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L ultima sfida: Harmony Destiny
L ultima sfida: Harmony Destiny
L ultima sfida: Harmony Destiny
E-book151 pagine2 ore

L ultima sfida: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

A volte l'importante non è partecipare...

Ian Westmoreland pensava che non l'avrebbe più rivista. E invece eccola lì, in tutta la sua magnetica bellezza. Sguardo irresistibile e pelle ambrata, Brooke Chamberlain è stata l'unica donna a fargli perdere la testa. E l'unica ad averlo tradito. Anche questa volta Ian è convinto che lei sia lì per un motivo ed è intenzionato a scoprire la verità. Questa sarà la sua ultima scommessa, l'ultima sfida, prima di dirle addio e dimenticarla una volta per tutte.

... è vincere!
Ma non sempre le cose vanno come si vorrebbe. Spesso il destino gioca diversamente le sue carte, e Ian capisce, tra le braccia di Brooke, che la partita è ancora tutta da giocare.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2019
ISBN9788830501355
L ultima sfida: Harmony Destiny
Autore

Brenda Jackson

E' un'inguaribile romantica e ha sposato il suo primo amore. Chi meglio di lei conosce il significato delle parole scritto nel destino?

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    Anteprima del libro

    L ultima sfida - Brenda Jackson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Ian’s Ultimate Gamble

    Silhouette Desire

    © 2006 Brenda Streater Jackson

    Traduzione di Letizia Montanari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-135-5

    Prologo

    «Non lo farò, Malcolm!» dichiarò decisa Brooke Chamberlain mentre automaticamente scostava dal viso un lungo ricciolo di capelli scuri, sistemandolo dietro l’orecchio. Se solo avesse avuto il minimo sentore del motivo per cui era stata convocata nell’ufficio del suo capo, avrebbe trovato una scusa qualsiasi per non presentarsi.

    Per quanto la riguardava, quello che le stava chiedendo era assolutamente inaccettabile. Innanzitutto, aveva appena portato a termine una missione, nel corso della quale si era scoperto che un viticoltore di successo produceva ben altro che buon vino d’annata e, in secondo luogo, il capo voleva rispedirla sulla costa occidentale. Come se non bastasse, a spiare l’uomo che più di tutti la odiava a morte: Ian Westmoreland.

    Con un gesto di frustrazione, Malcolm Price si passò una mano sul viso prima di dire: «Mettiti a sedere, Brooke, e lascia che ti spieghi il motivo per cui ho deciso di affidarti questo incarico».

    Brooke rispose con uno sbuffo poco femminile. Per quel che la riguardava, Malcolm non poteva darle alcuna spiegazione valida. Malcolm era qualcosa di più del suo capo. Era un buon amico, lo era fin da quei primi giorni in cui aveva cominciato a lavorare in squadra con lui per il Bureau. E poiché erano davvero buoni amici, Malcolm era anche tra le poche persone a conoscenza sia del suo passato legame con Ian sia dei motivi per cui si erano lasciati.

    «Ma come puoi, proprio tu, Malcolm, chiedermi di fare una cosa del genere?» domandò, camminando avanti e indietro per la stanza senza accogliere il suo invito a sedersi.

    «Perché, se non lo fai tu, l’incarico verrà assegnato a Walter Thurgood.»

    Lei si fermò di botto. «Thurgood?»

    «Sì. E, una volta che avrà ricevuto l’incarico, la faccenda non sarà più di mia competenza.»

    Brooke si mise a sedere sulla sedia che Malcolm le aveva offerto prima. Walter Thurgood, un agente pronto a tutto pur di fare carriera, lavorava per il Bureau da un paio di anni. Quell’uomo aveva progetti ambiziosi e il principale era arrivare ai vertici dell’FBI. Dopo alcune missioni, si era guadagnato la fama di agente che portava a termine qualsiasi incarico, anche se i modi con cui lo faceva erano a volte discutibili.

    «E anche se Ian Westmoreland risulta pulito, quando Thurgood avrà finito con lui, sono certo che lo farà apparire l’uomo più disonesto del pianeta, se questo dovesse portare beneficio alla sua immagine professionale» dichiarò Malcolm con una sfumatura di disgusto nella voce.

    Brooke sapeva che Malcolm aveva ragione. E sapeva anche quello che il suo capo non stava dicendo... quando si è figli di un pezzo grosso, la gente che ti circonda è meno disposta a muoverti dei rimproveri se ti comporti male.

    «Ma se tu pensi che Ian stia rigando dritto e non hai alcun sospetto nei suoi confronti, perché investigare su di lui?» domandò, perplessa.

    «Solo perché il precedente proprietario del casinò, Bruce Aiken, è stato condannato per gioco d’azzardo illegale in seguito a una vasta operazione di polizia e non vogliamo che qualcuno dei suoi vecchi amici salti fuori dalla tana dove si è nascosto durante il processo e riprenda le fila del discorso all’insaputa di Westmoreland. Così, in un certo senso, tu gli farai un grande favore.»

    Lo sguardo di Brooke si abbassò sulle mani che teneva raccolte in grembo. Ian probabilmente non l’avrebbe vista in quel modo: lo sapevano entrambi. Anzi, quell’intervento avrebbe solo potuto allargare il baratro che c’era tra loro. Tuttavia, Brooke sapeva che non poteva permettere a Thurgood di prendere in mano la situazione. Sarebbe stato disastroso per Ian.

    Alzò la testa e incontrò lo sguardo di Malcolm. «E questa sarebbe un’indagine non ufficiale?»

    «Esatto. Tu vai lì solo perché hai bisogno di una vacanza: tenendo occhi e orecchie ben aperti... s’intende.»

    Lei si chinò in avanti mentre un lampo d’ira accendeva i suoi occhi. «Ian è uno degli uomini più onesti che conosco.»

    «In tal caso, non hai nulla di cui preoccuparti.»

    Fissò pensierosa Malcolm per qualche istante, poi disse: «Va bene».

    Malcolm inarcò un sopracciglio. «Ciò significa che lo farai?»

    Brooke socchiuse gli occhi. Si trovava tra l’incudine e il martello. Lo sapeva lei e lo sapeva Malcolm. «Sapevi fin dall’inizio che avrei accettato.»

    Lui annuì e Brooke poté leggere nei suoi occhi azzurri un’altra verità.

    Per quanto fossero passati anni dalla rottura della loro relazione, lei in realtà era ancora innamorata di Ian Westmoreland.

    1

    Ian Westmoreland era seduto alla sua scrivania, immerso nel lavoro d’ufficio, quando improvvisamente, senza alcun motivo, provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Era un uomo di trentatré anni al quale l’esperienza aveva insegnato a fidarsi sia dell’intuizione sia delle deduzioni logiche. Alzò lo sguardo, fissando la parete ricoperta di pannelli di legno di fronte a sé.

    Poi tese la mano premendo un tasto: la parete scivolò di lato, rivelando una grande vetrata. Le persone che si trovavano all’altro lato della vetrata intente a passeggiare per il casinò, a scommettere alle slot-machine e a giocare ai tavoli e alle altre macchinette a gettone, non avevano idea di essere osservate. In certe zone del casinò, era anche possibile ascoltare quello che dicevano. In più di un’occasione, i dispostivi del servizio di sicurezza avevano rilevato discorsi che sarebbe stato meglio non pronunciare. Ma quando si lavorava in un casinò grande come il Rolling Cascade, i monitor, i microfoni e lo specchio-vetrata erano dispositivi necessari alla sicurezza. Non tutti quelli che arrivavano al casinò erano lì per il gusto del gioco. C’erano persone che venivano solo per approfittare delle debolezze altrui. E quelle erano persone delle quali il casinò poteva tranquillamente fare a meno. L’enorme sala di sorveglianza al terzo piano, gestita da esperti del settore che tenevano sotto osservazione un centinaio di monitor ventiquattro ore su ventiquattro, si assicurava che così fosse.

    Da quando c’era stata la grande riapertura, molte persone avevano prenotato al casinò solo per poter verificare con i propri occhi i numerosi rinnovamenti, le migliorie e per confermare quanto si diceva in giro: quello che un tempo era stato un casinò sul punto di fallire era tornato a vivere con uno stile senza precedenti. In una speciale edizione, la rivista People Magazine aveva annunciato che il Rolling Cascade aveva portato una ventata di Las Vegas a Lake Tahoe e lo aveva fatto con classe, integrità e senso del decoro.

    Ian si alzò e andò a sedersi su un angolo della scrivania, socchiudendo gli occhi mentre fissava con attenzione la folla. Doveva esserci un motivo per cui si sentiva così teso e nervoso. L’inaugurazione era stata un successo e lui era soddisfatto per aver compiuto la trasformazione da capitano di battello fluviale a proprietario di casinò senza alcuna difficoltà.

    Pochi minuti più tardi stava per arrendersi, imputando la tensione alla necessità di concedersi un giorno di vacanza, e stava per rimettersi al lavoro, quando la vide.

    Brooke Chamberlain.

    Ian rimase immobile, il corpo irrigidito. Ma che cosa diavolo ci faceva lì? Decidendo di non sprecare tempo nel tentativo di capirlo, tese la mano verso il telefono posato sulla scrivania. Immediatamente gli rispose il capo della sicurezza del casinò.

    «Sì, Ian?»

    «C’è una donna in piedi al tavolo del blackjack. Indossa un completo pantalone azzurro polvere. Ti prego di scortarla immediatamente nel mio ufficio.»

    Ci fu una pausa durante la quale il capo della sicurezza pose una domanda. Con voce tesa, Ian rispose: «Sì, conosco il suo nome. Si chiama Brooke Chamberlain».

    Dopo aver riagganciato il telefono, Ian concentrò di nuovo tutta la sua attenzione sulla donna alla quale un tempo aveva quasi chiesto di sposarlo... questo prima del suo tradimento. L’ultima volta che l’aveva vista era stato in occasione del matrimonio di suo cugino Dare, tre anni prima ad Atlanta. Poiché lei aveva lavorato in passato come agente per lo sceriffo Dare Westmoreland, era stata invitata e Ian aveva deciso deliberatamente di ignorarla.

    Ma non questa volta. Adesso lei si trovava sul suo territorio, e Ian voleva accertarsi che lo sapesse.

    Ian la stava osservando.

    Brooke non sapeva da dove la stesse guardando, ma il suo istinto di agente federale le diceva che era così. Schermi televisivi. Il posto ne era pieno. Tutti gli schermi erano posizionati in modo così discreto che la folla di clienti bramosi di cimentarsi al tavolo da gioco ignorava sicuramente di essere ripresa.

    «Mi scusi... la signorina Chamberlain?»

    Brooke si voltò e si trovò di fronte a un tipo alto e robusto, oltre i quaranta, biondo e con gli occhi azzurri. «Sì?»

    «Sono Vance Parker, capo della sicurezza del casinò. Il proprietario della struttura, il signor Ian Westmoreland, vorrebbe scambiare quattro chiacchiere con lei nel suo ufficio.»

    Le labbra di Brooke si curvarono in un sorriso. Dubitava seriamente che Ian volesse scambiare solo quattro chiacchiere con lei. «D’accordo, signor Parker. Mi faccia strada.»

    Mentre Vance Parker la scortava verso l’ascensore più vicino, Brooke pregò ardentemente di riuscire a sopravvivere per le due settimane a venire.

    Lo sguardo incollato alla vetrata, Ian era rimasto a osservare la breve conversazione; aveva capito immediatamente il momento in cui Vance aveva menzionato il suo nome. Non appena lo aveva udito, la reazione di Brooke non era stata di sorpresa e questo azzerava le possibilità che lei ignorasse l’identità del proprietario del casinò. Era entrata consapevolmente nella tana del leone e lui era più che mai deciso a scoprire perché lo avesse fatto.

    Si alzò e girò attorno alla scrivania. All’improvviso aveva la sensazione che il nodo che gli serrava la bocca dello stomaco fosse diventato più stretto. E quando sentì il rumore tintinnante, il segnale che qualcuno stava arrivando a bordo del suo ascensore privato, la sensazione peggiorò. Per quanto non volesse ammetterlo, stava per ritrovarsi faccia a faccia con la donna che non era mai riuscito a togliersi dalla testa. Che lo avesse fatto deliberatamente o meno, nel corso della loro relazione, durata due anni, Brooke aveva innalzato in lui il grado di aspettative nei confronti del genere femminile. Agente di giorno, donna completa di notte, era riuscita a fare apparire qualsiasi altra venuta dopo di lei solo una povera nullità. Era l’unica donna che fosse riuscita a rovinare il suo appetito per le altre. L’unica donna che fosse riuscita a domare il suo cuore selvaggio.

    E non solo lo aveva domato, ma lo aveva fatto suo.

    Il ricordo portò un sorriso amaro sulle sue labbra. Ma adesso era più vecchio e saggio e il cuore che un tempo lei aveva controllato era

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