Una scomoda verità: Harmony Destiny
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Dopo la pubblicazione di un libro in cui l'ex fidanzata molto arrabbiata svela tutti i segreti del suo successo, mettendolo in grave imbarazzo, l'ultima cosa di cui il potente milionario Shane Colborn ha bisogno è un'altra relazione. Tuttavia resistere a Dana Rivers si rivela impossibile. Quando però scopre la vera identità della donna con cui ha trascorso una notte appassionata, Shane comprende il reale obiettivo di Dana: distruggere lui e la sua compagnia. E in effetti lei cercava vendetta per suo padre, finché non scopre che l'uomo che crede il suo peggior nemico potrebbe trasformarsi nell'amore della sua vita.
Miniserie "I Segreti di Chicago" - Vol. 1/4
Barbara Dunlop
Tra le autrici più note e amate dal pubblico italiano.
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Una scomoda verità - Barbara Dunlop
successivo.
1
«Non rispondere» gridò Dana Rivers, correndo sul parquet del disordinato loft.
«Non sarà lui» replicò Jennifer Shelton, rovistando nella borsetta.
Dana, con un paio di morbidi calzini ai piedi, s'insinuò fra una pila di scatoloni e l'altra, mentre il telefono continuava a trillare. «È lui.»
«No, non...» Jennifer guardò il display del cellulare e poi Dana. «È lui.»
L'altra le strappò il telefono di mano. «Non cederai.»
«Non lo farò.» La sua voce, tuttavia, non suonò per niente convinta.
«Lui è morto per te» sillabò Dana, indietreggiando di qualche passo.
«Forse lui...»
Dana premette un tasto, annullò la chiamata e s'infilò il cellulare nella tasca dei jeans. «Pensi che sia dispiaciuto?»
Jennifer strinse le labbra. «Magari lo è.»
Dana si diresse verso la zona cucina dell'ampio open space che condivideva con l'amica. Davanti a lei si apriva una vetrata inclinata che si affacciava sullo skyline di Chicago. I lucernai decoravano l'alto soffitto e due balconate abbracciavano entrambi i lati della spaziosa area rettangolare.
Il cellulare vibrò nella sua tasca.
«Ridammelo» le intimò Jennifer, avvicinandosi.
Dana si ritrasse dall'altro lato dell'isola della cucina. «Che cosa mi hai detto ieri sera?»
«Potrebbe essere un cliente.»
«Che cosa mi hai detto ieri sera?»
«Dana!»
«Se è un cliente, richiamerà.»
Erano quasi le sette di sera di martedì. Sebbene Dana e Jennifer si vantassero di essere sempre disponibili per i clienti della loro attività di web design, non sarebbe cascato il mondo se, per una volta, non avessero risposto.
«Che razza di servizio rendiamo in questo modo?»
Dana estrasse il telefono dalla tasca e guardò il display. «È lui.» E annullò.
«Forse c'è qualcosa che non va.»
Le sorrise. «Certo che è così! Ha capito che tu facevi sul serio.»
Sul pianale c'era uno scatolone con l'etichetta vino. L'aprì. Grazie al cielo, aveva posto nello stesso imballo anche il cavatappi. Il più era ricordare dove fossero i bicchieri. Indicò un altro imballo all'amica.
«Guarda in quello bianco.»
«Non puoi tenere il mio telefono in ostaggio.»
«Certo che posso. Mi hai fatto giurare che non te lo avrei reso.»
«Ho cambiato idea.»
«Niente ripensamenti.»
«Tutto questo è ridicolo!»
«Impediscimi di parlare con quel figlio di... Tanto per citare le tue stesse parole. I bicchieri saranno di sicuro là dentro.»
Jennifer irrigidì la mandibola.
Dana sollevò le braccia al cielo e andò a rovistare nello scatolone bianco. «Ti ha ingannato, Jen.»
«Era ubriaco.»
«Si ubriacherà ancora e t'ingannerà di nuovo. E non credo che questa fosse la prima volta.»
«Sono certissima che...»
«Ma ti ascolti quando parli? Devi essere sicura al cento per cento che sia così, altrimenti fuggi da lui.»
«Sei un'idealista.»
«Ah!» Aveva trovato i bicchieri. Ne estrasse due e andò a sciacquarli nel lavello. «Ecco qua. Bentornata, ragazza.»
Jennifer scivolò su uno degli alti sgabelli. «È che lui è così...»
«Egocentrico?»
«Volevo dire sexy.»
«Esistono molti uomini con pettorali e glutei tonici come i suoi.» L'amica infilò la mano nello scatolone accanto a lei e scrollò le spalle. «Dimmi che ho ragione.»
«Hai ragione.»
«Mettici un po' più di convinzione.»
Jennifer sospirò e tirò fuori alcuni album di vecchie foto e li pose sul ripiano. «Lo penso davvero. Ora posso riavere il mio telefono?»
«No, ma potrai avere un bicchiere di eccellente Merlot.»
Le due ragazze avevano consumato parecchio vino scadente insieme. Erano amiche dai tempi del liceo e avevano vinto entrambe una borsa di studio alla Columbia University per il corso di graphic design. Vivevano insieme da quattro anni, condividendo progetti, allegria e segreti. Dana si fidava di Jennifer. Non quando, però, si trattava di Ashton Watson.
L'amica sragionava davanti a quell'affascinante incantatore. Lo aveva scaricato già tre volte negli ultimi quattro mesi, tuttavia, ogni volta, lui era riuscito a riconquistarla, giurandole che sarebbe cambiato. E Jennifer lo aveva ripreso.
Dana non intendeva permetterglielo più. Quel tipo non aveva idea di cosa significasse stare in coppia.
Jennifer trovò anche tre buste e le pose accanto agli album. «Non ho sete.»
«Sì, invece.» Spinse verso di lei uno dei bicchieri.
Nello scatolone, c'erano anche un portafoglio di pelle piuttosto lisa e altri oggetti. «È roba di tuo padre?»
«Era in uno dei cassetti di un mobile. Ho messo via tutto quando ho svuotato l'appartamento e non me la sono sentita di guardarla.»
«Vuoi che rimetta ogni cosa nello scatolone?»
Dana sapeva che non poteva più rimandare. Si sedette anche lei su uno sgabello e bevve un lungo sorso di vino. «Sono pronta. Sono trascorsi tre mesi.»
Jennifer rigirò tra le mani una vecchia scatola di legno. «Sigari?»
«Credo che fumasse solo sigarette.»
«È antica e di ottimo cedro.» Il coperchio era assicurato con una piccola chiusura di ottone.
Dana sentiva ogni giorno la mancanza del padre che era stato malato per lunghi mesi prima di morire. Sebbene non conoscesse i dettagli, sapeva che era consumato da una sofferenza interiore, probabilmente dal momento in cui sua madre se n'era andata quando lei era piccola. Almeno, adesso, era in pace.
Jennifer aprì la scatola. «Denaro.»
Dana, confusa, si sporse in avanti per accertarsene.
«Monete.» L'amica sollevò dei contenitori di plastica contenenti monete d'oro e d'argento. «Sembra una collezione.»
«Spero che non siano preziose.»
«Perché mai?»
«Ha lottato tutta la vita per arrivare alla fine del mese. Odio pensare che lo abbia fatto per lasciarmi queste.»
«Comprava comunque il whisky migliore» le fece notare Jennifer.
Dana sorrise al ricordo. Nato e cresciuto ad Aberdeen, Ian Rivers amava lo scotch forte e corposo.
«Che cos'è questa?» L'amica trovò anche una busta ripiegata che conteneva una foto. Ritraeva un uomo in piedi, in un ufficio angusto, le mani appoggiate su una scrivania di legno.
«È mio padre.»
Jennifer aprì meglio la busta.
«C'è una lettera.»
«A mio padre?»
Doveva avere un valore sentimentale particolare. Dana si domandò se non fosse di sua madre, Alison. Sebbene lei non li avesse mai cercati, era bello credere che, almeno una volta, avesse pensato a loro.
«È di tuo padre, indirizzata a un certo Dalton Colborn.»
Le si annodò lo stomaco. Non sentiva quel nome da anni.
«Lo conosci?»
«Non l'ho mai incontrato. Era il proprietario della Colborn Aerospace e socio di mio padre.»
«Tuo padre era coinvolto in quell'affare?»
«Allora la compagnia era molto diversa. Si chiamava D&I Holdings e chiuse quando ero piccola.» Dana osservò la foto. «Dalton e mio padre erano ingegneri. Fondarono la ditta insieme ma le cose non funzionarono. Ricordo che mio padre andava su tutte le furie al solo sentire pronunciare il nome di Colborn.»
«C'è incollato un francobollo da trentadue centesimi. È proprio vecchia e non è mai stata spedita.»
«Leggila» la esortò Dana.
«Ne sei sicura?»
Annuì e ingollò un altro sorso di vino.
«Sicurissima.»
Shane Colborn lanciò un libro dalla copertina fucsia sulla propria ampia scrivania in ciliegio. Justin Massey, capo del dipartimento legale della Colborn Aerospace, lo afferrò al volo, prima che scivolasse a terra.
«Un colpo basso...»
Detestava leggere di sé. Gli articoli economici erano già sufficienti. Le riviste scandalistiche ancora peggio. Quel pasticcio era raccapricciante.
«Non c'è verso di arginarlo» commentò Justin. Fece una breve pausa. «Quanto c'è di vero?»
Shane faticò a sgombrare la mente dall'astio.
«Non lo so. Un venti, trenta per cento. Date, luoghi e fatti sono accurati. Comunque, sicuramente, a letto, non parlo come un poeta del XVIII secolo.» Lanciò un'occhiata severa all'altro che ridacchiava. «Oh, taci.»
«Non ho aperto bocca.»
Spinse bruscamente indietro la poltrona di pelle e si alzò. «Non ho flirtato con nessuna donna davanti a lei. Poi... spilorcio? E la limousine, i ristoranti, gli abiti e le feste? Le ho anche regalato un braccialetto di diamanti blu per il suo compleanno!»
Un acquisto che rimpiangeva. Tuttavia, Bianca aveva messo il broncio finché non aveva ceduto. Doveva ammettere che, sebbene la loro rottura fosse stata spiacevole, si sentiva liberato.
«Quello che mi preoccupa di più è il capitolo sei» osservò Justin.
«Dove mi accusa di collusione e spionaggio industriale?»
«Ai clienti non importa che cosa fai a letto. Sono più attenti ai prezzi e agli inganni.»
«Non sono un truffatore.»
«Lo so.»
Era rassicurante che il suo legale lo stimasse. «Pareva che non ne fossi certo.»
«Non devi convincere me.»
Shane fissò la volgare copertina del libro. «Esiste la maniera per confutare le accuse?»
«No, se non desideri una battaglia di lui ha detto, lei ha detto da parte dei media. Sai bene che Bianca parteciperà a tutti i talk show locali. Ogni mossa in più non farà che prolungare la faccenda.»
«Quindi, meglio che io taccia.»
«Esatto.»
«E lasci credere che non valga niente a letto?»
«Ho già avvisato i nostri clienti che le accuse di spionaggio e collusione sono ridicole. Posso anche menzionare la tua vita sessuale, se desideri.»
«Sei un vero burlone.»
«Ci provo. Hai avuto notizie dalla Gobrecht?»
Lui scosse la testa.
La Gobrecht Airlines aveva la propria sede a Berlino e loro stavano per stringere un accordo per venti nuovi jet a corto raggio. Il Colborn Aware era il loro pezzo migliore e il favorito. Se la Gobrecht si fosse impegnata all'acquisto, la Beaumont Air di Parigi avrebbe seguito il loro esempio con un contratto di anche maggiore entità.
Justin si diresse verso la porta. «Il tuo profilo pubblico è sempre stato ottimo negli affari. Tuttavia, potresti stare lontano per un po' dai titoli dei giornali?»
«Non ho mai desiderato ritrovarmici. Pensavo che Bianca sapesse come stessero le cose.»
Bianca gli era stata presentata dai Miller. Era la figlia di uno dei loro migliori amici, e Shane aveva presunto che fosse cresciuta tra persone altolocate. Non avrebbe mai pensato che fosse una pettegola. Né avrebbe immaginato che avrebbe scritto un libro scandalistico.
«Difficile sapere di chi fidarsi.»
«Mi fido di te.»
«Sono obbligato a essere affidabile e fedele per contratto» replicò Justin.
«Mi hai suggerito un'eccellente idea. La prossima volta che uscirò con una donna, le farò firmare un accordo di riservatezza prima dell'antipasto.»
«Meglio se non frequenti nessuna per un po'.»
«Non suona molto divertente.»
«Leggi, dedicati a qualche hobby.»
«Come il golf o la pesca?»
«Non so dove potresti pescare intorno a Chicago. Però il golf non sarebbe male.»
«Ci ho provato una volta. Mi sarei sparato.» Shane rabbrividì al pensiero.
«Non si tratta della palla ma della conversazione, dovresti saperlo.»
«Solo le persone noiose giocano a golf.»
«I ricchi giocano a golf.»
«Preferisco fare immersioni o tirare al bersaglio.»
«Fallo, allora.»
Shane aveva considerato entrambe le alternative, sognando un lungo weekend nelle isole Keys o un cottage rustico in montagna. «Non è facile trovare il tempo.»
«Ora che sei tornato single, ne avrai parecchio.»
«C'è una riunione del consiglio venerdì. Mercoledì inizieremo i lavori di scavo per la nuova ala del dipartimento ricerca e sviluppo. Poi, sabato sera, ospiterò la