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Gli ultimi tramonti
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E-book204 pagine3 ore

Gli ultimi tramonti

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Info su questo ebook

Oscar Cocco adora accudire il suo cane, ricordare le partite a scacchi con il padre, guidare la sua auto storica e guardare i tramonti, perché gli restituiscono quell’entusiasmo disperso nel contemplare un mondo sempre più cinico. Per lui ha inizio un promettente periodo di svolta: in qualità di esperto di filosofia, viene assunto da una prestigiosa azienda di ricercatori scientifici di Catania per gestire le crisi del personale. Nella ditta conosce colleghi interessanti, tra cui l’affascinante Gloria, da cui è attratto e che sembra ricambiare. Gli viene anche affidata un’importante analisi che lo conduce a una scoperta sconvolgente: le donne del pianeta non sono più incinte da mesi e mesi, qualcosa sta succedendo all’umanità. Nel frattempo, Oscar trova un romanzo scritto da suo padre che narra del fantasma della metro, cioè dell’anima di un giovane studente rimasta legata al corpo del suo assassino, un prete che lo ha spinto accidentalmente sui binari. Ora lo spirito del ragazzo deve seguirlo fino in Congo, dove il parroco è stato inviato dopo aver confessato di essere il responsabile del tragico episodio.
Filippo Scuderi elabora una storia ricca di riferimenti filosofici, risvolti divertenti o inaspettati misteri. Una filosofia latente, un’utopia metafisica per nulla banale, che attraverso la lettura porterà a riflessioni mai scontate.

Filippo Scuderi Catania, 1963) è laureato in Scienze Filosofiche presso l’Università degli Studi di Catania. È stato docente di Storia e Filosofia presso l’istituto “Moravia” di Catania. Ha pubblicato: Novantacentodieci (Edito Maimone, Catania 2013), Lo Stato nello Stato: un profilo storico del fenomeno mafioso, 1860-1947 (Edito Stamen, Roma 2015), Duecentosedici (Edito Carthago Catania 2016), La filosofia e l’etica degli scacchi (Edito Gruppo Albatros il Filo, Roma 2017). Attualmente sta lavorando a un nuovo progetto.
LinguaItaliano
Data di uscita16 ott 2023
ISBN9788830691629
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    Gli ultimi tramonti - Filippo Scuderi

    cover01.jpg

    Filippo Scuderi

    Gli ultimi tramonti

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8511-6

    I edizione settembre 2023

    Finito di stampare nel mese di settembre 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Gli ultimi tramonti

    "E il mio maestro mi insegnò com’è

    difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire"

    Franco Battiato

    Alla mia cara musa Tania

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una Vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    PREMESSA

    Questo mio lavoro doveva uscire nel 2020, purtroppo, per un’onda anomala che ha colpito l’intera umanità, l’uscita è stata rinviata a data da destinarsi procrastinando il tutto. Un pensiero a tutti i famigliari che hanno perso un parente durante la pandemia.

    Se state sfogliando questo testo, Vi prego di non andare direttamente nelle ultime pagine, questa raccomandazione la devo fare perché alcuni lettori hanno l’abitudine di leggere le prime pagine e poi, prima di iniziare la lettura, danno un’occhiata alle ultime. Ecco, questo lo sconsiglio vivamente per non rovinare la Vostra lettura, grazie.

    Inoltre, attraverso gli occhi del protagonista Oscar, leggerete qualcosa che renderà questo libro molto interessante, almeno lo spero.

    Ringrazio i miei famigliari, mia moglie (ex) Nancy e i miei figli, Fabrizio ed Emilio, per la loro pazienza nel sopportare i miei pensieri prima che diventassero pagine.

    Una carezza ai miei cani Pocio ed Black, purtroppo Black ci ha lasciati dopo circa sedici anni in cui ci ha amato. Che ne sai dell’amore se prima non hai guardato il tuo cane negli occhi.

    La presente pubblicazione è opera narrativa, per cui ogni riferimento a persone esistenti o a fatti accaduti è da considerarsi puramente casuale.

    Gli ultimi tramonti

    Mi trovo qui ad ammirare il tramonto, la sensazione è bellissima, dovremmo sempre ammirare i tramonti, ti lasciano qualcosa di speciale dentro, diverso dalla sensazione che ti può trasmettere l’aurora, oppure l’alba. A inizio giornata, non saprai mai quello che ti potrà succedere, mentre al tramonto hai già trascorso buona parte della tua giornata. Ti ha dato gioie, amarezze, dolori, speranza, soddisfazione, ma, in ogni caso, ti ha dato il tuo trascorso, ecco: durante il tramonto c’è parte della tua storia, già vissuta, passata, andata, e questo ti dà una sensazione particolare. Ho preso questo vizio, se così lo posso definire, da quando mi hanno assunto, come gestore risorse umane, in una azienda di ricercatori scientifici. Finito il mio giorno di lavoro, salgo al terzo piano del garage a prendere la mia auto, una vecchia BMW serie 3 coupé di colore arancio, interni neri. Ha percorso più di trecentocinquantamila chilometri, e ancora non mi abbandona. Lascio l’auto nel mio posto, che mi è stato assegnato dalla ditta OSAC (Operatori Scientifici Anti Crisi). La fine del mio turno di lavoro coincide con l’orario del tramonto, è un tardo pomeriggio, come al solito, mi dirigo a prendere l’auto, faccio le scale a piedi, non prendo mai l’ascensore, è un modo per tenermi in forma. Apro la portiera, mi accomodo, mi riposo dalle scale appena risalite, e rimango seduto in auto. Mi ritrovo davanti questo tramonto spettacolare, impensabile che da una città si potesse ammirare tale spettacolo. Da quel momento ho sempre aspettato che finisse il tramonto prima di lasciare il mio posteggio. Tutti i santi giorni perpetuo questo mio vizio, ho chiamato questi momenti: i miei ultimi tramonti.

    Come sono entrato alla OSAC: una successione di eventi, devo dire il vero, all’interno di questa struttura sono tutti medici, io sono l’unico estraneo alle loro discipline, si trattava di un laboratorio di biomedici. Quando ho visto che cercavano un laureato in Scienze Filosofiche, mi sono detto tra me e me qui ci sarà stato uno sbaglio. L’agenzia che si era prodigata per la ricerca del personale, la JOBPRO, mi aveva fatto mandare il CV, ma io ero un po’ perplesso, tuttavia alla fine il colloquio l’ho fatto lo stesso.

    Avevo eseguito una ricerca su Google, il motore di ricerca mi aveva restituito questa pagina;

    Informazioni generali.

    I laureati della professione sanitaria di Tecnico sanitario di laboratorio biomedico sono operatori sanitari cui competono le attribuzioni previste dal D.M. Ministero della Sanità 26 settembre 1994, n.745 e successive modificazioni ed integrazioni; ovvero sono responsabili degli atti di loro competenza, svolgono attività di laboratorio di analisi e di ricerca relative ad analisi biomediche e biotecnologiche ed in particolare di biochimica, di microbiologia e virologia, di farmaco tossicologia, di immunologia, di patologia clinica, di ematologia, di citologia e di istopatologia. I laureati in tecniche diagnostiche di laboratorio biomedico svolgono con autonomia tecnico professionale le loro prestazioni lavorative in diretta collaborazione con il personale laureato di laboratorio preposto alle diverse responsabilità di appartenenza; sono responsabili, nelle strutture di laboratorio, del corretto adempimento delle procedure analitiche e del loro operato, nell’ambito delle loro funzioni in applicazione dei protocolli di lavoro definiti dai dirigenti responsabili; verificano la corrispondenza delle prestazioni erogate agli indicatori e standard predefiniti dal responsabile della struttura; controllano e verificano il corretto funzionamento delle apparecchiature utilizzate, provvedono alla manutenzione ordinaria ed alla eventuale eliminazione di piccoli inconvenienti; partecipano alla programmazione e organizzazione del lavoro nell’ambito della struttura di cui operano; contribuiscono alla formazione del personale di supporto e concorrono all’aggiornamento relativo al loro profilo professionale e alla ricerca.

    Mi sono presentato al colloquio, non avevo ripassato niente la sera prima, anche perché di medicina non avevo studiato nulla, sì, qualche materia di pedagogia, sociologia o psicologia, ma niente a che vedere con la medicina vera e propria, un piccolo cenno a Ippocrate, ma nulla di più. Ero un po’ confuso, anzi Confucio, ma ero anche senza lavoro e questa mi sembrava una opportunità veramente interessante.

    La direttrice di questo centro si chiamava Nancy, tra me e me ho pensato uno scherzo del destino, ha lo stesso nome di una professoressa dell’università, ero indeciso se prendere questo fatto come una spinta, per entrare in empatia, oppure se era meglio stare sulle difensive.

    «Dottore Oscar Cocco, buongiorno, prego si accomodi, sono la dottoressa Nancy Wittingam, ma a parte il mio cognome sono italianissima.» È anche bellissima pensai. Il suo ufficio era moderno, con una libreria bianca lucida, alternata a un mobile nero, anch’esso lucido, tutto il resto era di vetro, lei si era accomodata dietro un tavolo, e intravedevo la sua gonna, al limite del pudore. Una volta sedutomi, la guardavo solo negli occhi, perché appena spostavo lo sguardo, la mia vista andava direttamente oltre il vetro del tavolo, e non volevo che la dottoressa si accorgesse di questo mio atteggiamento, non certo in linea per chi cerca un lavoro. Dopo ci scambiammo una stretta di mano, non troppo forte per non passare per villano, e nemmeno troppo leggera, per non sembrare uno con la puzza sotto il naso, anche se sotto il naso in quel momento avevo altro da guardare. Scambiati i convenevoli, siamo andati al dunque.

    «Caro Oscar» mi disse, «la posso chiamare per nome?», io annuii senza battere ciglio. «Abbiamo visitato il suo profilo su Facebook e abbiamo constatato che lei pubblica post autorevoli e i suoi commenti lo sono altrettanto, e abbiamo anche visto i libri che lei ha pubblicato e quelli che consiglia di leggere.» Pensai vuoi vedere che quel social network a cui mi sono iscritto, dopo tante insistenze da parte del mio editore, adesso mi dà involontariamente da lavorare. Mi sono pentito solo di avere messo tanti mi piace su belle foto di un profilo femminile, ma ormai i giochi erano fatti.

    Risposi che lo stesso avevo fatto su Twitter e Instagram, in questo caso era stata lei ad annuire, evidentemente avevano guardato anche quelli di profili.

    Mi portarono un bicchiere d’acqua gassata con dentro uno spicchio di limone, che la dottoressa gentilmente mi offrì; lo bevvi sorseggiandolo, lentamente, perché non volevo che, dopo averlo bevuto tutto d’un fiato, potessi incominciare a sudare, la tizia che mi portò da bere non era tanto meno bella della dottoressa. Pensai che quel posto lo chiamavano Anti Crisi perché, se erano tutte così, c’era d’avvero da avere le crisi. Riappoggiai il bicchiere lentamente, per evitare di fare rumore, visto che in quell’ufficio non si sentiva volare una mosca. Come d’altronde anche i corridoi erano deserti, vuoti, ma in compenso splendevano, da potersi specchiare mentre si camminava. La dottoressa continuò con il suo monologo, «Abbiamo pensato a lei perché non vogliamo che il nostro personale pensi che, per dare loro supporto, abbiamo scelto uno strizzacervelli o un psicologo; vogliamo che vedano in lei una persona con cui dialogare del più e del meno, senza dopo vedersi prescrivere un farmaco, ma al limite suggerire un libro da leggere.» Le chiesi in cosa consistevano le mie mansioni, e lei mi rispose che mi avrebbero dato un ufficio, sulla porta avrebbero scritto Dott. Oscar Cocco, Crisi del personale, Laureato in Storia e Filosofia. Le domandai, allora, se avrei dovuto prendere appunti su chi mi veniva a trovare in ufficio, la dottoressa continuo: «Lei deve prendere appunti, fare delle schede e, una volta alla settimana, verrà nel mio ufficio. Se c’è da pianificare, pianificheremo insieme, adesso una mia assistente le mostrerà il suo ufficio e la tabella con gli orari da seguire, d’altronde lei in questo momento non ha impegni scolastici, se ricordo bene» annuii e risposi che, in ogni caso, sarebbe stata la mia priorità l’insegnamento. La salutai, le strinsi la mano come un gentiluomo deve fare, né troppo forte né troppo leggera, e andai dietro la sua assistente. Commentare il suo fisico è fuori luogo, meglio non parlarne. La sua assistente si chiamava Gloria: «Mi segua, dottore, mi segua, allora lei è un filosofo», «Insomma filosofo è un parolone, diciamo che prendo tutto con una certa filosofia», «Allora lei campa cento anni, se prende tutto alla leggera», «Con filosofia non intendo me ne frego di tutto e di tutti, attenzione, poi le spiegherò se mi viene a trovare nel mio ufficio», «A proposito di ufficio, eccolo.» Entro e vedo che era una fotocopia dell’ufficio dove ero stato in precedenza, in parole povere, chi non guardava bene le targhette apposte sulla porta, rischiava di entrare negli uffici degli altri. «Tutti uguali gli uffici, vero?» «Sì, son tutti arredati nello stesso modo, non c’è distinzione alcuna, tutti uguali, le mostro il frigo, attenzione che quello che prenderà le sarà defalcato a fine mese, ci sono dei sensori collegati a un computer che, appena prende un qualsiasi pezzo, segnala da quale scompartimento lo ha prelevato. Questo è stato studiato per evitare che qualcuno, l’indomani, riporti quello che ha consumato, perché da fuori, a parte noi medesimi, non deve entrare nulla», «Perfetto, non ci sono problemi», apro il frigo, vedo che è abbastanza fornito e chiedo, «Ma se si alza una bottiglia e poi la risistemo subito, che succede?» «Non appena tocca un pezzo è suo, quindi decida prima cosa prendere.» Mi sembra la stessa regola che c’è negli scacchi, alzi un pezzo e lo devi muovere, lei sa giocare a scacchi?» «Non mi ha mai incuriosita abbastanza, ma se lei, caro dottore, mi volesse dare delle lezioni in privato, io sono a sua completa disposizione.» Le dissi che sicuramente mi avrebbe fatto piacere darle delle lezioni, anche se, a dire il vero, avrei fatto un doppio sforzo per concentrarmi su come muovere i pezzi, con quel bel pezzo di ragazza che avrei avuto davanti. Devo dare ragione a Freud, se una paziente è di una bellezza rara, sarà più difficile rimanere concentrati sulla seduta di analisi. Una volta visitato l’ufficio e datomi gli orari, Gloria mi riaccompagnò di nuovo dalla direttrice, e mentre percorrevo il corridoio, pensai che non avevamo toccato l’argomento soldi, quasi quasi, se non fosse stato per il discorso del minibar, non avrei affrontato il delicato ma necessario argomento. Appena rimesso piede nel suo ufficio, lo guardai con più attenzione e mi tolsi gli eventuali dubbi: era tale e quale al mio. Appena seduto, ci risiamo con le gambe tutte in bella vista, le domandai diretto, e senza preamboli, quale sarebbe stato il mio compenso. «Caro Oscar, questa è una società multinazionale, lo stipendio viene erogato da Ginevra, ma passa prima per la nostra società che si trova a Milano, e poi arriva in questa succursale di Catania, la Milano del sud, non era conosciuta così in passato», abbassai la testa due volte e sbirciai sotto il vetro, continuò «Per sei mesi lei è in prova, in questi sei mesi riceverà trentamila euro, direttamente e anticipatamente sul suo conto, dopo, trascorsi i sei mesi, riceverà quindicimila euro ogni tre mesi, quindi se li faccia bastare i trentamila, perché in poche parole le devono durare per nove mesi.» Risposi che non c’erano problemi, ci salutammo e mi disse che il lunedì successivo mi avrebbero fatto trovare il vacue per l’ingresso e il pass per il posto auto.

    Uscii dall’ufficio e dall’edificio, penso senza toccare con i piedi a terra: un bonifico anticipato di trentamila euro, e stia attento che poi il prossimo di quindicimila le sarà effettuato tra nove mesi, ma io con tremila potevo andare avanti per sedici mesi, altro che nove. Addirittura anticipati, e se qualcosa non fosse andato per il verso giusto? Ma poi pensai chi se ne frega, posso stare in ansia il tempo che mi arriva il bonifico, poi devo pensare solo a rilassarmi e a pregare il buon Dio per l’opportunità che mi ha

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