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Un jolly in tasca
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E-book281 pagine4 ore

Un jolly in tasca

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Info su questo ebook

L’ex Berretto Verde delle Forze Speciali, Sacha Wilder, detto Joker, è davvero bravo a distruggere le cose. Come membro silenzioso della Four Kings Security, passa le sue giornate a lavorare al fianco dei commilitoni e del suo cane, Chip, un belga Malinois testa dura addestrato a localizzare esplosivi. Anni di esperienza in ambito militare e privato hanno reso Joker pronto a praticamente qualunque cosa, tranne l’attrazione che è esplosa tra lui e Giovanni Galanos.

Quando l’uomo torna dai suoi viaggi all’estero, ammalia tutti con il suo aspetto da affascinante filantropo miliardario, però Joker sa che non è tutto oro quello che luccica. Gio nasconde qualcosa, ma più tempo Joker trascorre con lui, più la sua armatura inizia a frantumarsi, lasciandolo esposto e a rischio di perdere il suo cuore, cosa che si era promesso non sarebbe mai accaduta.
L’amore è per i perdenti, e lui non lo è.

Per anni, Gio ha dedicato la sua vita alle opere di beneficienza e ad aiutare le persone in giro per il mondo. Ma quando le cose si mettono molto male durante un viaggio, decide che è arrivato il momento di tornare a casa per sempre. Il desiderio di mettere su famiglia e di un certo ex Berretto Verde con un gran brutto carattere rende Gio impaziente di ricominciare a vivere negli States. Per quanto Joker continui a fare lo spaccone e a lamentarsi, nessun altro lo fa sentire così al sicuro.
Se solo vedesse che sono perfetti insieme.

Il pericolo però trama nell’ombra: qualcuno ha preso di mira Gio, e dei segreti stanno per essere rivelati. Se Gio e Joker vogliono avere un futuro insieme, dovranno affrontare verità difficili da accettare, perché quando c’è in ballo l’amore, non basta avere un jolly in tasca per sistemare tutto.
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2022
ISBN9791220703680
Un jolly in tasca

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    Un jolly in tasca - Charlie Cochet

    1

    Merda.

    Joker si bloccò.

    Non aveva mai affrontato un pericolo del genere, nemmeno nelle Forze Speciali. Nel corso della sua carriera aveva combattuto di tutto, da terroristi a malvagi signori della guerra, più un sacco di altre cose, ma non aveva mai incontrato niente del genere. Per fortuna non l’avevano visto. Poteva ancora filarsela.

    All’inizio del turno aveva memorizzato dove si trovavano le uscite, quindi valutò rapidamente le sue opzioni. Il backstage era fuori questione. Poteva nascondersi dietro l’attrezzatura per il suono, oppure…

    «Ehi!»

    Cazzo.

    Cinque uomini si diressero verso di lui, ognuno più terrificante dell’altro. Avrebbe potuto affrontarli uno alla volta, ma insieme? Non aveva nessuna possibilità. Perlomeno non era solo. Giusto! Aveva un’arma pelosa di distrazione di massa.

    «Sei stato addestrato per questo, bello,» disse a Chip, grattandolo dietro le enormi orecchie a punta. Il cane lo guardò sospettoso, e lui scoppiò a ridere. «Sì, hai ragione. Meglio te che me. Preparati. Arrivano.»

    La Banda dei Ragazzi.

    Cosa avevano in comune un miliardario, un parrucchiere, un cowboy, un genio del computer e un fotografo di moda? Avevano tutti una relazione, o erano sposati, nel caso di Colton, con uno dei suoi commilitoni. Ma non era quella la parte spaventosa. Oh, no. Perché ognuno dei suddetti commilitoni era innamorato da far schifo e aveva una relazione monogama e seria, mentre lui non era, e non sarebbe mai stato, un perdente innamorato. Quindi, la Banda dei Ragazzi aveva deciso che Joker doveva essere una specie di cucciolo abbandonato e bisognoso di affetto, cibo e coccole.

    D’accordo, non era così male. E poi ora poteva approfittarsi della situazione e far diventare matti i suoi amici. Se Colton voleva dargli da mangiare, Fitz abbracciarlo e sistemargli i capelli e Laz presentargli modelli bellissimi, perché rifiutare dei gesti così sinceri? Leo gli forniva una scorta infinita di snack per trovare il suo preferito, e allora? Cosa doveva fare, spezzargli quel cuoricino delicato? E Mason, beh, lui era divertente da prendere per il culo.

    La cosa peggiore, però, era quando i membri della Banda decidevano qualcosa all’unanimità, o quando qualcuno, da vero stupido, li faceva incazzare. Il capo era il miliardario Colton Connolly. Il responsabile di tutto. Da quando era entrato nelle loro vite e Ace, amico di Joker, si era innamorato di lui, tutti gli altri erano caduti a uno a uno come sdolcinate tessere del domino, con occhi a cuore e pantaloni gonfi come tende da campeggio. Che vergogna. Senza alcun controllo.

    Anche il loro capo, King, il grande gigante irascibile che aveva sempre considerato troppo furbo per essere fregato dall’amore, si era preso una cotta per un bel nerd che era un mostro con i computer. Cosa stava succedendo?

    Quando erano nell’esercito aveva visto un cazzo di edificio cadere addosso a King, che se l’era cavata con qualche botta e graffio. Poi si era innamorato di Leo e bam! Un attimo dopo, aveva iniziato a preparargli biscottini a forma di pesce. Con gli zuccherini. Zuccherini.

    «Va’ e stendili,» mormorò Joker a Chip.

    Il cane abbaiò e corse via saltellando come un enorme coniglio nero, e scodinzolando così forte che sembrava che il sedere potesse cadergli da un momento all’altro. Era una mossa infallibile. La Banda dei Ragazzi si trasformò in un mucchio di idioti balbettanti che riempivano di moine e coccole Chip, il quale si godeva le attenzioni come i suoi bocconcini preferiti, quelli di salmone essiccato. Joker li capiva. Erano quelle orecchie da belga Malinois. Impossibile resistere. Fitz alzò lo sguardo, e lui sospirò. Certo. Andava sempre così. Maledizione.

    «D’accordo,» mugugnò, e gli fece segno di avvicinarsi.

    Con una risata, Fitz gli scivolò vicino, perché era alto e sinuoso come una stella di Hollywood, quindi non camminava, ma fluttuava. Lo prese tra le braccia e lo strinse forte e, a causa della differenza di statura, Joker si ritrovò il viso spiaccicato contro il petto del parrucchiere. Perché i suoi commilitoni non si mettevano mai con tizi che non fossero dei giganti? Anche Leo era più alto di lui. Dannati stronzi spilungoni.

    Sentì qualcosa nell’auricolare e fece un sorriso malvagio. Avvolse le braccia intorno a Fitz ed emise un basso mormorio nell’ascoltare la voce di Jack.

    «Ehi, le telecamere sono accese. Dove sei?»

    Fece un altro verso divertito. «Al centro del palco, a palpare il tuo ragazzo.»

    Silenzio. Poi Jack domandò: «Cosa?»

    Fitz ridacchiò. «Che cattivone.»

    «Al centro del palco,» ripeté Joker.

    Un attimo…

    «Se gli avvicini le mani al culo, anche solo di un centimetro, ti aprirò profili su tutte le app per appuntamenti del Paese,» sibilò Jack. «Mollalo.»

    «Ma è così caldo,» mormorò lui. Chiuse gli occhi e fece un sorriso felice.

    Il ringhio nell’auricolare gli provocò una risata, e lasciò andare Fitz. «Il tuo ragazzo sta diventando un uomo delle caverne per la gelosia.»

    L’altro si girò verso la videocamera più vicina e soffiò un bacio. Joker sentì all’orecchio un sospiro davvero ridicolo. Già, perdente totale. Scosse la testa per la vergogna. Però il suo migliore amico e compagno di birichinate era sempre stato uno sdolcinato.

    «Sì, goditi il tuo cinismo finché puoi,» disse Jack. «Uno di questi giorni, quando meno te l’aspetti, ti beccherai una cotta così forte da farti venire il colpo della strega.»

    Joker alzò il dito medio verso la videocamera. «Rimangiatelo, stronzo!»

    «Col cavolo. E quando succederà, sarò lì a ridere come uno scemo e godermi ogni momento.»

    «Basta. Il tuo stato da migliore amico è revocato. D’ora in poi, al tuo posto ci sarà Ace.»

    «Evvai!» urlò Ace nell’auricolare. «Devo preparare delle magliette personalizzate?»

    Lui si strinse l’attaccatura del naso. «Lasciamo perdere. Jack, sei di nuovo tu il mio migliore amico.»

    «Oh, no!»

    Potevano quasi sentire Ace che metteva il muso.

    «Ma le magliette le preparo lo stesso. Sulla mia faccio scrivere Dite ciao al mio piccolo amico, mentre la tua…»

    Joker gemette. «Non dirlo.»

    «Piccolo amico

    Tutti gli altri collegati via auricolare scoppiarono a ridere, e Joker fece loro un altro dito medio. «Stronzi.» Non si sarebbe fatto fregare dall’amore come loro. Manco morto.

    Qualcuno attraversò la pesante tenda nera del palco e si diresse verso Chip. Proprio lui.

    Il cuore iniziò a battergli più forte, e sussurrò a Fitz: «Che ci fa lui qui?» E insieme alla Banda dei Ragazzi? D’accordo, era il migliore amico di Colton e il fratello di Laz, ma non era un Ragazzo. Dopotutto, ormai i Berretti Verdi erano finiti. Beh, tranne lui, e no, non ci sarebbe mai cascato. Col cazzo. Non si sarebbe innamorato di Giovanni Galanos anche se fosse stata l’ultima persona sulla Terra.

    Fitz seguì il suo sguardo furioso. «Oh, è stato Gio a farci avere i biglietti per il concerto e i pass per il backstage. Non lo sai che lui e Nia si conoscono bene?»

    «Ma certo,» mugugnò Joker. Gio era un cazzo di santo. Adorato dai media, filantropo, miliardario, amico di una delle più famose popstar del mondo. E quanto era profonda l’amicizia con la bellissima cantante? Non che gliene fregasse qualcosa. Non erano affari suoi. Lui era lì per lavoro.

    L’arena, una delle più capienti di tutta la Florida, aveva chiesto aiuto ai Kings per gestire la sicurezza di uno dei più grandi concerti mai avvenuti in decine di anni. I biglietti erano andati esauriti in pochi minuti. Quella sera ci sarebbero stati più di venticinquemila spettatori, quindi non sarebbero stati gli unici a garantire la sicurezza. Loro dovevano occuparsi dell’interno dell’arena e proteggere gli aiutanti di Nia intenti a preparare il necessario. Un’altra compagnia avrebbe gestito la sicurezza durante il concerto, mentre la cantante sarebbe rimasta sotto la protezione della propria scorta.

    Con così tanti gruppi diversi in un posto solo c’erano grossi rischi di far cazzate, quindi Joker era felice che King fosse a capo di tutto. Se qualcuno avesse provato a creare problemi con lui o la sua squadra, sarebbe bastata un’occhiata per farlo scappare a gambe levate a cercare la mamma. Ormai preparava i biscotti al suo compagno, ma in passato era stato il secondo in comando della loro unità. Nessuno era così stupido da far incazzare Ward Kingston o da non pentirsene subito molto amaramente.

    «Non sono mai stato in un’arena prima del concerto,» commentò Fitz, osservando le impalcature, le attrezzature sparse qua e là e diversi pezzi di macchinari.

    Joker si strinse nelle spalle. Ormai erano anni che lavorava nella sicurezza per eventi. Gli era tutto familiare. «Adesso non è niente di che, ma tra tipo sei ore sarà davvero figo. A proposito, che ci fate qui così presto?» Lui era lì già da diverse ore, ma l’ultima cosa che gli serviva era avere Gio tra i piedi. Se avesse saputo che si sarebbe fatto vivo, non si sarebbe offerto volontario per un cazzo di turno da dodici ore. Con concerti come quello, poteva accumulare abbastanza straordinari da prendersi un paio di giorni liberi, dopo.

    «Finito il tour del backstage, andiamo tutti a cena in un ristorante VIP, poi Nia deve tornare per il concerto.»

    Joker aggrottò la fronte. Una cena per chissà quante persone con una delle cantanti più fighe del pianeta? Un vero incubo logistico. «Di chi è stata quest’idea geniale?»

    «Del manager di Nia. Lei voleva cenare in privato con noi, ma lui non ha voluto giocarsi un’occasione mediatica così ghiotta.»

    Gio scoppiò a ridere, e Joker per istinto si girò verso di lui. «Occasione mediatica?» Si costrinse a riportare lo sguardo su Fitz, che gli fece l’occhiolino.

    «Non lo sai?»

    «Cosa?»

    «È stato Gio a far diventare famosa Nia. Ogni tanto torna in Grecia a visitare il paesino dove è nata sua madre.» Fitz mosse una mano. «Allora, era in un piccolo paese in Grecia, qualche anno fa. Non ricordo il nome, solo quanto fosse triste sentire Gio descriverne la povertà. Una storia incredibile. Ma dovrai chiedere a lui di raccontartela, una volta o l’altra.»

    Poco probabile. Joker non lo disse, però Fitz sollevò gli occhi al cielo come se sapesse quello che stava pensando. Da quando l’altro aveva iniziato a uscire con Jack, avevano avuto modo di conoscersi bene. Se una cosa riguardava Gio, lui non ne voleva sapere niente. Quel tipo poteva anche affascinare tutti quanti, ma non lui. Se sembrava troppo bello per essere vero, era di sicuro falso. Nessuno poteva essere perfetto. Non c’era uomo che potesse essere magnifico sia dentro che fuori, sia miliardario che santo. Gio nascondeva qualcosa.

    Quasi potesse sentirlo, l’uomo si girò e gli fece un gran sorriso che gli illuminò gli occhi e gli formò delle piccole rughe, perché cazzo, non smetteva mai di sorridere. Chi cavolo lo faceva tutto il tempo? Un ricciolo scuro gli cadeva maliziosamente sulla fronte e il resto dei capelli era in disordine. Succedeva ogni volta che se li faceva crescere un po’ troppo. Ma Joker non faceva attenzione a roba del genere.

    Come sempre, l’aspetto di Gio era impeccabile, dalle scarpe di marca, ai pantaloni eleganti grigio scuro, fino alla giacca nera e attillata. La carnagione olivastra, dovuta alle sue origini greche, non era perfetta come quella dei molti modelli super sexy che Joker si era scopato negli ultimi mesi, anche se di sicuro non era il tipo da prestare attenzione alle leggere lentiggini o alle piccole imperfezioni sul viso dell’altro, o al fatto che avesse il labbro superiore più carnoso di quello inferiore. Doveva aver emesso qualche suono, perché Fitz gli punzecchiò il fianco.

    «Cosa c’è?» ringhiò Joker.

    «Comportati bene,» ribatté l’altro.

    Lui inarcò un sopracciglio, facendolo scoppiare a ridere. «Non so di che stai parlando. Cazzo, sono l’incarnazione delle buone maniere.»

    Mason e Lucky arrivarono appena in tempo per sentirlo pronunciare quella frase. Il primo alzò la testa e fece una gran risata.

    «Che c’è di divertente, cowboy?»

    «Niente,» ribatté l’uomo con il suo forte accento texano. «È solo che, quando c’è Gio, hai questa abitudine di appoggiare il culo sugli speroni.»

    Mason e i suoi stramaledetti modi di dire.

    «Non so cosa significhi, ma questa è la risposta.» Joker gli fece il dito medio e il cowboy scoppiò di nuovo a ridere. «E comunque, che cavolo ci fai qui? Pensavo ascoltassi solo quella merda di country.»

    «Fanculo. Ascolto buon country.» Si grattò il mento, coperto da una barba leggera. «E sono qui perché certe persone hanno insistito.» Inclinò la testa verso Colton, che stava a qualche metro di distanza e parlava con Laz e Gio.

    «Ancora non hai imparato a dirgli di no, vero?» Joker rise nel vederlo spalancare gli occhi.

    «È una persona terribile.»

    Leo inclinò la testa, pensieroso. «Davvero?»

    Oh, caro piccolo Leo. Così ingenuo. Ma era quello che lo rendeva speciale. Era come un coniglietto coccoloso, un coniglietto che però, grazie al suo cervello, era anche la persona più pericolosa in quella stanza. Persino suo padre, generale dell’esercito, lo aveva tenuto nascosto dai membri del governo per paura di quello che loro, o altri Stati, avrebbero fatto per mettergli le mani addosso. Se non fosse stato per King, ci sarebbero riusciti.

    Gio era senza dubbio la persona preferita di Chip, che però proteggeva Leo come nessun’altro, soprattutto dagli estranei. Quasi sapesse che doveva essere tenuto al sicuro a ogni costo. A proposito…

    Joker si girò verso il giovane. «Non pensavo che ti sarebbe piaciuto stare qui.» Al di fuori della loro famiglia, Leo di solito non si trovava bene in mezzo alla gente, figurarsi in un’arena con migliaia di altre persone. Era proprio l’opposto di ciò che lo faceva sentire a proprio agio.

    L’altro distolse lo sguardo dai tizi che stavano spostando computer e attrezzature. Indicò in alto, dietro di loro, verso la zona riservata al proprietario.

    «Guarderò da lassù. Per il resto, ma stai scherzando?» Gli occhi gli si fecero larghi e pieni di emozione. Oh-oh. Stava per avere uno dei suoi nerdorgasmi. «Hai idea di quanta tecnologia e programmazione serva per un concerto di Nia? Ha un team specializzato nel trasformare le sue idee in realtà grazie a computer e progettazione. Tutto perfettamente sincronizzato con musica e coreografia. I suoi ologrammi sono il non plus ultra! E la parte migliore è che Gio mi farà conoscere la sua squadra. Alcuni lavoravano per la NASA! Ho così tante domande.»

    Joker annuì. «Immagino.»

    «Ehi, ti ho portato una cosa da assaggiare.» Leo infilò una mano nella tasca della giacca e ne estrasse un pacchettino. Glielo porse con un gran sorriso. «Fettine di banana verde fritte. So che le hai già assaggiate, però queste sono più sottili e croccanti. Irresistibili. Non quanto i crackers Goldfish, naturalmente, ma questo è ovvio.»

    Joker prese la confezione e gli fece l’occhiolino. «Grazie.» La mise in una delle tasche dei pantaloni mimetici scuri, poi un latrato attirò la sua attenzione. Chip, quel traditore, stava andando fuori di testa, come al solito. Perché, naturalmente, la persona che il suo cane adorava era proprio il tizio che lui voleva evitare.

    «Anch’io sono felice di vederti,» chiocciò Gio mentre si avvicinava al cane ridendo e facendogli i complimenti; Chip intanto cercava di comunicare con lui in un miscuglio di latrati, guaiti e ululati. Tremava tutto di gioia e gli leccava qualunque parte arrivasse a tiro della sua lingua enorme. Se fossero stati a casa di Colton, o da qualche altra parte dove c’erano i suoi giocattoli, gliene avrebbe portato uno, perché lo amava alla follia. Stronzo.

    Gio si fermò di fronte a Joker con un sorriso gentile. «Ciao, Sacha.»

    «Giovanni,» mugugnò lui.

    L’altro diede un’ultima grattatina dietro l’orecchio di Chip, poi il cane tornò a sedersi accanto a Joker. Gio aprì la bocca per dire qualcosa, ma apparvero Ace e Lucky per salutare tutti o, più probabilmente, perché non stavano bene se non respiravano la stessa aria dei loro compagni.

    «Hai un bell’aspetto,» commentò Gio.

    Lo guardò di sottecchi. «Mi hai già visto vestito così.» La solita maglietta nera con il logo della Four Kings Security sulla parte sinistra del petto e il nome della compagnia in bianco sulla schiena, pantaloni mimetici scuri e scarponi. «Ho la stessa uniforme di tutti gli altri.»

    Gio si chinò in avanti e piegò appena le labbra in quel suo modo così malizioso. «Ma a nessuno sta bene come a te.» Il tono era basso e vellutato, non che lui stesse facendo attenzione alla sua voce roca.

    Joker lanciò un’occhiata verso il bordo del palco, dove c’era Saint, con i bicipiti che quasi facevano scoppiare le maniche della maglietta. Era alto più di un metro e ottanta, con due spalle enormi, cosce muscolose, perfetto come una statua. Aveva proprio l’aspetto da Navy SEAL, e in passato lo era stato. Anche Gio si girò per vedere cosa stesse osservando, poi riportò lo sguardo su di lui, con un sorriso da saputello.

    «Confermo quello che ho detto.»

    Joker sbuffò. «Ma certo.» Non aveva problemi con il suo corpo. Era muscoloso, magro, e aveva il doppio della resistenza di molti tipi della Four Kings Security, anche quelli più giovani. Poteva far mangiare la polvere a tutti loro. Era agile, sportivo, e aveva un talento naturale per la ginnastica. Forse, se l’universo non fosse stato così stronzo, avrebbe potuto dargli qualche centimetro in più di statura, ma vabbè.

    «Tu e Chip ci sarete domani al barbecue a casa di Colton?»

    Rispose senza pensare. «Certo. Ovvio.» Merda, un attimo…

    «Perfetto! Allora ci vediamo là.»

    Dannazione. Avrebbe dovuto immaginarlo. Fanculo. All’inizio aveva evitato ogni occasione a cui Gio avrebbe potuto essere presente, ma ben presto si era accorto che era inutile. Ormai era tornato e sarebbe stato parte delle loro vite che lui lo volesse o no, anche se davvero non capiva il perché del suo improvviso ritorno. Aveva viaggiato in giro per il mondo per anni a fare chissà cosa per beneficienza, e poi tutt’a un tratto, un giorno aveva chiamato Laz e gli aveva detto che sarebbe tornato per sempre? Perché?

    «Sacha?» gli giunse la voce di Jack dall’auricolare.

    Joker sospirò. Odiava essere chiamato con il suo vero nome, ma l’amico lo conosceva da decenni, da prima che uno dei loro commilitoni morti gli desse un soprannome. «Che c’è?»

    «Uno degli addetti al palco ha colpito la camera tre con dell’attrezzatura che stava trasportando. Deve averle dato una bella botta. È tutta storta. Puoi andare a dare un’occhiata?»

    «Certo.»

    Oh, che peccato. «Devo andare. Il dovere chiama.»

    «Sta’ attento,» disse Gio con un’espressione sincera.

    Lui annuì e ignorò la leggera stretta al cuore. Nessuno dei suoi amici capiva perché facesse così lo stronzo con Gio, il che era divertente, dato che si comportava così praticamente sempre, ma qualcosa in quell’uomo gli faceva provare delle sensazioni, e la cosa lo faceva incazzare un sacco. Fin dalla prima volta in cui avevano parlato, Joker aveva avuto una reazione viscerale nei suoi confronti, e ne era molto seccato. Nessuno poteva avere così tanto controllo su di lui. Nessuno.

    «Andiamo,» ordinò a Chip. Si diressero nel backstage, poi lui estrasse dalla tasca un piccolo tablet e entrò nel portale di sicurezza che Jack aveva creato per l’evento. Trovò la camera tre e aggrottò la fronte. Era appena fuori dal camerino di Nia. Ordinò subito a Chip di fare una ricognizione.

    Avevano già controllato la zona più volte, però nelle ore successive avrebbero fatto altri giri di perlustrazione. L’auricolare si attivò di nuovo, e Joker sentì la voce bassa e roca di King.

    «Ragazzi, attenzione. Nia e i suoi aiutanti stanno arrivando. Coordinatevi con la vostra squadra.»

    «Ricevuto,» rispose lui, insieme a Ace, Lucky e Jack. Continuò a seguire Chip mentre il cane controllava attentamente ogni angolo. Joker si fermò di fronte alla camera tre posizionata davanti al camerino e si mise a osservarla. Era piegata fuori asse. «Cristo, ma con cosa l’hanno colpita, un mattone?» Si era appena infilato il tablet in tasca quando Chip emise un ringhio di avvertimento. Si girò e lo vide con il naso premuto contro la porta del camerino. Premette il pulsante dell’auricolare. «Jack, Nia è già qui fuori?»

    «Non ancora, però dei membri del suo entourage hanno cominciato ad arrivare.»

    «Ricevuto. Chip è disturbato da qualcosa nel suo camerino. Entro a controllare.»

    «Fammi sapere se servono rinforzi.»

    «Certo.» Joker mormorò un ordine in tedesco e Chip si mise subito al suo fianco. Si avvicinarono lentamente alla porta, spostandosi su un lato. Lui girò in silenzio la maniglia, ma era chiuso a chiave. Brutto segno. Bussò. «Sicurezza. Tutto bene lì dentro?» Nessuna risposta.

    «Sicurezza!» Iniziò a colpire con forza l’uscio. «Rispondete, ora. È un ordine.» Ancora niente.

    Chip ringhiò di nuovo, il pelo ritto, e Joker fece un passo indietro.

    «D’accordo. Se non rispondete o aprite, entrerò io. Avete cinque secondi. Cinque, quattro, tre…»

    La porta si aprì appena, e un paio di occhi azzurri lo fissarono dallo spiraglio. «Che vuoi?»

    Joker alzò un sopracciglio. «Chi sei?»

    «Chi sei tu?» urlò il tizio. Un ringhio leggero risuonò accanto a Joker, e l’uomo abbassò lo sguardo su Chip. Spalancò gli occhi e deglutì rumorosamente. «Volevo dire, ehm, ciao, scusa. Posso aiutarti?»

    Lui afferrò il battente della porta e sogghignò. «Sì, puoi dirmi chi sei e che ci fai lì dentro.»

    «Sono Jiles, del reparto attrezzature.»

    «Ancora non si spiega perché sei in quel camerino, Jiles.»

    Il tipo aprì e si fece da parte, così che loro potessero entrare. Chip iniziò subito ad annusare dappertutto e Joker si

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