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Atlas: Eye Candy Ink, #1
Atlas: Eye Candy Ink, #1
Atlas: Eye Candy Ink, #1
E-book170 pagine2 ore

Atlas: Eye Candy Ink, #1

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Info su questo ebook

Lei è un affascinante disastro a cui lui non può sottrarsi.

Atlas Warner è un dio. Con un ago in mano, non c'è niente che non riesca a fare. Tranne trovare una pizza… e, forse, l'amore. Cioè le due cose che mancano alla sua vita in questo momento.

Lui è tutto ciò che lei merita dalla vita, nonostante si rifiuti di vederlo.

Con il corpo di una dea, curve a non finire e zero senso dell'avventura, Darcy Rose non ha tempo per nient'altro che per il lavoro. Finché Atlas non irrompe nella sua vita, deciso a farle capire il suo valore.

Insieme potrebbero avere tutto, se la vita non li separerà.

LinguaItaliano
EditoreShaw Hart
Data di uscita23 ott 2023
ISBN9798223333128
Atlas: Eye Candy Ink, #1

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    Anteprima del libro

    Atlas - Shaw Hart

    UNO

    Atlas

    MI FA MALE LA SCHIENA e ho i muscoli contratti e doloranti dopo ore passate curvo in posizioni improbabili. Chino sul polpaccio di Paul, il cliente su cui sto finendo un tatuaggio, tento di sciogliere le spalle nella speranza di allentare la tensione.

    È una nave dei pirati che affonda nell’oceano, la bandiera nera con il teschio e le due ossa incrociate lambita dal vento. Si tratta di un disegno piuttosto semplice, ma è la colorazione a renderlo unico: l’oceano che ingoia la nave è in stile acquerello, con profonde sfumature di blu.

    Nel sospirare, mi rendo conto che stavo trattenendo il respiro. Recupero un panno e inizio a eliminare l’inchiostro in eccesso, controllando ogni linea per accertarmi che tutti i dettagli siano perfetti.

    Mi appoggio allo schienale della sedia, allungo i muscoli delle braccia e della schiena e studio il disegno. Poi, una volta deciso che è perfetto, prendo la bottiglia d’acqua e un panno carta e ripulisco il polpaccio, così che il mio cliente possa vedere bene il suo nuovo tatuaggio.

    Merda, Atlas! Stavolta ti sei proprio superato. È una figata, amico! dice Paul.

    Sorridendo, prendo la pomata e le bende. Si è fatto tardi, è quasi ora di chiusura, e voglio solo bendare il tatuaggio e accompagnarlo alla porta, così da potermene andare a casa e crollare sul letto. Mentre Paul mi ringrazia di nuovo, mi tolgo i guanti di lattice, gli do le istruzioni da seguire nei giorni seguenti e lo accompagno verso il banco all’ingresso, dove potrà pagare il dovuto a Sam; poi gli stringo la mano, gli dico di chiamarmi nel caso in cui ci fossero problemi e faccio un cenno a Sam, che mi risponde mostrandomi il dito medio. Scuotendo la testa, cerco di nascondere un sorriso, ma sono sicuro che l’abbia visto.

    Io e Sam abbiamo iniziato a lavorare qui all’Eye Candy Ink più o meno contemporaneamente. Io avevo appena terminato l’apprendistato ed ero in cerca di lavoro, mentre lei aveva appena finito la scuola. Tutti e due ci siamo ritrovati a colloquio con Zeke, il proprietario dell’Eye Candy Ink, e siamo stati assunti quello stesso giorno: Sam per il front desk e per i piercing, e io come tatuatore. Avevamo entrambi appena finito la scuola e siamo stati fortunati che Zeke abbia deciso di scommettere su di noi, ma negli ultimi due anni abbiamo dimostrato il nostro talento e da allora le nostre carriere sono decollate. Trasferirmi a Pittsburgh per questo lavoro è stata la cosa migliore che mi sia successa.

    Sam è stata la mia prima amica allo studio e in città. Ci eravamo entrambi appena trasferiti e abbiamo legato esplorando Pittsburgh e prendendo confidenza con il lavoro all’Eye Candy Ink. Fortunatamente, le persone che ci lavorano sono tutte molto alla mano e siamo andati subito d’accordo. A ventiquattro anni sono il più giovane, poi ci sono Sam, Mischa, Nico e il proprietario, Zeke.

    Sam è come una sorella maggiore per me. È una tipa tosta, un vero maschiaccio con un guscio quasi impossibile da penetrare. Piccola di statura con il suo metro e sessanta, ha gli occhi grigio argento, un grosso tatuaggio sulla spalla destra e parecchi più piccoli sulla schiena e sulle mani. Ha un piercing al naso e sono sicuro che ne abbia anche altri, ma non ho mai osato chiederle dove. Si veste in modo casual e, da quando la conosco, l’ho vista sempre e solo in jeans e T-shirt. Non è una di quelle ragazze che usano la moda o il loro abbigliamento come forma d’arte: Sam, per quello, usa i suoi capelli. Li tinge di un colore diverso ogni settimana, abbinandoli alla sua crescente collezione di Converse. In questo momento ha i capelli viola acceso e, anche senza guardare, so per certo che ai piedi avrà un paio di Converse dello stesso colore.

    Se Sam è una tipa tosta e seriosa, Mischa è l’esatto opposto: un buffone sempre sorridente e pronto a fare battute e rompere le palle al prossimo. È simile a me quanto a colori, con capelli scuri, occhi azzurri e colorito pallido – probabilmente dovuto a tutte le ore passate al chiuso in studio. Se i miei occhi sono di un azzurro ghiaccio, però, i suoi sono di un blu intenso con un cerchietto dorato attorno alle pupille. È alto quanto me, cioè un metro e novanta, e come me anche lui è magro e slanciato. Ha dei piercing al labbro e ai capezzoli ed è coperto di tatuaggi dal collo alle dita dei piedi. Sono tutti neri o grigi e lo fanno sembrare ancora più pallido, ma devo ammettere che sono tutti ben fatti e fanno quello che lui vuole che facciano, cioè nascondere le cicatrici e tenere lontana la maggior parte delle persone.

    Molti lo guardano con apprensione quando lo incrociano per strada, ma la verità è che Mischa non farebbe male a una mosca. Non gli piacerà ammetterlo, ma è un bravo ragazzo. Dall’esterno dà l’impressione di essere un tipo allegro e spensierato che non prende la vita – né nient’altro – sul serio, ma come suo coinquilino io vedo molte più cose. Ha un lato serio e ci sono cose nel suo passato di cui non ama parlare. Non gli ho mai fatto pressioni per sapere di cosa si tratti, ma qualsiasi cosa sia, ancora pesa su di lui.

    Col suo carisma e il suo umorismo un po’ folle, Mischa è stata la seconda persona che ho conosciuto quando ho iniziato a lavorare qui e siamo subito diventati amici. Mi ero appena trasferito a Pittsburgh quando ho avuto questo lavoro ed ero in cerca di un coinquilino. Fortunatamente per me, anche Mischa ne cercava uno e ormai viviamo insieme da due anni. L’ordine non è il suo forte e ha la tendenza a prendere in prestito le mie magliette quando dimentica di fare il bucato, ma paga puntualmente l’affitto e, quando cucina, non manca mai di lasciarmi qualcosa.

    Poi c’è Nico, il gigante introverso dello studio: due metri e tre di altezza, grosso come un linebacker, torso e collo coperti da tatuaggi. I primi giorni avevo un po’ paura di lui, ma non c’è voluto molto per capire che, malgrado la fronte costantemente accigliata, i tatuaggi e il fisico imponente, si tratta di un gigante buono. Un ‘orsacchiotto’, come lo chiama Sam. In effetti, con i capelli color cioccolato sempre in disordine e gli occhi nocciola, ci somiglia anche un po’. Lavora all’Eye Candy Ink da quasi dieci anni e si è formato sotto Zeke. È un buono, ha un talento smisurato, ma è silenzioso e timido: lavoro qui da due anni e penso di avergli sentito dire sì e no cento parole. Se ne sta quasi sempre per conto suo a scribacchiare e disegnare su uno dei suoi bloc-notes, o ad ascoltare la musica. Non è stato semplice conoscerlo per quanto è silenzioso e riservato, ma ora so che è intelligente, molto più acuto di quanto pensino gli altri, e leale fino alla morte. Ed è un tatuatore con le palle.

    Infine c’è Zeke, il proprietario dell’Eye Candy Ink, il mio capo e un artista geniale. A trentasei anni, è il fratello maggiore strafigo che non ho mai avuto e l’eroe dello studio. Con il suo metro e novanta abbondante e i capelli e la pelle chiarissimi, potrebbe passare per un vichingo. Una volta Sam ha perfino provato a convincerlo a vestircisi per Halloween, ma Zeke non ha voluto. Con i capelli biondi mossi e lunghi fino alle spalle e gli occhi di un azzurro intenso, mi ricorda Ragnar Lothbrok della serie TV Vikings.

    Quell’uomo è una leggenda. Ha iniziato a tatuare dopo aver comprato un dermografo da quattro soldi in uno squallido banco dei pegni quando aveva quattordici anni e ha imparato il mestiere da solo, utilizzando come cavie gli amici o degli estranei ubriachi alle feste. A diciotto anni ha iniziato a lavorare in uno studio di merda a Las Vegas e per un paio di anni è rimbalzato tra il Nevada e la California prima di trasferirsi a Pittsburgh dove, a ventisei anni, ha deciso di mettersi in proprio.

    L’Eye Candy Ink ha aperto i battenti tre mesi dopo. L’ha fondato da zero assumendo i migliori tattoo artist su piazza e creandosi una reputazione di tutto rispetto. Adesso è il migliore studio di tatuaggi della Pennsylvania – forse addirittura di tutta l’East Coast. Zeke viaggiava spesso per tatuare le celebrità, ma negli ultimi sei mesi ha smesso quasi del tutto e ora preferisce mandare Nico o, di quando in quando, anche Mischa o me. A nessuno di noi piace dover viaggiare in quel modo e so per certo che Zeke ha rifiutato più di un lavoro per non dover chiedere a noi di andare. Tra l’altro, siamo già piuttosto impegnati qui, soprattutto ora che Zeke sta riducendo il numero di tatuaggi che esegue di persona. Nell’ultimo anno ha accettato sempre meno lavori, tatua solo pochi clienti selezionati e si occupa principalmente delle finanze dell’attività.

    Zeke può eseguire praticamente ogni tipo di tatuaggio, mentre il resto di noi si è specializzato in uno o due stili. Nico è un asso con i tatuaggi in stile giapponese e con i tribali, in pratica qualsiasi disegno sia composto di linee nere. Mischa è specializzato nello stile realistico e neo-tradizionale e io nei tatuaggi acquerello e new school. Sam può fare piercing di qualunque tipo e in qualunque posto e, quando non c’è, la copre Nico.

    Negli ultimi due anni siamo diventati una famiglia. La famiglia che avrei voluto. La mia vera famiglia è ancora a Philadelphia e la vedo un paio di volte l’anno, di solito per Natale o per il compleanno di qualcuno. I miei genitori sono due avvocati e dicono sempre di essere troppo occupati per fare una chiamata o venire a trovarmi. È questa la scusa che sento da tutta la vita. Si perdevano le mie partite di calcio da bambino perché dovevano lavorare, si sono persi una mostra d’arte a scuola perché dovevano lavorare… il lavoro è sempre venuto prima per loro. Mi sono sempre chiesto perché si siano presi la briga di avere un figlio se non sono mai stati interessati a passare del tempo con me né a conoscermi realmente.

    Fisicamente ci somigliamo molto, con i capelli nerissimi e gli occhi azzurro chiaro, ma le somiglianze si fermano lì. Mia madre e mio padre sono più seriosi e non capiscono perché abbia scelto questa carriera – né perché io abbia tutti questi piercing e tatuaggi. È stato uno shock vedermi rientrare con il mio primo tatuaggio e poi con i dilatatori per le orecchie, e ho optato per non dirgli dei piercing al capezzolo e al cazzo. Giusto per evitare che gli venisse un infarto. Ho pensato che sarebbero usciti di testa quando sono tornato a casa e ho detto loro che avevo ottenuto un apprendistato e avrei studiato per diventare un tattoo artist. A quel punto, però, avevo diciotto anni e non potevano fare nulla.

    Mi è sempre piaciuto disegnare e credo che sperassero che diventassi un grafico o qualcosa del genere – un lavoro che consideravano rispettabile – ma non è mai stato il mio stile e sapevo che, se fossi rimasto a Philadelphia, mi avrebbero fatto impazzire. E io avrei fatto impazzire loro. Non dico che siano dei cattivi genitori. Forse sono poco presenti, ma c’è a chi va molto peggio. Il punto è che non mi capiscono e, se devo essere onesto, nemmeno io capisco loro. Se me ne sono andato da Philadelphia è per non dover vedere più la loro espressione delusa e per non restare nuovamente deluso io stesso dalle cene che avrebbero rimandato e dagli eventi a cui non avrebbero

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