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Safety & Security
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E-book127 pagine1 ora

Safety & Security

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Il lavoro della security è variegato e non semplice, ma pochi conoscono i retroscena e le normative che negli anni sono state emanate. In questo libro Massimo Affronte mette al servizio dei curiosi e di chi vuole intraprendere questa carriera tutte le sue conoscenze ed esperienze. Un vero e proprio percorso nella security, dai buttafuori agli steward negli stadi, dai servizi all’interno dei supermercati al servizio notturno sulle spiagge fino ai più recenti e attuali servizi anti-covid.
Un libro che spiega, finalmente, la sicurezza in tutti i suoi aspetti principali con gli occhi di chi è entrato in questo mondo nel lontano giugno 1989 e non ci è più uscito.

Massimo Affronte è nato a Rimini il 9 agosto 1962. Nel 1989 inizia a lavorare come “buttafuori” per svariate agenzie di security in concerti, discoteche, autodromi, stadi. Dal 1994 al 2006 è stato coordinatore del personale e dei servizi per l’agenzia Bold di Rimini, con la quale, tra gli altri incarichi, ha ricoperto il ruolo di vicecaposervizio alla discoteca Cocoricò di Riccione dal 1994 al 1999.
Nel 2009 si laurea in Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza all’università “Alma Mater Studiorum” di Bologna, sede di Forlì. Nel 2018 apre un’agenzia di sicurezza e investigazioni, la S.G.S. - Security Group Service.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2023
ISBN9788830679573
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    Anteprima del libro

    Safety & Security - Massimo Affronte

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    INTRODUZIONE

    Sarà l’isolamento da COVID-19 che mi permette di avere molto tempo a disposizione a casa, ma, finalmente, penso sia giunto il momento di scrivere questo libro che da anni è dentro la mia testa.

    Un libro che nessun altro, almeno che mi risulti, ha avuto la pazienza e anche la capacità (su questo nutro dei dubbi anche su di me) di scrivere.

    Un libro che spiega, finalmente, la sicurezza in tutti i suoi aspetti principali, vista da dentro, da chi è entrato in questo mondo nel lontano giugno 1989 e non ci è più uscito.

    Ho scalato tutti i gradini, sono partito da semplice buttafuori, reclutato in palestra (un tempo funzionava così), fino ad arrivare ad avere un’agenzia che fornisce Security, e in mezzo più di trent’anni di lavoro sul campo.

    Il libro è diviso in capitoli, ognuno dei quali tratta di un aspetto di questo lavoro, dalle normative cambiate nell’arco di trent’anni, ai consigli che mi sento di dare dall’alto della mia esperienza, a fatti che mi sono capitati durante i servizi, episodi simpatici ma anche drammatici, che fanno però parte di quel bagaglio di esperienza maturato in prima linea nella security.

    I primi due capitoli vertono sul security per eccellenza: il buttafuori nei locali da ballo, prima e dopo il Decreto Maroni del 2009: cos’è cambiato, come si lavorava prima del Decreto, come si lavora dal Decreto in poi, tanti episodi che mi sono capitati in tutti questi anni.

    Nel terzo capitolo parlo dei concerti, come vanno gestiti dal punto di vista della security, nei palazzetti, negli stadi, anche qui tanti aneddoti da raccontare e tante cose che sono cambiate in trent’anni.

    Il quarto capitolo è sulla sicurezza negli stadi dopo l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti durante il derby Catania-Palermo del 2007.

    Il mio cavallo di battaglia: mi sono laureato in criminologia a Forlì con una tesi sugli steward dello stadio di Rimini.

    Capitolo 5: l’accoglienza all’ingresso dei negozi.

    Nel sesto capitolo parlerò della protezione dei VIP, il bodyguard…

    Un altro aspetto della security dove le normative sono cambiate molto negli ultimi anni è il servizio in spiaggia, di cui parlerò nel settimo capitolo.

    L’ottavo capitolo verterà sulle manifestazioni motoristiche e la loro difficile gestione dal punto di vista della sicurezza.

    Il nono capitolo parlerà della sicurezza ai tempi del terrorismo.

    Nel decimo e undicesimo capitolo affronterò i problemi legati al portierato/custodia diurno e notturno.

    Nel dodicesimo e ultimo capitolo affronterò un tema attualissimo in questo 2021: l’emergenza da COVID-19.

    Dopo questa breve introduzione, in cui ho fatto un po’ il sunto del libro, non mi resta che augurarvi BUONA LETTURA.

    capitolo i

    l’alba della security: il buttafuori in discoteca (prima del decreto maroni)

    Anfibi, pantalone nero militare con i tasconi laterali, cinturone, mag light, radio ricetrasmittente con auricolare, manganello spagnolo, t-shirt o polo (d’estate) e felpa (d’inverno) rigorosamente con la scritta security, bomber, cappellino nero, guanti neri. Rigorosamente palestrato. Questo era il buttafuori anni ’90.

    Poi è chiaro che, come adesso, c’erano locali che li volevano in abito, quindi: pantalone nero elegante, scarpe nere, camicia nera, giacca nera, cravatta nera, ma erano pochissimi, soprattutto qua sulla riviera romagnola.

    Il locale standard, che suonava musica disco, tecno o rock voleva il buttafuori descritto all’inizio, che doveva, quasi, mettere in soggezione i clienti, la maggior parte dei quali erano ragazzini under 25.

    Se escludiamo i locali con due-tre buttafuori al massimo (ma erano pochi), che si dovevano occupare esclusivamente della pista da ballo perché all’ingresso il locale stesso aveva sue maschere per gestire i flussi e controllare i biglietti, sempre però collegati per radio con la security che, in caso di bisogno, interveniva, la maggior parte dei locali aveva un numero di security superiore a 10; al Cocoricò, dove ho ricoperto il ruolo di vice-caposervizio dal 1994 al 1999 eravamo 25-26 di media, con punte di 32 per Capodanno e Ferragosto.

    Anche nelle squadre di buttafuori c’erano dei ruoli ben definiti, quindi avevamo quelli che gestivano gli ingressi, minimo 1,80 m per 100 kg, abituati al freddo invernale o al caldo estivo perché stavano fuori. Avevano licenza su tutto, potevano perquisire, quello che oggi si chiama pat down, ma senza alcun tipo di attestato, se protestavi ti prendevi pure due schiaffi e fuori dal locale. L’unico limite era la perquisizione delle ragazze che richiedeva la presenza di un buttafuori femmina, poche all’epoca per la verità e quindi si faceva vuotare la borsa e le tasche sul tavolo preposto all’ingresso e si andava sulla fiducia, ma i maschietti lo sapevano e spesso la roba proibita entrava per mezzo delle donne.

    Poi c’erano gli addetti alle porte di sicurezza, che, normalmente, erano ragazzi più giovani, con poca esperienza che aspiravano a diventare veri buttafuori, ma intanto dovevano solo controllare che dalle uscite di sicurezza non entrasse o uscisse nessuno, a parte quando arrivava un collega dalla pista con il malcapitato di turno da cacciare fuori, allora dovevi essere veloce ad aprire la porta altrimenti il poveraccio ci lasciava la faccia, sulla porta.

    Infine, il fiore all’occhiello di ogni agenzia di security: i buttafuori della pista da ballo, di solito palestrati e picchiatori. Il più sano aveva tre denunce per rissa e almeno una condanna per aggressione. Però quando partiva una rissa e intervenivano loro era uno spettacolo, solo per arrivare al centro della rissa saltavano denti e nasi dei malcapitati sul passaggio, poi arrivati al centro del problema si salvi chi può! La rissa veniva sedata in un nano secondo e i contendenti sbattuti fuori dalla porta di sicurezza più vicina. Chiusa la porta alle spalle si ripartiva, se poi il tipo cercava anche di spiegarti le sue ragioni, prendeva due schiaffi gratis ma comunque non rientrava.

    A volte i locali avevano un

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