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L’altra metà del cielo
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L’altra metà del cielo
E-book118 pagine1 ora

L’altra metà del cielo

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Info su questo ebook

Quando si è bambini capita spesso che le strade dell’universo maschile e di quello femminile, nonostante la loro prossimità, non si incrocino. Così succede anche nella vita del narratore che, per consuetudine e spirito di imitazione, si ritrova con la sua compagnia di amici a seguire il cattivo esempio di due ragazzi più grandi, rimanendo poi però profondamente disgustato dai loro comportamenti. Il senso di ribellione provocato dalle angherie e dalle forme di crudeltà di cui è stato testimone lo spinge, quasi per dispetto, ad avvicinarsi ad un ambiente diverso e fino a quel momento poco esplorato che si rivela sorprendentemente ricco di suggestioni e di attrattive: quello rappresentato da l’altra metà del cielo.

Franco Izzi è nato a Carpinone (IS) il 14/08/1940 da genitori anch’essi molisani, ma residenti da anni a Milano dove è stato portato un mese dopo la nascita.
A Milano ha vissuto fino a metà degli anni Ottanta quando si è trasferito in provincia, ad Albairate. La campagna, con la possibilità di coltivare un orticello e di fare ampie escursioni in bicicletta, lo attirava più della città.
È laureato in Lettere Moderne e, dopo una prima esperienza in campo commerciale, si è dedicato all’insegnamento. Dal 1977 ha assunto la funzione di preside di Scuola Media che ha poi esercitato, in diversi comuni della provincia, fino al 2007, anno del pensionamento.
Durante il periodo dell’attività lavorativa si è saltuariamente dedicato alla scrittura. Recentemente ha riletto alcune delle cose scritte e ha deciso di dare uno sviluppo e una conclusione ad alcune di esse. La prima è stata L’altra metà del cielo.
 
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2022
ISBN9788830674158
L’altra metà del cielo

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    L’altra metà del cielo - Franco Izzi

    Copertina-LQ.jpg

    Franco Izzi

    L’altra metà del cielo

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6689-4

    I edizione novembre 2022

    Finito di stampare nel mese di novembre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    L’altra metà del cielo

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    La scoperta dell’altra metà del cielo

    Adesso poco ci manca che i genitori accompagnino i figli anche quando devono andare al gabinetto, ma allora non era così.

    Noi da bambini uscivamo da soli a giocare, purché rimanessimo nella via. Le mamme, quasi tutte casalinghe, si accontentavano di spiare dalle finestre.

    Noi maschi ci ritrovavamo all’angolo della via a sinistra rispetto al portone di casa mia, le femmine all’angolo a destra. Benché la distanza fosse di non più di cinquanta metri, i due mondi non comunicavano.

    Capitava, passando, di sfiorare l’altro gruppo, ma c’erano estraneità e diffidenza.

    Le bambine, facendo finta di parlare tra loro, lanciavano frecciatine e, se uno coglieva e si girava, lo guardavano con l’aria di dire «ma chi sta parlando di te?». Noi, imitando i più grandi, le chiamavamo le baggiane e consideravamo disdicevole mettersi a parlare con loro.

    Nella bella stagione, al pomeriggio, ci ritrovavamo all’angolo dopo i compiti e la merenda. Confabulavamo un po’ per decidere il gioco della giornata e poi ci dedicavamo all’attività prescelta.

    Disegnavamo col gesso una pista sul marciapiede per giocare coi tollini o stabilivamo le parti per animare una storia o decidevamo gare di corsa o altro ancora. Le mamme spiavano dalle finestre.

    Le gare di corsa erano di due tipi. La velocità, rettilineo da un angolo all’altro, e la resistenza, giro completo dell’isolato. Quando facevamo la resistenza, sfioravamo il gruppo delle bambine che lanciavano qualche commento e qualche sfottò, sempre fingendo di parlare tra loro. Ma erano le baggiane e non ce ne curavamo.

    Due canaglie

    A un certo punto avevano preso a comparire al nostro angolo di ritrovo due ragazzi più grandi: il Moro e Lele Tarizza.

    Decisamente più grandi. Ancora non si radevano, ma la peluria sopra il labbro superiore era già accenno di baffi.

    Due teppistelli che, per età e per spregiudicatezza di modi, avevano acquistato immediato prestigio.

    Erano comparsi la prima volta un tardo pomeriggio, quando per noi era già quasi ora di tornare a casa.

    Non so da dove fossero sbucati. Io ero distratto e sognatore e spesso non ero al corrente delle novità. Probabilmente erano stati tirati lì da qualcuno degli amici che voleva farsi vanto di avere conoscenze speciali. E speciali erano subito apparsi.

    Raccontavano loro imprese malandrine che ci lasciavano allibiti e ci impressionavano al punto da farci dimenticare l’ora del rientro e l’impegno di non allontanarci troppo dalla via. Camminavano conducendoci verso l’estrema periferia e noi li seguivamo pendendo dalle loro labbra.

    Io ero sognatore, ma anche scettico e pensavo che forse certi atti teppistici di cui si gloriavano erano solo vanterie. Quasi a rispondere ai miei dubbi, il Moro aveva estratto dal giubbetto una fionda.

    Senza dire nulla, l’aveva armata con un sasso raccolto per terra. Aveva teso l’elastico, aveva mirato e il proiettile era partito andando a centrare la calotta metallica che sovrastava il lampione della via quasi deserta in cui ci avevano condotto. Il vetro sottostante s’era staccato di netto ed era andato a infrangersi in mille pezzi sull’asfalto.

    Mentre nella via precipitata nella semioscurità si aprivano finestre e si affacciavano volti sorpresi dall’improvviso fragore, noi ci dileguavamo rapidi col cuore in gola per avere assistito, ed essere stati in qualche modo partecipi, di quell’atto che andava tanto al di là delle piccole monellerie che erano alla nostra portata.

    Dopo quel biglietto da visita, l’attrazione e il timore che quei due suscitavano si erano ingigantiti.

    Nei giorni seguenti erano ricomparsi.

    Senza regolarità. Arrivavano quando arrivavano e, quando arrivavano, si smetteva qualsiasi attività ed eravamo tutti attorno a loro. E, a quel punto, erano loro a dettare l’agenda.

    Le cose che proponevano erano molto diverse da quelle a cui eravamo abituati. Cose

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