Come si difende l'organismo
Di LÉON BINET
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Anteprima del libro
Come si difende l'organismo - LÉON BINET
INTRODUZIONE
Lo studio dei meccanismi regolatori costituisce uno dei capitoli più importanti e interessanti della fisiologia. Sopravviene una brusca modificazione della temperatura esterna? Interviene la termoregolazione mettendo in gioco delle reazioni fisiche e chimiche, grazie alle quali la temperatura centrale dell'organismo superiore resta invariata. Diminuisce la pressione arteriosa? L'ipotensione provoca immediatamente delle risposte meccaniche e glandolari che correggono la turba circolatoria. L'organismo è sottoposto a un grave sforzo muscolare? Esso brucia del glucosio e il fegato, collaboratore dei muscoli, libera lo zucchero che tiene in riserva. Si ha una elevazione anormale della glicemia? Il pancreas endocrino elabora una maggior quantità di insulina. Diminuisce la calcemia? Le paratiroidi secernono un ormone che agendo sullo scheletro provoca una mobilitazione di sali di calcio.
Nel libretto che presentiamo, ci è parso interessante considerare l'organismo posto in questa o quella condizione sfavorevole, studiarne il comportamento e sottolineare qualcuna delle sue reazioni. Tratteremo successivamente la lotta dell'organismo contro il freddo e contro il caldo, di fronte all'impressione della paura e a quella del dolore, di fronte all'asfissia, all'emorragia, allo choc nervoso, alle scottature, di fronte alla sete e alla fame, di fronte alle aggressioni dell'apparato respiratorio e all'intossicazione alimentare. Abbiamo però eliminato da questo studio i problemi microbici e infettivi: mostreremo al lettore soltanto la varietà dei mezzi fisiologici con cui si difende l'organismo.
CAPITOLO PRIMO - DI FRONTE AL FREDDO
Ognuno sa che gli uccelli e i mammiferi possiedono una termoregolazione sempre in attività, grazie alla quale la loro temperatura centrale si mantiene costante; per questo essi sono chiamati omotermi. Quando il freddo esterno è vivo e l'acqua gela, la temperatura dell'uomo resta fissa a 37°. Di quali mezzi si serve l'omotermo per lottare contro il freddo? Due regolazioni, l'una fisica e l'altra chimica, saranno successivamente esaminate e analizzate.
La regolazione fisica riguarda l'irradiazione del calore; col freddo, questa perdita che potrebbe essere considerevole, è limitata grazie all'influenza dei tegumenti che agiscono sia per la loro costituzione, sia per lo stato della loro circolazione.
Lo stato dei tegumenti ha una grande importanza per la perdita di calore degli omotermi. Una rapida scorsa nella serie animale ci mostra che la pelliccia e il piumaggio hanno un potere protettivo considerevole, soprattutto a causa della massa d'aria che si trova così immobilizzata intorno al corpo. L'efficace funzione della pelliccia è ben messa in evidenza dall'osservazione degli animali rasati; dopo la tosatura, si osserva, nonostante un'enorme aumento di combustione interna, l'instaurarsi di una ipotermia capace di portare l'animale alla morte. Studi molto precisi hanno dimostrato che il potere protettore della pelliccia o del piumaggio è in proporzione diretta del suo spessore. Questo potere diminuisce appena diminuisce la quantità di aria imprigionata; ciò accade quando i tegumenti sono bagnati, e si sa che la pelliccia di certi mammiferi detti acquatici, come la lontra, e il piumaggio di certi uccelli palmipedi, come l'anitra, sono impermeabili all'acqua. Ricordiamo a questo proposito un'esperienza dimostrativa di Paul Portier e Anna Raffy sul bagno dell'anitra
. Si aggiunge all'acqua di questo bagno della bile di bue, che abbassa la tensione superficiale dell'acqua. Questa penetra allora nel piumaggio e scaccia l'aria immagazzinata nelle piume: l'uccello esce grondante, con un abbassamento della sua temperatura centrale, mentre, normalmente, l'anitra lascia lo stagno senza essere bagnata e non subisce modificazione termica per il solo fatto del bagno.
Per lottare contro la perdita di calore, l'omotermo può anche modificare la sua circolazione periferica. Il fenomeno si produce per processo riflesso: i nervi della pelle, guardiani dell'organismo contro l'invasione del freddo esterno
, sono eccitati dall'abbassamento della temperatura e trasmettono l'eccitazione ai centri vasomotori che comandano la vasocostrizione dei tegumenti. Questa avviene non soltanto al livello della regione esposta al freddo, ma anche a distanza, e un soggetto di cui si raffredda una mano, presenta nell'altra mano, una costrizione dei vasi e un raffreddamento riflessi.
Ricerche recenti (Rein, 1943) mettono in evidenza importanti modificazioni della circolazione cutanea sotto l'influenza del freddo. Dapprima, il freddo determina una vasocostrizione alla periferia; con un freddo più intenso e più prolungato, la vasocostrizione cede a intervalli e si alterna con periodi di vasodilatazione. Come spiegare queste variazioni? La vasocostrizione dovuta al freddo è opera dei nervi vasocostrittori del simpatico e di una scarica di adrenalina; la vasodilatazione è dovuta all'anossia (mancanza di ossigeno) e all'acidosi locali, conseguenze dell'abbassamento del metabolismo locale per rallentamento della circolazione e per azione diretta del freddo. L'anossia e l'acidosi locali rendono i vasi interessati refrattari all'azione costrittrice dei nervi simpatici vasomotori e dell'adrenalina. In principio, la periferia è sacrificata al mantenimento della costanza della temperatura centrale. Se l'azione del freddo progredisce e se l'abbassamento del metabolismo locale è abbastanza forte da rischiare di produrre delle lesioni, la profondità è sacrificata al mantenimento dell'integrità anatomica della periferia.
Nello studio dei mezzi fisici utilizzati dall'organismo per mantenere la sua temperatura centrale, citeremo il risultato dei lavori eseguiti in America da H. Barbour e dai suoi collaboratori, relativi al problema della concentrazione del sangue nel corso della lotta contro il freddo. Essi dimostrano l'importanza degli scambi d'acqua che avvengono fra il sangue e i tessuti nella regolazione della temperatura centrale. Quando si raffredda un omotermo, si registra, nel momento in cui gli scambi aumentano, una concentrazione del sangue, messa in evidenza dalla determinazione del peso del sangue seccato e dalle numerazioni globulari. (fig. 1)
L'importanza della concentrazione del sangue è stata confermata (Rein, 1943) e questo fenomeno spiega l'aumento della viscosità del sangue nell'organismo refrigerato. L'acqua scomparsa si fissa al livello della pelle refrigerata, nel tessuto cellulare sottocutaneo e nei muscoli. I tessuti profondi si trovano, così, isolati dal mezzo ambiente da uno strato liquido avente la funzione di materasso protettore.
Ma nello stesso tempo ch'esso pone un freno alla perdita di calore, l'organismo che lotta contro il raffreddamento aumenta la produzione de] calore stesso; la regolazione fisica si aggiunge alla regolazione chimica. Il freddo, nell'omotermo, provoca un aumento compensatore della termogenesi.
1.jpgFig. 1 - Modificazioni del volume globulare per 100 cc. di sangue in un cane refrigerato.
Nei suoi lavori sulla respirazione, Lavoisier aveva già richiamato l'attenzione sull'aumento del consumo d'aria vitale (ossigeno) sotto l'influenza del freddo. Lavori ulteriori hanno precisato la sede di queste combustioni esagerate. Esse si producono nei muscoli, la cui reazione al freddo giunge a uno stato fisiologico particolare: il brivido.
Studiato attentamente da Charles Richet, il brivido termico è facilmente analizzabile nel cane. Se ne conoscono due varietà: il brivido riflesso, provocato dall'azione del freddo sui nervi sensibili e che si manifesta all'infuori di ogni modificazione della temperatura interna, e il brivido centrale dovuto a un abbassamento della temperatura del corpo (33° o 34°), che si osserva nel cane anestetizzato e per conseguenza raffreddato. Tutto avviene come se l'organismo minacciato dal freddo, avesse due mezzi, due tattiche di resistenza: la prima è rappresentata dal brivido riflesso; la seconda, che interviene nel caso di cedimento della prima, è realizzata dal brivido centrale. In modo generale, il brivido tocca soprattutto i muscoli estensori e i muscoli inspiratori. L'osservazione nostra che esso è dapprima intermittente producendosi al momento dell'inspirazione e scomparendo con l'espirazione; in seguito può diventare continuo, ma con un'ampiezza più considerevole al momento dell'inspirazione che a quello dell'espirazione. È ben stabilito ormai che nell'uomo i muscoli masticatori sono i primi a intervenire: quando si