Tante care cose
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Una raccolta di lettere personalissime rivolte a figure del passato e del presente, reali o immaginarie, tra cui un famoso regista, la preside di un liceo, dei vecchi amori adolescenziali, Goliarda Sapienza, "il Tonno", un amico dell'Agenzia delle entrate, Antoine Lavoisier…
Lettere intrise di ricordi, di nostalgie, di rammarichi, e di rancori, di rimproveri e di accuse. Di buoni propositi e di scuse.
"E devo dire la verità, a me queste mail vengono benissimo. Cioè, modestia a parte, sono proprio bravo, che so, a polemizzare, a fare sentire in colpa, umiliare, dare del nazista a chi se lo merita, usare il sarcasmo per colpire basso. Mail che certo non ottengono nessun effetto concreto, a volte manco mi rispondono, ma almeno sfogo il mio malessere e le mie frustrazioni. E provo anche un certo piacere a scriverle. Mi diverto. Rotture di cazzo, sì, ma tonificanti".
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Anteprima del libro
Tante care cose - Massimo De Lorenzo
© 2024 Bibliotheka Edizioni
www.bibliotheka.it
I edizione, gennaio 2024
Isbn 9 788869348945
Immagine di copertina: Il figurante di Livia Alessandrini
Foto di: Paola Sallustro
Tutti i diritti riservati
Massimo De Lorenzo
Attore e finto sceneggiatore
della serie cult Boris.
Ha partecipato a molti film dei principali autori della commedia italiana contemporanea (Carlo Verdone, Paolo Genovese, Giovanni Veronesi, Luca Miniero, Antonio Albanese, Fausto Brizzi, Manetti Bros.) e a varie serie televisive (Squadra antimafia, Liberi tutti, Agrodolce, Cops, Ripley, I leoni di Sicilia, Unwanted e ovviamente Boris).
Nel 2015 ha vinto un David di Donatello ma per la migliore canzone originale (in collaborazione con Giuliano Taviani) per Anime nere di Francesco Munzi.
Un viaggio epistolare comico e poetico in cui, tra umorismo e soave lievità, si dipana una personalissima e intimista visione della vita
A Giulia
A Nina e Arturo
A Mattia
Prefazione
Sono un prefatore riluttante, persuaso che questa prefazione me l’abbiano chiesta solo per dare equilibrio alla grafica della copertina con la frase che la annuncia. Ma mi sembra un motivo più che valido e quindi mi metto al lavoro.
Innanzitutto, chiariamolo, io non ho niente contro questo libro: di me parla benissimo ("Caro Tonno) e dice solo cose vere. Paradossalmente però non ho neanche intenzione di parlarne bene. Non perché di questo libro non ne pensi bene, al contrario, ma io stesso diffiderei un tantino della prefazione piena di elogi del caro amico di sempre:
…mi hanno letteralmente deliziato le lettere del mio amico Max, in cui intravedo un nuovo Flaiano e, perché no, un emulo di Zavattini…". Quindi, come tutti i disperati che non sanno cosa scrivere vado di vocabolario.
Secondo la Treccani la corretta definizione di prefazione è: "dichiarazione più o meno breve che si premette a un libro per presentare l’opera ai lettori, chiarirne gli scopi, i metodi, i motivi che ne hanno suggerito la pubblicazione". Analizziamo.
Chiarire al lettore gli scopi e i motivi della pubblicazione mi sembra assolutamente ridicolo visto che uno dei nobili compiti del lettore è proprio di dedurli, di immaginarli, di riflettere sugli scopi e sui motivi dell’autore, e non vorrei mai interferire con questo piacere. Quanto ai ‘metodi’ dell’opera mi sembra che solo uno scritto scientifico possa rivendicare dei metodi, e qui di scientifico c’è giusto un po’ di chimica ("Caro Antoine Lavoisier") ma poco altro.
Mi sarei aspettato di trovare altre due cose nella definizione, "spiegare il contesto in cui l’opera nasce e
illustrare la figura dell’autore". Ma sia il contesto che la personalità dell’autore direi che sono proprio il tema principale del libro e non c’è niente da aggiungere. Insomma, anche dal vocabolario pochissimo aiuto.
La novità da dire è semplicemente questa: il mio fraterno amico Massimo sa come si scrive un libro e questa cosa mi inorgoglisce. Spero ne scriva presto altri, con bellissime prefazioni. Che sono convinto la prossima volta chiederà a qualcun altro.
Buona lettura.
Luca Vendruscolo
Roma, 12 Novembre 2023
Gentile lettore
qualche anno fa l’editore Santiago Maradei mi chiamò per chiedermi di scrivere un libro. Sinceramente non ho ancora capito perché.
Si dice che ogni essere umano ha una storia interessante da raccontare, ma il talento della scrittura è assai raro e il risultato di un buon libro non è affatto scontato nemmeno per chi scrive di mestiere, figuriamoci per uno che nella vita fa l’attore.
"Santiago, non ti nego che la tua proposta stuzzica la mia vanità, ma perché pensi che io sia in grado di scrivere un romanzo?".
"Non so se sei in grado ma magari ci puoi provare, hai qualcosa che mi fa pensare che potresti".
Effettivamente ho una serie di requisiti fisici e caratteriali che potrebbero farmi apparire come un potenziale scrittore: gli occhiali, i baffetti, le sigarette, la panzetta, una certa malinconia esistenziale, l’inclinazione alla riflessività più che all’azione.
Ammetto che più che un attore, se proprio vogliamo rimanere in ambito culturale, potrei sembrare un giornalista, uno scrittore, un intellettuale, ma vi giuro che non lo sono.
E comunque nelle settimane successive a questa proposta ho provato a immaginare delle storie da raccontare in un libro ma mi apparivano i fantasmi di alcuni dei miei scrittori preferiti, Carver, Rilke, Murakami, Borges, Fante, che mi guardavano scettici con uno sguardo che esprimeva un chiarissimo "Ma per cortesia, lascia stare". Mi è apparsa pure la mia vecchia professoressa del liceo, "De Lorenzo, ti ricordo che ti ho bocciato in Italiano, vedi un po’ te."
E così ho richiamato Santiago: "Grazie per la fiducia, ma davvero, non credo di essere in grado."
C’era poco da fare, mi sembrava un’impresa titanica.
E poi non è che io abbia tutta quest’esperienza con la scrittura. Sì, mi è capitato di collaborare a qualche sceneggiatura di amici scrittori, ma si trattava esclusivamente di mettermi al loro servizio per chiacchierare, fare brainstorming insieme, magari scrivere qualche dialoghetto, ma nulla di più.
In generale nella mia vita avrò scritto giusto qualche pagina di diario, delle poesie che vi giuro non leggerà mai nessuno, un paio di idee per potenziali film e innumerevoli mail, quelle che la quotidianità richiede di scrivere per risolvere grandi e piccole rotture di cazzo.
E devo dire la verità, a me queste mail vengono benissimo. Cioè, modestia a parte, sono proprio bravo, che so, a polemizzare, a fare sentire in colpa, umiliare, dare del nazista a chi se lo merita, usare il sarcasmo per colpire basso. Mail che certo non ottengono nessun effetto concreto, a volte manco mi rispondono, ma almeno sfogo il mio malessere e le mie frustrazioni. E provo anche un certo piacere a scriverle. Mi diverto. Rotture di cazzo, sì, ma tonificanti.
E così, qualche mese dopo ho chiamato il mio amico editore: Ciao Santiago, scusa ti ricordi quella cosa del libro… ecco ma se invece di un romanzo vero e proprio, scrivessi delle mail? Una serie di lettere o mail rivolte a personaggi reali della mia vita, o anche immaginari, del presente, del passato, forse anche qualcuno ipotetico del futuro?
.Cavolo Massimo, mi sembra una bellissima idea
.
Niente, aveva proprio voglia di pubblicare qualcosa di mio, e anche se continuo a non capire perché, eccoci qua gentile lettore, questo è il risultato.
Sia chiaro, niente a che vedere con le vere mail che mando nella mia vita quotidiana. Non stai certo per leggere la mia diffida a Fastweb o una qualche sterile polemica sui lavori del condominio. Ti risparmierò ogni noiosissima vicenda personale.
I destinatari però, reali o immaginari, sono tutti accomunati dal desiderio di dirgli qualcosa, e non certo nella speranza di avere una risposta, che tanto non arriverà mai.
E permettimi di condividere con te, caro lettore, la mia gratitudine a Santiago Maradei, che mi ha permesso di giocare a fare lo scrittore e a Luca Vendruscolo che mi ha aiutato a rendere il risultato di questo gioco un po’ più decoroso di come sarebbe stato senza il suo aiuto.
E ora non concluderò questa lettera come si usa di solito "In attesa di un tuo gentile riscontro ti invio i più cordiali saluti (anche perché mi fa sempre molto ridere quando leggo alla fine di una mail aggressiva, impetuosa e definitiva, questa formale cordialità:
Ti sto mandando a cacare ma rimango una persona affabile e gentile").
Con