Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il volto riflesso
Il volto riflesso
Il volto riflesso
E-book218 pagine3 ore

Il volto riflesso

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Un giovane libraio newyorkese di nome Greg conduce una vita serena con l’amata fidanzata Monica quando all’improvviso viene catapultato in uno scenario insolito e sconvolgente. Comincia ad avere allucinazioni e a vivere realtà distorte nel momento in cui conosce una donna misteriosa e affascinante che gli fa perdere la testa, ma che si rivolge a lui scambiandolo per un famoso attore. Qualche tempo dopo Greg apprende dalla tv che un ricco petroliere è stato ucciso proprio nell’hotel in cui lui si era recato in compagnia di quella donna, che ‘a sorpresa’ risulterà essere la moglie della vittima. Si sente in trappola e cerca di scappare, ma viene arrestato e condannato per omicidio. 
Un incastro di circostanze che non risparmia nessuno e un mistero che si infittisce fino a quando tutte le persone che avevano un buon motivo per far fuori il grande petroliere si concentreranno in un unico luogo.

Roberto Ticozzi è nato a Milano nel 1955, città in cui vive tutt’ora. Giornalista e grafico dal 1975 ha lavorato in varie testate della Mondadori, quali Espansione, Periodici Ragazzi, Come e Casa Facile. Ha pubblicato un romanzo nel 2014 con Europa Edizioni intitolato ‘Il tunnel’. Le sue passioni sono il Jazz,  i Noir americani, i viaggi e naturalmente il Milan.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2022
ISBN9788830666047
Il volto riflesso

Correlato a Il volto riflesso

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il volto riflesso

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il volto riflesso - Roberto Ticozzi

    IL-VOLTO-RIFLESSO_LQ.jpg

    Roberto Ticozzi

    Il volto riflesso

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-5871-4

    I edizione giugno 2022

    Finito di stampare nel mese di maggio 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Il volto riflesso

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    La sera del 27 aprile

    Apprendo dalla televisione che un famoso magnate del petrolio si è tolto la vita. L’hanno trovato morto sul pavimento di un albergo di New York accanto a un bicchiere che conteneva champagne e alcune tracce di un potentissimo veleno.

    Si chiamava Alan Birkin, aveva settantaquattro anni e comandava la Società da quasi mezzo secolo con capacità imprenditoriali straordinarie. Una grave perdita per il Paese afferma di continuo il Presidente sulle Tv d’ogni Stato, come manager e come uomo d’indiscusse doti morali.

    Alcuni mesi prima

    È il tramonto di una bella giornata di primavera e come direbbe Monica: So che arrivi a casa sempre in ritardo perché ti piace attraversare Central Park tutte le sere. L’armonia dei silenzi di fine giornata e il profumo degli alberi in fiore ti infondono quella serenità d’animo di cui hai bisogno per non deprimerti; ti conosco e un po’ ti comprendo, ma così tesoro allunghi di tanto la strada e io rimango un’ora ad aspettarti col cibo già pronto.

    È un modo gentile e sarcastico per dirmi che sono un incorreggibile ritardatario senza speranza, ma ha ragione a puntualizzare queste mie ingenue ma fastidiose abitudini, perché è vero che quando esco dal lavoro attraverso il parco in tutta la sua larghezza da Columbus Circle fino alla 68th, sul lato opposto.

    Poi mi avventuro nel traffico della 5th per lustrarmi la vista con le pregevoli architetture dei palazzi déco, i loro monumentali ingressi, le vetrine degli stilisti più famosi; insomma qui sembra Natale tutto l’anno e questo ti appaga i sensi e ti rigenera dopo una faticosa giornata di lavoro.

    Questa mia Joie de vivre a volte mi porta in zone lontane dal punto in cui solitamente prendo la sotterranea per tornare a casa, e così devo sobbarcarmi un paio di miglia in più per giungere a destinazione.

    Sono un inguaribile sognatore, ma anche uno speranzoso depresso e quindi ricerco queste divagazioni per ripulire la mente dai pensieri cupi.

    Senti Greg, mi dice Monica quando rincaso tardi, si può sapere da dove arrivi? hai fatto sempre il solito giro o questa volta ti sei inventato un altro percorso? mi hai telefonato due ore fa dicendomi che saresti uscito presto dal lavoro e invece eccoti qui a quest’ora tutto affannato e ansimante.

    Non so cosa dirti, amore, sai… girando un po’ mi sono trovato in una zona lontana e priva di mezzi… poi accelerando il passo ho raggiunto la stazione sulla 50th, non ti arrabbiare, lo sai che non riesco a rincasare prima delle otto, tesoroooo…".

    Sei sempre di corsa, ti stressi con le tue stesse mani; potresti programmarla meglio la tua vita, non trovi... va beh, mettiti a tavola.

    Questi bonari conflitti terminano di solito con un sorriso malizioso da parte mia e uno suo più sconsolato e arrendevole quasi a volermi sottolineare l’inutilità delle sue osservazioni.

    Mi chiamo Greg, ho quarantasette anni e per via di certi lontani parenti tedeschi da parte di mio nonno ho un cognome ovviamente teutonico: Hoffenbach.

    Vivo in un piccolo quartiere di Brooklyn insieme alla mia cara Monica che, anche se non sopporta i miei ritardi o i sogni a occhi aperti, è una ragazza dolce e affettuosa, e poi… non è niente male; è mora, alta e con due occhi splendidi. Ammetto di essere stato fortunato in amore, come dice il proverbio… ma non nel gioco, ed ecco perché le poche volte che ho messo piede in un casinò non ho fatto altro che perdere.

    Il mio grande hobby è il Jazz e qui negli States non c’è che l’imbarazzo della scelta per ascoltare questo genere di musica. Poco tempo fa ho visto un concerto del vecchio e grande Lee Konitz, pensate un po’, al Village. Io mi diletto ogni tanto a suonare il sax tenore con non poche difficoltà, perché un conto è la passione ma poi ci vuole anche l’innata predisposizione, il fiato giusto, la dentatura perfetta e altre scuse per dire che occorrono almeno sei ore d’allenamento al giorno per imparare bene lo strumento, un sacrificio troppo grande per me che sono pigro e mi accontento di risultati mediocri.

    Questa sera andiamo al cinema!, sentenzia Monica incurante dei miei programmi della serata. Se vuoi tu, per me va benissimo, però non propinarmi melense commedie d’amore, ti prego, lo sai che non le reggo replico io. Ma neanche quei film d’azione che piacciono a te però, quelli con quell’attore… come si chiama… quello che ha fatto Die Hard … Come ti permetti di denigrare così apertamente quel genio di Bruce che poi è anche il mio eroe in assoluto? Tieniti pure il tuo Willis, che sarà pure bravo, però che noia con tutte quelle sparatorie e quelle riprese da vicino così veloci e incomprensibili; ma vuoi mettere un film fatto di pochi personaggi che recitano intorno a un tavolo? E va beh… allora ci vediamo un film di Agatha Christie con un colpevole solo in mezzo ad altri venti possibili sospetti e giochiamo a indovinare chi è il vero assassino, visto che tutti avevano un valido motivo per accanirsi contro la vittima… dai, è scontato! dico per concludere questa interminabile kermesse.

    Sulla 38th c’è un bel cinema con le poltroncine comode ad altezza giusta; questo basterebbe a farmi digerire il probabile polpettone che mi proporrà Monica.

    Invece fra i numerosi film in programmazione quella sera

    ne troviamo uno che mette entrambi d’accordo: cosa c’è di meglio che un classico degli anni ‘70 come Salvate la tigre con Jack Lemmon? sì, lo so che magari è un po’ malinconico e il protagonista si chiede sempre il motivo delle cose, ma il bello sta nel fatto che è un film che mette a nudo l’ipocrisia della Società americana.

    Usciamo molto tardi dalla sala e così chiamiamo un taxi che ci riporta a casa in venti minuti. Durante la corsa proseguiamo a parlare delle scene più rilevanti di questo ennesimo Classico da Oscar… e dopo disquisiamo su quanto sia bravo quell’attore e non solo, o ci piace notare semplicemente la differenza fra le auto di allora rispetto alle attuali, ma poi soprattutto quanto fossero belli quegli anni… cosa che fanno tutti, ma proprio tutti, anche quando quegli entusiasmanti periodi precedenti coincidono con qualche conflitto mondiale.

    Arrivati sull’uscio di casa, così all’improvviso ci viene un’arrestabile voglia di fare l’amore e quindi, una volta accontentata con qualche crocchetta la nostra affamata gattina, diamo sfogo ai nostri istinti primordiali su quel letto ancora sfatto dal mattino.

    Scherzo con i termini, però mi piace quando ci lasciamo prendere dalla passione e diamo un calcio ai problemi che ci assillano ogni giorno, perché se dessimo retta a tutto quello che ci circonda, tipo le rate del mutuo da pagare, gli investimenti sbagliati e le spese a cui non riusciamo a far fronte… forse non ci sarebbe più spazio neanche per un bacio.

    Noi dobbiamo afferrare al volo la parte migliore della vita perciò quando capita l’occasione favorevole non ce la facciamo scappare; almeno ci proviamo.

    Il giorno seguente, con la testa ancora piena della serata trascorsa e memore degli ammonimenti della mia cara fidanzata, cerco di non perdere tempo fra le strade luccicanti della Grande Mela e mi dirigo in orario civile verso le scale della Sotterranea.

    Sul marciapiede mi ritrovo solo; raramente mi accade di sentire i battiti dei miei passi lungo la pensilina d’attesa,

    e anche se questa stazione non è fra le più frequentate di NY sono appena le sette di sera e non mezzanotte, perciò mi sento immerso in una disagevole condizione surreale.

    Intorno a me c’è un silenzio inquietante e i piccoli rumori circostanti sembrano ovattati e lontani, tanto da enfatizzare quell’odore metallico dei binari sottostanti e accorgermi che alcune scintille si sprigionano dai fili elettrici sopra la mia testa.

    All’improvviso, dall’ultima scala in fondo, scende con passo sciancrato ma spedito un uomo losco, trasandato e dall’aspetto minaccioso che si dirige inesorabile verso la mia direzione.

    Fiuto subito il pericolo e mi spavento perché mi trovo disarmato di fronte a quel tizio che ha un atteggiamento aggressivo e che sembra avere il sottoscritto come unico obiettivo dei suoi intenti.

    Quando arriva a breve distanza finalmente metto a fuoco il suo aspetto: è pauroso perché ha i lineamenti marcati e sporgenti, quasi fosse una maschera di carnevale ma con delle movenze malvagie.

    Mi terrorizza e quindi indietreggio perché più si avvicina e più acquista un’espressione violenta.

    Sta arrivando il metrò per fortuna, eccolo… che frena lentamente e finalmente apre le porte… ma devo correre veloce verso la testa del treno se non voglio essere raggiunto dal tizio claudicante.

    Riesco a intrufolarmi nell’ultima carrozza, ma la porta si chiude solo un attimo dopo che Lui sia riuscito a toccarmi il viso con le sue luride mani; un semplice tocco sulla guancia per fortuna… ma che paura!

    Sembra solo uno spavento superato.

    Arrivo a casa col cuore in sussulto e l’animo turbato perché un fatto così angosciante e con un epilogo degno di un film horror non mi era mai capitato.

    Forse era solo un mendicante ubriaco che avrei fatto felice con un quarto di dollaro e magari non aveva assolutamente cattive intenzioni… voleva spaventarmi per gioco o per scherzo; sapete, come fanno quei ragazzi che quando passi vicino a loro, si divertono a urlare improvvisamente per farti sobbalzare… mah sarà pure, ma è tutto molto strano.

    Trascorrono i giorni in modo sereno ma questo fatto mi torna in mente ancora e non l’ho raccontato a nessuno. Spero che mi esca dalla testa come tutte le stravaganze che la vita ci pone davanti.

    Cose che succedono a New York, una città dalle mille sfaccettature, poliedrica sia nel bene che nel male, con tanta opulenza nel centro, con luci e schermi colorati grandi come un palazzo, e poi per contro, molta povertà

    nelle periferie, ma questo è tipico delle megalopoli di tutto il mondo. Ripensandoci bene però la fermata della Subway in questione non si trova nel Bronx, con il dovuto rispetto a coloro che vi ci abitano, ma in una tranquilla zona del middle west.

    Ricordo che quando ero ragazzino mio padre mi portava a giocare a basket in un campetto proprio lì vicino; di quelli allestiti al momento, con delle righe per terra fatte

    con la calce e degli anelli di metallo posati in alto e saldati a dei pannelli pubblicitari in disuso a far da canestro.

    Provo nostalgia ancora adesso quando penso alla mia infanzia vissuta tra la scuola e la compagnia di mio padre, sempre pronto a farmi divertire con i giochi o portandomi al cinema.

    Ha sostituito brillantemente la mancanza della mamma che a un certo punto della nostra vita è scappata con un altro uomo, lasciandoci soli e impreparati.

    Papà non ha mai dimenticato questo fatto, io lo so; quando da piccolo lo sentivo piangere la notte e scendere dal letto per ingoiare qualche pillola di sonnifero o chissà che altro tipo di farmaco; ma poi ha sempre cercato di non farmi partecipe del suo dolore mostrandosi sempre allegro e spensierato. Era un libero professionista e quindi aveva del tempo a disposizione per fare dell’altro; e Lui, quel tempo, lo regalava a me.

    Purtroppo è mancato improvvisamente quattro anni fa per un aneurisma all’aorta e a nulla sono serviti i soccorsi decisi dei paramedici.

    Ha lasciato un vuoto incolmabile nel mio cuore e penso che non troverò mai più una persona che mi abbia voluto così bene.

    Sì, pronto? rispondo al cellulare che squilla con insistenza; è Monica. Ciao bel ragazzo, come stai? mi dice sempre. Bene, bene, vuoi che ci vediamo a colazione? Sì, al solito posto e alla solita ora risponde come da copione.

    Nell’attesa mi aggiro fra le strade meno frequentate, fra la Settima e la Trentottesima, dove so che c’è un famoso negozio di strumenti musicali, anche usati e a prezzi convenienti. Lo raggiungo e lo perlustro al suo interno ma senza trovare niente di particolarmente accattivante.

    Intanto che aspetto che arrivi l’ora dell’appuntamento mi metto ad ammirare la gente che procede a passo sostenuto per giungere in orario al lavoro e le belle ragazze con delle minigonne

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1