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I luoghi e i racconti più strani della Sicilia
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I luoghi e i racconti più strani della Sicilia
E-book469 pagine4 ore

I luoghi e i racconti più strani della Sicilia

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Info su questo ebook

Un viaggio alla scoperta di una terra misteriosa, punto di incontro tra oriente e occidente

Non c’è regione d'Italia così ricca quanto la Sicilia di accadimenti, leggende, miti; nessuna con così tanti luoghi intrisi di fascino e segreti. L’isola non smette di sorprenderci quando in un racconto viene svelato un dettaglio in più, offerto un angolo diverso di osservazione. Oppure quando un singolo evento che si riteneva isolato, unico, irripetibile diventa parte di un inatteso disegno. Questo libro raccoglie avvenimenti e personaggi distanti (geograficamente e nel tempo) ma legati da uno specifico tema: onori e disonori, il mondo sotterraneo, le caccie al tesoro, i santi e i peccati o anche le storie intorno ai monumenti naturali. Le tante tessere, già interessanti singolarmente, assieme formano un ricco mosaico. Non si tratta solo di un elenco di curiosità, ma di una “chiave” per scoprire e comprendere le straordinarietà della Sicilia.

Tra gli argomenti trattati nel libro:
Pepito, il finto conte che sposò Joséphine Baker
Il convento dei misteri di Mazzarino
Maria Occhipinti, sovversiva a vita
Divorzio all’italiana,
Il diritto in chiave siciliana
San Guglielmo e il miracolo del raviolo
Studiare Marte nella miniera di sale
Di Realmonte
Coccodrilli e Papiri, l’Africa in Sicilia
Il signor Papoff e la pistola di Auschwitz
Sciascia e le sarde allo zolfo
Frank Lentini, il meraviglioso
Uomo a tre gambe
Carlo Ottaviano
(Ragusa, 1956), giornalista, dirige il mensile «Leggere: Tutti», scrive per il «Messaggero» e per le pagine siciliane di «Repubblica». È stato direttore in Sicilia di Telecolor, a Milano del mensile «Vie del Gusto», a Roma del «Gambero Rosso».Giulia Ottaviano
(Cittadella, 1987), ha pubblicato il romanzo L'amore quando tutto crolla e il saggio Avrei qualcosa da dire, un progetto di scrittura creativa in carcere. Ha collaborato con «Linus», «Cosmopolitan» e altre testate.Insieme hanno scritto I luoghi e i racconti più strani della Sicilia.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2018
ISBN9788822726803
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    Anteprima del libro

    I luoghi e i racconti più strani della Sicilia - Carlo Ottaviano

    616

    Prima edizione ebook: novembre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2680-3

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Pachi Guarini per The Bookmakers Studio editoriale, Roma

    Carlo e Giulia Ottaviano

    I luoghi e i racconti

    più strani della Sicilia

    Un viaggio alla scoperta di una terra misteriosa,

    punto di incontro tra Oriente e Occidente

    Newton Compton editori

    Indice

    Introduzione. Un labirinto chiamato Sicilia

    caccia al tesoro, furti e inganni non solo di mafia

    1. Ciulla, il falsario dai grandi ideali

    2. Pepito, il finto conte che sposò Joséphine Baker

    3. Il passato segreto di frate Lorenzo

    4. Il morto vivo di Avola

    5. Catinella, il brigante protettore delle zitelle

    6. La Natività del Caravaggio scomparsa tra intrighi mafiosi e sciatteria

    7. A Modica, l’unico Bernini siciliano

    8. Il convento dei misteri di Mazzarino

    9. Cagliostro, il conte alchimista

    10. Le trovature, tra Plutone e i briganti

    streghe, sante e rivoluzionarie

    1. Quando il diavolo scrisse a Maria Crocifissa

    2. Peppa ’a cannunera, eroina del Risorgimento

    3. Maria Occhipinti, sovversiva a vita

    4. Le lucciole antifasciste

    5. L’arte della gioia di Goliarda Sapienza

    6. Le trentatré donne di fuora

    7. La serial killer a fin di bene

    8. Una svizzera molto siciliana

    9. La lupa, femme fatale di Verga

    10. Donna Villa, la Circe di Messina

    onore e disonore, l’isola dei sensi

    1. Scandalo a corte con delitto

    2. Le carte segrete di donna Franca Florio

    3. Il no di Franca Viola

    4. Le quattrocento morti della baronessa di Carini

    5. Divorzio all’italiana, il diritto in chiave siciliana

    6. Aci e Galatea e la gelosia di Polifemo

    7. Le monache di Monza siciliane

    8. La gelosia che accese i Vespri

    storie di santi e credenze

    1. La Sicilia esporta santi

    2. L’immigrato venerato da tutti

    3. Santa Rosalia o Kali, la dea dei Tamil

    4. Sant’Agata, protettrice delle donne violate

    5. La Madonna nera di Tindari

    6. Il pastorello che divenne San Giorgio

    7. San Guglielmo e il miracolo del raviolo

    8. Il Cristo in gonnella

    9. I dispettosi Giudei di San Fratello

    10. Sant’Eustochia, una santa per modella

    la luce del buio, la sicilia sotteranea

    1. I qanat che fecero rifiorire Palermo

    2. L’hangar di Pantelleria, una cattedrale di guerra

    3. La chiesa naufragata nel mare di Marzamemi

    4. Catania che visse sottoterra

    5. Dionisio, il tiranno spione di Siracusa

    6 . Studiare Marte nella miniera di sale di Realmonte

    7. I disegni dei prigionieri dello Steri a Palermo

    8. La grotta di Custonaci: benvenuti a casa di Polifemo

    9.Pantalica, la grotta di re Hyblon

    10. L’imbalsamatore dei Cappuccini a Palermo

    lo spettacolo della natura

    1. Coccodrilli e papiri, l’Africa in Sicilia

    2. L’elefante tascabile e il mito dei ciclopi

    3. Animali scomparsi e ricomparsi

    4. L’albero più grande del mondo

    5. Antichi monumenti vegetali

    6. L’oasi verde della politica

    7. Il giardino segreto della Valle dei Templi

    8. Dove finisce l’Europa

    9. Lungo le strade dei pellegrini

    a futura memoria. i musei minori

    1. Il museo della sposa monaca

    2. Il castello incantato di Filippo il pazzo

    3. Il lager siciliano dei prigionieri tedeschi

    4. La collezione della signora delle conchiglie

    5. La dieta delle mummie di Savoca

    6. Il museo degli abiti di Mirto

    7. Il signor Papoff e la pistola di Auschwitz

    8. La teiera più grande del mondo

    9. I segreti del grand hotel

    10. Il teatro del pastore che sognava le stelle

    cazziteddi di prete e sapori svelati

    1. Il pane del commissario Montalbano

    2. Anche un cuoco fa storia

    3. Il grano come ai tempi di Cerere

    4. Dove Garibaldi mangiava pane e panelle

    5. Sciascia e le sarde allo zolfo

    6. Gli spaghetti sono Made in Sicily

    7. Il timballo è la chiave del Gattopardo

    8. Il carciofo è un fiore spinoso

    9. Una golosa bontà per penitenza

    10. Perché i cazziteddi cambiarono nome

    siciliani ad honorem

    1. Quando Re Artù si trasferì sull’Etna

    2. A Trapani visse l’autoressa dell’Odissea

    3. Goha, Jucà, Trianniscia, insomma Giufà

    4. Stromboli nel viaggio al centro della Terra

    5. Quei famosi matti di Palermo

    6. Lady Chatterley e il mulattiere di Taormina

    7. Quel messinese di Shakespeare…

    8. Il mondo di Ercole finisce in Sicilia

    terra madre, gli scappati di successo

    1. Joe DiMaggio, l’amore di Marilyn

    2. Franz Calì, il primo capitano azzurro

    3. Mario Savio, il siciliano che accese il Sessantotto in California

    4. Frank Sinatra, le origini nascoste

    5. Nick La Rocca, l’inventore del jazz

    6. Frank Lentini, il meraviglioso uomo a tre gambe

    7. Frank Capra, il sogno americano

    8. Martin Scorsese, l’identità in cucina

    9. Al Pacino, c’è posta per te

    10. Susan Sarandon, la ricerca delle origini

    11. Lady Gaga, la cugina pop

    Bibliografia

    Introduzione

    UN LABIRINTO CHIAMATO SICILIA

    Colapesce non c’è, Pirandello neanche. La frutta martorana ci piace ma non ve l’offriamo.

    Non c’è regione d’Italia più ricca della Sicilia di accadimenti, leggende, miti; nessuna con così tanti luoghi intrisi di fascino e segreti, veri o presunti. Stilare un catalogo completo è impossibile. L’isola, nonostante la sua storia millenaria sia stata ampiamente indagata e narrata, non smette però di sorprenderci quando in un racconto si disvela un dettaglio in più, si mette in luce un particolare in ombra, viene offerto un angolo diverso di osservazione. Oppure – come proviamo a fare qui noi – quando un evento ritenuto isolato e unico diventa suo malgrado e per quanto apparentemente casuale, parte di un disegno più ampio che coinvolge il Nord e il Sud, l’Ovest e l’Occidente, il Tirreno e il Canale di Sicilia, l’entroterra e le coste. Ogni frammento raccolto contribuisce a rendere unica la maggiore tra le isole del Mediterraneo. Sapendo – per dirla con Leonardo Sciascia – che «muovendosi fra queste isole s’incontrano le differenti Sicilie, quella sorprendente varietà di razze umane, di culture e di paesaggi che fanno di questa regione un continente non sempre facilmente decifrabile».

    Per questa ragione abbiamo racchiuso in specifici capitoli storie e avvenimenti apparentemente distanti (a volte geograficamente e talvolta nel tempo) ma con identico filo conduttore. Il nostro è un percorso quindi, non un elenco di curiosità, ma un itinerario tematico fatto di spunti e stimoli per provare a scoprire e comprendere, per quanto possibile, la Sicilia e i siciliani. Compresi quelli che hanno avuto successo all’estero, come Frank Sinatra, Martin Scorsese, Susan Sarandon; o meno noti e addirittura dimenticati come nel caso dell’inventore del jazz Nick La Rocca, di Mario Savio che con il suo storico discorso accese la miccia del Sessantotto in California o di Frank Calì, primo capitano della storia della Nazionale di calcio dell’Italia.

    Non mancano le donne, streghe, sante, rivoluzionarie, scrittrici fuori dalla norma che hanno contribuito a cambiare non tanto e non solo gli stereotipi femminili, ma la società: Goliarda Sapienza e Maria Occhipinti, Peppa ’a cannunera e le prostitute antifasciste, le suore di clausura di Palma di Montechiaro e le monache di Monza siciliane. Perché naturalmente c’è pure il capitolo sull’onore e il disonore e sulla Sicilia dei sensi, così come quello sui truffatori d’ogni genere: furbi lestofanti o generosi Robin Hood, un assortimento vario che va dal finto conte marito di Joséphine Baker al morto vivo di Avola. E poi ecco i siciliani ad honorem: perché forse Omero era una donna di Trapani, Shakespeare era nato a Messina e san Giorgio era un pastorello dell’Etna. Infine, non sono pochi i collezionisti e i benefattori che hanno lasciato i loro averi alla comunità per realizzare musei minori ricchissimi di reperti di valore e di cuore.

    immagine

    Tipico paesaggio siciliano in un’incisione del secolo scorso.

    Insomma se non proprio l’ombelico del mondo, in Sicilia c’è il mondo, spesso nascosto alla luce del sole come nel caso dei tanti luoghi sotterranei antichi e moderni dove la storia è passata: dalle grotte preistoriche all’hangar segreto progettato dall’architetto Nervi a Pantelleria durante la seconda guerra mondiale, alla chiesa di sale recentemente realizzata nelle profondità di una miniera.

    E naturalmente c’è la lussureggiante natura siciliana, vera regina della biodiversità, tanto bella da ammirare quanto interessante da gustare una volta trasformata in ingredienti per la cucina. Che in Sicilia è fatta di tradizione, ricerca e abbinamenti arditi.

    Come speriamo vi sembreranno queste pagine.

    CACCIA AL TESORO,

    FURTI E INGANNI

    NON SOLO DI MAFIA

    immagine

    Agrigento: il tempio di Castore e Polluce, in un’incisione ottocentesca.

    1

    CIULLA, IL FALSARIO DAI GRANDI IDEALI

    Cinquecento lire in banconote spedite via lettera, lasciate agli angoli delle strade di periferia, recapitate alle famiglie più povere di Catania. Tra il 1920 e il 1922 la città assistette a una pioggia di donazioni benefiche anonime. Nessuno dei beneficiati si pose il problema. Erano soldi veri, nessun dubbio. Se non fosse stato un miracolo meglio starsene muti, accogliere l’inaspettata fortuna senza farsi troppe domande. Le banconote erano, si è detto, da cinquecento lire, un valore che oggi si aggirerebbe intorno ai seicento euro. Il benefattore era Paolo Ciulla. Originario di Caltagirone, residente in viale Mario Rapisardi, dove aveva allestito il proprio laboratorio: torchio litografico, strumenti del mestiere. Ma quale mestiere? Avrebbe voluto fare l’artista, il pittore, il disegnatore, l’illustratore, Paolo Ciulla, ma finì a fare il falsario. Non il più nobile dei mestieri, ma lui lo fece con le migliori intenzioni.

    Paolo nasce alla fine del diciannovesimo secolo da famiglia abbiente. Il padre, Peppino, possiede alcune botteghe di pellami nel centro della città. Le gestisce con il fratello di Paolo e con la moglie. Paolo cresce nell’agio di una famiglia che può permettersi, in tempi difficili, di avere tutto – o quasi. A Paolo manca però la serenità. Dopo aver stretto amicizia con un coetaneo di estrazione sociale umilissima Paolo, d’animo sensibile, sviluppa immediatamente uno spiccato senso della giustizia e si appassiona alle trasformazioni socioculturali dell’isola di allora. Insofferente per le ingiustizie, idealista, animato dal desiderio di migliorare la povera Sicilia, si unisce alle rivolte siciliane del 1893, senza però riuscire a farne parte fino in fondo. Decide allora di dedicarsi all’arte, di metterla al servizio dei suoi ideali. Dichiara alla famiglia di voler studiare pittura e fotografia, finge di partire come apprendista di un fotografo locale ma la famiglia lo scopre a dipingere pareti e botti in un ristorante di Caltagirone, in cambio di vino e minestre.

    Soffre, come molti artisti, e beve. Si sente vittima, limitato nella sua arte nella piccola cittadina siciliana. E allora non molla, convince il sindaco della città a donargli un assegno – destinato ai cittadini più meritevoli – per frequentare i corsi all’Istituto delle Belle Arti di Roma. Ciulla si reca nella capitale ma lì si scopre ancora una volta un po’ sperduto, un pesce fuor d’acqua. È preso in giro per il forte accento siciliano. Sconfortato dall’umiliazione, si aggira dalle parti di Montecitorio nella speranza di incontrare un qualche deputato corregionale con il quale lamentarsi della sua pietosa situazione e dell’arretratezza di Caltagirone, la città che si è lasciato alle spalle. Deluso da Roma, va a Napoli, dove il suo senso di frustrazione per le ingiustizie sociali si acuisce, ma dove in qualche modo riesce anche a ridimensionare la percezione dei problemi della sua terra.

    Rientra a Caltagirone per la morte del padre. Decide di non completare gli studi e finisce persino per farsi eleggere nel 1889 nelle liste del Circolo Operaio. Le sue idee non sono più vaneggiamenti, sono realtà contemporanea, ma siccome – come lui disse durante il processo a cui fu poi sottoposto – «a volte la vita è più imbrogliona di un romanzo», in casa propria si troverà presto vittima di uno scandalo. Ciulla è omosessuale e in paese l’omosessualità è un tabù. È così costretto ad allontanarsi nuovamente dalla città natale.

    immagine

    Una delle banconote falsificate da Paolo Ciulla.

    Questa volta va più lontano. A Parigi, dove forse interagisce con la comunità artistica di Montmartre, tra Picasso e Modigliani, e poi a Buenos Aires dove la sua ribellione verso la società, verso una repubblica percepita come falsa, sfocia nella prima contraffazione: pesos. È un bravo artista, ma si fa scoprire e quindi viene internato in un manicomio, si narra, per deliri di onnipotenza.

    Ritorna in Sicilia, consapevole d’avere ormai un mestiere. Si dedica quindi alla contraffazione delle cinquanta lire, che vengono però identificate in breve tempo. Sperimenta nuove tecniche e tagli di banconote, cambia la carta, utilizzando ora quella che viene usata nelle pasticcerie sotto alle coppette dei gelati. Il suo capolavoro sono le cinquecento lire.

    Fu scoperto – come si diceva – dopo due anni di generosi regali alla fetta della società che secondo l’anarco-falsario più meritava una mano. Ciulla, nonostante la vista ormai quasi del tutto perduta a causa degli acidi utilizzati, è un vero artista. La sensibilità dei suoi polpastrelli e un innato talento sopperiscono alle mancanze degli occhi. In due anni mette in circolazione oltre 17.000 biglietti da cinquecento lire.

    Nel 1922 però, durante una perquisizione nell’edificio di viale Mario Rapisardi viene ritrovata una gran quantità di vernici, carte e cliché. Il falsario è immediatamente processato presso il Tribunale Penale di Catania. Con i complimenti della Banca d’Italia per la qualità della contraffazione, Paolo Ciulla viene condannato a cinque anni di carcere. Il suo sarà un processo seguitissimo da giornalisti provenienti da tutta la nazione, da studenti di psicologia lombrosiana intenti a osservarne il bizzarro comportamento, da attori e teatranti desiderosi di imparare a recitare dallo studio di un folle vero.

    Ricordato come il più grande dei falsari italiani, Ciulla morì povero, cieco, in un ospizio per invalidi gestito da suore nella sua città natale. È il 1931.

    La sua storia di ribellione, un po’ amara, un po’ naïve, non gli ha permesso di essere riconosciuto per il suo talento artistico. Gli sopravvivono un unico disegno e la narrazione di quella strampalata beneficenza, un gesto sovversivo, politico, in fondo un capolavoro. Dario Fo, che gli ha dedicato un libro insieme all’amico Piero Sciotto, Ciulla, il grande malfattore, l’ha così descritto durante un’intervista:

    È l’espressione del tempo. Pittore, anarchico, nonviolento, socialista, omosessuale, ironico, generoso, politicamente impegnato con contadini e operai: ce le aveva tutte. Gliel’hanno fatta pagare, la società l’ha bruciato. L’hanno condannato a stare in una casa per barboni, ma Ciulla è felice e insegna loro a ballare. In lui c’è anomala grandezza.

    E sì, perché nell’ospizio per poveracci e invalidi Ciulla si mise a insegnare il tango ai suoi compagni.

    2

    PEPITO, IL FINTO CONTE CHE SPOSÒ JOSÉPHINE BAKER

    Non fu del livello del palermitano Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo, insomma Alessandro conte di Cagliostro (di cui parleremo più avanti), avventuriero e alchimista che nel Settecento conquistò Parigi e le altre corti d’Europa prima di finire in carcere. Ma nel suo piccolo, Giuseppe Pepito Abatino qualche soddisfazione sulla Senna se la prese pure lui. Arrivato senza arte né parte, millantò di essere conte e creò uno dei miti dello spettacolo del Novecento, Joséphine Baker, di cui fu anche marito. Le vie e i meriti per entrare nella storia – o almeno in questo libro – sono tanti. Abatino ci riuscì ideando il gonnellino con sedici banane pendenti che rese immortale nell’immaginario la Venere nera.

    In Francia arriva alla fine della Grande Guerra, che a Montello sul Piave gli ha portato via il fratello maggiore Emanuele, colpito dal fuoco austro-ungarico. Gli piace la bella vita e per farla millanta le nobili origini nel casato di Calatafimi (cittadina del trapanese dove in effetti era nato nel 1898) e lo status di conte, ben evidenziato nel biglietto da visita che si fa subito stampare. Le buone maniere non gli mancano: figlio di un capitano di fanteria, è stato bene educato, ha imparato le lingue, ha sognato il mondo della Belle Époque, che grazie alla famiglia Florio ha a Palermo una delle sue capitali. A scoprirne le umili origini – ma troppo tardi per fermarlo – sarà addirittura lo scrittore Georges Simenon, il papà del commissario Maigret, che cerca invano di togliere dalle braccia di Joséphine l’imbroglione. Simenon è innamorato pazzo – confessa lui stesso – della ballerina e cantante di blues più sexy dell’epoca e le scrive:

    Ti dico che il tuo Pepito è un impostore. Egli è conte come io sono presidente degli Stati Uniti. Si chiama Giuseppe Abatino e lavorava come gigolo da Zelli prima di metterti le mani addosso. È uno scroccone, un truffatore, un parassita. Non è mai stato capace di pagarsi una birra con il proprio denaro. Non ha mai lavorato. È piuttosto del genere che fa lavorare le donne, sai cosa voglio dire. Ho fatto una piccola ricerca. Non è mai esistito un Abatino nobile in Italia. Vuoi sapere sotto quale professione è registrato al commissariato di polizia? No? Io te lo dico ugualmente: stuccatore! È un muratore il tuo conte! [...] Mi fa davvero male saperti nelle mani di questo tipo.

    Simenon (non ancora scrittore di successo, né collezionista – come sarà più avanti – di conquiste amorose, spesso millantate e ancor più frequentemente a pagamento) quando scrive la lettera è innamorato da due anni della «più bella pantera e la più affascinante delle donne». Ha scritto perfino un’ode al suo lato B: «È un sedere agognato da poter essere venerato. L’hanno visto nudo... Talmente teso, talmente staccato dal torso con un immenso gesto di sfida, da formare un essere a parte, che vive di vita propria». Siamo nel 1927, e il successo dell’attrice è già merito del compagno siciliano.

    immagine

    Pepito e Joséphine in una foto d’epoca.

    Armato solo del biglietto da visita e senza un soldo in tasca, Pepito era riuscito a farsi assumere al Folies-Bergère e, quindi, a fare esordire nel più luccicante dei music-hall l’ancora sconosciuta Joséphine, scoperta in un locale dedicato al charleston dove lavorava da quando era arrivata dall’America. Ne intuisce le potenzialità e le crea attorno uno spettacolo di strip-tease ricco di humour, a partire dal gonnellino di banane, che diventa il più clamoroso successo a Parigi. Pepito e Joséphine diventano compagni di lavoro e nella vita. Si sposano, non si sa esattamente quando perché gli atti riportano due date: 1927 e 1931. Il siciliano morirà di tumore a Parigi nel 1936, mentre l’attrice si spegnerà quaranta anni dopo, non avendo mai dimenticato lo scalpellino siciliano preferito a Simenon e ad altri spasimanti del rango di Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald e Pablo Picasso.

    3

    IL PASSATO SEGRETO DI FRATE LORENZO

    Il 10 febbraio del 1933 Calogero La Pergola, ottantenne noto a Catania come fra’ Luigi, apre la porta di casa e lascia entrare l’amico Antonino d’Aquino. È tranquillo, davanti ai fornelli è intento a preparare una cioccolata calda da offrire ad Antonino, quando sull’uscio si presenta un’altra persona che, con la complicità di Antonino, lo immobilizza da dietro. Legate le mani, tappata la bocca con un lembo di una camicia, l’anziano viene prima percosso a colpi di statuetta di legno (forse una Madonna) e poi soffocato. La sua vita vale appena ventitré lire dell’epoca e qualche gioiellino d’oro.

    Arrestato per omicidio a scopo di rapina Antonino d’Aquino viene processato il 30 marzo dello stesso anno e condannato a morte – la pena sarà poi tramutata per decreto di Vittorio Emanuele iii in ergastolo, nel 1944. Per dodici anni, incarcerato nella prigione di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, Antonino si sveglia tutte le mattine con la consapevolezza che, tra quelle pareti, dovrà morire. Finché il 5 maggio del 1944 si apre una breccia tra le mura, provocata da un bombardamento aereo. È un secondino a incoraggiare i galeotti a darsela a gambe. Antonino evade.

    Il bombardamento del carcere di Soriano nel Cimino mi apparve come un segno del cielo. Il mio primo pensiero fu quello di raggiungere Catania per riabbracciare mia madre. Arrivai a casa mia a piedi, una settimana dopo la mia fuga.

    Arriva a casa, della sua Catania non c’è più molto. Ci sono le macerie della guerra, e non ritrova la famiglia. Nel caos della distruzione coglie l’occasione per rifarsi una vita. Si appropria dei documenti di un omonimo cugino, di tre anni più giovane, e va a bussare alle porte di un priore. Si vuole far prete, come il fra’ Cristoforo del Manzoni, nato Ludovico, assassino quasi per caso e poi redento. Con una lettera del priore Antonino si reca a Licata in provincia di Agrigento, dove farà il suo noviziato, prima di essere trasferito a Palermo e infine di nuovo nella sua Catania, nel convento del Carmine, la chiesa barocca che incornicia il chiassoso mercato del centro cittadino, a fera ’o lune.

    Trascorre ventidue anni al convento. Una vita dedicata agli altri, un’esistenza umile che segue i precetti di obbedienza, castità e povertà. Un modo forse di espiare una colpa per lui pesantissima, approfittando di quella breccia che il destino ha aperto. Antonino diventa frate Lorenzo. Fa le compre alla fera, si taglia barba e capelli dal barbiere Delfo, che a pochi passi dal convento ha la sua bottega. Nessuno lo riconosce, del suo passato nessuno sa.

    Gli anni passano e si sentono sul corpo. Fra’ Lorenzo è malaticcio, la salute non va, ci vede a malapena, tanto che occorrono delle cure. I suoi confratelli carmelitani lo convincono ad affidarsi alla sanità pubblica, per la quale però, servono i documenti d’identità. Vien fuori, allora, che Antonino, prima d’essere frate, era stato sposato. Ma in effetti le nozze celebrate nel 1947

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