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Vincere scientificamente: Come la scienza può renderci più intelligenti, più ricchi, più felici
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E-book322 pagine3 ore

Vincere scientificamente: Come la scienza può renderci più intelligenti, più ricchi, più felici

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Info su questo ebook

In questo libro troverai:
  • Cosa è il metodo scientifico e perché è una delle più grandi rivoluzioni filosofiche e concettuali che la nostra specie abbia mai prodotto.
  • Cosa, nello studio dei fenomeni naturali, può essere applicato alla nostra evoluzione individuale e consentirci di diventare realmente più intelligenti, più ricchi, più felici.
  • Distribuzioni matematiche, dopamina, bias, e tutto quanto lega il sapere scientifico all'arte della strategia e della tattica.
  • "Ricercare la singolarità", "Puntare ai sistemi inevitabilmente interconnessi" e altri segreti dell'"Hacking scientifico": l'arte dell'esaminare sistemi complessi e rielaborarne le dinamiche a proprio favore.
  • Richard Feynman, Rita Levi-Montalcini, Galileo e tante altre storie di "Campioni scientifici": scienziati che hanno cambiato il nostro mondo grazie al duro lavoro e alla dedizione totale nei confronti della loro "arte".
  • Un sacco di mini-sezioni pratiche di “Laboratorio Strategico” per applicare nel concreto tutti i principi illustrati.
  • Teoria dei giochi, calcolo della probabilità e come la matematica può aiutarti a prendere decisioni migliori in qualunque campo.
  • Costruzione di modelli ipotetici, analisi delle interazioni, "cerchi nell'acqua" e tante altre tecniche per "indagare scientificamente", e svelare così le "verità nascoste" dietro bugie, incognite e misteri di ogni genere.
  • Possiamo usare la scienza per prevedere il futuro?
Il nostro estratto preferito
"Ogni invenzione, ogni edificio, ogni opera d’arte che creiamo è destinata a deteriorarsi sotto il peso implacabile dell’entropia; ma la scienza, con la sua indomabile determinazione, si sforza di contrastarla, di rallentarla, di conservare l’energia, di costruire sistemi più efficienti e durevoli. Ma consideriamo anche le malattie, quelle forze invisibili che hanno minacciato la nostra specie fin dai primi albori. La peste, il vaiolo, la tubercolosi: nemici silenziosi che hanno decimato intere popolazioni. Ed ecco che “l’arte strategica” fornita dalla scienza ci ha consentito di sviluppare vaccini, terapie e cure; ha trasformato morti certe in malattie prevenibili, e ha donato all’umanità speranze e aspettative di vita mai viste prima. Si pensi anche alle forze più violente della natura: gli uragani, i terremoti, le inondazioni; calamità che hanno sempre avuto il potere di distruggere finanche civiltà intere. E anche in questa guerra, la scienza è sempre stata al nostro fianco, fornendoci gli alfabeti per l’ingegneria più avanzata, per sofisticate tecniche di previsione, e per soluzioni d’intervento innovative."
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2023
ISBN9791222446882

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    Vincere scientificamente - Danilo Lapegna

    I - Ricreare il successo in laboratorio

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    Come accennato nell’introduzione, se esiste un principio magari banale per alcuni ma non per altri, e dal quale la scienza non può prescindere, è l’esistenza di una realtà, ossia di qualcosa di oggettivo. O, se vogliamo presentarla su un livello ancora più spartano, di quell’elemento che si comporterà in un certo modo indipendentemente da quanto scegliamo di ignorarlo. Si pensi al banalissimo esempio della gravità: se saltiamo da un balcone al trentesimo piano, beh, moriremo anche se decidiamo di non credere nella cosa.

    La cosa bella della scienza è che funzionerà, che tu ci creda o meno.

    (Neil DeGrasse Tyson)

    Ed ecco che vedo già che molti di voi potrebbero cominciare a esporre un rischio di pensiero assolutistico e monolitico, in cui lo scienziato vuole che l’universo sia unicamente quello che vuole lui (o lei), senza possibilità di dibattito, prospettive diverse o libero pensiero.

    Sì e no, cerchiamo di calmare gli animi e approfondire un attimo la cosa. Prima di tutto, come suggerito nell’introduzione, non tutto può essere considerato oggettivo o reale, e non si può pensare di applicare un metodo scientifico a ogni problema esistente. Non è mai stato questo il nostro scopo né mai lo sarà.

    Se infatti parliamo per esempio di un qualunque campo dominato dalle scienze dure come possono esserlo la fisica, la chimica o la biologia, ecco che un metodo scientifico, basato su una raccolta rigorosa di dati e verità stabilite attraverso esperimenti ripetibili, diviene necessariamente l’unico modo possibile per saperne di più. Semplicemente perché in queste dottrine vale il principio del balcone di cui sopra: ossia ogni verità ignorata rimane lì, c’è comunque, che la si esplori o meno. Hai voglia a dibattere, a non crederci, a pretendere che sia diversa: la forza di gravità, l’entropia, sono lì, pronte a prepararti all’incontro con il marciapiede qualora tu improvvisamente creda che puoi volare se ti lanci da una finestra. Quando navighiamo tra le scienze dure, ecco pertanto che possiamo parlare di oggettività e realtà.

    Ma basta guardare per un microsecondo ai vari campi del sapere per accorgersi che esistono infiniti contesti in cui le cose si fanno più vaghe, meno definite. Magari perché le affermazioni che si possono fare in quel campo sono strutturalmente meno verificabili. O perché i fenomeni osservabili sono molto meno prevedibili, dimostrabili, riproducibili. O se vogliamo adottare un criterio puramente popperiano (ossia, dal filosofo Karl Popper), non è più possibile applicare un criterio di falsificabilità delle leggi coinvolte; ossia andranno a ridursi, fino a raggiungere anche lo zero, le possibilità di effettuare esperimenti che possano confutare (ossia smentire) oggettivamente un’affermazione. Insomma, non puoi dimostrare oggettivamente questa cosa, non puoi dimostrare che oggettivamente non è così, e quindi vanno progressivamente a farsi fregare le possibilità di dire questo è reale. Le cose possono farsi più probabili, o più condivisibili, ma si esce dal dominio dell’oggettivamente esistente o valido.

    Si pensi d’altronde, ad esempio, a quelle che alcuni chiamano scienze morbide (per alcuni neanche considerabili come scienze, ma che continueremo per semplicità a classificare come tali) come possono esserlo l’economia, la psicologia o la meteorologia: c’è una base di leggi reali (come possono esserlo quelle chimiche o fisiche che ne regolano i fenomeni), esistono dei modelli con cui ragionare ed effettuare previsioni, ma come avrai notato tutte le volte che ha cominciato a pioverti in testa mentre eri senza ombrello, questi modelli possono variare, decadere, venire meno, essere parzialmente reinterpretati.

    Ma si pensi anche ai saperi che tecnico-scientifici non lo sono per niente, come quelli artistici o estetici che, come si dice, possono essere reali solo in uno spazio intersoggettivo, comunitario, di accordo comune e dibattito. Se hai per esempio davanti a te una copia del film The Blues Brothers sarà oggettivo, e oggettivamente dimostrabile e sperimentabile, che è stato diretto da John Landis, che è del 1980 e che vi recita John Belushi. E persino che è entrato nel Guinness dei primati per il maggior numero d’incidenti d’auto in una pellicola cinematografica. Ma che sia un capolavoro? Beh, potrà esserlo sicuramente per alcuni. Forse per la maggioranza di coloro che l’hanno guardato. Potrà rispettare alcuni canoni estetici descritti in specifici manuali di cinema. Ma qui non ci sono esperimenti da fare, e non c’è realtà che si prenderà cura di te anche se la ignori, anzi, esistono significati costantemente ridefiniti e ridefinibili nel dibattito. Quindi no, per quanto il film possa piacerti, o possa essere riconosciuto come capolavoro da una parte della critica mondiale, siamo comunque completamente al di fuori della scienza. E quindi, nonostante molti critici di professione (o persino alcuni filosofi, visto che il dibattito è sempre aperto) qui potrebbero dissentire, siamo fuori dal campo dell’oggettività.

    Tuttavia visto che un’affermazione può essere studiabile e può risultare probabilisticamente più valida di altre anche se non vive nel campo dell’oggettivo, ecco che molti dei principi e dei metodi d’analisi della scienza, se applicati in questi campi, possono comunque darci un sacco di suggerimenti pratici utili, strategie con cui poter conseguire quantomeno degli obiettivi parziali, linee pratiche con cui giungere almeno a un successo ragionevole. Il che è d’altronde dimostrato dal fatto che lì fuori non si studia solamente come fare 1 + 1, ma anche come eccellere in campi completamente non-scientifici come possono esserlo il teatro, la musica o la letteratura. Salvo poi eccezioni, prime tra tutte certe credenze metafisiche che letteralmente non hanno alcuna base verificabile o falsificabile, potremmo dire che una buona procedura quasi-scientifica per il successo può essere sempre strutturata così:

    Studio e ricerca del settore coinvolto e di ciò che vi è all’interno.

    Estrazione di informazioni utili: analisi di possibili rapporti causa-conseguenza o di altre relazioni tra le cose, ricerca delle incognite, studio dell’evoluzione dei fattori coinvolti e della loro struttura. Scarto di tutte le informazioni non, o meno verificabili, focalizzazione prioritaria su ciò che sembra avere un carattere più oggettivamente valido, ed elaborazione di una, o più ipotesi, su cosa può funzionare per il nostro obiettivo primario e cosa no.

    Sperimentazione delle ipotesi fatte attraverso l’azione (o prove e simulazioni della stessa, se fattibile), aggiustamento a seguito di possibili errori e ri-sperimentazione finché non si è raggiunto l’obiettivo desiderato.

    Potremmo chiamare questi tre passi il riassunto perfetto di una sorta di piccolo metodo scientifico-pragmatico, o MSP: il vademecum in tre passi con cui estrarre progressivamente alcune tra le regole che hanno maggiore probabilità di essere utili per il proprio scopo. Il che può sembrare banale a una prima occhiata, ma può esserci straordinariamente prezioso in tutti quei campi di azione in cui siamo magari bloccati perché rinchiusi in verità fuorvianti: ed ecco che in questo caso darci l’obbligo di studiare e sperimentare può aiutarci a uscire dal nostro labirinto di preconcetti e a ottenere così, senza filtri inutili o dannosi, quell’insieme di leggi, di informazioni che magari, offrendosi di cambiare la nostra prospettiva, ci riveli anche degli aspetti inediti e straordinariamente interessanti su cui agire.

    Perché, e questo lo approfondiremo anche meglio più avanti, a volte il solo accettare e implementare un’informazione mai considerata prima può davvero cambiare tutto. Pensiamo a tutti gli infiniti campi pratici e non-scientifici in cui questo principio viene applicato: nell’arte della guerra l’utilizzo di spie con cui raccogliere informazioni segrete dal nemico viene considerato uno degli elementi-cardine dell’intera teoria. Oppure, nel contesto della negoziazione, a quelle che vengono chiamate dall’FBI "Black swan-based situations", terminologia ereditata dal filosofo Nassim Nicholas Taleb che parlò di Cigno nero come di un evento particolarmente raro che cambia tutto; un tipo di strategia di negoziazione dell’FBI infatti consiste nel cercare di rilevare una verità nascosta, ma particolarmente importante per la controparte con cui si sta negoziando (si pensi a un suo trauma, una sua regola di comportamento imprescindibile, o un insieme di rituali a cui non può sottrarsi), per poi usarla come game changer con cui portarla dalla propria parte. Il che non sarà scientifico come possono esserlo le 3 leggi di Keplero ma salva comunque molte più vite rispetto all’approcciare situazioni critiche a istinto, o a casaccio. Qualcuno qui potrebbe avere da ridire, declassando tutto ciò che non è rigorosamente scientifico (come la psicologia) a fuffa, alla pari dell’astrologia; e sebbene riconosca gli evidenti limiti delle discipline costruite su base statistica o empirica, mi sentirei di rispondere a tali detrattori con una domanda: Quando sentite di avere difficoltà di qualunque genere, considerate valido un consulto con uno psicologo alla pari di quello con un astrologo?.

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    Laboratorio strategico - Il MSP

    Ora che abbiamo introdotto la nostra prima possibile applicazione del metodo scientifico a problemi reali, proviamo a metterla in pratica attraverso un piccolo esercizio di laboratorio che segua la struttura studio → estrazione → sperimentazione → aggiustamento. Ossia, più nel dettaglio:

    1 - Scegli un problema a cui lavorare. Prova a partire da qualcosa di semplice ma frustrante. L’automobile che raggiunge i cinquantotto gradi quando vai a prenderla al mattino, gli eccessivi consumi di corrente elettrica in casa tua, il fatto che hai cominciato a prendere peso troppo velocemente negli ultimi due mesi, e cose del genere. Niente di troppo elevato né questioni di vita o di morte, ma qualcosa che semplicemente senti come particolarmente rilevante a livello personale.

    2 - Effettua un po’ di studio e ricerca. Dedica del ragionevole tempo unicamente allo studio e alla ricerca d'informazioni inerenti a questo problema. Un’ora, mezz’ora, due ore… sono sicuro che sarai in grado di capire da solo quali possono essere i limiti del ragionevole a seconda del problema che ti sei scelto. E fallo chiedendoti, per esempio:

    Come hanno fatto altri a risolvere problemi simili?

    Cosa ha dato prova di funzionare meglio qui?

    Cosa genera cosa?

    Cosa in questa situazione pesa 10?

    E cosa invece pesa 100?

    Potrei intervenire sulle cause? Sugli effetti?

    Ci sono strategie, pratiche, azioni, sicuramente valide?

    Quali sono le incognite fondamentali? Come potrei svelarle?

    Ci sono relazioni tra gli elementi? Cose che potrebbero essere legate tra loro? Elementi che potrebbero inaspettatamente essere causa di effetti per me interessanti?

    Mi manca un’informazione che non ho mai voluto o potuto ricercare? Potrei effettuarne studi non convenzionali e su aspetti inediti?

    Mi manca una risorsa che non ho mai voluto o potuto procurarmi? Come potrei procurarmi queste cose?

    La fase di studio e ricerca insomma dovrebbe vertere sul capire se ci sono delle incognite che vanno necessariamente svelate, sull’analizzare i rapporti causa-conseguenza nel contesto dato, sul provare a estrarre relazioni tra gli elementi in gioco (appartenenza? dipendenza? causalità? altre correlazioni?) e sul cercare d'individuare quali siano gli elementi più importanti su cui agire. Magari esistono delle leggi che possiamo sfruttare, delle pratiche particolarmente efficaci o dei punti deboli che se attaccati ci consentono di debellare il nostro problema una volta e per tutte.

    Un primo consiglio che posso dare sulla filosofia con cui condurre questa indagine è evitare il perfezionismo e non puntare alla completezza informativa sulla situazione in questione. Capirai bene cosa funziona e cosa no nel passo successivo. Secondo consiglio: fai tesoro di questa fase per cominciare ad addestrare un po’ il tuo cervello alla selezione delle fonti. Ossia, date due informazioni completamente contrastanti rispetto allo stesso problema, dov’è la realtà? Quale delle fonti consultate ha più probabilità di essere più attendibile in quanto portatrice di una ricerca di verità piuttosto che altri fattori? (conferma d'ideologie, pattern emozionali, validazione di proprie credenze o esperienze) Esiste una verità che accomuna, magari con pesi diversi, tutte le informazioni delle diverse fonti? E questo è un aspetto che, essendo fondamentale, approfondiremo anche meglio più avanti.

    3 - Sperimentazione delle ipotesi fatte. Ora prova a focalizzarti principalmente sull’agire con ciò che hai estratto dal punto precedente e chiediti:

    Posso iniziare a fare qualcosa in questo momento?

    Posso mettere insieme un piano?

    Esiste almeno un insieme di azioni che posso intraprendere sulla base di ciò che so? O indipendentemente da quanto non so?

    Posso, indipendentemente dalle incognite, muovermi per creare qualcosa che sarà comunque utile, riutilizzabile, rivendibile?

    Ho tempo e risorse sufficienti per permettermi errori e tentativi andati a vuoto?

    Posso azzardare un’ipotesi su ciò che funziona e perfezionarla con l’azione?

    Esiste un rischio concreto in caso di azione effettuata al buio o sono unicamente paura, pigrizia, abitudinarietà e timore del cambiamento a parlare?

    Definisci dei criteri precisi con cui il tuo problema può dirsi risolto, in termini di quantità e tempo. Come vedremo più avanti infatti, sebbene non tutto sia misurabile, è pur vero che l’abitudine propria della scienza di lavorare con quantità numeriche precise è ciò che consente di ottenere il massimo appiglio sulla realtà. E quindi potremmo formalizzare il nostro problema non in un perdere peso, ma in un perdere due chili entro un mese. Non guadagnare di più ma guadagnare almeno il 20% in più entro un anno.

    Infine, se entro il tempo dato non avrai raggiunto la quantità che avevi stabilito, prova a indagare cosa c’è di sbagliato nel metodo stesso, o nel criterio con cui l’hai applicato; dopodiché cambia solo quello, tieniti il progetto e la visione d’insieme e datti una nuova scadenza.

    Questo metodo di laboratorio strategico, come sono sicuro avrai già notato, non è particolarmente approfondito né rigoroso, ma può servire per risolvere piccoli problemi non molto complessi; esso inoltre può fornire un eccellente allenamento mentale con cui cominciare a far propri quei tipici stati mentali attraverso cui lo scienziato comprende e, conseguentemente, prova a definire i criteri con cui modificare una realtà: l’amore per una conoscenza più approfondita, l’accettazione dei propri limiti interpretativi, un certo rigore nel definire cosa funziona e cosa no, la verifica delle ipotesi fatte, e la visione dell’errore non come punto di rottura, ma come inevitabile feature, una caratteristica del processo stesso.

    E vista l’importanza fondamentale dell’argomento, trovo importante soffermarsi sul fattore storico e filosofico dell’ errore un attimo in più. Una spiegazione interessantissima sul legame tra errore e scienza fu infatti esposta dal filosofo statunitense Charles Sanders Peirce, che verso la fine del secolo XIX d.C. parlò del pensiero abduttivo, termine già usato fin da Aristotele, ma che Peirce estese, definendone la costituzione e l’applicazione come il primo, vero passo verso il pensiero scientifico.

    Premessa: deduzione, induzione e abduzione sono tre metodi per espandere la propria conoscenza. La deduzione è ciò che, premesso che sappiamo con certezza che in un cesto le mele sono tutte rosse, e dato che ne estrarremo una, ci farà prevedere che la mela che estrarremo sia rossa. Da regola generale a certezza di previsione su cosa succederà nel caso particolare, senza possibilità di errore. L’induzione è l’esatto opposto, ossia, l’idea che dopo che continuiamo a prendere mele da un cesto (magari coperto da un panno), ed esse continuano a essere rosse, è possibile estrarre la regola che le mele nel cesto potrebbero essere tutte rosse. Il che, come si può banalmente dedurre dal condizionale appena usato, non è un procedimento logicamente perfetto visto che basterebbe estrarre anche una sola mela gialla per invalidare la regola appena costruita.

    E poi c’è l’abduzione, simile all’induzione, con la differenza che il suo scopo non è l’estrazione di una regola ma di un’ipotesi, di qualcosa che si sa già non essere certo, e quindi va confermato sperimentalmente: vedo delle mele rosse per terra, vedo un cesto in cui so per certo che tutte le mele sono rosse, e pertanto ipotizzo che le mele vengano da quel cesto. E nel libro Il Segno dei Tre Umberto Eco fa un esempio molto simile, ponendo come esempio di abduzione quello secondo cui: Se nel vostro piatto vedete del tonno, sul tavolo una scatoletta di tonno aperta: ci possiamo scommettere che certamente penserete che il tonno del vostro piatto è uscito da quella scatoletta ma si tratta soltanto di una abduzione. Aggiunge d’altronde Eco, noto tra le altre cose proprio per la sua opera divulgativa dello stesso Peirce, che Sherlock Holmes nei romanzi di Doyle chiama deduzioni proprio quelle che in realtà sono delle abduzioni creative. Infatti, date le premesse che il personaggio elabora sulla scena del delitto o sul comportamento dei sospetti, non esiste mai una consequenzialità logica tale che si possa arrivare al colpevole con la stessa certezza matematica dell’esempio delle mele di cui sopra (non per altro, in generale più i sistemi esaminati sono complessi, più c’è la possibilità di variabili nascoste, e più si fa difficile dire "se questa è la premessa allora la conseguenza è certamente quest’altra").

    Tuttavia la genialità del personaggio è nel formulare ipotesi abduttive in grado di relazionare creativamente anche elementi molto difficili da relazionare, e che unendo ciò con la sua enorme conoscenza ed esperienza nel campo, tali ipotesi finiscono per avere anche un’altissima probabilità di risultare vere. Non per niente anche Holmes spesso sbaglia, e il suo processo d’indagine non può dirsi concluso finché non esiste una verifica sperimentale, nel suo caso una prova inappuntabile che la sua ipotesi fosse corretta.

    D’altronde lo so, nonostante la nostra necessità oggettiva di procedere ad abduzioni ripetute, come individui facciamo ancora moltissima fatica ad accettare il concetto di errore; e molto, troppo spesso, ciò è dovuto al fatto che in tanti di noi è ancora, magari anche solo subconsciamente, presente quella fastidiosa vocina scolastica che di fronte a uno sbaglio ci continua a minacciare con l’immagine di un cappello con su scritto asino. Ma il segreto qui è proprio nel provare a comprendere che oggi possiamo raggiungere lo spazio e vivere in salute per molti più anni proprio perché milioni di persone hanno indossato quel cappello a mo’ di necessario rito di passaggio; e nel momento stesso in cui, pertanto, impariamo a zittire questa vocina presuntuosa e a capire che ogni errore, ogni incidente di percorso, non solo è inevitabile ma rappresenta spesso la risorsa unica con cui la realtà ci rivelerà nuovi strumenti per crescere e costruire, ecco che potremo dire di aver effettuato il nostro trionfale ingresso in un mondo molto più vasto.

    Perché laddove chiarezza o profondità di visione non ci vengono concesse, ecco che un approccio sperimentale è l’unica risposta possibile; e pertanto è proprio grazie a questo saper avanzare nonostante gli arretramenti che, pur di fronte alle incognite e agli incidenti di percorso, potremo imparare a realizzare anche cose straordinarie. Come disse d’altronde uno scienziato che fu forse anche il più brillante divulgatore scientifico di sempre, ossia Richard Feynman: Piano piano, sono proprio gli stessi errori a guidarci verso la verità.

    Quanta ricerca? Quanto studio? Quanta sperimentazione?

    Visto il precedente laboratorio strategico potrebbe sorgere naturale una domanda: ossia, quanto di preciso conviene andare a fondo nelle nostre ricerche? E quando invece è il momento giusto di verificare abduttivamente alcune ipotesi e gettarsi pertanto direttamente nell’azione, nella possibilità di errore?

    Se infatti, in linea generale, incrementare i propri livelli di ricerca, analisi ed estrazione informazioni è sicuramente cosa buona, è anche giusto premettere che non è ovviamente detto che più ricerca e studio equivalgano sempre a risultati migliori. Anzi, a volte passare direttamente alla sperimentazione di verità parziali e teorie non verificate può essere semplicemente il modo migliore per raggiungere il nostro obiettivo.

    Mai pensare infatti che in questo libro vogliamo spacciare come virtuosa la figura del timoroso che si rinchiude in un laboratorio di analisi a fare mille ricerche non necessarie ogniqualvolta deve ottenere qualcosa. Al contrario, inviteremo sempre a cercare di agire con la forma mentis del bilanciare l’aspetto investigativo e quello sperimentale; il tutto provando a invitarvi a sviluppare il necessario istinto con cui capire quando il primo va completamente sacrificato, in virtù di un’azione attiva, decisa, e realizzata anche saltando nel vuoto, se necessario.

    Ma visto che afferrare questo equilibrio ideale non sempre è semplice proviamo a individuare tre specifici fattori che possano farci da indicatori con cui meglio comprendere quanto andare di intuito, fede e improvvisazione, e quanto invece fermarci a pensare per ricercare, analizzare e strategizzare prima di effettuare qualunque passo concreto:

    Il rischio ad agire nell’ignoranza: all’aumentare della probabilità e della dannosità effettiva dei pericoli insiti

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