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Una preziosa pedina per il capitano
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Una preziosa pedina per il capitano
E-book250 pagine3 ore

Una preziosa pedina per il capitano

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Info su questo ebook

Brides for Bachelors 3

Inghilterra, 1815.
Timida e un po' goffa, Miss Lizzie Hutton è rassegnata a rimanere zitella. Almeno sino a quando non incontra l'affascinante capitano Harry Bretherton, che sembra davvero interessato a lei. A ogni incontro, Lizzie si convince sempre più di riconoscere in lui uno spirito affine, al punto di accettare un'inaspettata quanto forse prematura proposta di matrimonio. Tuttavia, presto scopre che le attenzioni del capitano sono dovute soltanto alla parentela che la lega al magistrato locale, e quindi di essere una pedina nelle sue mani per sgominare una banda di pericolosi contrabbandieri. Se le risulta facile comprendere perché lui sia disposto a tutto pur di portare a termine la sua missione, ben più difficile è accettare di essere stata usata con l'inganno dall'uomo di cui si sta innamorando!
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2018
ISBN9788858990933
Una preziosa pedina per il capitano
Autore

Annie Burrows

Sposata, con due figli, ha messo a frutto la sua laurea in letteratura inglese e la sua incredibile fantasia nel creare avvincenti storie d'amore ambientate nei più diversi periodi storici.

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    Anteprima del libro

    Una preziosa pedina per il capitano - Annie Burrows

    successivo.

    1

    Il capitano Harry Bretherton chinò il capo per entrare nella taverna del porto e scese in fretta la sala dal basso soffitto nella speranza che nessuno dei membri del suo ultimo equipaggio si trovasse lì, in quell'umida sera di ottobre. La riunione che si sarebbe tenuta nella stanza sul retro doveva essere segreta.

    Attraversando la sala brulicante di lavoratori del porto e di marinai, si chiese che cosa diavolo stesse pensando il Marchese di Rawcliffe, scegliendo proprio quel posto per la riunione. Di certo la sua lungimiranza non sembrava all'altezza del soprannome che si era guadagnato: Zeus.

    Anche la scelta dell'uomo che stava di guardia alla porta della stanza sul retro era discutibile. Benché indossasse un cappotto anonimo e un cappello floscio, Kendall sembrava in tutto e per tutto il valletto di un marchese.

    Harry guardò l'uomo dritto negli occhi mentre si avvicinava, chiedendosi quali ordini avesse ricevuto da Zeus. Se si fosse venuti alle mani, non era affatto sicuro di poter competere con Kendall. Il valletto era alto e muscoloso, oltre a essere ciecamente fedele al padrone, mentre da tempo Harry non era nella sua forma migliore.

    Poteva solo sperare di cavarsela. «Buonasera, Kendall» pronunciò in un tono che si augurò sicuro di sé.

    «Non siete atteso qui, stasera, signore.»

    No, non lo era. Zeus aveva organizzato l'intera faccenda con Ulisse senza consultarlo e tanto meno invitarlo a partecipare. Se Harry non avesse colto un paio di conversazioni tra Lady Rawcliffe e Lady Becconsall, avrebbe potuto non scoprire mai quello che stavano tramando i loro mariti.

    Alle sue spalle.

    «Ho l'ordine di far entrare solo tre ufficiali della Marina, signore» spiegò Kendall, sulla difensiva. Harry superava di poco in altezza il valletto, ma raddrizzò le spalle e sollevò leggermente il mento per sfruttare in pieno l'effetto.

    «Tre ufficiali, oltre a me» improvvisò. «Oserei dire che era questo che intendeva Sua Signoria.»

    «Oh, capisco, signore.» Kendall parve sollevato. Era chiaro che non desiderava mettersi contro un uomo che era stato ospite nella casa del suo padrone, non più di quanto Harry desiderasse ingaggiare una lotta che probabilmente sarebbe degenerata in una rissa nel giro di pochi istanti. Kendall gli aprì la porta con la deferenza di un valletto.

    Dopo aver superato il primo ostacolo, Harry entrò nella stanza sul retro.

    I quattro uomini seduti intorno al tavolo si zittirono. Zeus, a capotavola, registrò la presenza di Harry socchiudendo gli occhi e serrando le labbra.

    In risposta, Harry guardò a uno a uno gli uomini seduti, prima di posare lo sguardo su Zeus e inarcare un sopracciglio.

    Erano quelli gli uomini che Rawcliffe riteneva adatti a condurre le indagini sull'omicidio del loro ex compagno di scuola? Un ubriacone, un bullo e un giocatore incallito? Personalmente, Harry non si fidava di nessuno di loro.

    Rawcliffe ricambiò la sua espressione di incredulità con una di sfida. Lo scambio sarebbe potuto continuare all'infinito, se il capitano Hambleton non avesse vuotato il suo boccale per poi sbatterlo sul tavolo e ruttare.

    A quel punto Rawcliffe distolse lo sguardo da Harry e fulminò il capitano Hambleton con un'espressione talmente fredda che parve ricoprire il tavolo di uno strato di ghiaccio.

    Il capitano Hambleton sostenne lo sguardo con la flemma abituale di un uomo che aveva passato anni a temprarla in battaglia. «Volete riprendere a illustrarci il compito che dobbiamo portare avanti per voi, milord, o aspettiamo ancora qualcuno?»

    Harry approfittò dell'interruzione per scostare una sedia e prendere posto al tavolo con le braccia conserte.

    «Meglio procedere» rispose Rawcliffe, rassegnato, dopo aver guardato ciascuno degli uomini seduti intorno al tavolo con vari gradi di ripugnanza. «Sapete già che il servizio di cui ho bisogno da chiunque di voi sceglierò non è per i deboli di cuore, o gli schizzinosi. Prima di avvicinarvi, ho chiarito che il compito richiederà di agire in modi che molti...» Si voltò brevemente in direzione di Harry, abbassando le palpebre, «... considererebbero disonorevoli. Se questo dovesse turbare qualcuno, lo esorto a lasciarci subito, prima della selezione finale.»

    Nessuno si mosse, ma in fondo nessuno di loro si faceva tanti scrupoli. Il tenente Nateby era un bullo, famoso per far fustigare gli uomini sotto il suo comando al minimo pretesto. Il tenente Thurnham era talmente oberato dai debiti da gioco da essere disposto a fare praticamente qualsiasi cosa pur di evitare la galera. Quanto al capitano Hambleton, la sua coscienza era da tempo annegata nell'alcol.

    «Come pensi di fare la selezione finale da questo gruppo di... esperti?» lo sfidò Harry, senza riuscire a trattenere il disprezzo. O la collera. Rawcliffe non avrebbe mai dovuto coinvolgere degli estranei, e tanto meno uomini come quelli.

    «Potremmo tirare le paglie» suggerì il capitano Hambleton con un sogghigno.

    «Sì» approvò il tenente Thurnham. «Lasciamo la decisione nelle mani del fato.»

    «Siete sicuro che vi serva un solo uomo, per il vostro... compito?» chiese il tenente Nateby facendo roteare il brandy nel bicchiere. «Visto che è difficile e pericoloso, come stavate spiegando prima che il capitano Bretherton si unisse a noi» continuò, lanciando un sorriso sarcastico a Harry. «Potrebbe essere più facile se due di noi unissero le loro forze.»

    «No» intervenne Thurnham. «Vorrebbe dire dividere la torta. A meno che non siate disposto a pagare a ciascuno dei due la stessa cifra che avete menzionato, milord?»

    «È un lavoro per un uomo, che lavori da solo» tagliò corto Rawcliffe.

    «Oh, bene allora tiriamo le paglie» concluse il tenente Thurnham con un'alzata di spalle. «Vi risparmierà la fatica di decidere.»

    Rawcliffe sapeva già chi avrebbe dovuto scegliere, pensò Harry. Dannazione, Archie era uno dei suoi amici di più lunga data. Se qualcuno aveva il diritto di dare la caccia al suo assassino, era lui. Rawcliffe e Becconsall non avevano il diritto di pagare qualcuno perché svolgesse quel lavoro, quando sapevano che lui l'avrebbe fatto per niente.

    «Una soluzione ragionevole» convenne Rawcliffe, irritandolo ancora di più. «Kendall!»

    Il valletto fece capolino dalla porta. «Sì, milord?»

    «Procurati quattro paglie. Tre corte e una più lunga, poi torna qui e offrile a questi quattro signori, uno alla volta, nel modo prescritto.»

    «Sì, milord» obbedì Kendall girando sui tacchi.

    Harry strinse i pugni in grembo. Nella stanza era calato il silenzio, interrotto solo dal rumore stridente del capitano Hambleton che trascinava la brocca di birra sul tavolo per riempirsi il boccale.

    Santo cielo, Rawcliffe e Becconsall consideravano quell'uomo preferibile a lui per consegnare alla giustizia l'assassino del loro amico? Harry doveva ammettere di essere stato l'ombra di se stesso, al ritorno in Inghilterra. E beveva troppo. Anche così, comunque, era sempre più affidabile di quei tre.

    Kendall tornò poco dopo con le paglie e fece per consegnarle al padrone, ma Rawcliffe alzò la mano.

    «No, è meglio che le offra tu, così ci saranno meno possibilità che qualcuno mi accusi di aver barato.»

    «Mi sembra giusto» approvò Thurnham tendendo la mano.

    «Un momento» obiettò il capitano Hambleton. «Dovremmo andare per ordine di grado.»

    Kendall lo guardò inarcando le sopracciglia. «Cominceremo da chi è più vicino alla porta» dichiarò, «quindi da questo signore.» Allungò il pugno in direzione del tenente Nateby, il quale rivolse un sorriso insolente al suo superiore prima di sfilare una paglia.

    Era difficile dire se fosse corta o lunga, rispetto a quelle ancora chiuse nel pugno di Kendall.

    «Ho vinto?» chiese.

    Se fosse stato così, perché Kendall avrebbe offerto le rimanenti paglie al tenente Thurnham?, si chiese Harry. La paglia che estrasse era della stessa lunghezza di quella di Nateby, il che significava che la più lunga non era ancora uscita.

    Kendall tese il pugno a Harry. «Il vostro turno, capitano.»

    Harry studiò attentamente le due paglie rimaste, il cuore che gli martellava nel petto. Doveva solo scegliere la più lunga. Era stato derubato di troppo, in quegli ultimi anni. Aveva perso il comando, la libertà, la salute, il rispetto di sé e, infine, il timido ma fedele amico Archie. Non poteva perdere anche il diritto di vendicarlo.

    Chiuse brevemente gli occhi, fece un respiro profondo e afferrò una delle due paglie, tirandola fuori lentamente fino a far emergere tutta la sua lunghezza.

    Lasciò andare il fiato che aveva trattenuto. Aveva la paglia più lunga. E l'incarico.

    Kendall scortò gli altri tre fuori della stanza, tra brontolii e imprecazioni, lasciandolo solo al tavolo con il Marchese di Rawcliffe.

    Un uomo che sosteneva di essere suo amico.

    «Non posso credere che abbia pensato di affidare l'incarico a qualcun altro!» ringhiò Harry. «Sai che ero il candidato ideale.»

    Rawcliffe serrò le labbra in una linea sottile. «No, non lo eri. Credevo mi avessi sentito spiegare che questo compito comporta un'azione disonorevole. E tu sei un uomo d'onore.»

    «Non sai che tipo di uomo sono oggi.»

    «Non ti abbiamo dato il soprannome di Atlante per niente. Tu...»

    «Vedi? Basi il tuo giudizio sul giovane che conoscevi a scuola. Non hai idea di quanto possa essere cambiato, da allora. E lascia stare le lettere che ho scritto vantandomi delle mie eroiche imprese. Molte non erano altro che bugie.»

    «Sei rimasto con me per settimane, questa primavera, prima che io sposassi Clare...»

    «E non hai notato quanto bevevo? O che vivevo alle tue spalle? È così che si comporta un uomo d'o...» Harry si interruppe e si passò tra i capelli le dita tremanti. Stava cercando di convincere un uomo di essere privo d'onore, come se fosse un merito.

    «Hai smesso di vivere alle mie spalle, come dici, non appena hai saputo che stavo per sposarmi. So che da allora hai vissuto in condizioni ristrette, anche se non era necessario, potrei aggiungere...»

    Rawcliffe proseguì, cercando di attribuire nobili motivi alle sue azioni, quando la verità era che Harry non riusciva a tollerare la felicità nauseante dei suoi amici, da quando si erano sposati.

    «Stammi a sentire, Rawcliffe» lo interruppe. «Mentre tu hai vissuto nell'ozio, negli ultimi dodici anni, io ho navigato per tutto il mondo combattendo i nemici dell'Inghilterra e utilizzando ogni mezzo per distruggerli. Non mi sono tirato indietro davanti a niente, pur di preservare la vita dei miei uomini o massacrare i nostri nemici. Non mi credevate pronto a fare la stessa cosa per consegnare l'assassino di Archie alla giustizia?»

    «A essere sinceri, no. Non sembrava importarti nulla, oltre che vuotare una bottiglia dopo l'altra.»

    Il rimprovero era ben meritato, e andò a segno.

    «Ammetto che non ero affatto interessato, quando tu e Ulisse cominciaste a lavorare sulla scomparsa di alcuni gioielli.» Cosa poteva importargli dei ninnoli appesi al collo delle ricche matrone, quando uomini che meritavano molto di meglio venivano fatti a pezzi dai cannoni o dalle schegge volanti? Quelle stesse matrone avrebbero storto il naso disgustate all'odore che emanava da quegli uomini, a causa del duro lavoro e della mancanza di servizi igienici. «Ulisse stava solo cercando una scusa per far colpo su Lady Harriet, e tu ti sei messo alla ricerca del ladro solo per alleviare la noia. Poi, quando Archie andò nel Dorset a trovare quella sua anziana parente che sembrava implicata in qualche modo, pensai che gli avrebbe fatto bene smettere di dipendere da te e mettersi alla prova.»

    Stavolta fu Rawcliffe ad accusare il colpo. Il picchiettio dell'indice sullo stelo del calice di vino era quanto di più vicino a un segno di agitazione.

    «Poi, però, qualcuno l'ha ucciso» proseguì Harry. «Questo cambia tutto.»

    «Non proprio tutto. A essere sinceri, nessuno di noi pensa che tu abbia lo stomaco di ricorrere allo stratagemma che Ulisse e io abbiamo escogitato.»

    «Non avrei... lo stomaco?» Harry poteva aver commesso un sacco di sciocchezze, ma nessuno poteva negare che avesse lottato come una tigre per cercare di rimediare almeno in parte ai suoi errori. «Non sono un vigliacco.»

    «Non si tratta di vigliaccheria. E non ripetermi che non ti conosco più. Sei in Inghilterra da diversi mesi, e in tutto questo tempo ho avuto diverse occasioni di scoprire che uomo sei diventato. Sei stato l'unico di noi a cercare di difendere la povera Lady Harriet, quando l'abbiamo trovata da sola nel parco, l'unico a trattarla con rispetto.»

    «Era diverso. Una donna sola...»

    «Be', si tratta proprio di questo» lo interruppe Rawcliffe con impazienza. «Il piano per assicurare alla giustizia l'assassino di Archie prevede di ingannare una donna. E, a meno che mi sbagli, non ti troveresti a tuo agio a sedurre una vergine ingenua.»

    «Sedurre una...?» Harry scosse il capo, poi fissò la paglia che teneva tra le dita. «Troppo tardi, ormai. A quanto pare, è il mio destino.» E in ogni caso, c'era qualcosa che avrebbe potuto accrescere il disprezzo che già provava per se stesso?

    «Al diavolo il destino!» Rawcliffe batté il palmo sul tavolo, in un gesto così insolito da far sobbalzare Harry. «Non ho così tanti amici da potermi permettere di perderne un altro.»

    In quel momento Harry capì perché Zeus avesse tenuto segreto l'incontro e avesse tramato alle sue spalle con Becconsall. Dietro la facciata fredda e distaccata, batteva il cuore di un uomo che detestava l'ingiustizia. Rawcliffe non era cambiato molto dai tempi di Eton, quando gli avevano dato il soprannome di Zeus non solo perché era il migliore di tutti loro, ma perché era un leader naturale. Così come il soprannome di Harry era Atlante, non solo perché era più imponente e più forte degli altri, ma perché era sempre disposto a proteggere chi ne aveva bisogno. E Becconsall, il terzo della loro banda, era Ulisse per la sua astuzia e intelligenza.

    Harry non aveva più stretto amicizie come quelle che aveva a scuola, pur avendola frequentata per un periodo relativamente breve.

    «Sedurre una vergine ingenua non sembra così pericoloso» osservò stringendosi nelle spalle.

    «Nemmeno far visita a un'anziana parente sembrava pericoloso, quando ho lasciato che Archie lo facesse. Il fatto è che laggiù nel Dorset c'è qualcuno di abbastanza astuto da pianificare un furto di gioielli in modo che ci vogliano anni prima che venga scoperto. E con le connessioni giuste per introdurre i ladri nelle case dell'aristocrazia sotto la falsa veste di cameriere personali. Chiunque sia, è anche abbastanza spietato da uccidere pur di impedire che i suoi crimini vengano scoperti, quindi abbiamo bisogno di qualcuno altrettanto astuto e spietato per combatterlo.»

    «Ho già detto che sono disposto a fare qualsiasi cosa, perfino a sedurre una giovane innocente. Potrei aggiungere che, chiunque sia la donna che hai in mente, si sarebbe trovata ben peggio con Thurnham, o Nateby.»

    Rawcliffe lo studiò per qualche istante con espressione impassibile, anche se Harry sapeva che era una maschera che usava per nascondere i suoi pensieri.

    «Inoltre Archie non era solo un civile, ma anche un uomo di scienza» continuò. «Non aveva idea di come smascherare un bugiardo o un delinquente. Mentre io non solo so come combattere, ma ho avuto a che fare con alcuni dei peggiori criminali del mondo, uomini che hanno scelto il servizio in Marina piuttosto che andare in galera.»

    «C'è un altro motivo per cui ho cercato i possibili candidati tra gli uomini di mare» spiegò Rawcliffe. «Potrebbe tornare utile saper manovrare un'imbarcazione.»

    Harry sentì il cuore accelerare i battiti. «In questo puoi fidarti di me molto più che degli altri.»

    «Tuttavia non sei ancora pronto per il servizio effettivo, non è così? Se ci fosse da combattere...»

    «Sono molto più forte di prima» lo interruppe Harry, «e faccio progressi di giorno in giorno. In ogni caso, non è meglio che il nostro nemico non mi ritenga nel pieno delle forze?»

    Rawcliffe lo studiò. «In un certo senso, le tue condizioni fisiche sono un vantaggio» ammise in tono pensoso. «Ti daranno la copertura perfetta per recarti a Bath, dove risiede attualmente la giovane donna che ci interessa.»

    Harry si rilassò contro lo schienale. «Perché non mi illustri l'ignobile piano che tu e Ulisse avesse escogitato? Poi sarò io a decidere se sono l'uomo giusto o no.»

    2

    Lizzie prese la tazza d'acqua dalla mano del valletto che l'aveva appena estratta dalla pompa e si affrettò a portarla al nonno, che l'aspettava su una sedia accanto al camino. La sala era così affollata, quel mattino, che le sembrava di essere rimasta in coda per un'eternità. A quell'ora il nonno si sarebbe sicuramente innervosito e avrebbe battuto il bastone sul pavimento.

    Non che avesse fretta di andarsene, dopo aver bevuto la sua dose giornaliera di acqua per curare la gotta, dal momento che molti dei suoi amici erano lì per la Stagione. Sarebbero rimasti a spettegolare ancora a lungo, mentre lei avrebbe dovuto aspettare dietro la sedia, immobile come una statua, per non essere accusata di agitarsi troppo.

    Mentre cercava di uscire dalla folla che premeva intorno alla pompa, urtò qualcosa con la spalla. Qualcosa di duro come un muro di mattoni e che emise un suono indistinto giusto un attimo prima che si udisse il rumore inconfondibile di una tazza che cadeva al suolo.

    «Oh, no!» esclamò, voltandosi per scusarsi con lo sconosciuto. Si trovò davanti un mento risoluto, sormontato da due labbra piene e da un naso importante, spruzzato di lentiggini. E soprattutto, gli occhi più intensamente azzurri e più tristi che avesse mai visto.

    «Sono desolata» mormorò arrossendo. Doveva scusarsi così spesso per aver urtato qualcuno o qualcosa che avrebbe dovuto essere ormai abituata, ma quell'uomo era così... alto. E solido. La maggior parte di quei vecchietti fragili sarebbero barcollati sotto la forza del suo peso, invece lui non si era spostato nemmeno di un'unghia.

    Il risultato era che si trovavano pericolosamente vicini.

    Lizzie si affrettò a fare un passo indietro, e subito i lineamenti dell'uomo si confusero alla sua vista in un ovale pallido, sormontato da una zazzera di corti capelli scuri.

    «La vostra tazza...» cominciò, mortificata. «Andrò a prendervene un'altra...»

    Stava per muoversi, quando si sentì afferrare la spalla in una morsa.

    «Oh, no, non fatelo» ribatté l'uomo con voce ferma. «Intendo dire» aggiunse in tono più dolce, «che non ce n'è bisogno, davvero.»

    «Ma io...»

    «No» ribadì lui con lo stesso tono deciso. Avvicinandosi, aggiunge in un sussurro: «Mi avete appena salvato da un terribile destino. Ora, vi prego, non distruggete tutto».

    «Un terribile... Oh, cielo... Che cosa...?»

    «So che quest'acqua dovrebbe giovare alla salute, ma...» Lui si strinse nelle spalle

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