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La Stampella: Storia di Romeo. Racconto d’esistenza anni Novanta
La Stampella: Storia di Romeo. Racconto d’esistenza anni Novanta
La Stampella: Storia di Romeo. Racconto d’esistenza anni Novanta
E-book160 pagine1 ora

La Stampella: Storia di Romeo. Racconto d’esistenza anni Novanta

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Info su questo ebook

La Stampella è una specie di "romanzo di formazione" di stampo esistenzialista ambientato nella Roma degli anni Novanta, con una appendice in terra di Baviera. Il protagonista, Romeo, è zoppo. La sua zoppia ha una duplice valenza: fisica ed esistenziale. Intrappolato in una quotidianità lavorativa e relazionale che rischia, a ogni piè sospinto, di farlo precipitare nell'inautenticità, indossa le diverse maschere di un cinismo disincantato, alternando momenti di autoironia e di crudo sarcasmo a passioni dirompenti, che si sforza di tenere a bada. Il suo è un mestiere da "falsario", come l'aneddotica ci riferisce a proposito di Diogene di Sinope: di questi si narra falsificasse la moneta, in senso letterale o metaforico; per campare, invece, Romeo adultera le parole con arte sofistica. Tradotto in termini tardo-novecenteschi, fa il ghost-writer, lo "scrittore fantasma", figura professionale oggi in gran parte sostituita dalla cosiddetta "intelligenza artificiale". La Stampella, la cui prima stesura risale proprio a trent'anni fa, è anche uno spaccato della Roma anni Novanta – forse un po' nostalgico per i vecchi ragazzi dell'epoca di Romeo… Atmosfere, simboli, slang, brani musicali, tutto concorre a ricreare un vissuto tremolante nel ricordo, che a tratti ancora balugina, sapendo di esser destinato al niente. Il protagonista, infine, imbattutosi nel suo personale daimon, avrà in sorte di assaporare il gusto folle di una forma di autenticità inedita, spiazzante e poco "romana". E sarà la stampella a pagarne il fio…
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2023
ISBN9791220307987
La Stampella: Storia di Romeo. Racconto d’esistenza anni Novanta

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    Anteprima del libro

    La Stampella - Francesco Dipalo

    Prefazione

    Lungo i sentieri della vita,

    comunque sia,

    abbiamo imparato a camminare,

    zoppicando, correndo,

    ognuno come ha potuto.

    Agli amici del tempo che fu.

    Benedicente.

    Ich bin ein Geländer am Strome: fasse mich, wer mich fassen kann! Eure Krücke aber bin ich nicht.

    (Friedrich W. Nietzsche, Vom bleichen Verbrecher,

    Also sprach Zarathustra, Erster Teil)

    Io sono una ringhiera su un fiume in piena. Si aggrappi a me chi può. Ma io non sono la vostra stampella.

    (Friedrich W. Nietzsche, Del pallido delinquente,

    Così parlò Zarathustra, Parte prima)

    Vagabondo negli spazi più silenziosi.

    Un’overdose di informazioni, adrenalina, stimoli, calmanti.

    Correre. Correre.

    Senza sapere perché.

    A volte senza aver cognizione nemmeno dei mezzi.

    Nuotare nel rumore di fondo,

    sentire il rumore di fondo bruciare

    sulle molteplici cicatrici della tua personalità.

    (Romeo Pilado, Pensieri sparsi)

    La Stampella è una specie di romanzo di formazione postmoderno ambientato nella Roma degli anni Novanta, con una appendice in terra di Baviera. Nell’Ottocento i romanzi di formazione narravano le vicende di ragazze e ragazzi in cammino verso la maggiore età. Le storie si prefiggevano pertanto un fine educativo e psicagogico: mostrare come, attraverso una serie di traversie e di prove, alla fine si impara a stare al mondo, in un modo o nell’altro, sulla scorta di valori in grado di orientare il o la protagonista. Romeo, l’interprete del nostro racconto, è già piuttosto grandicello, rispetto ai canoni ottocenteschi. Ma considerati gli standard della società fin di secolo ventesimo (e, a maggior ragione, della presente), l’accostamento con il romanzo di formazione ottocentesco non risulta poi così peregrino. A volte la maturità la si raggiunge ben avanti con gli anni, sempre che si riesca a tracciarne i contorni valoriali attraverso una definizione degna di nota…

    Per questo ho usato l’aggettivo postmoderno. La postmodernità è caratterizzata da valori deboli, o liquidi per usare la celebre aggettivazione di Zygmunt Bauman. Morto Dio, spezzatasi l’architrave metafisica su cui si erano sorrette le società europee dalla tarda antichità sino all’età moderna, l’uomo del Novecento ha dovuto muoversi in un clima sociale fumoso, incerto, assumendosi responsabilità esistenziali inedite, essendo chiamato non solo a decidere della propria condotta morale, ma anche dei valori cui ispirarla. L’alternativa è stata – ed è – la via del conformismo, una forma di esistenza inautentica, per dirla con Martin Heidegger. Se non sei tu a scegliere, il sistema lo farà per te, in nome di una metafisica affatto debole, onnipervasiva e leviatanica che si esplicita sui due assi dell’economia finanziaria e della tecnica.

    Ecco, all’inizio degli anni Novanta, tramontata con la fine dell’Unione Sovietica l’ultima grande narrazione della modernità, i segni della crisi contemporanea, a ben guardare, c’erano già tutti: fabula hodierna coepit¹ è il caso di dire.

    Romeo è zoppo. La sua zoppia, come scoprirà l’amico lettore, ha una duplice valenza: fisica ed esistenziale. Intrappolato in una quotidianità lavorativa e relazionale che rischia, a ogni piè sospinto, di farlo precipitare nell’inautenticità, indossa le diverse maschere di un cinismo disincantato, alternando momenti di autoironia e di crudo sarcasmo a passioni dirompenti, che si sforza di tenere a bada. Il suo è un mestiere da falsario, come l’aneddotica ci riferisce a proposito del Grande Cane Diogene di Sinope: di questi si narra falsificasse la moneta, in senso letterale o metaforico; per campare, invece, Romeo adultera le parole con arte sofistica. Tradotto in termini tardo-novecenteschi, fa il ghost-writer, lo scrittore fantasma, figura professionale oggi in gran parte sostituita dalla cosiddetta intelligenza artificiale.

    La Stampella, la cui prima stesura risale proprio a trent’anni fa, è anche uno spaccato della Roma anni Novanta – forse un po’ nostalgico per i vecchi ragazzi dell’epoca di Romeo… Atmosfere, simboli, slang, brani musicali, tutto concorre a ricreare un vissuto tremolante nel ricordo, che a tratti ancora balugina, sapendo di esser destinato al niente.

    Il protagonista, infine, imbattutosi nel suo personale daimon,² avrà in sorte di assaporare il gusto folle di una forma di autenticità inedita, spiazzante e poco romana. E sarà la stampella a pagarne il fio… Non aggiungo altro per non rovinarvi la suspence. Buona lettura!

    Bracciano, 23 agosto 2023

    Immagine che contiene dipinto, disegno, Arte bambini, pittura Descrizione generata automaticamente

    Parte prima

    Polemos

    Da qualche parte a Roma ovest, tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993… Va tutto bene, Madama la Marchesa. Si va alla guerra.

    La mia stampella. L’avevo lasciata appoggiata alla sedia, nella camera dei ricordi. Ora dovrò barcollare qua e là per cercarla, violentare la penombra delle mie elucubrazioni mattutine. Sforzarsi di ricordare, non sforzarsi, ricordare. Passo dopo passo. Forse ho bisogno soltanto di un buon caffè. Mettiamo un po’ d’ordine. Vediamo… no, non mi va un pezzo di cioccolata al latte e sono ancora troppo irritabile per darmi la briga di ascoltare i messaggi di ieri sulla segreteria telefonica. O per scoprire che non c’è alcun dannato messaggio per me. Allora vado a fare un po’ di toilette, tutto intorpidito come sono. Maledetta gamba! Non ne vuole proprio sapere di svegliarsi. Comunque, ho messo a punto una strategia per cominciare il nuovo giorno senza di lei, nonostante i suoi sbadigli capricciosi. Mi è costata un tantino di fatica, è vero, ma col tempo è stata digerita dal mio corpo. Il cervello, non so come, l’ha ammessa tra i suoi automatismi. Ecco: mi appoggio al lavandino, mi sorreggo con un braccio e con l’altro mi lavo il viso alla bell’e meglio. Gesù, la mia stampella! Che ci fa là, vicino alla tazza del cesso? Devo essermi alzato nel cuore della notte. Forse ho trascorso qualche minuto, come in trance, immerso nella luce gelida di questa lampadina stremata… Non ricordo. Dovrei, ma, chissà perché, non ricordo. E le cose non mi sono certo d’aiuto. Maledette cose, maledetta lampadina, maledetto sciacquone, e tu maledetta sorella stampella, come vorrei gettarvi tutte fuori dalla finestra, giù nella strada piastrellata di auto, tra la spazzatura e i reperti emotivi! Finalmente. Un sostegno al mio zoppicare. Ecco, ora va un po’ meglio. Potrei girarmi tutta casa, in barba a questa bizzosa gamba zoppa. Dono del Signore, mi ha detto una volta il parroco. Dono di qualche signore che non ho mai avuto il piacere, né la voglia, né il tempo di conoscere. Di certo un signore un po’ invadente e sfaccendato! Basta con i pensieri troppo elevati: è tempo che mi prenda cura della mia cara macchinetta del caffè. Sono anni che mi aspetta tutte le mattine al risveglio, silenziosa, infreddolita, ma sempre fedele. Allora dove eravamo? Ah, ecco. Acqua nel serbatoio. Apro il rubinetto. Caffè macinato. Lassù, nello scaffale in alto a sinistra. Avvitare il pezzo di sopra, quello con il becco da pulcino. Stringere con forza, ma non troppo. Provo un indicibile stupore nello scoprirmi così avvezzo a maneggiare oggetti di ferro.

    Una tazzina di caffè. Una sigaretta. Una manciata di pensieri così, tanto per. Un’altra giornata. Ho imparato a sorseggiare il mio caffè con noncurante misticismo, ad assaporare l’aroma di questi minuti sospesi nel niente. Minuti eterni, troppo presto per uscire di casa, troppo tardi per fare qualsiasi altra cosa. Il loro ritornare ciclico è una garanzia di continuità, un salvagente lanciato a un fragile io.

    Qualche colpo di clacson, giù per strada, mi ricorda che un’intera città di piccoli uomini e donne si è risvegliata insieme a me e si è già messa in marcia verso il progresso o il tirar innanzi, dipende dai punti di vista. In ogni caso, è ben desta e reclama qualcosa che assomigli alla mia presenza. Romeo, sciacqua via la pesantezza che grava sulle tue palpebre, gonfie per le lunghe ore di preghiera su giornali e libri notturni, Romeo, Romeo… il tempo vola, ci sono le bollette da pagare, alla posta, luce, gas, telefono, e poi da stasera comincia lo sciopero dei benzinai, per tre giorni o forse più. Se vuoi conservare la tua capacità di movimento, è necessario che ti muova, ora. Ebbene, uscirò dalla mia tana, affronterò la gente, starò in fila, con la consapevolezza di esserci, sì, minuscolo ingranaggio facilmente sostituibile, molecola di traffico, grumo di pensieri che si dileguano in punta di piedi. Che volete? Talvolta mi viene il dubbio che i rapporti che intrattengo con gli altri esseri umani non siano poi qualitativamente così diversi dal mio sognare sogni elettrici dinanzi allo schermo del computer. Forse sono soltanto un po’ più stressanti. Il problema è che, una volta afferrato un attimo di piacere, non lo si vorrebbe più lasciare andare via. E questo comporta, inevitabilmente, un sottile, angoscioso dolore. «Cristo, questo caffè fa più schifo del solito!» – penso ad alta voce, come di rimando ai clacson di prima, e mi accanisco contro il mozzicone di sigaretta, che giace schiacciato nel portacenere di cristallo, lasciatomi in eredità dai miei genitori. Chissà perché, ha deciso di non spegnersi del tutto. La ribellione delle cose, non meno inane di quella di molti umani, ha il potere di smuovermi dentro quel fondo di crudeltà su cui trascorrono, a bassa quota, pensieri ricorrenti. In cortocircuito. Punendo il mozzicone, punisco me stesso.

    ***

    Ho portato a passeggio il mio vecchio cane. Gli sono rotolato dietro, sarebbe meglio dire. Il giro dei giorni feriali. Non ha molto senso che si perda tempo a pensare un giro diverso dal solito. Si va. Al resto provvede la consuetudine. Abiti, questo siamo, dopo tutto. Stoffa irrigidita dalla polvere dei giorni e dalle intemperie emozionali, che dà forma esteriore a quell’in-sostanza fumosa che chiamiamo io. E allora via allo slalom tra spigoli di palazzi, marciapiedi sgarrupati e tenaci ciuffi d’erba che erompono vittoriosi dall’asfalto. Prosaica ginestra de noantri.

    Il portiere del mio stabile è della provincia di Salerno. Un paesino piccino arrampicato su una collina anonima. Un paio di strade con una manciata di casupole dove vivono famiglie che si conoscono da secoli. Me lo immagino, ogni volta che egli me ne

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