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Occhio non vede: Una nuova indagine per William Warwick
Occhio non vede: Una nuova indagine per William Warwick
Occhio non vede: Una nuova indagine per William Warwick
E-book400 pagine5 ore

Occhio non vede: Una nuova indagine per William Warwick

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Info su questo ebook

Una storia che cresce di intensità una pagina dopo l’altra... I fan di Archer apprezzeranno un altro misterioso caso da risolvere, con al centro personaggi affascinanti che si muovono tra arte, indagini e processi giudiziari.” LIBRARY JOURNAL STARRED REVIEW

Con questo romanzo Archer si conferma un maestro della narrazione: l’astuto Warwick è molto ambizioso, ma ha ancora tanto da imparare, e l’intrigante storia di un amore segreto che si intreccia al filone principale della trama è la ciliegina sulla torta.PUBLISHERS WEEKLY

William Warwick, appena promosso ispettore, ha ricevuto un nuovo incarico che si prospetta assai più delicato e pericoloso dei precedenti. Perché non solo dovrà occuparsi, come al solito, dei crimini commessi in città, ma dovrà anche portare alla luce la corruzione che dilaga all’interno della stessa Scotland Yard. I suoi stretti collaboratori, agendo sotto copertura, si concentrano subito sul sergente Summers, un giovane ufficiale le cui abitudini di vita sembrano molto al di sopra di ciò che si può permettere con lo stipendio da poliziotto. Ma il fatto che uno dei membri della squadra abbia stretti rapporti personali con lui potrebbe compromettere l’intera indagine.

Nel frattempo è iniziato il processo a un famigerato narcotrafficante, nel quale gli avvocati dell’accusa sono il padre e la sorella di Warwick. E Beth, la moglie di William, ora madre di due gemelli, riallaccia i contatti con un vecchio amico che a quanto pare ha cambiato vita. O è lei che ha voltato pagina?

A mano a mano che gli agenti sotto copertura iniziano a tirare i fili dell’indagine, Warwick si rende conto che il livello di corruzione della polizia metropolitana di Londra potrebbe essere più profondo di quanto avesse immaginato, e che molti dei suoi colleghi fanno finta di non vedere…

LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2023
ISBN9788830593084
Occhio non vede: Una nuova indagine per William Warwick
Autore

Jeffrey Archer

Barone Archer di Weston-super-Mare, è nato in Inghilterra nel 1940 e si è laureato a Oxford. È stato candidato sindaco di Londra, membro del Parlamento europeo, e deputato alla Camera dei Lord per venticinque anni. Scrittore e drammaturgo, autore di romanzi, raccolte di racconti, opere teatrali e saggi, con i suoi libri è regolarmente ai vertici delle classifiche in tutto il mondo. È sposato da oltre cinquant’anni con una compagna di università, ha due figli e vive tra Londra, Cambridge e Maiorca. Con HarperCollins ha pubblicato i sette volumi della Saga dei Clifton, Chi nulla rischia e Nascosto in bella vista della nuova serie Le indagini di William Warwick, e la trilogia  dedicata alle famiglie Kane e Rosnovsky, di cui Non fu mai gloria è il volume conclusivo.

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    Anteprima del libro

    Occhio non vede - Jeffrey Archer

    1

    19 maggio 1987

    Il sergente Warwick fu il primo a cedere.

    «Mi fornisca una buona ragione per non dare le dimissioni» disse, in tono di sfida.

    «Me ne vengono in mente quattro» ribatté il comandante Hawksby, cogliendolo di sorpresa.

    William avrebbe potuto tirarne fuori una, due, forse tre, ma non quattro, dunque capì che Hawk lo aveva messo con le spalle al muro. Eppure, restava convinto di poterne uscire. Estrasse la lettera di dimissioni da una tasca interna e la posò sul tavolo davanti a lui. Un gesto provocatorio, dato che non intendeva consegnarla finché il comandante non gli avesse rivelato le sue quattro ragioni. Ciò che William non sapeva era che prima, quella stessa mattina, suo padre aveva chiamato Hawk per avvisarlo del fatto che suo figlio aveva intenzione di dare le dimissioni, dando così al comandante il tempo per prepararsi in vista di quell’incontro.

    Avendo ascoltato le parole assennate di Sir Julian, il comandante conosceva il motivo per cui il sergente Warwick stava riflettendo sulle proprie dimissioni. Non era stata una sorpresa e aveva intenzione di vanificare il discorso che William si era preparato.

    «Miles Faulkner, Assem Rashidi e il sovrintendente Lamont» disse Hawk, servendo la sua prima palla, senza però realizzare un ace.

    William non reagì.

    «Miles Faulkner, come sa, è tuttora in fuga e, malgrado un allarme sia stato diramato a tutti i porti, sembra essere sparito dalla faccia della terra. Ho bisogno che lei lo tiri fuori da qualunque tana in cui si nasconda e lo rimetta dietro le sbarre, ovvero il posto che gli spetta.»

    «Il sergente Adaja è più che in grado di adempiere al compito» disse William, rispedendo la pallina oltre la rete.

    «Ma la probabilità di successo si alzerà notevolmente se faceste squadra, lavorando insieme come avete fatto per l’operazione Cavallo di Troia.»

    «Se Assem Rashidi è la sua seconda ragione» disse William nel tentativo di riprendere l’iniziativa, «posso assicurarle che il sovrintendente Lamont ha raccolto prove più che sufficienti per far sì che quell’uomo non veda più la luce del giorno per diversi anni e lei non ha certamente bisogno che io lo tenga per mano.»

    «Forse sarebbe stato così se stamattina Lamont non avesse rassegnato le dimissioni» replicò il comandante.

    Per la seconda volta William fu colto di sorpresa e non gli fu lasciato un solo istante per riflettere sulle implicazioni di quella rivelazione quando Hawk aggiunse: «Ha dovuto rinunciare a una parte della pensione maturata e, dunque, potrebbe non essere del tutto collaborativo quando si tratterà di testimoniare al processo contro Rashidi».

    «Verrà più che ricompensato dai contanti che ha trovato in quel borsone nel laboratorio di produzione della droga di Rashidi» disse William, senza nemmeno tentare di mascherare il sarcasmo.

    «No, non più. Grazie al suo intervento, tutta la somma è stata restituita, fino all’ultimo centesimo. E una cosa è certa: non ho assolutamente bisogno di due dimissioni nello stesso giorno.»

    «Quindici-zero» ammise William, sottovoce.

    «Inoltre, lei è la scelta ovvia per sostituire Lamont nel ruolo di testimone chiave della pubblica accusa al processo contro Rashidi.»

    Trenta-zero.

    Cos’altro Hawk nascondesse nella manica restava un mistero per William. Decise di rimanere zitto finché il comandante non avesse servito per la terza volta.

    «Stamattina presto ho visto il commissario» continuò Hawk, dopo una breve pausa. «Mi ha chiesto di istituire una nuova unità incaricata di indagare sulla corruzione della polizia.»

    «Il Met dispone già di un’unità anticorruzione» disse William.

    «Questa sarà più intraprendente e lei lavorerebbe sotto copertura. Il commissario mi ha dato mano libera nella scelta della squadra all’unico scopo di eliminare le eventuali mele marce dal cesto, per usare le sue esatte parole. Vuole che lei sia il mio agente di punta, responsabile delle indagini di routine, e che risponda direttamente a me.»

    «Il commissario non sa nemmeno chi sono» rispose William da fondocampo.

    «Gli ho detto che lei è l’agente a cui si deve il successo dell’operazione Cavallo di Troia.»

    Quaranta-zero.

    «Francamente, è un incarico schifoso» continuò Hawk. «Passerebbe buona parte del suo tempo indagando su colleghi che hanno commesso infrazioni di poco conto.» Il comandante fece un’altra pausa, poi servì di nuovo. «Tuttavia, dopo l’episodio di Lamont, il commissario non è più disposto a ignorare il problema ed è per questo che io ho raccomandato lei.» William non fu in grado di rispondere al servizio e concesse il primo game.

    «Se deciderà di accettare l’incarico» disse Hawk, «questa sarà la sua prima missione.» Spinse sulla scrivania una cartellina contrassegnata dalla scritta CONFIDENZIALE.

    William ebbe una breve esitazione; sapeva bene che si trattava dell’ennesima trappola, ma non riuscì a resistere alla tentazione di aprire la cartellina. Sulla prima pagina, in neretto, era stampata la scritta SERGENTE J.R. SUMMERS.

    Era il turno di William al servizio.

    «Sono stato a Hendon con Jerry» disse William. «Era una delle nostre reclute più in gamba. Non mi sorprende che sia diventato sergente: era destinato a una promozione precoce.»

    «E per buone ragioni. La prima cosa che dobbiamo fare è trovare una scusa credibile per metterla di nuovo in contatto con lui, farle guadagnare la sua fiducia e scoprire se alcune delle accuse che gli sono state mosse da un ufficiale di grado superiore possono reggere.»

    Fallo di piede.

    «Ma se scopre che faccio parte di una squadra anticorruzione difficilmente mi accoglierà come un amico perduto da tempo.»

    «Per quello che ne sanno tutte le altre persone che si trovano in questo palazzo, lei lavora ancora per la squadra antidroga e si sta preparando in vista del processo contro Rashidi.»

    Seconda di servizio.

    «Certo che spiare amici e colleghi non è che sia il più allettante degli incarichi» disse William. «Non sarei altro che un delatore sotto copertura.»

    «Non avrei saputo dirlo meglio» fece Hawk. «Ma, se può fare qualche differenza, il sergente Adaja e la sergente Roycroft hanno già aderito al progetto e le lascerò selezionare due nuovi agenti per completare la squadra.»

    Zero-quindici.

    «Lei sembra scordarsi, signore, che la sergente Roycroft ha chiuso un occhio quando Lamont ha messo le mani su quella borsa zeppa di soldi, dopo il raid del Cavallo di Troia.»

    «Non è vero: la sergente Roycroft ha stilato un rapporto esauriente che solo io ho letto. Una delle ragioni per cui le ho fatto riottenere il grado di sergente» rispose Hawk.

    Zero-trenta.

    «Avrebbero dovuto leggerlo tutti» disse William.

    «No, perché mi ha aiutato a convincere Lamont non solo a restituire i soldi, ma anche a dare le dimissioni.»

    Zero-quaranta.

    «Dovrò discutere della sua proposta con Beth e con i miei genitori, prima di prendere una decisione» disse William, facendo una pausa per bere.

    «Temo che non sia possibile» disse Hawk. «Se accetta di assumere questo incarico delicatissimo, nessuno fuori da questo ufficio potrà esserne al corrente. È essenziale che persino la sua famiglia la ritenga ancora assegnata alla squadra antidroga: devono pensare che si sta preparando in vista del processo di Rashidi. Perlomeno, questo ha il vantaggio di essere vero dato che, finché il processo non si sarà concluso, lei svolgerà entrambi i compiti.»

    «Può andare peggio di così?» domandò William.

    «Oh, sì» disse Hawk. «Mi è stato detto dall’agente di grado superiore addetto alle visite a Pentonville che Assem Rashidi ha un incontro fissato stamattina con il nostro vecchio amico, il signor Booth Watson, patrocinante per la Corona. Pertanto mi sento di dire, ispettore Warwick, che quello che aveva tutta l’aria di essere un caso facile da risolvere ora vada considerato incerto.»

    William impiegò qualche istante per rendersi conto che il servizio del comandante era stato un ace. Prese in mano la lettera di dimissioni e se la infilò nuovamente in tasca.

    «Ci si vede tra un paio di giorni, Eddie» disse Miles Faulkner, smontando dall’anonimo furgone e dando inizio all’unica parte della sua fuga che non fosse stata provata.

    Si incamminò con cautela lungo il sentiero ben battuto che portava fin giù alla spiaggia. Dopo un centinaio di metri, notò la punta ardente di una sigaretta. Un faro che guidò in sicurezza il fuggiasco lontano dalle rocce.

    Un uomo vestito di nero da capo a piedi gli si stava facendo incontro. Si strinsero la mano, ma nessuno dei due parlò.

    Il capitano condusse il suo unico passeggero sulla sabbia fino a un motoscafo che ballonzolava sull’acqua bassa. Una volta a bordo, un marinaio avviò il motore e li portò allo yacht che li attendeva.

    Miles si rilassò solo quando il capitano, salpata l’ancora, si mise in viaggio e non cantò alleluia finché non furono abbondantemente fuori dalle acque territoriali. Sapeva che, se lo avessero beccato, non solo gli sarebbe stata raddoppiata la pena, ma non gli sarebbe stata concessa una seconda possibilità di fuga.

    2

    Il signor Booth Watson, patrocinante per la Corona, si sedette di fronte al suo potenziale cliente, estrasse una spessa cartellina dalla sua valigetta a due scomparti incernierati e la posò sul tavolo di vetro davanti a lui.

    «Ho studiato il suo caso con notevole interesse, signor Rashidi» iniziò, «e vorrei passare rapidamente in rassegna le imputazioni a suo carico e la sua possibile difesa.»

    Rashidi annuì, senza mai staccare gli occhi dall’avvocato che gli sedeva di fronte. Non aveva ancora deciso se avvalersi o meno di BW, come lo chiamava Faulkner. Dopotutto, da quella decisione poteva dipendere una condanna all’ergastolo. Per conquistare la giuria, gli serviva un cavalier king Charles spaniel incrociato con un rottweiler in grado di smontare i testimoni della pubblica accusa, pezzo su pezzo. Booth Watson era quell’animale?

    «La pubblica accusa farà il possibile per dimostrare che lei gestiva un impero della droga su ampia scala. La dichiarerà colpevole di aver importato grossi quantitativi di eroina, cocaina e altre sostanze illegali – da cui sosterrà che lei abbia guadagnato milioni di sterline – e di aver controllato una rete criminale di agenti, spacciatori e corrieri. Io sosterrò che lei non è stato altro che uno spettatore innocente, finito nel fuoco incrociato dell’irruzione della Polizia metropolitana e che nessuno è rimasto più sgomento di lei quando ha appreso l’uso che veniva fatto di quel posto.»

    «Può corrompere la giuria?» chiese Rashidi.

    «Non in questo paese» rispose con decisione Booth Watson.

    «E che mi dice del giudice? Lo si può comprare? O minacciare?»

    «No. Comunque, di recente ho scoperto qualcosa riguardo al giudice Whittaker che potrebbe rivelarsi imbarazzante per lui e, dunque, utile a noi. Ma dovrò verificare meglio.»

    «Tipo cosa?» volle sapere Rashidi.

    «Non sono disposto a svelarla a meno che, e fino a quando, io non decida di essere disposto a rappresentarla.»

    Non era mai passato per la mente di Rashidi che Booth Watson non potesse essere comprato. Aveva sempre pensato che gli avvocati non fossero diversi dalle sgualdrine di strada: l’unica cosa in discussione era il prezzo.

    «Intanto, utilizziamo il tempo limitato a nostra disposizione per passare in rassegna in modo più dettagliato le imputazioni e la sua possibile difesa.»

    Due ore dopo, Rashidi aveva preso una decisione. La padronanza forense di Booth Watson dei dettagli e di come si potesse piegare la legge senza infrangerla aveva chiarito perché Miles Faulkner ne avesse così grande stima. Ma sarebbe stato disposto a difenderlo, considerato che non aveva nessun elemento a cui appigliarsi?

    «Come sa, il Crown Prosecution Service ha provvisoriamente fissato il suo processo per il 15 settembre, all’Old Bailey» disse Booth Watson.

    «In tal caso, dovrò consultarla regolarmente.»

    «La mia tariffa è cento sterline all’ora.»

    «Le darò un anticipo di diecimila.»

    «Il processo potrebbe durare diversi giorni, forse settimane. La parcella supplementare sarà di per sé considerevole.»

    «Allora, facciamo ventimila» disse Rashidi.

    Booth Watson espresse il proprio assenso annuendo in silenzio. «C’è solo un’altra cosa che è giusto che lei sappia» disse. «La pubblica accusa sarà rappresentata da Sir Julian Warwick, patrocinante per la Corona, assistito da sua figlia Grace.»

    «E di certo suo figlio spererà di poter testimoniare.»

    «E se non dovesse farlo» disse Booth Watson con fermezza, «lei avrà perso ancor prima che il processo abbia inizio.»

    «In tal caso, dovremo garantirgli una sospensione dell’esecuzione, almeno finché lei non lo avrà fatto a pezzi sul banco dei testimoni.»

    «È possibile che nemmeno lo controinterroghi, quello che si è meritato il nomignolo di Vocebianca. È del non esattamente pio ex sovrintendente Lamont che voglio che la giuria si ricordi, non del sergente William Warwick» disse Booth Watson. A quel punto, la porta si aprì e l’agente in servizio li raggiunse: «Altri cinque minuti, signore. Avete già sforato».

    Booth Watson annuì. «Ha altre domande, signor Rashidi?» chiese, quando la porta si fu chiusa.

    «Ha sentito Miles di recente?»

    «Il signor Faulkner non è più un mio cliente.» Booth Watson ebbe una brevissima esitazione, poi aggiunse: «Perché me lo chiede?».

    «Ho una proposta d’affari che potrebbe interessargli.»

    «Perché non me ne parla?» disse Booth Watson, rivelando il fatto che lui e Faulkner fossero tuttora in contatto.

    «Sulla scia di tutta la stampa negativa che ha fatto seguito al mio arresto, le azioni della mia società, Marcel & Neffe, sono crollate. Ho bisogno di qualcuno che acquisti il cinquantun per cento del capitale azionario al suo attuale prezzo di mercato, dato che non mi è consentito di operare sul mercato azionario fintanto che sono in prigione. Il giorno in cui verrò messo in libertà, pagherò il doppio per quelle azioni.»

    «Ma potrebbe volerci diverso tempo.»

    «Pagherò il doppio anche lei, se riesce a farmi assolvere.»

    Booth Watson annuì di nuovo, dimostrandosi realmente una puttana, per quanto piuttosto esosa.

    William non riuscì a resistere alla tentazione di fare il viaggio di ritorno verso Brixton in autobus. Tuttavia, stavolta ad accompagnarlo non c’erano quaranta agenti di polizia armati, determinati a distruggere il più grosso giro di droga della capitale, bensì una torma di casalinghe che andava a fare la spesa.

    Nel tragitto, osservò dall’alto alcuni dei punti di riferimento che ricordava dall’operazione Cavallo di Troia, avvenuta solo il giorno prima. Stavolta l’autobus fece tutte le fermate per consentire ai passeggeri di scendere e salire, e il piano superiore non era stato convertito in una centrale operativa che permettesse a Hawk di sovrintendere al più grosso raid antidroga nella storia del Met.

    Apparvero due palazzoni residenziali. Alla fermata successiva, William scese celermente dalla scaletta e saltò giù dall’autobus; seduta sulla pensilina, ad attenderlo, trovò la collega Jackie Roycroft. Stavolta, non c’erano sentinelle ben piazzate per impedire loro di entrare nel palazzo.

    Mentre si avvicinavano al caseggiato B, una vecchia gli passò accanto spingendo un carrello carico di pesanti borse. William provò pena per lei, ma qualcosa lo spinse a voltarsi e a guardarla meglio prima di continuare a camminare verso il palazzo. Lui e la sergente Roycroft salirono sull’ascensore – nessun buttafuori a ostacolare la loro avanzata – e Jackie premette il tasto del ventitreesimo piano.

    «Lo stabile è già stato smontato dalla SOCO, la squadra della scena del crimine, senza alcun risultato. Ma Hawk ha pensato che noi dovessimo dare un’occhiata più attenta, nel caso a loro fosse sfuggito qualcosa. Se ne sono andati allo spuntar del giorno» gli disse Jackie.

    «Non ho idea di che ora possa essere» disse William strascicando le parole, «ma sono certo che debba essere quanto mai sgradevole

    «Avanti, dimmelo» disse Jackie.

    «Sir Harcourt Courtly, rivolgendosi a Lady Gay Spanker in London Assurance.» Notando lo sguardo inespressivo sul volto di Jackie, aggiunse: «È una commedia di Boucicault».

    «Grazie per questa prova convincente» disse Jackie, mentre uscivano dall’ascensore e mettevano piede in un corridoio dove, appoggiata al muro, trovarono una pesante porta.

    Il carpentiere¹ non si era preso la briga di aprire le numerose serrature: aveva semplicemente scardinato la porta, lasciando una grotta. La grotta di Aladino?

    «Bel lavoro, Jim» disse William, mentre entrava in un appartamento che non sarebbe sembrato fuori posto a Mayfair. Mobili moderni e alla moda ingombravano ogni stanza, una moquette talmente spessa da sprofondarci dentro, mentre quadri contemporanei – tra cui Bridget Riley, David Hockney e Allen Jones – ornavano ogni parete. Ovunque, in giro per l’appartamento, c’erano cristalli Lalique, cosa che ricordò a William l’educazione francese di Rashidi. Poté solo chiedersi in che modo un uomo così istruito avesse finito per diventare tanto malvagio.

    Jackie iniziò a ispezionare il salotto alla ricerca di segni della presenza di droghe, mentre William si concentrò sulla camera matrimoniale. Non gli ci volle tanto per accettare che la SOCO aveva svolto un lavoro minuzioso, ma il fatto che, in un appartamento abitato, mancassero oggetti d’uso quotidiano che si sarebbe aspettato di trovare lo rese perplesso: niente pettini, niente spazzole, niente spazzolini da denti, niente saponette. Solo un portabiti zeppo di vestiti di sartoria di Savile Row² e di una dozzina di camicie realizzate a mano da Pink, in Jermyn Street, che sembravano appena uscite da una lavanderia a secco. Nulla che Booth Watson non potesse facilmente liquidare come non appartenenti al suo cliente. Ma poi vide le iniziali A.R. ricamate su una tasca interna di uno di quegli abiti: Booth Watson sarebbe stato in grado di liquidare pure quelle con altrettanta facilità? William piegò la giacca con cura e la infilò in un sacchetto delle prove.

    Ciò a cui rivolse l’attenzione immediatamente dopo fu una fotografia, sul comodino, dentro una elaborata cornice d’argento che faceva più Bond Street che Brixton e su cui era inciso il simbolo A. La prese in mano e guardò meglio la donna nella foto.

    «Ti conosco, mascherina!» disse, e infilò la cornice d’argento massiccio in un altro sacchetto delle prove.

    Dopo aver annotato il numero del telefono sul comodino opposto, iniziò a studiare i quadri alle pareti. Costosi, moderni, ma non prove, sempre che non fosse saltato fuori che Rashidi li aveva acquistati da un mercante rispettabile e disposto a comparire in tribunale come testimone dell’accusa per rivelare il nome del suo cliente. Improbabile. Dopotutto, non sarebbe stato nel loro miglior interesse: la fotografia nella cornice d’argento restava l’opzione più promettente.

    Indugiò nell’ammirare un Warhol di Marilyn Monroe che la SOCO aveva posato sul pavimento, svelando una cassaforte non ancora aperta. Andò immediatamente a cercare il carpentiere Jim, che produsse una serie di chiavi in grado di far colpo su Fagin.³ Fece scattare la serratura della cassaforte nel giro di qualche minuto; William aprì lo sportello, ma la trovò vuota.

    «Dannazione. Deve averci visti arrivare.» D’un tratto, si ricordò della vecchia che gli era passata accanto poco prima, spingendo un carrello carico di borse: aveva percepito qualcosa di fasullo in lei e fu in quel momento che capì di cosa si era trattato. Era stata credibile in tutto tranne che nelle scarpe: l’ultimo modello di Nike.

    «Dannazione» ripeté, mentre Jackie appariva sulla soglia.

    «Hai trovato qualcosa di utile?» chiese lei. «Perché io non l’ho trovata.»

    Con un gesto teatrale, William sollevò il sacchetto di plastica delle prove contenente la foto nella cornice d’argento.

    «Game, set, match» disse Jackie, rivolgendo un finto saluto militare al suo capo.

    «Game, sono d’accordo» disse William. «Forse, addirittura, set. Ma siccome Booth Watson si presenterà all’Old Bailey nelle vesti di avvocato difensore di Rashidi, il match è ancora da decidere.»

    Nessuno sarebbe stato disposto a sedersi al suo tavolo finché non ci fosse stata la convinzione che non sarebbe tornato.

    Quando, nella terza mattina dopo la fuga di Faulkner, Rashidi scese in mensa per far colazione, prese posto alla testa del tavolo vuoto e invitò due suoi compagni, Tulip e Ross, a unirsi a lui.

    «A quest’ora Miles sarà fuori dal paese» disse Rashidi, mentre un agente carcerario gli piazzava davanti un piatto di bacon e uova. Era l’unico prigioniero che riceveva il bacon senza cotica. Un altro agente gli consegnò una copia del Financial Times. Il personale carcerario ci aveva messo poco ad accettare il fatto che il vecchio re se ne fosse andato e che ora sul trono sedesse un nuovo sovrano. I cortigiani non erano allarmati. Il nuovo re era il successore naturale di Faulkner e, cosa più importante, avrebbe fatto sì che le loro gratifiche continuassero ad arrivare.

    Rashidi diede un’occhiata alle quotazioni della Borsa e si accigliò. Nel corso della notte le azioni Marcel & Neffe erano scese di altri dieci centesimi, il che rendeva la sua società vulnerabile a un’offerta pubblica d’acquisto. Non avrebbe potuto farci nulla, pur trovandosi soltanto a tre o quattro chilometri di distanza dalla Borsa.

    «Non ci sono buone notizie, capo?» chiese Tulip, mentre con la forchetta infilzava una salsiccia e se la schiaffava in bocca.

    «Qualcuno sta cercando di farmi andare in malora» disse Rashidi. «Ma il mio avvocato ha tutto sotto controllo.»

    Marlboro Man⁴ annuì. Non parlava quasi mai e si limitava a poche domande, di quando in quando. Troppe domande avrebbero insospettito Rashidi, era stato l’avvertimento di Hawk al suo agente sotto copertura. Limitati ad ascoltare e raccoglierai prove più che sufficienti a far sì che non lo rimettano in libertà per parecchio tempo.

    «Quali sono le ultime sul problema di approvvigionamento?» chiese Rashidi.

    «È sotto controllo» lo rassicurò Tulip. «Stiamo incassando poco più di un testone a settimana.»

    «E che mi dici di Boyle? Sembra che continui a rifornire tutti i suoi vecchi clienti, cosa che erode i miei profitti.»

    «Non è più un problema, capo. Sta per essere trasferito in una gattabuia sull’isola di Wight.»

    «Come ci sei riuscito?»

    «L’agente addetto ai trasferimenti è rimasto indietro di un paio di mesi con le rate del mutuo» disse Tulip, senza fornire ulteriori spiegazioni.

    «In tal caso, paghiamo in anticipo la prossima mensilità» disse Rashidi. «Perché Boyle non è l’unico detenuto che vorrei fosse trasferito, ed è meno rischioso dell’alternativa. E tu, Ross, che mi dici? Quand’è che ci lascerai?»

    «Vado a Ford Open la settimana prossima, in data non specificata, capo. A meno che tu non voglia che io resti dove sono…»

    «No, mi servi di nuovo sulla strada il prima possibile. Fuori mi sei molto più utile.»

    3

    In prigione, gli unici gruppi a prendere la loro religione sul serio sono gli ebrei e i musulmani. Tuttavia, sono i cristiani quelli che a ogni funzione religiosa riescono ad avere la partecipazione più ampia.

    Ogni domenica mattina, la cappella del carcere è zeppa di peccatori che non solo non credono in Dio ma, in molti casi, non hanno mai presenziato a una funzione in chiesa prima di quel momento. Ma, dato che per i prigionieri partecipare alla messa significa starsene fuori dalle loro celle per oltre un’ora, vedono la luce e si uniscono a una delle più ampie confraternite della mattinata londinese.

    Per accompagnare i settecento convertiti dalle loro celle alla cappella nel seminterrato, dove il cappellano accoglie il suo gregge di pecore nere con il segno della croce e non pronuncia la sua intenzione di preghiera finché l’ultimo detenuto non si è seduto, ci vuole quasi tutto il personale del carcere.

    La cappella è la sala più grande della prigione: semicircolare, con ventuno file di panche di legno di fronte a un altare dominato da una grande croce di legno. Quasi tutti i prigionieri conoscono il loro posto. Le prime due file sono occupate dalle poche pecorelle bianche effettivamente venute a praticare. Durante le preghiere, si lasciano andare sulle ginocchia, gemono alleluia ogni volta che il cappellano nomina Dio, e prestano attenzione nel corso del sermone. La stessa cosa non può dirsi del resto del gregge che ne costituisce l’ampia maggioranza. Fra essi vige pure un ordine gerarchico e, a differenza di qualsiasi altro luogo di culto in quella domenica mattina, i posti a sedere più ambiti sono quelli sul fondo.

    I più potenti siedono nell’ultima fila e fanno affari con quelli seduti davanti a loro. Assem Rashidi era seduto al centro dell’ultima fila, una posizione occupata fino a poco tempo prima da Miles Faulkner. Tulip era seduto alla sua sinistra, e Ross alla sua destra.

    Era un continuo passaggio verso il retro di foglietti su cui venivano descritte in dettaglio le necessità dei prigionieri in vista della settimana entrante: droghe, alcol e riviste pornografiche erano gli articoli più popolari, anche se c’era un prigioniero che voleva sempre e solo un barattolo di Marmite.

    «Il nostro primo inno di stamattina» dichiarò il cappellano, «è He Who Would Valiant Be. Potete trovarlo a pagina duecentoundici del vostro libro degli inni.»

    I pellegrini delle prime due file si alzarono in piedi e cantarono appassionatamente, con cuore e voce, mentre gli spacciatori nel retro – che Cristo di certo avrebbe cacciato dal tempio – seguitarono a fare affari.

    «Tre cristalli di crack per la cella quarantaquattro» disse Tulip, aprendo un foglietto. «Trenta sterline.»

    Non c’era molto che Rashidi non potesse procurare, sempre che i pagamenti venissero rispettati entro la fine di ogni settimana. In prigione, non si fa credito a nessuno per più di una settimana. Tre secondini facevano da corrieri, guadagnando così in un giorno più di quanto ricevessero nella busta paga settimanale. Due avevano l’incarico di far entrare la merce in prigione, mentre la terza, quella più fidata, raccoglieva i soldi da mogli, fidanzate, fratelli, sorelle e persino madri.

    «… to be a pilgrim

    I fedeli tornarono a sedersi e un giovane prigioniero delle Indie Occidentali si fece avanti per fare la prima lettura.

    «And I saw the light…»

    Tulip consegnò al capo un altro ordine, una bustina di eroina.

    «Il bastardo non sgancia da due settimane. Gli facciamo il trattamento doccia?»

    «No» disse Rashidi, con fermezza. «Semplicemente, smettete di rifornirlo. Così scopriremo presto se fuori ha dei soldi.»

    Tulip parve deluso.

    «Ho la sensazione che uno dei corrieri si prenda una fetta della torta» disse, «perché i nostri profitti la settimana scorsa si sono ridotti di oltre duecento sterline. Cosa vuoi che faccia al riguardo, capo?»

    «Metti in chiaro che, se dovesse succedere di nuovo, un rapporto anonimo finirà sulla scrivania del direttore ed entrambe le sue fonti di reddito si esauriranno dall’oggi al domani.»

    «Altro, capo?» chiese Tulip, dopo aver preso l’ultimo ordine.

    «Sì. La settimana scorsa i pasti serali mi sono arrivati tiepidi in cella, dunque, cambia i nostri fornitori esterni.»

    «Sarà fatto» disse Tulip, mentre i fedeli tornavano a sedersi.

    «Il testo del mio sermone di questa settimana» salmodiò il cappellano, «è tratto dal Libro dell’Esodo, capitolo trentaquattro. Quando Mosè scese dal monte Sinai…»

    «Che novità ci sono sul sergente Warwick?»

    «Non resterà in questo mondo ancora per molto» disse Tulip. «Vorrei solo essere io a occuparmene.»

    «Non prima che il processo sia finito. A quel punto, potrai occupartene tu. E fa’ che sia una morte lenta e dolorosa, di modo che i suoi colleghi ci pensino due volte prima di stizzirmi.»

    Ross ne fu nauseato.

    «Non uccidere» disse il cappellano.

    «Amen» disse sommessamente Ross.

    «Preghiamo» continuò il cappellano. Le prime due file si lasciarono cadere sulle ginocchia. «Dio onnipotente…»

    «Quando verrà il momento» disse Rashidi, «manda dodici rose alla sua vedova e falle capire chiaramente chi è stato a mandargliele.»

    Ross ascoltò attentamente ogni parola scambiata tra loro. Avrebbe dovuto far arrivare un messaggio a Hawk il più in fretta possibile, così da avvertire Warwick. Proprio come Rashidi, anche lui aveva un agente carcerario fidato a cui passare messaggi destinati al mondo esterno anche se, nel suo caso, non si aspettava una ricompensa. Ross avrebbe dovuto fare in modo di effettuare le pulizie nel corridoio di fronte alla porta dell’ufficiale superiore Rose dopo la colazione dell’indomani.

    «Quando ti manderanno a Ford Open, la settimana prossima» disse Rashidi, interrompendo i suoi pensieri, «mettiti in contatto con Benson, è lui che controlla la fornitura di droga, lì. Avvertilo

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