpa rossa con il cappuccio e la zip proprio come quella che porta Elliott. Lei gli ha anche comprato un piccolo peluche di E.T. e Dex lo ha messo in un cestino che mi ha fatto legare al suo triciclo.» Scosse la testa con una risatina. Sgranò gli occhi e poi si girò verso di lui con un’espressione molto solenne. «Se monta sul triciclo ed E.T. è nel cestino, non perderlo di vista. Continua a cercare di farlo volare. Con lui sopra.»

    Tony fece una risatina nasale. «Come se lo perdessi mai di vista quando gli faccio da babysitter. Se non si sta legando una coperta attorno al collo per provare a buttarsi giù dal divano, sta tentando di usare la sua corda come una frusta.» La sua espressione si fece impassibile mentre osservava l’amico. «Congratulazioni, John, tuo figlio è proprio come te.»

    «Cosa? Intendi affascinante?» chiese l’altro, agitando le sopracciglia.

    «No. Strano.»

    John gli fece un sorrisetto d’intesa. «Significa che non gli farai da babysitter questo fine settimana?»

    Gli occhi di Tony si spalancarono inorriditi al pensiero. «Scherzi? Come se fossi così stupido da mettermi tra Gina Daley e Harrison Ford.»

    L’amico rise. «Già, non sarebbe bello. Ora so perché continuava a suggerirmi di vestirmi da Han Solo per Halloween. Non posso dire di biasimarla. Han è piuttosto sexy.» Fece l’occhiolino a Tony, che ridacchiò.

    «Cavolo, non vedo l’ora di vederti con un Dex adolescente.»

    John per poco non si strozzò con il caffè. «Ma che diavolo, Tony? Ha due anni, è adorabile e non riesco a gestire quanto è tenero con il pigiamino tutto intero. È troppo presto per pensare agli sbalzi di umore, agli odori degli adolescenti o al dover comprare scatole di fazzoletti all’ingrosso.»

    Tony rise fragorosamente. John gli mollò un’occhiataccia e lui si tenne lo stomaco mentre rideva. Non provava alcuna compassione per l’altro. Il suo migliore amico stava finalmente per assaggiare un po’ della propria medicina, e sarebbe stato magnifico. Invece era dispiaciuto per la povera Gina. Doveva avere a che fare con due uomini Daley.

    «Poi arriveranno gli appuntamenti,» lo prese in giro.

    John assottigliò lo sguardo. «Non se ne parla.»

    Lui gli scoccò un’occhiata di traverso. «Davvero? Come se tu non fossi mai uscito con qualcuno. Sono piuttosto sicuro che sia così che sei finito con Dex.»

    «Sono finito con Dex perché ho sposato l’amore della mia vita e abbiamo avuto un bambino stupendo, che resterà per sempre un angioletto innocente.»

    «Giusto. È più probabile che sarà come te prima dell’incontro con l’amore della tua vita. Lasciando una scia di caos e cuori infranti ovunque vada.»

    Il sorriso di John svanì, e lui si accigliò. Gli mise una mano sulla spalla. «Ehi, ti stavo solo sfottendo.»

    «Lo so,» rispose l’altro a voce bassa, scuotendo la testa. Sospirò. «Un giorno gli spezzeranno il cuore, Tony. Arriverà un ragazzo o una ragazza e gli frantumerà il cuore in piccoli pezzi. Penso che sarà peggio degli odori da adolescente.»

    La sua espressione si addolcì. «Beh, quando giungerà quel giorno, compreremo una vaschetta gigante di gelato, prenderemo un mucchio di cucchiai e piangeremo tutti nel gelato assieme a lui.» Il pensiero gli fece formare un groppo in gola. Se Dex era davvero come suo padre, sarebbe stato un libro aperto e avrebbe avuto un cuore troppo grande e tenero per tutte le brutture del mondo. Tony mise la mano sulla nuca di John e la strinse.

    «Dex ha te, Gina e me. Starà bene. Inoltre, se un ragazzo gli spezzerà il cuore, lo zio Tony prenderà la Vecchia Betsy e andrà a fargli una visita.»

    John scoppiò a ridere. «E lo faresti davvero.»

    «Puoi scommetterci. Se qualcuno si prende gioco del mio ragazzo, ne risponderà a me.»

    Il sorriso dell’amico gli illuminò gli occhi azzurri, gli stessi che aveva trasmesso al suo bambino.

    «Grazie,» disse John a voce bassa.

    «Prego. Adesso bevi il tuo rifiuto tossico.»

    L’altro ridacchiò e scosse la testa. «Idiota.»

    Tony stava per prendere un altro sorso del proprio caffè quando un tizio uscì di corsa dall’edificio a diverse porte di distanza. «Merda! È il nostro uomo!»

    Controllò in fretta la strada prima di spalancare lo sportello e poi richiuderlo. Si precipitò lungo il marciapiede, buttando la sua tazza di caffè in un cestino che incrociò mentre correva, con John a più di qualche metro avanti a lui. Dannazione se correva quell’uomo. Anche senza il vantaggio, gli sarebbe stato comunque davanti. Il suo migliore amico poteva essere un saputello, ma quando era ora di fare sul serio, era intenso.

    Avevano aspettato due giorni che il colpevole si facesse vivo, e finalmente avrebbero arrestato quello stronzo. John gli stava gridando di fermarsi, ma il tizio si diede alla fuga in mezzo alla strada e Tony imprecò sottovoce non appena l’amico lo seguì. Quel cazzo di idiota si sarebbe fatto investire da una macchina.

    Mentre correvano per la strada, con le macchine che sgommavano quando si fermavano sbandando e i clacson che suonavano, i tre schivarono i veicoli che arrivavano loro addosso da tutte le direzioni. Lui si sentiva come la rana in quel videogioco a cui John amava giocare. Sperava che nessuno di loro finisse spiaccicato con uno splat. Quasi gli si fermò il cuore quando un’auto andò dritta verso l’amico.

    «John!»

    L’altro non si fermò. Quel dannato figlio di puttana scivolò sul cofano della macchina e continuò a correre come se fosse L’uomo da sei milioni di dollari. Tony lo avrebbe ucciso. Se fossero sopravvissuti a quell’inseguimento, lo avrebbe strozzato. No, aveva un’idea migliore.

    «Fermo!» gridò John, guadagnando terreno sul criminale, quando il tizio svoltò bruscamente a sinistra sulla Quinta Strada. Tony perse l’amico per due secondi prima di girare l’angolo e guardarlo seguire il sospettato dentro un edificio. Raggiunse il palazzo ansimando. Corse su per le scale all’interno della costruzione in arenaria riconvertita quando sentì il trambusto ai piani superiori. «Starai scherzando, cazzo.»

    La porta del tetto venne spalancata e lui fece appello dentro di sé per trovare la forza di andare avanti. Il petto gli bruciava, e gli faceva male tutto. C’era qualcosa di strano nel loro delinquente. Perché non si stava stancando? Tony arrivò sul tetto proprio quando il tizio saltò su quello accanto. Poi vide John prendere velocità.

    «Sei fuori di testa, cazzo!»

    «Andiamo, partner!» L’altro saltò e lo stesso fece il cuore di Tony, dritto nella sua gola. Oh, John l’avrebbe pagata cara per quello. L’amico atterrò rotolando prima di balzare in piedi e schizzare via a tutta velocità. Era una cosa folle. Il suo partner era folle. Lui non avrebbe saltato da un cavolo di palazzo…

    «Anthony, ho bisogno di te!»

    Tony mollò tutte le parolacce e le imprecazioni che conosceva e poi molto altro prima di mettersi a correre più veloce che poteva, dire una piccola preghiera e fare il salto, atterrando con violenza sull’altro lato, ma rotolando come sapevano fare. Si sforzò fino al limite per raggiungere John, e proprio quando ci riuscì, si tuffarono addosso al delinquente, bloccandolo a terra. Il tizio era forte. Quasi più forte di loro. John lo fece girare, e tutti i pezzi andarono al loro posto. Era ovvio dal riflesso della luce nei suoi occhi.

    «È un teriano,» disse John. Allungò un braccio per prendere le manette, e l’uomo alzò le mani in alto di fronte a sé e si rannicchiò come una palla.

    «Per favore, non fatemi del male!» Era sinceramente terrorizzato.

    Tony gli si inginocchiò lentamente accanto. «Ehi, va tutto bene. Non ti faremo del male, ma dobbiamo portarti dentro per interrogarti.»

    «Non ho fatto niente. Per favore.»

    «Perché scappavi?» gli chiese.

    Il tizio spostò lo sguardo da lui a John e viceversa. «Avevo paura. Non è sicuro per persone… come me. Per… i teriani.»

    Tony fece un sospiro profondo. Non poteva obiettare a quell’affermazione. Fin dal giorno del massacro del primo maggio alcuni mesi prima, sembrava che il mondo stesse per finire. La città stava bruciando attorno a loro, cittadini contro cittadini. C’erano così tanta morte e distruzione.

    «Come ti chiami?» domandò John con gentilezza, aiutando il tizio a sedersi.

    «Will.»

    «Will, non ti faremo del male, lo prometto,» disse l’amico. «Ci hanno informato che sei un testimone chiave dell’orribile omicidio di un uomo che è stato fatto a pezzi.»

    L’altro sgranò gli occhi, che poi si riempirono di lacrime, e Tony si dispiacque per quel povero ragazzo. Sembrava avere circa trent’anni, il che significava che era stato infettato quando era molto giovane.

    «Sei un soldato?» gli chiese.

    Il teriano annuì. Abbassò lo sguardo sulle proprie dita. «È così che mi sono infettato. Il dottore dice che… che probabilmente non arriverò ai quaranta.»

    John imprecò sottovoce e scosse la testa. Poggiò una mano con delicatezza sulla spalla di Will. «Non puoi saperlo, Will. Ho sentito che hanno gli scienziati migliori che lavorano su come aiutare i teriani. Non perdere la speranza.»

    «Non importa. Sarò comunque in prigione.»

    Lo aiutarono ad alzarsi. Il poverino si era già arreso. Tony non poteva permetterlo. «Che tipo di teriano sei?» domandò.

    «Ehm, un lupo,» rispose Will. Gli rivolse un sorriso leggero. «Suppongo mi si adatti bene. Mi sono sempre piaciuti di più i cani.»

    Lui ridacchiò. «Beh, siamo piuttosto certi che la vittima del nostro omicidio sia stata uccisa da un teriano con artigli molto affilati.»

    John annuì. «In più è successo tre giorni fa, e dopo essere mutato in forma umana, non saresti stato nelle condizioni di farci correre come non abbiamo mai corso in vita nostra.»

    Will si rianimò. «Giusto. Ce la metto tutta per non cedere al desiderio di mutare. La prima volta che sono tornato umano, i dottori hanno detto che sono quasi morto. Ho il terrore che se succedesse di nuovo non sopravviverei.» Emise un sospiro straziante, le lacrime che gli scendevano sulle guance e il labbro inferiore che tremava. «Non importa. Andrò comunque in prigione. A loro non interessa se sono il tipo giusto di teriano. Il fatto che io sia un teriano è sufficiente. Non sarebbe la prima volta. Sembra che stia succedendo ogni cavolo di giorno.»

    John lo prese per le spalle. «Adesso ascoltami, Will. Non permetteremo che tu vada in prigione per un crimine che non hai commesso. Vieni in centrale, lasciaci raccogliere la tua dichiarazione, le impronte digitali, fare ciò che dobbiamo fare, e noi combatteremo per te.»

    Will spalancò la bocca mentre li fissava. «Voi… Perché?»

    John gli sorrise con affetto e gli diede una pacca sulla spalla. «Perché tu hai combattuto per noi.»

    Dio, amava quell’uomo. Tony non riuscì a trattenere un sorriso idiota. «Fidati di me, Will,» disse, puntando il pollice verso l’amico. «Se questo tizio sa che non sei stato tu, smuoverà mari e monti per assicurarsi che tu ottenga la giustizia che meriti.»

    Will rimase in silenzio un istante prima di annuire, un’espressione determinata che gli si dipingeva sul viso. «Okay.»

    Lo accompagnarono all’auto e lo aiutarono a salire sul retro. Non lo ammanettarono. Qualcosa diceva a Tony che non ne avrebbero avuto bisogno. Mentre guidava diretto alla stazione, sentiva gli occhi di John su di sé.

    «Che c’è?» bofonchiò.

    «Non riesco a credere che tu abbia saltato per me.»

    Tony lo schernì. «Mi prendi in giro? Se non lo avessi fatto, Gina mi avrebbe fatto a pezzi per averti permesso di andartene per conto tuo come quel maledetto idiota che sei. Il che mi ricorda che se farai di nuovo una cosa del genere, tirerò fuori la Vecchia Betsy. Chiaro?»

    John sembrava troppo compiaciuto per il proprio bene, e lui sapeva come togliergli quel sorriso dalla faccia.

    «Ripensandoci, potrei dirlo a Gina.»

    John sussultò. «Non lo faresti.»

    Tony inarcò un sopracciglio. «Vuoi mettermi alla prova, Daley?»

    «Chi è Gina?» chiese Will.

    «Sua moglie, che al momento bilancia il lavoro con un bambino, proprio come lui, che sta attraversando i suoi terribili due anni.»

    Will fece una smorfia. «Ooh, io se fossi in te ammetterei la sconfitta, amico.»

    «D’accordo,» sbuffò l’altro, incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.

    Tony si portò una mano all’orecchio. «D’accordo cosa? Non mi sembrava una promessa.»

    «Prometto che non salterò dai palazzi,» disse John. Tornò il sorriso compiaciuto. «Soprattutto perché il mio migliore amico, che mi vuole bene, salterebbe dopo di me. Perché mi vuole bene.»

    «Non so come faccia Gina a sopportarti,» brontolò lui.

    «Perché lei mi ama, sì, sì, sì,» cantò John.

    «Oddio, e inizia a cantare. Buon Gesù, aiutaci tutti.»

    John continuò a cantare e Tony scosse la testa con una risatina. Il suo amico era proprio matto e fantastico. Non ne avrebbe cambiato una virgola.

    2

    LA NASCITA DI DEXTER J. DALEY

    Prompt: Potremmo vedere magari Tony e i genitori di Dex? Prima o dopo la sua nascita :)

    «È colpa di John,» disse Gina con un gemito, mentre si muoveva lentamente per il salotto.

    Tony ridacchiò e sollevò lo sguardo dal giornale. «Bisogna essere in due per fare certe cose.» Indicò il suo pancione. Ormai poteva dare alla luce il piccolo in qualsiasi momento, e più si avvicinava al parto, più dava la colpa a John. Ovviamente, l’altro non la prendeva mai sul serio. Era un marito affettuoso che faceva del proprio meglio per assicurarsi che Gina avesse tutto ciò di cui aveva bisogno per essere a suo agio. Erano preparati quanto potevano esserlo due futuri genitori.

    Gina lo scrutò inarcando un sopracciglio prima di assottigliare gli occhi azzurro chiaro. Lui alzò con attenzione il giornale di fronte a sé per nascondere la faccia. Se lei avesse avuto anche il minimo sentore che la trovasse divertente, gli avrebbe tirato un cuscino in testa. Non sarebbe stata la prima volta. John aveva commentato in più di un’occasione che, per essere una donna incinta, aveva i riflessi di un ninja.

    «Non intendevo quello.» Gemette di nuovo, e Tony le lanciò un’occhiata per accertarsi che stesse bene. Lei si accarezzò la pancia mentre camminava. «Questo bambino pensa che io sia un percorso a ostacoli. È come John. Si agita sempre.»

    «Già, ma ami quel grosso idiota.»

    Gina fece un sospiro da scolaretta. «Sì. È così carino.»

    Tony rise. «Ecco perché la fa sempre franca. Gli basta sbattere quei begli occhioni e tu sei spacciata.»

    Lei sbuffò in modo molto ironico. «Ti prego. Come se tu fossi immune a quel sorriso.»

    «Non è il sorriso che mi frega,» ribatté lui scuotendo la testa. «È quella dannata fossetta. E il fatto che faccia comunque quel che diavolo vuole.»

    «Amiamo entrambi quell’idiota, quindi sei fregato quanto me. Qual è il titolo sulla prima pagina di oggi?»

    «Oh, no.» Tony chiuse in fretta il quotidiano e lo piegò mentre Gina gli mollava un’occhiataccia. Aveva ricevuto istruzioni molto chiare sul non permetterle di leggere i giornali. Alcuni mesi prima, il governo aveva dato il via al database teriano, richiedendo che i teriani si recassero alla più vicina clinica CDC per la classificazione. Si vociferava che stessero creando un sistema che li avrebbe obbligati a essere marchiati. John era stato furioso, così come lui. Gina era stata furibonda, aveva lanciato una campagna contro quella mossa ed era diventata il primo ufficiale medico all’Ufficio di Registrazione del CDC a offrirsi volontario per lavorare esclusivamente con i teriani, un ruolo che aveva preteso fosse introdotto. Nessuno diceva di no a Gina Daley.

    John aveva deciso che leggere i quotidiani sarebbe stato off limits per un po’. I titoli la turbavano troppo. Certo, Gina era testarda quanto il marito. Dirle che non poteva fare una cosa era come lanciare una sfida.

    Gina Daley era una splendida giovane donna alta un metro e sessanta senza tacchi, aveva i capelli biondo scuro e gli occhi azzurri più chiari che Tony avesse mai visto. Sembrava angelica nel suo vestito rosa premaman da fuori, eppure poteva mettere una paura del diavolo a qualsiasi mortale, lui incluso.

    «Tony, dammi il giornale.»

    Sbatté le palpebre in modo innocente. «È sotto il mio sedere.»

    «Non mi importa. Inoltre, ho visto il tuo sedere.»

    Il viso gli andò in fiamme. «Non è stata colpa mia.»

    «È vero,» convenne lei. «Ma è questo che ti succede quando lasci che John ti convinca a spogliarti per protestare contro la segregazione teriana al campus. Vi stava facendo ottenere soltanto un sacco di curiosi che si fermavano a sbirciare. Era come una frenesia vorace. Sai quanti studenti ho dovuto cacciare quel giorno? Che geni voi due.»

    Tony scrollò le spalle e fece del proprio meglio per non ridere al ricordo. «Eravamo una coppia di stupidi ragazzini del college.» Povero John. Il fatto che fosse più terrorizzato di perdere Gina per le sue bravate che di essere buttato fuori dalla scuola la diceva lunga. Lei si era incavolata con il fidanzato, ma lo adorava, pazze buffonate e tutto il resto. Lui aveva imparato la lezione piuttosto in fretta dopo quell’episodio. «È stato molto tempo fa, Gina. Siamo entrambi maturati.»

    «È successo due anni fa.»

    Tony contrasse le labbra. «Ho un vuoto.»

    «Tra le orecchie. Come John. Dammi il giornale.»

    Lui si portò una mano al petto. «Ahia. Vuoi che ti prenda della cioccolata o altro?»

    «Anthony Maddock, giuro che se non mi dai quel cavolo di giornale, io ti…» Emise un verso che era la combinazione di un gemito e di un grido, che spaventò Tony a morte. O stava per farlo nero di botte o aveva appena avuto la sua prima contrazione. Si fissarono l’un l’altra con gli occhi sgranati.

    «Era…?»

    Gina annuì.

    «Pensi che sia arrivato il momento?» Rimase a guardare l’amica che gironzolava, inspirando ed espirando attraverso la bocca. Meno di un minuto dopo, arrivò un’altra contrazione; Gina le provò tutte, ma non riuscì a farla smettere.

    «È colpa di John!»

    «Sì, è tutta colpa sua. Respira. Io prendo la tua borsa.» Balzò su dalla sedia e si tuffò verso il quotidiano prima che potesse afferrarlo lei. Scosse la testa. «Donna, stai per entrare in travaglio! Lascia perdere quel dannato giornale!»

    «Va bene!» Inspirò ed espirò a fondo dalla bocca mentre lui correva a prendere la sua borsa per l’ospedale dall’armadio dell’ingresso. Loro tre avevano messo a punto un piano di azione per essere preparati per quel giorno. Gli giunse all’orecchio un altro grido, e Tony si affrettò a tornare in soggiorno. Dove diavolo era John?

    Come per magia, l’amico entrò dalla porta. «Ehi, piccola. Ti ho portato il gelato alla stracciatella e le patatine.» Fece quel suo gran sorriso da ragazzino.

    «John, è tutta colpa tua!» strillò Gina.

    «Che cosa?» L’uomo spostò lo sguardo tra la moglie e Tony. «Che ho fatto?» Sgranò gli occhi e sussultò. «Giuro, è solo un graffio.»

    Oh-oh.

    Gina si girò per guardarlo, ansimando e sbuffando mentre faceva del proprio meglio per controllare la respirazione. «Cos’è solo un graffio?»

    «Ehm…» L’altro spostò gli occhi sgranati in direzione di Tony, implorando aiuto in silenzio, ma lui non aveva idea di cosa diavolo stesse parlando il suo migliore amico. Conoscendolo, poteva essere qualsiasi cosa. John doveva essersi reso conto di cosa stava succedendo, perché spalancò la bocca mentre fissava la moglie. «Aspetta, stai… stai per entrare in travaglio?» Si precipitò da lei e le prese una mano. Gli occhi gli diventarono lucidi e un gran sorriso gli si aprì sulla faccia. «Stiamo per avere un bambino.» Comparve la fossetta, e Gina era spacciata: scoppiò in lacrime di gioia.

    «Stiamo per avere un bambino.»

    «Okay. Dobbiamo, ehm…» Corse in corridoio, aprì l’armadio e poi emise un grido terrorizzato. «È sparita!»

    «John,» lo chiamò lui, cercando di attirare l’attenzione dell’amico che correva freneticamente di qua e di là per la casa, spalancando porte per poi sbatterle. Tornò sfrecciando in soggiorno.

    «La borsa è sparita! Oddio, non sono preparato per questo!»

    Gina emise un lamento doloroso e John si unì a lei. Tony non sapeva se ridere o unirsi anche lui. Sollevò il borsone di fronte a sé.

    «John. La borsa è proprio qui.»

    L’altro gliela strappò dalle mani. «Non potevi dirlo prima?»

    «Ci ho provato,» si difese lui, trattenendo una risata.

    «Va bene, andiamo.» John prese Gina per un braccio e respirò con lei mentre si dirigevano verso la porta d’ingresso. Visto che l’amico era assorto in altri pensieri, come non andare fuori di testa, lui chiuse a chiave. John aiutò la moglie a montare sul retro della Firebird nera e oro di Tony e poi salì dietro di lei, lasciando la borsa per terra. Con un sorriso, Tony la poggiò sul sedile del passeggero. Probabilmente era meglio che la tenesse lui.

    Restò calmo, lasciando che fosse John a fare tutta la cosa della respirazione e degli urli mentre lui li portava all’ospedale. Fu adorabile guardare il suo migliore amico trasportare praticamente Gina all’interno. Le ronzò attorno, parlò con lei, respirò con lei e la confortò. Fece un milione di domande, stette dietro alle infermiere, chiese loro delle cose che aveva letto nei libri. Mentre John si prendeva cura della moglie, Tony si prese cura dell’amico. Se non lo avesse fatto lui, chi altro se ne sarebbe occupato? Si accertò che l’altro avesse scorte fresche di caffè, e quando venne il momento, gli fu chiesto di aspettare fuori dall’infermiera. Solo alla famiglia era permesso di restare, e di solito si trattava soltanto dei genitori.

    «No.» John scosse la testa in direzione della donna mentre teneva stretta la mano di Gina. «Lui fa parte della famiglia. Resta qui.»

    Tony deglutì oltre il groppo che aveva in gola. «John, non fa niente.»

    L’altro non voleva saperne. «Devi restare.» La sua espressione si ammorbidì. «Per favore.»

    Come poteva dire di no? Annuì, cercando di fare del proprio meglio per non cedere alle lacrime che minacciavano di sgorgare, soprattutto nel momento in cui Gina tese la mano libera verso di lui. La prese, imprecando sottovoce quando lei praticamente gli spezzò le dita.

    John rise, le lacrime che gli scorrevano sulla faccia. «Adesso il dolore è distribuito in parti uguali.»

    Tony gli avrebbe mostrato il medio se la stanza non fosse stata piena del personale dell’ospedale. Per quelle che sembrarono ore, Gina urlò, respirò, spinse, li maledisse, li minacciò, scoppiò in risate sporadiche e quindi in lacrime, mentre lui e John facevano lo stesso. E poi Tony udì un forte grido, che non era venuto né da Gina, né da suo marito, né da lui.

    «Questo ragazzino ha proprio dei bei polmoni,» commentò con una risata.

    «Li ha presi… da… John,» disse Gina, senza fiato.

    «Congratulazioni, signore e signora Daley. È un bimbo bellissimo e sano.» L’infermiera porse un fagotto a Gina, che scoppiò di nuovo a piangere. Tony tirò fuori il proprio fazzoletto. Cavolo, stavano strillando peggio del neonato. La stanza si fece silenziosa, e John baciò la moglie. A lui si gonfiò il cuore, e fu costretto a dare le spalle a quel momento tenero. Si diffondeva dalla coppia così tanto amore, mentre stringevano il loro piccolino. Tony si sentiva fortunato a farne parte. Gina e John non erano solo i suoi migliori amici. Erano la sua famiglia. Li amava intensamente.

    Un paio di braccia forti lo avvolsero da dietro, e John gli premette la testa contro la schiena. «Grazie.»

    Lui ridacchiò. Si girò nelle braccia dell’amico e lo strinse. «Per cosa?»

    «Per essere il fratello che non ho mai avuto ma sempre voluto.»

    Buon Gesù, quell’uomo lo avrebbe fatto morire. «Essere padre ti ha reso sentimentale.»

    John rise, gli occhi azzurri che scintillavano. Si scostò con un gran sorriso. «Sono un padre!»

    «Che il Cielo ci aiuti tutti,» lo prese in giro. «Quel ragazzino sarà molto viziato.»

    «Da chi? Da te?» L’altro tornò al capezzale di Gina e le sorrise, mentre lei cantava a voce bassa al loro piccolino.

    «Mi appello al Quinto Emendamento,» dichiarò Tony. Gina gli fece segno di avvicinarsi e scostò la morbida copertina blu in modo che lui potesse dare uno sguardo a quel piccolo fagotto rugoso. Aveva i grandi occhi azzurri della mamma e labbra rosa imbronciate con guance rosse. Era assolutamente adorabile. Tony gli voleva già bene.

    Gina sorrise con affetto al suo bambino. «Anthony Maddock, ti presento Dexter Justice Daley. Dex, ti presento tuo zio Tony.»

    Dex lo fissò prima di mettersi un pugnetto in bocca. Non stava fermo un istante, si dimenava e faceva versi da neonato, come se fosse già pronto per iniziare a parlare.

    «Signore, sarà un monello.» Tony non riusciva a smettere di sorridere. Baciò Gina su una guancia. «Congratulazioni, tesoro. È bellissimo.»

    John fece dei versetti a Dex prima di schiarirsi la gola. «Potrei aver fatto un piccolo graffietto alla tua Camaro.»

    Tony alzò le mani e fece un rapido passo indietro. «Io non c’entro nulla.»

    «Sei fortunato che sono troppo stanca e innamorata del mio bambino per strozzarti.»

    «Ti amo anch’io.» John ridacchiò e poi baciò Dex sopra la testa. «E tu, mio ometto. Ecco la tua prima lezione. Mai fare un graffio alla macchina della mamma. È preziosa. Non quanto te, però.» Fece degli altri versetti e Tony scosse la testa, divertito. «Dobbiamo fare una foto.» L’amico si precipitò alla borsa per l’ospedale di Gina.

    «John, ho un aspetto orribile.»

    John tornò da loro di corsa, con in mano la sua nuova scintillante Canon da 35 mm. Baciò la moglie e le fece scorrere una mano sul capo con affetto. «Piccola, sei raggiante. Andiamo. È il primo giorno di Dex con la sua nuova famiglia.»

    Ecco di nuovo la fossetta.

    «Okay.» Gina tenne il piccolo tra le braccia, e Tony si mise più vicino mentre John dava istruzioni all’infermiera per come fare la foto. Dopo aver finito, si posizionò accanto alla moglie. Strizzò l’occhio a Tony ed entrambi si sporsero per darle un bacio sulla guancia, facendola ridacchiare. Si udì un click e l’infermiera fece qualche altro scatto, prima che Gina dicesse di essere stanca. L’infermiera prese il piccolo Dex, ma non prima che tutti l’avessero coccolato un altro po’.

    Lasciarono a riposare la neomamma e andarono a prendersi dell’altro caffè. John era silenzioso, cosa inusuale per lui.

    «Ehi, stai bene, amico?»

    John annuì e poi si asciugò un’altra lacrima dall’occhio. «Sono padre.»

    «Già, proprio così,» ribatté lui con un sorriso, quando l’amico aggrottò la fronte. Era preoccupato. «Ehi, sarai un papà fantastico.»

    «È piuttosto terrificante sapere quanto lui dipenda da me. Guarderà a me per tutto. Qualsiasi cosa io dica o faccia potrebbe avere un impatto sul tipo di uomo che diventerà. E se… e se faccio un casino?»

    Tony lo afferrò per le spalle. «John, Dex starà benone. Sai perché lo so?»

    «Perché?»

    «Perché ha te per padre.»

    L’altro sorrise. Tirò su con il naso e si asciugò gli occhi. «Grazie.»

    «Tra te e Gina, quel piccoletto non potrebbe essere più amato.»

    «Ha anche te,» gli ricordò John.

    «Vero.» Di qualsiasi cosa Dex avesse avuto bisogno, Tony ci sarebbe sempre stato per lui. «Povera Gina. Adesso ha due bambini che creano scompiglio.» Se quel piccolo era come suo padre, l’avrebbe mandata fuori di testa.

    «Ehi!» John gli diede una spinta scherzosa. «Protesto per il paragone.»

    Tony rise e insieme uscirono nel piccolo giardino all’esterno del bar. Era tranquillo. Si sedettero l’uno accanto all’altro a sorseggiare i loro caffè. Ogni volta che lui lanciava un’occhiata all’amico, lo trovava con un gran sorriso da scemo sulla faccia. Sì, sarebbe stato un papà eccezionale.

    «Non vedo l’ora,» disse John piano.

    «Di cosa?»

    «Tutti quei primi momenti di famiglia. Solo noi tre. Il primo Natale di Dex, il suo primo dentino, i suoi primi passi. Il primo compleanno. Il primo giorno di scuola.»

    «La prima cotta. Il primo appuntamento.»

    John fece una smorfia. «La prima volta che gli si spezzerà il cuore.»

    Tony gli diede una pacca sulla schiena e sorrise. «Il primo giorno al college. Il suo primo amore.»

    «Già.» L’amico gli poggiò la testa contro la spalla con un sospiro. «Sarà grandioso.»

    3

    LE FOLLIE DEL COMPLEANNO DEL PICCOLO DEX

    Prompt: Il quarto o quinto compleanno di Dex? L’ultimo con John e Gina e zio Tony? Mi immagino Dex, una pentolaccia e John che riesce in qualche modo a far prendere fuoco, un fuoco alimentato dallo zucchero, all’asino di carta non esplosiva. Finisce con la faccia nella torta? Un’altra figuraccia altrettanto fantastica e Tony che cerca di non farsela sotto mentre guarda.

    Tony entrò nella casa, salutando i vari genitori che erano in piedi a chiacchierare. Ragazzini urlanti sfrecciavano in giro con indosso le tute dei Ghostbusters, brandendo dei disintegratori che sparavano delle stelle filanti spray verdi. Poteva solo immaginare cosa avesse promesso John a Gina per fare in modo che le stesse bene quel casino.

    Qualcosa gli diceva che all’amico sarebbe toccato di strofinare e di ripulire un sacco dopo la festa. Una roba appiccicosa verde e dei fili dello stesso colore sembravano coprire ogni cosa, abbinandosi ai palloni e ai festoni verdi, così come alla tavola, colma di cupcake verdi, biscotti di riso soffiato, una grossa torta bianca a due strati che era stata imbrattata di melma e un sacco di altri dolci verdi molto ricchi dall’aspetto appiccicoso.

    Tony poggiò il suo regalo di compleanno sul tavolo assieme alle dozzine di altri. Stava per mettersi a cercare John quando Dex gli si fiondò addosso con un abbraccio a sorpresa.

    «Tony!»

    «Ehi, ometto!» Sollevò Dex, fingendo che pesasse una tonnellata. «Ooh, la mia schiena. Come hai fatto a diventare tanto grande? Hai solo quattro anni, no?»

    Il bimbo rise. «Ne ho cinque, stupidino!»

    «Cinque? Davvero?»

    L’altro annuì. «Oggi è il mio compleanno, ricordi?»

    Tony sussultò per finta. «È per questo che ci sono tutti questi palloni? È il tuo compleanno? Meno male che ho portato un regalo allora, eh?»

    «Evviva!» Dex gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte. Quando si tirò indietro, aveva gli occhi sgranati per l’eccitazione, e ruotò il torso in modo che lui potesse vedergli la schiena. «Papà ci ha fatto gli zaini protonici, proprio come quelli dei Ghostbusters!»

    «Wow, pensavo che fossero veri!»

    Il bimbo ridacchiò. «No. Quello sarebbe un guaio.»

    «Hai ragione. A proposito di guai. Dov’è tuo padre?» Mise giù Dex, e sorrise quando il piccolo gli indicò le scale. Proprio in quel momento, Tony udì la risata di Gina. Era allegra e contagiosa. Non poté fare a meno di unirsi a lei quando l’amica scese i gradini ridendo così tanto da avere le lacrime agli occhi.

    «Oh, Signore. Che ha combinato stavolta?»

    «Non riesco…» rantolò lei, piegandosi in due e tenendosi lo stomaco. «Tu… di sopra.»

    «Mammina, mammina, possiamo mettere un po’ di musica?» chiese Dex, saltellando tutto eccitato.

    Gina si asciugò gli occhi e, tirando su con il naso, riuscì a controllarsi quanto bastava per annuire. «Certo, piccolo. Andiamo.»

    Tony si preparò. Chissà che diavolo aveva combinato il suo migliore amico adesso? Salì al piano di sopra, girò e si diresse lungo il corridoio quando lo vide.

    «Buon Gesù.»

    Solo la testa di John era visibile, il resto del corpo era inghiottito dal costume dell’omino gigante della pubblicità dei Marshmallow. Era talmente imbottito e gonfio che era rimasto incastrato nella porta. Tony gli si fermò davanti scuotendo il capo, incredulo.

    John fece un broncio triste. «Sono incastrato.»

    Lui aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì nulla. La chiuse e lo esaminò, lo sguardo che andava a posarsi sull’espressione patetica del suo migliore amico, e tutto d’un tratto Tony si ritrovò a reggersi al muro, senza riuscire a respirare per quanto rideva forte.

    «Grazie, amico. Non sei affatto di aiuto.» John grugnì e ringhiò mentre cercava di liberarsi. Più si contorceva e strattonava, più lui rideva forte.

    «Oddio.» Stava per restare a corto di ossigeno. Cavolo, quanto voleva aver portato la sua macchina fotografica. Ma cosa stava pensando? Gina probabilmente aveva già fatto parecchie foto. Tony era disteso di schiena sulla moquette del corridoio, le mani sul fianco dove aveva dei crampi, mentre faceva del proprio meglio per non alzare gli occhi su John.

    «Bastardo! Aiutami!»

    Tony si rimise in piedi. Strinse le labbra e si posizionò davanti all’amico. Valutando la situazione, alla fine gli piazzò le mani sul petto e spinse.

    «Wow. Sei proprio incastrato di brutto.»

    «Dimmi qualcosa che non so.»

    «Sono stato io a mangiare la tua ciambella, ieri.»

    John sussultò, sgranando gli occhi. «Come hai potuto? Traditore!»

    «Ne avevi già mangiate due. Conosci le regole.»

    L’altro sbuffò. «Non riesco a credere che tu e mia moglie abbiate cospirato contro di me.»

    «No, siamo solo d’accordo sul fatto che

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1