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Reflessologia plantare - Casi clinici
Reflessologia plantare - Casi clinici
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E-book232 pagine2 ore

Reflessologia plantare - Casi clinici

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Info su questo ebook

Le mappe in mio possesso cantavano ognuna una messa propria, erano differenti l’una dall’altra. In questo caos di informazioni l’unica cosa certa era che la “cosa” funzionava, non sapevo bene o come e perché, ma funzionava. Il rapporto con l’ambiente ospedaliero mi andava sempre più stretto. D’altronde avevo studiato come infermiere professionale per prepararmi all’avventura di volontariato internazionale, provenivo da una formazione artistica, pianoforte e Istituto d’Arte, non ero programmato per fare l’infermiere a vita. Il fuoco della ricerca mi divorava. Lasciai l’ospedale dove ero di ruolo, un figlio in arrivo, una pensione assicurata dopo più di quarant’anni di lavoro, (sigh!), vedevo il mio futuro in quell’ambiente come un ergastolo ormai. La mia testa era fuori di lì, ero completamente proiettato nella mia personalissima ricerca reflessologica.
LinguaItaliano
EditoreZu Center
Data di uscita23 ago 2021
ISBN9791220067584
Reflessologia plantare - Casi clinici

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    Anteprima del libro

    Reflessologia plantare - Casi clinici - Laozu Baldassarre

    QUITO, ECUADOR, AGOSTO 2015

    Un mese l’anno con mia moglie lo trascorro in Ecuador, suo paese d’origine, mio di compimento. Libero da impegni lavorativi mi ero ripromesso di tentare ancora una volta di portare a termine il Manuale Pratico di Reflessologia Zu. Ormai erano quasi due anni che giaceva in attesa di essere terminato, mancava meno di un quarto, in più occasioni avevo provato a metterci mano, ma la mancanza di tempo, di concentrazione e altre contingenze me lo impedivano.

    A Quito finalmente ho trovato ciò di cui avevo bisogno, tempo, silenzio, tranquillità e in meno di una settimana sono riuscito a portarlo a termine. La mattina alle cinque, come mio consueto ero già al computer, alle otto colazione, alle nove mia moglie e sua madre uscivano per le loro faccende lasciandomi solo per lavorare senza essere disturbato fino all’una.

    Recuperato il ritmo, potevo fermarmi? Ovviamente no! Terminato di scrivere il Manuale Pratico di Reflessologia Zu, considerando le cose che non avevo scritto e che avrei voluto o potuto scrivere, ero già proiettato al testo successivo, così le tre settimane seguenti benché ci fossimo spostati dalla sierra alla costa, sull’oceano Pacifico, da Quito ad Atacames, ho scritto due terzi di questo libro.

    Il settimo, compimento del movimento, ...e il settimo giorno si riposò. Sette come i bracci del candelabro ebraico, i giorni della settimana, i sette pianeti, il serpente dei sette passi… Sarà l’ultimo? Una specie di testamento spirituale? Riuscirò a portarlo a termine? Riuscirò a pubblicarlo o qualcuno se ne incaricherà?

    Atacames, Ecuador, agosto 2015

    Ciò che mi è costantemente richiesto dai pazienti più curiosi è come ho iniziato quest’attività, invece dagli allievi è come fare una diagnosi.

    Non seguitemi, anticipatemi, altrimenti non potrete essere mai numeri uno, al massimo numeri due, dei quali nessuno si ricorderà.

    Leonardo:

    «Tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro.»

    Codice Forster III

    Da qui ho deciso d’iniziare questo cammino a ritroso, una specie di sintesi della mia vita, forse una biografia auto terapeutica. Guardarsi indietro con spirito migliorativo, fare un consuntivo per un nuovo preventivo di ciò che mi rimane da vivere, ha sicuramente qualcosa di positivo e creativo, in qualunque caso:

    «Meglio muoversi da soli che rimanere fermi insieme.»

    «Meglio cento giorni da leone che uno da pecora.»

    In Cina le persone anziane sono considerate sante o saggi perché sono state osservanti La Via, il Dao.

    «Si regolavano sullo yin/yang e raggiungevano l’armonia con le pratiche e i numeri…»

    Neanche io mi sono mai ammalato, non ho mai perso un giorno di scuola o di lavoro. Sono vegetariano da quarantatré anni ormai, secondo le statistiche dovrei essere già morto, forse lo sono, ma mi sono dimenticato di farmi seppellire. Dopo quarant’anni di lavoro continuo, a sessant’anni ho deciso che era il momento di dedicarmi a qualcosa di ludico e meditativo, fare qualcosa per me, così ho scoperto la gioia e il piacere del tiro con l’arco, ora tendo il mio potente longbow con grazia e fluidità poco comune anche tra i giovani e gli arcieri tecnologici.

    Lisbona, Portogallo, agosto 2016

    Decido di dare alle stampe quanto scritto, ho ancora molto da dire, ma mi devo contenere. Finché sarò vivo, finché ci sarà qualcuno disposto ad ascoltarmi continuerò a trasmettere anche verbalmente ciò che sento.

    Leonardo.

    «Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire.»

    (Codice Trivulziano)

    «Una volta che abbiate conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desidererete tornare.»

    Laozu Baldassarre

    1982

    Nascita di un Reflessologo Zu, anche se ancora non lo sapeva

    Di questo testo mi farebbe piacere che faceste tesoro delle informazioni che trasmetterò, più che gli eventi in se, patrimonio personale che ormai fanno parte del mio passato.

    Erano gli ultimi giorni di dicembre del millenovecentottantuno, con alcuni amici avevamo deciso di trascorrere il capodanno a Parigi.

    Sull’autobus che ci stava portando nella capitale francese, interagendo con un compagno di viaggio, incuriosito dai miei trascorsi di volontario in Ecuador, in ricerca di qualcosa di alternativo a livello terapeutico, mi parlò di una persona che curava attraverso i piedi in una cittadina dell’hinterland milanese dove risiedeva.

    Mai sentito parlare di una cosa del genere, in quel periodo si stavano affacciando alla pubblica conoscenza l’agopuntura e lo shiatzu, come cure alternative, ma i piedi?

    In quel periodo lavoravo come infermiere professionale presso il reparto di pediatria dell’Istituto dei Tumori di Milano. Riassorbito dai ritmi quotidiani del lavoro ospedaliero l’indirizzo su quel foglietto rimase lì ad aspettarmi fino all’estate. Però, curioso come una scimmia, come sempre sono stato, come potevo lasciar stare? Recuperai il foglietto sul quale avevo annotato il telefono e l’indirizzo e presi un appuntamento.

    Arrivai a una casa popolare, la persona che mi ricevette allora, mi parve grossa, sopra la media, quasi un gigante, quando poi l’ho rincontrato qualche anno dopo, non era così grosso, assolutamente nella media, forse più piccolo di me.

    Scherzi della mente, della memoria, si sarà rimpicciolito lui o sono cresciuto io? Ma!

    Mi ricevette in una stanza minuscola del suo appartamento della casa popolare dove viveva, appena vi entrava il lettino, con difficoltà ci si poteva girare attorno. In alto, sopra il lettino per i massaggi un piccolo televisore grande poco più di un palmo, in bianco e nero, che poi scoprii gli serviva per vedere le partite della nazionale di calcio durante i massaggi, questo particolare delle partite della nazionale mi riporta al fatto che fossimo durante l’estate dei mondiali di calcio del 1982.

    Operaio metalmeccanico, titolo di studio quinta elementare, nell’immediatezza mi parve un gigante buono con delle manone…

    Mi fece sdraiare sul lettino e cominciò a schiacciarmi i piedi, non a massaggiarli, un dolore bestiale! Sarei voluto scappar via, ma i miei piedi erano prigionieri delle sue manone. Mentre mi comprimeva specifici punti, mi diceva cose che corrispondevano al vero. Sono passati tanti anni e i ricordi si affievoliscono, ma quell’esperienza segnò la mia vita.

    Mentre le mie capacità cognitive erano offuscate dal dolore, mi raccontava cose che solo io potevo sapere, non mi ricordo cosa perché nel frattempo stavo soffrendo, ma ciò che rimase dell’esperienza fu il quesito:

    «Ma come fa a dirmi cose così precise, anche se nel suo linguaggio di operaio metalmeccanico e con un livello d’istruzione così basso?»

    La storia non poteva finire lì.

    La settimana successiva accompagnai l’allora mia compagna affinché anche lei si sottoponesse alla diagnosi reflessologica e io potessi vedere in quale maniera toccava i piedi per carpire qualche segreto. Dolori, contorsioni, tentativi di fuga anche da parte sua, ma anche conferme degli enunciati, la maniera di toccare non appariva così pesante e dolorosa come l’avevo percepita.

    Un nuovo capitolo della mia vita si stava aprendo, ma ne ero ancora ignaro. Chiesi dove avesse appreso tale tecnica e m’informò che un massoterapista di Monza teneva dei corsi nella sua casa durante i week-end.

    Potevo aspettare? Alla prima occasione alla quale fu possibile partecipare eccomi presente al mio primo appuntamento con la Reflessologia Plantare. Il massoterapista, terza media, aveva partecipato a un corso di un fine settimana in Germania con un’interprete. Tornato in Italia spostando poltrone e divani in casa, cominciò a sua volta a tenere corsi di Reflessologia del Piede. Dopo due giorni avevo perfettamente messo a fuoco quanto appreso. La mappa che mi era stata consegnata era già impressa nella mia mente e avevo cominciato a massaggiare bambini, le loro madri, le infermiere e i medici del reparto di pediatria. Il concetto era semplice:

    «Questo punto del piede corrisponde a quella parte del corpo, massaggia questo punto del piede guarirai quella parte del corpo.»

    Niente di più.

    In quel tempo non erano ancora stati pubblicati libri di reflessologia del piede in Italia. Il primo ad apparire fu quello di Clara Erede, Massaggio Zonale, Ed. RED, che era la sintesi del libro, Sani nel domani, della svizzera Edy Masafret. In ospedale materiale umano per sperimentare la tecnica appena acquisita non mancava. Massaggiavo a più non posso chiunque. Sarà stata la fortuna del principiante, ma parlo anche di patologie gravi, bambini con blocchi renali o vescicali ricominciavano a urinare, riducevo dolori che la morfina non calmava. Unico infermiere uomo nel reparto di pediatria, con più anni di esperienza, sostenuto dalle colleghe che si facevano carico delle mie incombenze per darmi la possibilità di massaggiare i bambini, massaggiavo.

    I risultati benché strepitosi ovviamente non erano supportati da un riscontro scientifico, non lo sono tutt’oggi, immaginarsi all’ora, puro empirismo. Le chemioterapie per i bambini erano devastanti, m’imploravano di non farli vomitare, perché a parte i vari dolori, quel continuo vomitare era per loro la sofferenza più grande. Cosa dovevo fare, se non massaggiare l’area riflessa dello stomaco? Quando la massaggiavo, i poveretti soffrivano un po’ meno ma vomitavano di più. Cosa succedeva? Perché? Dove stavo sbagliando? Cominciarono ad affiorare i primi quesiti, i primi dubbi.

    Solo con il tempo compresi che quel vomitare più intensamente non era qualcosa di patologico o di errato dei miei massaggi, era l’organismo che sostenuto e sollecitato nel processo di eliminazione degli effetti collaterali delle chemio accelerava il vomito per liberarsi prima possibile delle tossicità.

    Terminata la somministrazione della chemioterapia, i massaggi mirati a sostenere gli organi della metabolizzazione e dell’eliminazione sono di grande aiuto. Pazienti sottoposti a chemioterapia oggi raccontano che con i nostri massaggi il recupero delle funzioni vitali primarie sono notevolmente accelerate, ritornano a una relativa normalità in tempi molto più brevi.

    I chemioterapici sono antibiotici ad alto potenziale, hanno un notevole potenziale distruttivo, rispetto a quelli di trenta/quaranta anni fa questo potere oggi è più mirato, si attaccano le cellule cancerogene in maniera sempre più selettiva, riducendo così gli effetti collaterali.

    I risultati ormai erano quotidiani, sempre più costanti, mancava però la prova scientifica! Ovviamente a chi soffre della prova scientifica non gli interessa assolutamente niente, effetto placebo? Placebo o non placebo la richiesta silenziosamente gridata era:

    «NON FATEMI SOFFRIRE!»

    Ormai il virus reflessologico era entrato nel mio cervello. Non vedevo nient’altro che piedi. Amici, parenti, tutti in fila per farsi massaggiare, tanto non costava nulla, la cosa incuriosiva, un massaggio gratis ai piedi è sempre meglio di un pugno in faccia, peggio che possa succedere, non succederà niente, materiale umano non mi mancava.

    In fondo al piccolo testo Massaggio Zonale, incontrai una bibliografia di testi stranieri. Ero affamato di informazioni riguardo questa materia.

    Mi recai alla libreria Cortina di Milano, difronte all’Università Statale, di cui in poco tempo divenni assiduo frequentatore, cliente e compratore compulsivo, ordinai i primi testi stranieri di Reflessologia del Piede.

    Amici, conoscenti, pazienti, mi aiutavano nelle traduzioni. I testi erano piccoli, non erano dei tomi, ma ben presto scoprii che avevano poco da dire, ogni libretto aveva una bibliografia che andava ad arricchire la mia libreria personale. In poco tempo mi resi conto che avevo tutti i libri al mondo pubblicati sull’argomento fino a quel periodo di cui ero a conoscenza. L’unica cosa che era aumentata in me era l’insoddisfazione determinata dalle non risposte incontrate in quei testi.

    Ero sempre più arrabbiato e contrariato per l’inconsistenza delle informazioni, le banalità degli enunciati, fumo… Non trovando risposte in quel genere di libri, la mia attenzione si spostò su qualcosa di più scientifico, per cui cominciai a studiare le basi neurobiologiche del sistema nervoso, fisiologia dell’apparato locomotore, approfondimenti che riguardavano i piedi sotto qualunque aspetto, anatomia, fisiologia, patologia, simbologia. Per un anno frequentai anche un corso per pedicure della Regione Lombardia, per cui mi diedero anche l’attestato abilitante a tagliare calli.

    Le mappe in mio possesso cominciavano a diventare veramente tante, ogni libro ne presentava una differente. Delegavo amici e conoscenti che andavano all’estero di andare a spulciare in quelle che in quel periodo erano le così dette librerie alternative. Catalogavo le mappe per similari.

    Le più grandi le facevo rimpicciolire, mi procurai una scrivania lunga più di tre metri per appoggiarci e confrontare le differenti mappe.

    Il fegato, il cuore, i reni, ogni mappa era differente per particolari piccoli e grandi. Se in sala operatoria arriva una persona con un’appendicite e dev’essere operata, il chirurgo non ha

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