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Sherlock Holmes e il mistero della slitta
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Sherlock Holmes e il mistero della slitta
E-book69 pagine57 minuti

Sherlock Holmes e il mistero della slitta

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Giallo - racconto lungo (51 pagine) - Sherlock Holmes a Firenze: un torbido mistero di morte e di potere


Firenze, 1904: Holmes e Watson prendono una vacanza affittando una villa nella parte nord della città, a ridosso delle colline e delle residenze del Re e dei maggiorenti fiorentini. Ma si imbattono in una strana storia, fatta di preti dallo strano carattere, di slitte russe distrutte, e di uno scrittore  americano rapinato: Mark Twain.

La morte aleggia nel buio: e non è la cosa peggiore.


Enrico Solito è considerato uno dei massimi esperti italiani di Sherlock Holmes. Past president de "Uno studio in Holmes", l'associazione degli appassionati  italiani, è iscritto ad analoghe associazioni negli USA, Australia, Francia, Inghilterra e Giappone. Primo non anglofono a conseguire il  brevetto di CHS(d) della Franco Midland Hardware Company inglese (Certfied in Holmesian Studies, distinguished) è stato il primo Italiano a essere nominato membro dei Baker Street Irregulars di New York, la più antica ed esclusiva associazione sherlockiana (non ci si può  iscrivere nè chiedere l'iscrizione, solo attendere di essere chiamati). Collabora con la "Sherlock Magazine" italiana da circa dieci anni. Ha scritto decine di articoli di critica pubblicati in Australia,  Francia, Inghilterra, Giappone e Stati uniti, e curato per anni la  rivista de "Uno studio in Holmes", oltre che ad essere editor (con G.  Salvatori) di due volumi editi dai BSI negli USA. I suoi apocrifi  sono stati editi in Giappone  e tradotti in varie lingue. Ha inoltre scritto (con S. Guerra) una Enciclopedia di Sherlock Holmes e un volume (con Guerra, Vianello ed altri) sui viaggi di Conan Doyle in Italia, nonché vari romanzi e racconti gialli non holmesiani.

LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2023
ISBN9788825424232
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    Sherlock Holmes e il mistero della slitta - Enrico Solito

    Capitolo 1

    Alla fine del 1903 Sherlock Holmes prese di sorpresa tutto il mondo con la brusca e inaspettata decisione di ritirarsi in campagna. Agli inizi del nuovo secolo l’attività di Sherlock Holmes era arrivata al massimo livello consentito alla sua pur infaticabile fibra: egli era ormai considerato non più solo il miglior detective d’Inghilterra, ma uno dei più esperti dell’Europa intera. Ci si rivolgeva a lui dalla Prussia, dal Portogallo, dagli stessi Stati Uniti. Solo nel 1902 il mio amico aveva affrontato e risolto qualcosa come 42 indagini successive, che avevano messo a dura prova la sua sagacia e la sua resistenza. Sono di quell’anno, per esempio, l’avventura del cavaliere inesistente, il caso dell’alpinista ladino e la curiosa vicenda dell’orologio del Re d’Italia, ritrovato da Holmes a Dublino. Perciò la scelta di occuparsi esclusivamente di api nel suo cottage del Sussex non fu affatto accettato da chi aveva bisogno del grande Sherlock Holmes, e il mio amico continuò a essere subissato di richieste che gli impedivano la vita quieta che si era prefissato.

    Mi confidò, verso il Natale del 1904, che stava subendo una vera e propria persecuzione e che cominciava a ritenere che fosse necessario per lui un soggiorno all’estero di una certa durata, che lo rendesse irreperibile. Per pura combinazione mi era arrivata, proprio in quei giorni, una lettera del Conte Stibbert, cugino di un mio ex–commilitone, che mi pregava di intercedere presso Sherlock Holmes perché si recasse a Firenze a visionare la sua collezione di armi. Facendomi forte dell’attrattiva di questa proposta, riuscii a organizzare un soggiorno nella città toscana, e nei primi mesi del 1905 ci recammo in Italia.¹ Le prime settimane volarono via veloci come il vento di quelle regioni in inverno; ci dedicavamo a esplorare i capolavori d’arte della città, conducendo comunque una vita appartata nella villa affittata per noi dal Consolato Britannico, poco fuori città. Il personale di servizio era efficiente e discreto, così da darci l’impressione che la casa fosse abitata da fantasmi gentilissimi e premurosi che indovinavano ogni nostro desiderio; quasi come se tutto fosse spontaneo e naturale, e che i fiori freschi che ogni mattino adornavano la nostra tavola spuntassero direttamente da quel legno e non fossero colti da mani esperte e cortesi.

    – Bene, Watson, – mi disse una mattina Sherlock Holmes, mentre consumavamo la nostra colazione – devo dire che si respira una strana atmosfera in questa città, non trova?

    – Cosa vuol dire?

    – Lei ha visto che scenario si apre ai nostri occhi. Uno splendido giardino, pieno di sole e di vita. E questa villa: colori chiari, sfolgoranti. Dobbiamo essere davvero grati ai signori Pazzi che ce l’hanno prestata; è splendida, razionale, perfetta. Guardi la purezza di quegli archi, la linea di quei finestroni a bifora. In verità, riassume in sé lo spirito di tutta la città. Eppure, crede lei che in questo mondo di razionalità e purezza, semplicità e perfezione, non vi sia spazio per la malvagità, l’irrazionale, il criminale? Ve ne è, ve ne deve essere, come dappertutto. E deve essere tanto più potente e nascosto che nella nebbia della nostra Londra, o nelle foschie della brughiera!

    – Ma andiamo! Lei vede nero dappertutto…

    – Eppure è così – ribatté Holmes, alzandosi e avvicinandosi all’enorme finestrone che dava sul vasto giardino. – Mi creda, c’è da ringraziare la Divina Provvidenza che ha voluto confinare la fantasia e l’intelligenza dei Latini in un luogo ove tutto è luce, e poco è nascondibile. Se il genio dei loro criminali potesse esprimersi nei vicoli nebbiosi della nostra metropoli, Scotland Yard sarebbe impotente a fermarli.²

    – A ogni modo mi sembra che malgrado le sue perplessità il nostro soggiorno sia piacevole e riposante.

    – Oh, senza dubbio. La nostra vita qui è molto tranquilla, Il Conte Stibbert è gentilissimo e la sua collezione affascinante; gliene parlerò, prima o poi.³ La comunità inglese è proverbialmente riservata, e il personale discreto. Quanto al riposo non è certo quello che manca… ma non credo che durerà a lungo.

    – Questa poi! E cosa glielo fa pensare?

    – La scampanellata che ho udito poco fa. A quest’ora del mattino non può certo trattarsi di ospiti; e i fornitori non si presentano mai all’ingresso principale della villa. Credo che ci siano novità per noi, caro Watson, e questi passi concitati per le scale ne sono la conferma. Sì, – aggiunse sfregandosi le mani – siamo di nuovo in ballo e se proprio vuole saperlo, me ne rallegro di cuore. Entri, entri pure, caro signore! – esclamò spalancando la porta.


    ¹. Queste date sembrano contraddire l’affermazione di Watson, in altri racconti ribadita, che Holmes si ritirò nel 1904. Probabilmente egli intendeva dire che gli ultimi casi furono affrontati alla fine del 1904, e quindi l’investigatore si ritirò nel Sussex proprio al ritorno da questa avventura,

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