Sherlock Holmes e l'avventura del chimico avvelenato

Di Enrico Solito

Giallo - racconto lungo (36 pagine) - Un infernale intrico apparentemente impossibile... Un enigma della camera chiusa.

Chi ha avvelenato il più famoso chimico inglese?

Come è possibile che l'indiziato principale sia uscito da una camera chiusa?

Ma d'altra parte, quale altra soluzione è possibile?

Un giallo in stile Agatha Christie per Sherlock Holmes.

Enrico Solito è considerato uno dei massimi esperti italiani di Sherlock Holmes. Past president de "Uno studio in Holmes", l'associazione degli appassionati  italiani, è iscritto ad analoghe associazioni negli USA, Australia, Francia, Inghilterra e Giappone. Primo non anglofono a conseguire il  brevetto di CHS(d) della Franco Midland Hardware Company inglese (Certfied in Holmesian Studies, distinguished) è stato il primo Italiano a essere nominato membro dei Baker Street Irregulars di New York, la più antica ed esclusiva associazione sherlockiana (non ci si può  iscrivere nè chiedere l'iscrizione, solo attendere di essere chiamati). Collabora con la Sherlock Magazine italiana da circa dieci anni. Ha scritto decine di articoli di critica pubblicati in Australia,  Francia, Inghilterra, Giappone e Stati uniti, e curato per anni la  rivista de Uno studio in Holmes, oltre che ad essere editor (con G.  Salvatori) di due volumi editi dai BSI negli USA. I suoi apocrifi  sono stati editi in Giappone  e tradotti in varie lingue. Ha inoltre scritto (con S. Guerra) una Enciclopedia di Sherlock Holmes e un volume (con Guerra, Vianello ed altri) sui viaggi di Conan Doyle in Italia, nonché vari romanzi e racconti gialli non holmesiani.

• Lingua: Italiano
• Editore: Delos Digital
• Data di uscita: 28 feb 2023
• ISBN: 9788825423631

Anteprima del libro

Capitolo 1

Nelle povere note che sono andato redigendo a proposito delle molte avventure affrontate insieme a Sherlock Holmes, durante i tanti anni della nostra amicizia, ho sempre cercato di offrire al pubblico la veridica narrazione dei casi in cui più emerse la straordinaria intuizione o, come direbbe lui, la sua capacità logico deduttiva, senza mai indulgere agli aspetti sensazionalistici che potrebbero accattivare le simpatie del pubblico. Anche se Holmes mi ha sempre accusato di esagerare con quelli che lui chiama aspetti romantici, credo onestamente di aver sempre messo in evidenza nelle mie storie proprio quei processi di ragionamento su cui egli ha basato il suo modo di lavorare e i suoi successi. Spesso, però, la necessità di rispettare la vita privata delle persone coinvolte e di lasciare che le loro esistenze non fossero ulteriormente turbate dallo sbandierare al pubblico le tragiche vicende in cui erano state coinvolte mi hanno costretto a tenere nel cassetto e negare al pubblico alcune delle vicende più oscure e quelle in cui meglio rifulse proprio quel metodo logico che rese celebre il mio amico.

Questa che sto per raccontare, insieme forse alla strana vicenda del pellicano azzurro, rappresenta proprio una delle più importanti di quelle occasioni e dei più straordinari casi affrontati da Holmes.

Da diversi giorni oramai eravamo quasi reclusi in casa. Holmes non aveva casi particolari di cui occuparsi e una noiosa pioggia sconsigliava decisamente ogni ipotesi di passeggiata nei parchi. Anche quella mattina osservavo malinconicamente le gocce tamburellare monotone sui vetri delle nostre finestre, sostituendo col suo ticchettio il suono della grida dei ragazzi che corrono per la strada, o l'allegro scalpiccio dei cavalli al trotto sull'acciottolato. Dopo aver esaurito tutte le riviste mediche da consultare mi misi a tamburellare nervosamente una mano sul bracciolo della mia poltrona, e infine mi alzai a osservare dalla finestra l'acqua riversarsi lenta e costante nei ruscelletti che si accumulavano nel mezzo della strada, e i pochi passanti umidi e infreddoliti che passavano sotto le nostre finestre.

– Come mai così agitato Watson? Non fa che guardar fuori dalla finestra. Venga piuttosto qui a leggere accanto al fuoco – fece Holmes, senza alzare il viso dal giornale che consultava da un paio d'ore, certo occhieggiando nella colonna degli annunci personali alla ricerca di qualche messaggio strano in grado di destare la sua attenzione.

– Che orribile noiosa pioggia! – replicai innervosito. – Sono sette giorni che non fa che diluviare. Ci sono volte che detesto essere inglese!

– Può sempre dare le dimissioni e diventare irlandese – commentò ridacchiando il mio amico. – Ma lì piove ancora di più, mi dicono.

– Irlandese io? Mai. Non so ballare! Piuttosto mi piacerebbe trasferirmi al sud: in Francia, o in Italia…

– Dove sono pieni di belle ragazze e si ubriacano di sole? Tipico di lei, mio caro Watson, avrei dovuto sospettarlo. Dal canto mio, io non potrei mai. Figurarsi: lì i delitti sono chiari, alla luce del sole. Non c'è niente di interessante da investigare, è tutto evidente in partenza. Una noia mortale. Per fortuna qui da noi, tra nebbia, paludi, vicoli tenebrosi, un po' di mistero c'è rimasto e il crimine è ancora un'arte. Che Dio salvi l'Inghilterra e preservi la sua nebbia e la sua pioggia, senza le quali un povero consulting detective come me resterebbe