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La signora Spitocchia
La signora Spitocchia
La signora Spitocchia
E-book162 pagine2 ore

La signora Spitocchia

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Info su questo ebook

Il collegio di Megghol Wilk, da sempre luogo di armonia e serenità, vede l’inizio di una nuova era. La direttrice in carica, la signora Spitocchia, spazzerà via come una folata di vento gelido ogni buona vecchia abitudine, lasciando dietro di sé solo caos e distruzione.

Antonio Tedesco nasce a Maddaloni, in provincia di Caserta, l’11 febbraio 1973. Si laurea in Conservazione dei Beni Culturali, collabora con diverse scuole del territorio rendendosi autore di numerosi progetti di storia locale. È membro di varie associazioni per la promozione del territorio. Nel corso degli anni ha pubblicato diversi volumi inerenti la storia locale, tra le più importanti la Guida Storica e Artistica della città di Maddaloni, uno studio approfondito sull’Arcangelo San Michele in Terra di Lavoro, un libro turistico fotografico sui 104 comuni della provincia di Caserta dal titolo Luoghi Casertani, un libro storico-artistico sulle congreghe della città di Maddaloni, una guida illustrata con disegni per ragazzi, uno studio riguardante il Milite Ignoto e numerose altre attività di questo genere. Non ultimo, ha pubblicato un romanzo di fantasia dal titolo Per un pugno di soldi… Sogni! 
Nel tempo libero suona il pianoforte e la chitarra, si dedica alla lettura e alle passeggiate in bici.
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2022
ISBN9788830656864
La signora Spitocchia

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    Anteprima del libro

    La signora Spitocchia - Antonio Tedesco

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    PERSONAGGI

    Natalina Spitocchia – La signora Spitocchia

    Alfredino e Carmelina – Servi trasformati in asini da soma

    Sergio – Quattro servi trasformati in destrieri di colore nero

    Priscilla – Collaboratrice trasformata in capra

    Allievi del collegio – Allievi trasformati in cagnolini

    Barnaba – Il vecchio dirigente

    Saverio – Giovane allievo delinquente

    Giovanardo - Avanzo di galera e padre di Saverio

    Fioretta – Madre di Saverio

    Giacoia – Il cavallo bianco

    Tip e Top – I due topolini

    Girone – Il gran contabile

    Giovannino – Inserviente al suo primo giorno di lavoro

    Ultimor – L’ultimo impiegato

    Il signor Gelsomino – Addetto alla stireria

    Gioò – Unico nome di ottantaquattro buoi

    Tommaso – Il voltagabbana

    Diamante Pocopensa – Il capo guardiano del villaggio

    Cimone – Il capo di tutti i saltimbanchi

    Bruno il corvo – Uno dei tanti cavalieri

    Romina e Paolo – I due fidanzatini

    Michelino – Il ragazzo piccolo e minuto

    Tinto – Il maestro

    Piccoli allievi – Trasformati in pesci rosso

    Gesualda – Collaboratrice di Spitocchia chiamata Getrualda

    Pipino il Baro – Il mentalista

    Giobbe – Il sottoposto di Tommaso il voltagabbana

    Oda, Eda, Ida e Ada – Quattro allieve nel tempo della pausa

    Mino – Amico di Oda

    Ganzo – Il responsabile alla guardiania

    Costabile – Il caffettiere

    Ardeolonta – Addetta al lavaggio e all’asciugatura

    Marchindoldo – L’autista factotum

    Escogitos, Brutals, Iolio – Addetti ai servizi generici

    Rosolino e Traffichello – Assistenti di Diamante Pocopensa

    Re Itro – Il re della Valle di Itro

    Din, Don, Dan – I tre giganti campanari

    Angoll Piromen – L’uomo del fuoco

    Cecio – Il consolatore

    Dragon Slayer – Capo carovaniere

    Panzalù – Il drago della montagna

    Pan Zuccotto – Venditore di prodotti viscidi e addolciti

    Adulo – Uomo fidatissimo della signora Spitocchia

    Flirt – Il messaggero delle buone novelle

    Alfredino, Carmelina e i pacchi regalo

    Era una di quelle mattine fredde e tempestose, a tratti nevose. Nel cortile vi erano sparse ovunque foglie secche e ingiallite; erano cadute dalle antiche querce che dominavano e ombreggiavano il piccolo giardino racchiuso da uno spesso muro di pietra. C’erano tanti cagnolini che giocavano, e quattro o cinque capre che li controllavano; i loro giochi erano tali da produrre un chiasso dirompente che oltrepassava le spesse mura a cinta del collegio.

    A un tratto, il gran portone dell’uscita secondaria si spalancò di colpo, ma nessuno ne uscì. Dopo qualche momento di silenzio assoluto, si avvertì un ronzio e poi un boato fortissimo simile a un roboante tuono in lontananza, che precedette una gran folata di vento; da lontano, lungo il viale, si incominciò a intravedere la sagoma di una donna enorme, imperiosa, altera, vestita con un lungo abito tutto avvitato intorno al corpo; un mantello a strascico le cadeva dalle spalle e una pelliccia di visone le avvolgeva il collo. Guanti lunghi di raso nero, arricchiti da bracciali e anelli a patacca, le coprivano le mani; ai piedi portava tacchi vertiginosi su esili scarpe a punta e, a completare il tutto, un colbacco, il tipico cappello che i militari napoleonici usavano per contrastare il freddo pungente durante le loro campagne di guerra. Sul viso aveva un paio di occhiali neri arcuati all’insù. La sua camminata era rigida, impostata, petto in fuori e testa alta.

    I cagnolini si fermarono di colpo, il silenzio irruppe nel loro chiasso e la paura divenne padrona del cortile; il cielo divenne ancora più tetro di quanto già non fosse, anche le capre educatrici dei cagnolini cominciarono a tremare; di scatto alzarono la testa e con piglio inquieto cominciarono a fare attenzione a ciò che stava accadendo.

    Era arrivata la signora Spitocchia, soprannominata Miss Tempesta, la direttrice del collegio. Ventuno passi più in là, questa era la distanza alla quale si doveva attenere il suo personale di servizio, vi erano Alfredino e Carmelina, trasformati in due asini da soma, carichi di pacchi regalo. Alfredino aveva un carico maggiore e i suoi pacchi sembrava arrivassero al cielo, ma anche quelli che portava Carmelina erano tanti. Giunti sotto l’arco del porticato, nel cortile dove stavano i cagnolini e i loro educatori, la signora Spitocchia ordinò ai due servi di mettere tutti i pacchi regalo nella sua carrozza gialla a forma di banana trainata da altri quattro servi, divenuti per l’occasione destrieri di colore nero con una macchia bianca sulla fronte e chiamati con un solo nome, Sergio.

    I pacchi regalo erano stati consegnati da gente che Spitocchia aveva fatto intendere di aver favorito in commende ed esercizi vari, e per non dare nell’occhio con tutti quegli omaggi aveva contattato le persone di nascosto affinché si presentassero all’ingresso secondario dove vi era una casupola in cui li avrebbe incontrati.

    A un tratto, per sbaglio cadde un pacco dalle mani di Alfredino e… apriti cielo! la signora Spitocchia si arrabbiò come una burbera, cominciò senza colpo ferire a insultare e a inveire a più non posso contro il povero Alfredino: Sei un pappamolla, un rammollito, un essere immondo, hai le mani di ricotta, non sei neanche capace di tenere un pacco in mano!. Poi, infine, con la bocca spalancata quanto l’apertura del Fréjus gli urlò in faccia: Ti farò licenziareeeee! Una rabbia tale da far tremare la terra, anche i cagnolini ebbero paura. Alfredino era tutto rammaricato e impaurito allo stesso tempo, e per non essere punito e, cosa ancor più grave, per non essere licenziato, si genuflesse ai suoi piedi facendosi piccolissimo, più piccolo di un granello di sabbia, e con voce tremolante e balbuziente si mise a implorare perdono: Mi perdoni Miss Spitocchia, mi perdoni, non lo faccio più, sono desolato, mi perdoni…

    Miss Spitocchia, così voleva essere chiamata per via del fatto che diceva di parlare fluentemente una lingua diversa, una lingua aulica, diceva, tramandata dai suoi antenati, per cui nobile, cosa del tutto infondata, in quanto non era affatto nobile e quando le capitava di parlare questa lingua diversa non si capiva assolutamente niente, neanche una parola, intanto perché non la sapeva parlare e poi per via del suo accento troppo marcatamente appartenente alle Terre dei Pianeti del profondo Nord, un villaggio innominato. Inoltre, quando parlava anche normalmente, emetteva quel fragorio tipico del farfugliare di chi ha una zeppola fritta e inzuppata d’olio in bocca, per cui si sentiva quasi uno schiamazzo di sottofondo – gnam, gnam, ptuff, ptuff –

    Ritornando però al povero Alfredino, guardandolo dal basso verso l’alto, gli disse: Io sono la perfezione ptuff, gnam, gnam e tu non sei niente. Poi, con quell’aria di superiorità aggravata dal malcostume corrente consono al suo stile, girò le spalle e continuò a camminare dirigendosi verso i cagnolini.

    Quando arrivò in mezzo a loro a gran voce chiese: Cosa state facendo, bastardi?

    I cagnolini erano spaventati da morire, per cui non seppero rispondere, accucciati e tremolanti, stettero zitti e, pertanto, a rispondere fu una delle capre, Priscilla, quella che più di tutte le altre pensava di essere apprezzata da Spitocchia. Nonostante sentisse di essere una delle pupille preferite, con voce calante e con un forte stato di agitazione addosso le disse: Stanno partecipando all’ora d’aria e dunque non sapevamo cosa fargli fare di particolarmente impegnativo e… allora li abbiamo fatti giocare a palla ruzzolante, Miss Spitocchia…

    Ci fu una breve pausa di silenzio tombale, un silenzio che per un momento fu capace di fermare il tempo; poi Spitocchia, sempre dall’alto verso il basso, si degnò di guardarla prima in faccia, quasi soffermandosi, poi, ovviamente con un’espressione furente e gli occhi di fuoco, la scannerizzò per intero e dandole le spalle rispose: Palla ruzzolante… che imbecillità! Poi aggiunse Mi raccomando, non fate casino! Una risposta articolata con i piedi, anche perché nella sua testa avrebbe voluto chiederle dove avesse comprato quelle scarpe così carine che lei invece non poteva indossare per via dei suoi enormi piedi che calzavano un quarantasei abbondante. Contrita, andò via.

    Dopo ventuno passi andarono via anche Alfredino e Carmelina e quella giornata diversa e per niente scontata, prima delle festività col panettone insaporito dai canditi avariati, prospettata fredda e gelida si trasformò in una splendida giornata quasi primaverile; quel vento freddo e sferzante fece spazio a un’arietta amabile e gradevole, quelle foglie secche e putride che ricoprivano il terriccio del cortile furono spazzate via; tutto ciò che era stato annerito dal cielo buio e tetro riprese vita e finalmente, almeno per quella mattina, i cagnolini poterono ritornare di nuovo ai loro giochi.

    Il collegio di una volta

    La signora Spitocchia era venuta da molto lontano, dalle distese dei Pianeti del profondo Nord, dove in

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