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Tess dei d'Urberville: Una donna pura
Tess dei d'Urberville: Una donna pura
Tess dei d'Urberville: Una donna pura
E-book592 pagine8 ore

Tess dei d'Urberville: Una donna pura

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Info su questo ebook

Opera complessa e articolata, di grande intensità emotiva, “Tess dei d’Urberville”, dello scrittore e poeta inglese Thomas Hardy (1840/1928), all’epoca fu accusato di sfidare la morale vittoriana, suscitando aspre polemiche. Pubblicato a puntate nel 1891 sulla rivista The Graphic, fu censurato per essere poi ripubblicato in tre volumi nella versione integrale.
Al centro di tutto, un’umile ragazza di campagna, appena sedicenne, Tess – definita dall’autore una “donna pura” – e le sue avventure in un mondo che, con le sue rigide convenzioni, stritola l’essere umano e induce la protagonista a scelte difficili e, in ultimo, estreme. Il romanzo è ambientato nella campagna inglese; la natura stessa scandisce coi suoi ritmi l’andamento narrativo, fino a diventare quasi un personaggio, restituendoci, con le magnifiche descrizioni di Hardy, un quadro “impressionista” di forte impatto.
Considerato uno dei capolavori della letteratura inglese di fine Ottocento, dal romanzo sono state tratte famose opere cinematografiche, serie televisive e opere musicali.
“Perché su quel bellissimo tessuto femminile, sensibile come il filo di una ragnatela, e praticamente bianco come la neve, doveva essere disegnato un motivo così grezzo come quello che il destino riprodusse?”
Traduzione di Matteo Gennari

 
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2024
ISBN9788831372428
Autore

Thomas Hardy

Thomas Hardy was born in 1840 in Dorchester, Dorset. He enrolled as a student in King’s College, London, but never felt at ease there, seeing himself as socially inferior. This preoccupation with society, particularly the declining rural society, featured heavily in Hardy’s novels, with many of his stories set in the fictional county of Wessex. Since his death in 1928, Hardy has been recognised as a significant poet, influencing The Movement poets in the 1950s and 1960s.

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    Anteprima del libro

    Tess dei d'Urberville - Thomas Hardy

    copertina

    Thomas Hardy

    Tess dei d'Urberville

    Una donna pura

    ISBN: 9788831372428

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    PRESENTAZIONE

    Thomas Hardy

    Sinossi

    PRIMA FASE

    CAPITOLO 1

    CAPITOLO 2

    CAPITOLO 3

    CAPITOLO 4

    CAPITOLO 5

    CAPITOLO 6

    CAPITOLO 7

    CAPITOLO 8

    CAPITOLO 9

    CAPITOLO 10

    CAPITOLO 11

    SECONDA FASE

    CAPITOLO 12

    CAPITOLO 13

    CAPITOLO 14

    CAPITOLO 15

    TERZA FASE

    CAPITOLO 16

    CAPITOLO 17

    CAPITOLO 18

    CAPITOLO 19

    CAPITOLO 20

    CAPITOLO 21

    CAPITOLO 22

    CAPITOLO 23

    CAPITOLO 24

    QUARTA FASE

    CAPITOLO 25

    CAPITOLO 26

    CAPITOLO 27

    CAPITOLO 28

    CAPITOLO 29

    CAPITOLO 30

    CAPITOLO 31

    CAPITOLO 32

    CAPITOLO 33

    CAPITOLO 34

    QUINTA FASE

    CAPITOLO 35

    CAPITOLO 36

    CAPITOLO 37

    CAPITOLO 38

    CAPITOLO 39

    CAPITOLO 40

    CAPITOLO 41

    CAPITOLO 42

    CAPITOLO 43

    CAPITOLO 44

    SESTA FASE

    CAPITOLO 45

    CAPITOLO 46

    CAPITOLO 47

    CAPITOLO 48

    CAPITOLO 49

    CAPITOLO 50

    CAPITOLO 51

    CAPITOLO 52

    SETTIMA FASE

    CAPITOLO 53

    CAPITOLO 54

    CAPITOLO 55

    CAPITOLO 56

    CAPITOLO 57

    CAPITOLO 58

    CAPITOLO 59

    RECITAR LEGGENDO EDIZIONI

    245

    Note

    Tess dei d’Urberville

    (Una donna pura)

    e-book

    (edizione integrale)

    Traduzione a cura di Matteo Gennari

    Recitar Leggendo Edizioni

    ©2024 audiolibro - ©2024 e-book - Diritti riservati

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata

    RECITAR LEGGENDO EDIZIONI

    www.recitarleggendo.it

    ISBN ebook: 978-88-31372-42-8

    La versione in audiolibro di questo testo può essere reperita presso:

    Recitar Leggendo Audiolibri

    Tess dei d'Urberville (recitarleggendo.it)

    PRESENTAZIONE

    Recitar Leggendo Audiolibri è una iniziativa editoriale indipendente nata nel 2004 e curata da Claudio Carini, attore di prosa con oltre quarant’anni di esperienza nel campo della lettura ad alta voce. Da questa vasta esperienza nasce la linea editoriale della Casa Editrice, prevalentemente dedicata ai grandi classici.

    Per dare la possibilità di seguire il testo durante l’ascolto del relativo audiolibro, Recitar Leggendo ha avviato una collana di ebook le cui traduzioni sono pensate appositamente per la lettura ad alta voce. Tutti i testi della collana ebook, infatti, sono disponibili anche in audiolibro, sia in formato CDmp3 (nelle migliori librerie) che in formato download (scaricabile dai più importanti portali di audiolibri).

    Per conoscere il mondo Recitar Leggendo visita il sito: www.recitarleggendo.it

    Thomas Hardy

    breve biografia

    Thomas Hardy, poeta e romanziere inglese, nacque nel 1840 da un’umile famiglia (il padre era uno scalpellino) vicino a Dorchester nella contea del Dorset. Nei suoi romanzi il Dorset prenderà il nome di Wessex, così come, nel romanzo di Tess dei d’Urberville, Dorchester prenderà il nome di Casterbridge. Fin da bambino mostrò una grande attitudine alla scrittura, e alla poesia in particolare, ma poiché la famiglia non poteva mantenerlo agli studi, a sedici anni si recò a Londra come praticante architetto.

    Nel suo periodo londinese scrisse quattro romanzi (di cui il primo non pubblicato e distrutto dall’autore stesso), e il riconoscimento pubblico arrivò nel 1874 con il romanzo Via dalla pazza folla. Questo gli permise di lasciare Londra, tornare nell’amato Dorset e dedicarsi interamente alla scrittura.

    Tra il 1871 e il 1895 scrisse 15 romanzi di cui i più famosi sono Via dalla pazza folla (1874), Tess dei d’Urberville (1891) e Jude l’oscuro che, pubblicato nel 1895, decretò la fine della sua carriera di scrittore. Deluso dai giudizi negativi della critica vittoriana, infatti, Hardy tornò a dedicarsi al suo primo amore, la poesia, scrivendo nove raccolte di poemi.

    Nel 1910 fu insignito dell’onorificenza dell’Ordine al Merito del Regno Unito.

    Morì alla sua scrivania, nella casa del Dorset (casa che lui stesso aveva progettato), l’11 gennaio del 1928. Le sue ceneri sono state tumulate nel Poets’ Corner nell’abbazia di Westminster, accanto a Charles Dickens, mentre il suo cuore riposa accanto alla prima moglie Emma Gifford nel piccolo cimitero di Stinford.

    Sinossi

    Opera complessa e articolata, di grande intensità emotiva, Tess dei d’Urberville, dello scrittore e poeta inglese Thomas Hardy (1840/1928), all’epoca fu accusato di sfidare la morale vittoriana, suscitando aspre polemiche. Pubblicato a puntate nel 1891 sulla rivista The Graphic, fu censurato per essere poi ripubblicato in tre volumi nella versione integrale.

    Al centro di tutto, un’umile ragazza di campagna, appena sedicenne, Tess – definita dall’autore una donna pura – e le sue avventure in un mondo che, con le sue rigide convenzioni, stritola l’essere umano e induce la protagonista a scelte difficili e, in ultimo, estreme. Il romanzo è ambientato nella campagna inglese; la natura stessa scandisce coi suoi ritmi l’andamento narrativo, fino a diventare quasi un personaggio, restituendoci, con le magnifiche descrizioni di Hardy, un quadro impressionista di forte impatto.

    Considerato uno dei capolavori della letteratura inglese di fine Ottocento, dal romanzo sono state tratte famose opere cinematografiche, serie televisive e opere musicali.

    Perché su quel bellissimo tessuto femminile, sensibile come il filo di una ragnatela, e praticamente bianco come la neve, doveva essere disegnato un motivo così grezzo come quello che il destino riprodusse?

    Traduzione di Matteo Gennari

    ... Povero nome ferito! Il mio petto come un letto

    Ti accoglierà. – W. Shakespeare.

    PRIMA FASE

    LA FANCIULLA

    CAPITOLO 1

    In una serata verso la fine di maggio, un uomo di mezza età stava camminando verso casa da Shaston al villaggio di Marlott, nella vicina Valle di Blakemore, o Blackmoor. Le sue gambe erano traballanti e c'era una tendenza nel suo passo che lo faceva sbandare leggermente a sinistra. Ogni tanto faceva un rapido cenno come a conferma di qualche opinione, anche se non stava pensando a niente in particolare. Un paniere per le uova vuoto gli pendeva dal braccio, il feltro del cappello era scomposto, con una parte consumata sulla tesa dove il pollice lo toccava per toglierlo.

    Poco dopo, fu raggiunto da un anziano parroco che cavalcava una cavalla grigia e canticchiava un vago motivetto.

    Buonasera, disse l'uomo con il cesto.

    Buonasera, Sir John, disse il parroco.

    Il viandante, dopo un altro passo o due, si fermò e si voltò.

    Ecco, signore, con il vostro permesso, ci siamo incontrati l'ultima volta in questa strada, proprio a quest'ora, l'altro giorno di mercato, e io vi ho detto 'Buonasera', e voi avete risposto 'Buonasera, Sir John', proprio come adesso.

    Sì, è vero, disse il parroco.

    E già un’altra volta prima di quella, all’incirca un mese fa.

    È possibile.

    Ma allora, perché in queste diverse occasioni mi avete chiamato Sir John, quando io sono semplicemente Jack Durbeyfield, il carrettiere?

    Il parroco si avvicinò di un passo o due.

    È stata solo una mia stranezza, rispose, e dopo un attimo di esitazione: È per via di una scoperta che ho fatto qualche tempo fa, mentre cercavo alberi genealogici per la nuova storia della contea. Io sono il Parroco Tringham, l'esperto di antichità di Stagfoot Lane. Voi davvero non sapete, Durbeyfield, che siete il rappresentante diretto dell'antica e nobile famiglia dei d'Urberville, che discende da Sir Pagan d'Urberville, quel rinomato cavaliere che venne dalla Normandia con Guglielmo il Conquistatore, come appare nel Registro dell'Abbazia di Battle?

    Mai sentito prima, signore!

    È proprio vero! Alzate un attimo il mento, che possa vedere meglio il vostro profilo. Sì, questi sono il naso e il mento dei d'Urberville, anche se un po' degradati. Il vostro antenato era uno dei dodici cavalieri che aiutarono il Signore di Estremavilla in Normandia nella sua conquista di Glamorganshire. Ramificazioni della vostra famiglia possedevano signorie in tutta questa parte d'Inghilterra; i loro nomi compaiono nei Registri delle Tasse dell'epoca di re Stefano. Nel regno di re Giovanni uno di loro fu abbastanza ricco da donare una signoria ai Cavalieri di Malta, e ai tempi di Edoardo Secondo, il vostro antenato Brian fu convocato a Westminster per partecipare al grande Concilio. Siete un po' decaduti nel periodo di Oliver Cromwell, ma non in modo grave, e nel regno di Carlo Secondo siete stati nominati Cavalieri della Quercia Reale per la vostra lealtà. Sì, ci sono state molte generazioni di Sir John tra voi, e se il titolo di cavaliere fosse ereditario come quello di baronetto, come avveniva un tempo, quando i cavalieri tramandavano il titolo di padre in figlio, ora voi sareste Sir John.

    Non direte sul serio?

    In breve, concluse il parroco, dandosi un colpo deciso alla gamba con il frustino, ci saranno poche altre famiglie al pari della vostra in Inghilterra.Diamine, davvero? disse Durbeyfield. E io che mi sono arrabattato per una vita, di qua e di là, anno dopo anno, come l’ultimo poveraccio della parrocchia... E da quanto tempo si sanno queste cose su di me, parroco Tringham?

    L’uomo di chiesa spiegò che, per quanto ne sapeva, quelle erano cose ormai dimenticate, non le conosceva più nessuno. Le sue indagini erano iniziate nella primavera precedente quando, occupandosi delle vicissitudini della famiglia d'Urberville, aveva notato il nome di Durbeyfield scritto sul suo carretto: aveva quindi iniziato a indagare su suo padre e su suo nonno fino a non avere più alcun dubbio in merito.

    All'inizio avevo deciso di non disturbarvi con una notizia tanto inutile, continuò. Ma a volte gli impulsi sono più forti del buonsenso… e comunque pensavo che magari sapeste già qualcosa.

    "Be’, in effetti è vero, ho sentito una o due volte che la mia famiglia aveva vissuto giorni migliori prima di venire a Blackmoor. Ma non ci avevo fatto caso, perché per me significava che un tempo c’avevamo due cavalli e che ora ce ne abbiamo uno solo. A casa c’ho anche una vecchia cucchiaia d'argento e un vecchio sigillo inciso, ma, per amor di Dio, che cosa sono una cucchiaia e un sigillo?... E pensare che io e questi nobili d'Urberville siamo stati sangue dello stesso sangue per tutto questo tempo... Si diceva che il mio bis-bisnonno avesse dei segreti e che non volesse dire di dove veniva... E adesso se posso permettermi di chiedere, signor parroco, dove accendiamo il nostro camino? Voglio dire, noi d'Urberville dove viviamo adesso?"

    Non vivete da nessuna parte, come famiglia della contea, siete estinti.

    Per la miseria!

    Sì, quello che le mendaci cronache di famiglia definiscono estinti nella linea maschile, cioè scomparsi, scomparsi del tutto.

    Allora dove riposiamo?

    A Kingsbere-sub-Greenhill: file e file di voi nelle vostre cripte, con le vostre effigi sotto nicchie di marmo di Purbeck.

    E... dove sono le nostre dimore... le proprietà di famiglia?

    Non ne avete.

    Ah! E neanche terre?

    Niente, anche se, come ho detto, una volta ne avevate in abbondanza perché la vostra famiglia era composta da numerosi rami. In questa contea avevate una residenza a Kingsbere, e un'altra a Sherton, e un'altra a Millpond, e un'altra a Lullstead e un'altra a Wellbridge.

    Torneremo mai ad avere ciò che era nostro?

    Ah, questo non posso saperlo.

    Secondo voi cosa dovrei fare, signore? chiese Durbeyfield, dopo una pausa.

    Oh, nulla, nulla; tranne che castigarvi con il pensiero di 'come sono caduti i potenti'. È un fatto di qualche interesse solo per lo storico locale e il genealogista, nient'altro. Ci sono diverse famiglie, tra i contadini di questa contea, che vantano un lustro quasi pari al vostro. Buonasera.

    Aspettate reverendo Tringham, perché non tornate indietro e non andiamo a berci una pinta insieme? Fanno una birra molto buona al Pure Drop, anche se, certo, non così buona come quella di Rolliver.

    No, grazie, non questa sera, Durbeyfield. E poi, voi avete già bevuto abbastanza.

    Così dicendo, il parroco proseguì il suo cammino, chiedendosi se fosse stato prudente da parte sua sfoggiare tanta curiosa erudizione.

    Quando se ne fu andato, Durbeyfield fece ancora qualche passo, assorto in profonde fantasticherie, e poi si sedette sul ciglio erboso della strada, appoggiando il cesto davanti a sé. Dopo pochi minuti, apparve in lontananza un giovane che camminava nella sua stessa direzione.

    Durbeyfield, vedendolo, alzò la mano e il ragazzo accelerò il passo e si avvicinò.

    Ragazzo, prendi quel cesto! Voglio che tu faccia una commissione per me.

    Il giovanotto, dall'aspetto esile, aggrottò la fronte. E chi sei tu, John Durbeyfield, per darmi ordini e chiamarmi 'ragazzo'? Conosci bene il mio nome come io conosco il tuo!

    Ah! Lo conosci, davvero? Questo è il segreto, proprio questo! Ma adesso obbedisci ai miei ordini e porta il messaggio che sto per affidarti... Beh, Fred, te lo posso anche dire ... il segreto è che io sono di razza nobile, l’ho scoperto proprio oggi pomeriggio. E mentre faceva l'annuncio, Durbeyfield, abbandonando la posizione seduta, si distese voluttuoso sull'erba tra le margherite.

    Il ragazzo, davanti a Durbeyfield, lo guardò dalla testa ai piedi.

    Sir John d'Urberville, ecco chi sono io, continuò l'uomo disteso. Questo se i cavalieri fossero baronetti … e lo sono. Tutto su di me è registrato nella storia. Senti un po’, ragazzo, tu conosci un posto chiamato Kingsbere-sub-Greenhill?

    Sì, ci sono stato per la fiera di Greenhill.

    Bene, sotto la chiesa di quella città giacciono...

    Ma quel posto non è una città; almeno non lo era quando ci sono andato io … era un posto piccolo come un occhio sbilenco!

    Non importa, ragazzo, non è il luogo ciò di cui stiamo parlando. Sotto la chiesa di quella parrocchia giacciono i miei antenati, centinaia di loro, con armature e gioielli, in grandi bare di piombo che pesano tonnellate. Non c'è un uomo nella contea di South–Wessex la cui famiglia abbia stemmi più maestosi e nobili dei nostri.

    Oh!

    Ora prendi quel cesto e vai a Marlott, e quando arrivi alla locanda del Pure Drop digli di venire subito a prendermi con una carrozza per portarmi a casa. E nel fondo della carrozza devono mettere un po’ di rum in una bottiglia piccola e segnarlo sul mio conto. E quando hai fatto, vai a casa mia con il cesto e di' a mia moglie di mettere via il bucato, che non c’è bisogno di finirlo, e di aspettare che io torni… ho una notizia da darle!

    Siccome il ragazzo era titubante, Durbeyfield infilò la mano in tasca e tirò fuori uno scellino, uno dei pochi che aveva nelle tasche, come sempre del resto.

    Per il tuo disturbo, ragazzo.

    Il giovane così valutò la situazione con altri occhi.

    Sì, Sir John. Grazie. C'è qualcos'altro che posso fare per voi, Sir John?

    Di’ a casa che per cena mi piacerebbe... beh, frittura di agnello se riescono a trovarlo; e se non ci riescono, del sanguinaccio; e se non c’è nemmeno quello, allora la trippa di maiale andrà bene.

    Sì, Sir John.

    Il ragazzo prese il cesto e, mentre partiva, si sentirono le note di una banda di ottoni provenire dalla direzione del villaggio.

    Cos'è? chiese Durbeyfield. Sarà forse in mio onore?

    È la sfilata del Club delle Donne, Sir John. Anche vostra figlia vi partecipa.

    È vero! Immerso com’ero in cose così importanti l’avevo completamente dimenticato! Bene, vai a Marlott, ordina quella carrozza , e io magari farò un giro per ispezionare il Club.

    Il ragazzo se ne andò e Durbeyfield rimase sdraiato sull'erba e sulle margherite, aspettando sotto il sole del tramonto. Nessuno passò di lì per molto tempo e le flebili note della banda erano gli unici suoni umani udibili entro il cerchio delle colline azzurre.

    CAPITOLO 2

    Il villaggio di Marlott si adagia tra le ondulazioni nord-orientali della splendida Valle di Blakemore, o Blackmoor, una regione isolata e circondata da colline, per lo più ancora inesplorata da turisti o pittori paesaggisti, sebbene si trovi a sole quattro ore di viaggio da Londra.

    È una valle il cui fascino si può apprezzare meglio ammirandola dalla cima delle colline che la circondano, a eccezione forse dei periodi di siccità estiva. Con il tempo avverso, una passeggiata non guidata nelle sue profondità è sconsigliabile a causa dei sentieri stretti, tortuosi e fangosi.

    Questa regione, fertile e riparata, in cui i campi non iscuriscono mai e le cui sorgenti non si prosciugano, è delimitata a sud dalla maestosa cresta calcarea che abbraccia le prominenze di Hambledon Hill, Bulbarrow, Nettlecombe-Tout, Dogbury, High-Stoy e Bubb Down. Il viaggiatore proveniente dalla costa, che, dopo aver camminato verso nord per una ventina di miglia tra pendii calcarei e campi di grano, raggiunge improvvisamente il bordo di una di queste scarpate, rimane sorpreso e deliziato nel contemplare, disteso come una cartina geografica, un paesaggio completamente diverso da quello attraversato fino a quel momento. Dietro di lui, le colline sono spianate, il sole scende su campi talmente vasti da conferire al paesaggio un carattere senza confini, le strade sono bianche, le siepi basse e schiacciate, l'atmosfera incolore. Invece, qui nella vallata il mondo sembra costruito su una scala ridotta e più delicata; i campi sono solo prati, così piccoli che da questa altezza i loro filari di siepi sembrano una rete di fili verdi scuri, disegnati sul verde più chiaro dell'erba. L'atmosfera è languida e così tinta di azzurro che ciò che gli artisti chiamano media distanza potrebbe comunicare questa stessa tonalità, mentre l'orizzonte sul fondo è di un blu oltremare intenso. I terreni coltivabili sono pochi e limitati; fatta qualche eccezione, il panorama è un'ampia massa, ricca di erba e di alberi, che si estende su colline e valli minori all'interno delle maggiori. Questa è la Valle di Blackmoor.

    Il distretto è di interesse storico oltre che topografico. La Valle era conosciuta in passato come la Foresta del Cervo Bianco, da una curiosa leggenda dei tempi di Enrico III, secondo la quale l'uccisione di un bellissimo cervo bianco, che il re aveva cacciato ma poi risparmiato, da parte di un certo Thomas de la Lynd, fu cagione di una pesante multa. In quei giorni, e fino a tempi relativamente recenti, il paese era densamente boscoso. Ancora oggi si possono trovare tracce delle rigogliose foreste nelle vecchie boscaglie di quercia, nelle fasce irregolari di alberi che sopravvivono sulle sue pendici, e negli alberi cavi che ombreggiano molte delle sue praterie.

    Le foreste sono scomparse, ma alcune vecchie usanze rimangono. Tuttavia, molte di esse persistono in forma mutata o mascherata. Ad esempio, la Danza di Maggio che è riconoscibile nel pomeriggio di cui stiamo narrando, e che ha il carattere della festa di un Club, o della 'Passeggiata del Club', come venne chiamata.

    Era sempre stato un evento interessante per i giovani abitanti di Marlott, anche se il suo vero interesse sfuggiva ai partecipanti alla festa. La sua peculiarità risiedeva meno nella consuetudine di sfilare in processione e di ballare una volta all’anno, che nel fatto che i membri fossero esclusivamente donne. Nei circoli maschili tali celebrazioni erano, sebbene in via di estinzione, meno insolite; ma sia la naturale timidezza del sesso più debole, sia un atteggiamento sarcastico da parte dei parenti maschi avevano privato i circoli femminili rimasti (se ce n’erano ancora) di questa gioiosa abitudine. Il Club di Marlott era l'unico che permettesse alle vecchie feste campestri di sopravvivere. Era esistito per centinaia di anni, se non come un Club di mutua assistenza, almeno come una sorta di sorellanza votiva; e ancora esisteva.

    Le donne indossavano abiti bianchi, un gaio retaggio del tempo dell’Antica Tradizione, quando allegria e primavera erano sinonimi, prima che l'abitudine di prevedere e programmare a lungo termine riducesse le emozioni a una mediocre monotonia. La prima parte della cerimonia consisteva in una marcia in fila per due intorno alla parrocchia. Ideale e realtà non combaciavano quando il sole illuminava le figure femminili contro le siepi verdi e le facciate delle case ricoperte di rampicanti; infatti, sebbene l'intero gruppo indossasse abiti bianchi, nessun bianco era uguale all'altro. Alcuni erano di un bianco puro; altri avevano un pallore tendente al blu; le vesti delle più anziane (che probabilmente erano rimaste piegate per anni) tendevano alla sfumatura cadaverica, allo stile georgiano.

    Come segno di distinzione oltre all’abito bianco, ogni donna e ragazza teneva nella mano destra un ramoscello di salice scortecciato e nella sinistra un mazzolino di fiori bianchi. Scortecciare il primo e scegliere il secondo erano operazioni accurate, fatte in solitudine.

    C'erano alcune donne di mezza età e persino anziane nel corteo, i loro capelli argentati e le facce rugose, percosse dal tempo e dai problemi, avevano un aspetto quasi grottesco e certamente patetico in una situazione così gaia. In realtà, forse c'era più da scoprire e raccontare di ciascuna di quelle ansiose ed esperte donne, che si stavano avvicinando al tempo in cui avrebbero detto 'Non provo più niente', che delle loro giovani compagne. Ma qui, lasciamo da parte le più anziane per concentrarci su quelle nei cui corpetti la vita palpitava rapida e calda.

    Le giovani ragazze costituivano, infatti, la maggioranza del gruppo, e le loro teste di capelli lussureggianti riflettevano al sole ogni tonalità di biondo, nero e castano. Alcune avevano occhi bellissimi, altre un bel naso, altre una bella bocca e una bella figura: poche, se non nessuna, aveva le tre cose insieme. Era evidente in loro una difficoltà nel muovere le labbra in questa cruda esposizione al pubblico, una goffaggine nell’alzare bene il capo e nel tentare di non riflettere la coscienza di sé nei tratti del viso, atteggiamenti, questi, che dimostravano che quelle erano autentiche ragazze di campagna, non abituate a tutti quegli sguardi.

    E mentre il sole da fuori riscaldava i corpi, ognuna custodiva, dentro, un piccolo sole privato in cui crogiolarsi; ognuna custodiva un sogno, un affetto, un interesse e almeno una speranza remota e lontana che, anche se morente, ancora viveva, come accade alle speranze. Erano tutte donne allegre, e molte di loro spensierate.

    Fecero un giro attorno all'osteria del Pure Drop e stavano svoltando dalla strada principale attraverso un cancelletto che dava su un prato, quando una delle ragazze disse:

    Oh Dio! Guarda, Tess Durbeyfield, guarda se non è tuo padre quello che torna a casa nel carretto!

    A quella esclamazione, una giovane del gruppo si voltò. Era una ragazza bella e affascinante, non più bella di altre forse, ma l’espressività della sua bocca di peonia e i grandi occhi innocenti aggiungevano eloquenza al colore e alle forme. Aveva un nastro rosso tra i capelli ed era l'unica del gruppo che vantasse un particolare così vistoso. Quando si voltò, Durbeyfield trotterellava lungo la strada nel carretto della locanda del Pure Drop, guidato da una robusta damigella dai capelli ricci e le maniche dell’abito arrotolate sopra i gomiti. Era l’allegra serva di quella locanda che a volte faceva da stalliere e garzone di scuderia. Durbeyfield, appoggiato all'indietro e con gli occhi chiusi in una voluttuosità estasiante, agitava la mano sopra la testa e canticchiava:

    Esiste… una cripta di famiglia… a Kingsbere… Io ho… antenati cavalieri… e sepolcri di piombo! Le ragazze del Club scoppiarono a ridere, tranne la fanciulla, di nome Tess, sul cui viso si dipinse lentamente del rossore al pensiero che suo padre si stesse rendendo ridicolo davanti a tutti.

    È stanco, ecco tutto! esclamò in fretta. Gli avranno dato un passaggio perché il nostro cavallo deve riposare.

    Sia benedetta la tua semplicità, Tess, dissero le sue compagne. Tuo padre sta smaltendo il giorno di mercato… Ah ah ah… Ah ah ah!

    Ascoltate; se fate ancora le spiritose non cammino più con voi! gridò Tess, e il rossore dalle guance si diffuse sul viso e sul collo. In un attimo gli occhi le si inumidirono e abbassò lo sguardo. Rendendosi conto di averla ferita, le compagne non dissero più nulla e fu ristabilito l’ordine.

    L'orgoglio non permise a Tess di girarsi di nuovo per capire cosa volesse dire suo padre, se poi voleva dire qualcosa; e così proseguì con il resto del gruppo fino all'area recintata dove avrebbero ballato sull'erba. Quando raggiunsero il prato, la ragazza aveva ritrovato la sua serenità; fece il solletico con l’arbusto alla vicina e scherzò come al solito.

    Tess Durbeyfield in quel periodo della sua vita era un vaso colmo di emozioni non ancora toccate dall'esperienza. Nonostante la frequentazione della scuola del villaggio, lei ancora usava l’accento e le parole del dialetto: l'intonazione caratteristica di quella regione era resa dal suono della sillaba UR, una tra le sillabe dalle pronunce più svariate che si possano trovare nel linguaggio umano. La bocca della ragazza di un rosso intenso, dalle labbra sporgenti, in cui questa sillaba aveva radici, non aveva ancora assunto una forma definita, e il suo labbro inferiore aveva la tendenza a spingere verso l'alto la parte centrale di quello superiore, quando s’incontravano dopo aver pronunciato una parola.

    Il suo aspetto rivelava ancora tracce dell’infanzia. Mentre camminava, nonostante fosse una ragazza forte e affascinante, sulle guance si potevano ancora scorgere i suoi dodici anni e i nove anni le brillavano ancora negli occhi; persino i cinque anni aleggiavano ogni tanto sulle curve della sua bocca.

    Tuttavia, pochi se ne accorgevano, e pochissimi ci facevano caso. Un’esigua minoranza, per la maggior parte forestieri, le lanciava lunghe occhiate mentre le passava vicino; erano affascinati dalla sua gioventù e dalla sua freschezza, e si chiedevano se l'avrebbero mai più rivista: per tutti gli altri lei era solo una graziosa e vivace ragazza di campagna, nient’altro.

    Di Durbeyfield nel suo trionfale carretto guidato dalla serva della locanda non si seppe più nulla, e non appena le donne del circolo entrarono nel prato recintato, iniziarono le danze. Poiché nella compagnia non c'erano uomini, le ragazze ballavano tra di loro, ma quando si avvicinò la fine del lavoro nei campi, gli uomini del villaggio, insieme a curiosi e ad alcuni viandanti, cominciarono a radunarsi attorno alla pista da ballo, con l’intenzione di conquistarsi una compagna per danzare.

    Tra gli spettatori c'erano tre giovani di una classe sociale superiore, con piccoli zaini legati sulle spalle e robusti bastoni in mano. La somiglianza generale tra loro e l’età a scalare avrebbe suggerito che potessero essere, come in effetti erano, fratelli. Il più grande indossava una cravatta bianca, un panciotto alto e un cappello a tesa sottile tipici di un curato; il secondo era il classico studente universitario; l'aspetto del terzo, il più giovane, non lo caratterizzava a sufficienza; aveva uno sguardo e un abbigliamento inconsueti, pareva qualcuno che non avesse ancora trovato uno sbocco professionale. L’unica ipotesi che si poteva fare a suo riguardo era che fosse uno studente universitario senza molta voglia di studiare.

    Questi tre fratelli raccontarono a qualcuno dei presenti che stavano trascorrendo le vacanze di Pentecoste in viaggio attraverso la Valle di Blackmoor; che erano partiti dalla città di Shaston, a nord-est, e che avrebbero proseguito verso sud-ovest.

    Si appoggiarono al cancello che dava sulla strada e s’informarono sul significato del ballo e delle ragazze vestite di bianco. I due fratelli maggiori non avevano chiaramente intenzione di fermarsi più di un attimo, ma lo spettacolo di un gruppo di ragazze che ballavano senza compagni sembrò divertire il terzo e non indurlo alla fretta. Lui, infatti, slegò lo zaino, lo appoggiò, insieme al bastone, sull’orlo della siepe e aprì il cancello.

    Cosa hai intenzione di fare, Angel? chiese il maggiore.

    Mi piace l’idea di divertirmi con loro. Perché non entriamo anche noi, solo per un minuto o due? Non ci tratterremo a lungo.

    No, no; è una sciocchezza! rispose il primo. "Ballare in pubblico con un gruppo di contadinelle... immaginati se ci vedessero! Vieni, o si farà buio prima di raggiungere Stourcastle, e non c’è un posto più vicino dove dormire; e poi, dobbiamo studiare un altro capitolo di Un fulmine contro l'Agnosticismo prima di andare a letto, e io mi sono preso anche il disturbo di portare il libro."

    Allora, Felix, andate pure, io raggiungerò te e Cuthbert tra cinque minuti, promesso!

    I due fratelli maggiori lo lasciarono controvoglia e proseguirono, portando lo zaino del fratello per agevolargli così l’inseguimento; il più giovane entrò nel campo recintato.

    Che peccato danzare senza cavalieri! disse galantemente a due o tre delle ragazze più vicine non appena ci fu una pausa nella danza. Dove sono i vostri compagni, mie care?

    Non hanno ancora finito di lavorare, rispose una delle più audaci.

    Arriveranno tra poco. Nel frattempo, perché non ci fate voi da cavaliere, signore?

    Certo. Ma non sarà facile con tante donne!

    Oh, è meglio di niente! È triste ballare con qualcuno senza abbracciarsi e scambiarsi parole dolci. E ora, su, scegliete.

    Shh... non essere così sfacciata! l’ammonì una ragazza più timida.

    Il giovane, invitato, le scrutò e cercò di fare una scelta, ma poiché il gruppo gli era del tutto sconosciuto, non poté essere accurato nella selezione. Scelse la prima che gli capitò accanto, che non era la ragazza che aveva parlato, come lei invece si era aspettata, e neanche Tess Durbeyfield. Gli alberi genealogici, gli scheletri degli antenati, le celebri dinastie, le fattezze dei d'Urberville non avevano ancora aiutato Tess nella sua battaglia per la vita, e non l’aiutarono ad attirare un uomo nella danza e ad avere la meglio così sulla gente di campagna discendente da avi più rozzi dei suoi! Ecco quanto può valere il sangue normanno senza il lucro vittoriano!

    Il nome della ragazza che aveva messo in ombra Tess, qualunque fosse, non ci è stato tramandato; la ragazza fu comunque invidiata da tutte per essere stata la prima a godere del privilegio di un ballo con un uomo, quella sera. E fu tale la forza dell'esempio che i giovani uomini del villaggio, che non si erano affrettati a superare il cancello quando non vi avevano trovato intrusi davanti, ora entrarono rapidamente; presto si formarono nuove coppie tra quei giovani contadini, e anche la donna più insignificante del Club trovò con chi ballare.

    Quando suonò la campana della chiesa lo studente comunicò improvvisamente che doveva andarsene: s’era dimenticato che doveva raggiungere i fratelli. Mentre abbandonava la danza, il suo sguardo si posò su Tess Durbeyfield, i cui occhi, a dire il vero, avevano assunto l’appena percettibile espressione di un rimprovero per non averla scelta. Lui, allora, si pentì perché per troppa riservatezza non l'aveva notata, e con questa sensazione si allontanò da quel recinto.

    A causa del suo lungo ritardo, iniziò a correre velocemente lungo la strada verso ovest e presto superò il tratto in discesa e raggiunse una salita. Non aveva ancora trovato i fratelli, ma si fermò per riprendere fiato e si guardò alle spalle. Poteva vedere, laggiù nel prato, le figure bianche delle ragazze che volteggiavano come avevano fatto quando lui era con loro. Sembravano averlo già dimenticato.

    Tutte, tranne una. Una figura bianca si era appartata vicino alla siepe; dall’atteggiamento lui credette di riconoscere la graziosa fanciulla con cui non aveva ballato. Per quanto quella fosse una futile questione, lui sentì istintivamente che lei si era offesa per non essere stata scelta. Ora l’uomo pensò che avrebbe dovuto invitarla a ballare; avrebbe dovuto chiederle il nome. Lei era così semplice, così espressiva, sembrava così delicata nel suo leggero abito bianco e lui sentì di aver agito da stupido.

    Ma ormai non poteva più farci nulla. Riprese la strada, si mise a camminare e scacciò quel pensiero dalla testa.

    CAPITOLO 3

    Tess Durbeyfield, non si separò così facilmente da quell'incidente; non ballò per molto tempo anche se la invitarono in molti, ma… nessuno che avesse il tono gentile di quel giovane sconosciuto! Fu solo quando anche nei suoi pensieri la figura del giovane forestiero che si allontanava sulla collina fu assorbita dai raggi del sole, fu solo allora che lei si liberò dalla tristezza e accettò l’offerta di una nuova danza.

    Rimase con le sue compagne fino al crepuscolo e partecipò con una certa gioia ai balli; Tess, essendo ancora pura, godeva nel ballare semplicemente per il gusto di farlo, senza capire fino in fondo, quando vedeva 'i teneri tormenti, le dolci amarezze, i piacevoli dolori e le angosce' delle ragazze che erano state corteggiate e conquistate, di cosa sarebbe stata capace se fosse stata al loro posto. Le lotte e le dispute dei ragazzi per avere la sua mano in una giga la facevano soltanto divertire, e quando loro si scaldavano troppo, lei li sgridava.

    Avrebbe potuto rimanere più a lungo, ma l'aspetto insolito e il comportamento del padre le tornarono alla mente e la resero ansiosa; si chiese che cosa gli fosse successo, quale potesse essere la causa di quelle stranezze. Si allontanò dai ballerini e si diresse verso l'estremità del villaggio dove si trovava la casa dei genitori.

    Era ancora distante da casa quando sentì dei suoni cadenzati ben diversi da quelli che aveva lasciato; suoni che conosceva bene, troppo bene: erano una serie regolare di colpi provenienti dall'interno della casa, provocati dal violento dondolio di una culla su un pavimento di pietra. Una voce femminile vi faceva da contrappunto cantando, al ritmo di un vivace galoppo, la canzone della 'Vacca chiazzata':

    L'ho vista distesa laggiù nel boschetto;

    Vieni, amore! E ti dirò dov’è!

    Il dondolio della culla e la canzone si fermarono per un momento, e un'esclamazione a voce altissima prese il posto della melodia:

    Che Dio benedica i tuoi occhi addormentati! E le tue guance di cera! E la tua bocca di ciliegia! E le tue cosciotte rotonde! E ogni parte del tuo corpo benedetto!

    Dopo questa invocazione, il dondolio e la canzone ripresero e la 'Vacca chiazzata' continuò come prima. Ecco cosa stava succedendo dentro casa quando Tess aprì la porta e si fermò sullo zerbino, osservando la scena.

    L'interno, nonostante il canto, colpì i sensi della ragazza con un'indicibile tristezza. Dai festosi divertimenti, dai bianchi vestiti, dai mazzolini di fiori, dai ramoscelli di salice, dai vorticosi movimenti sull’erba, dalle dolci sfumature del sentimento che provava per quello straniero, Tess passò alla gialla malinconia di questo spettacolo illuminato da una sola candela… Che differenza! Oltre alla sensazione di quel contrasto così forte, Tess si rimproverò duramente perché sarebbe potuta tornare prima per aiutare la madre nelle faccende domestiche invece di concedersi il divertimento all'aperto.

    Sua madre stava ancora lì, proprio come Tess l’aveva lasciata, in mezzo al gruppo dei bambini, china sulla tinozza del bucato del lunedì che aveva resistito, come sempre, fino alla fine della settimana. Da quella stessa tinozza era uscito il giorno prima – Tess provò un pizzico di rimorso – il vestito bianco che aveva addosso e che aveva sporcato di verde sedendosi sull'erba ancora bagnata. Quel vestito era stato strizzato e stirato dalle mani di sua madre.

    Come al solito, la signora Durbeyfield si teneva in equilibrio su un piede accanto alla tinozza, mentre l'altro piede era impegnato a dondolare il figlio più piccolo. Le assi ricurve avevano fatto il loro dovere per tanti anni sotto il peso di tanti bambini, su quel pavimento di pietra, e ora erano consumate. Per questo ogni dondolio era accompagnato da una forte scossa che faceva oscillare il bambino da un capo all’altro della culla come la spoletta di un tessitore, mentre la signora, eccitata dalla canzone e dalla propria voce, premeva col piede sulla culla con tutta l'energia che le era rimasta dopo una lunga giornata di fatica col bucato.

    Nick–knock, nick–knock, faceva la culla; la fiamma della candela si allungava verso l’alto poi saltellava in su e in giù; l'acqua gocciolava dai gomiti della donna e la canzone raggiunse a ritmo di galoppo la fine della strofa mentre la signora Durbeyfield osservava sua figlia. Anche ora, nonostante il peso di una famiglia numerosa, Joan Durbeyfield amava appassionatamente la musica. Nessuna melodia proveniente dalla Valle di Blackmoor raggiungeva l'orecchio di Joan senza che lei ne imparasse le note mettendoci al massimo una settimana.

    Sul volto della donna risplendeva ancora qualcosa della freschezza e persino della grazia della sua giovinezza; era probabile che il fascino personale di cui Tess in cuor suo si vantava fosse in gran parte un dono della madre e quindi per niente nobiliare, per niente cavalleresco.

    Ti dondolerò io la culla, mamma, disse la figlia dolcemente. Oppure, se vuoi, mi tolgo il vestito buono e ti aiuto a strizzare. Pensavo che avessi finito già da un pezzo!

    La madre non serbava rancore verso Tess per averla lasciata da sola a sbrigare il lavoro di casa per così tanto tempo; in effetti Joan raramente le rimproverava qualcosa e non sentiva la mancanza di Tess poiché il suo metodo istintivo per alleggerire il lavoro era posticiparlo. Quella sera, però, era ancora più gioiosa del solito. C'erano un'esaltazione e una sognante distrazione nello sguardo materno e la ragazza non riusciva a capire perché.

    Oh, bene, sono contenta che sei tornata, disse sua madre, non appena l'ultima nota si fu spenta. Ora voglio andare a prendere tuo padre, ma prima, cosa ancora più importante, voglio dirti cos’è successo. Sarai abbastanza stupita, cara mia, quando lo saprai! (La signora Durbeyfield parlava abitualmente il dialetto; sua figlia, che aveva superato la sesta classe alla Scuola Nazionale sotto la guida di un'insegnante di Londra, parlava due lingue: il dialetto a casa e l'inglese corretto fuori con le persone di riguardo).

    È accaduto mentre ero ai balli? chiese Tess.

    Sì!

    C’entra forse qualcosa con il fatto che oggi pomeriggio papà si è comportato da buffone nel carretto dell’osteria? Ma perché l'ha fatto? Io volevo sprofondare sottoterra per la vergogna!

    "Fa tutto parte della sua allegria! Abbiamo scoperto di essere i nobili più importanti della contea, risaliamo a molto prima dei tempi di Oliver Grumble [1] , su su fino ai giorni dei Turchi Pagani, abbiamo monumenti, cripte, stemmi e non so che altro. Ai tempi di San Carlo siamo stati nominati Cavalieri della Quercia Reale, e il nostro vero nome è d'Urberville! La notizia non ti fa saltare il cuore in petto? È per questo che tuo padre è stato accompagnato a casa, non perché aveva bevuto, come pensano tutti."

    Ne sono contenta, mamma ... ma noi ne trarremo dei benefici?

    Oh, sì, ne possono venire grandi cose! Senza dubbio un sacco di persone della nostra stessa classe verranno a trovarci con le loro carrozze, appena si saprà. Tuo padre l’ha saputo mentre tornava a casa da Shaston, e mi ha raccontato già tutto l’albero genealogico!

    Dov’è papà adesso? chiese Tess.

    Sua madre invece di rispondere disse: Oggi era andato dal dottore a Shaston. Non è affatto una tubercolosi, sembra. È grasso intorno al cuore. Guarda, è così Joan Durbeyfield curvò il pollice e l’indice bagnati di sapone e fece la lettera C, poi usò l'altro indice come indicatore. ‘In questo momento il tuo cuore è chiuso tutto intorno qui e tutto intorno qui,' ha detto il dottore. 'Questo spazio è ancora aperto. Appena si chiuderà così …' la signora Durbeyfield chiuse le dita e completò il cerchio, ' te ne andrai come un'ombra, signor Durbeyfield… Potresti durare dieci anni, dieci mesi o anche dieci giorni'. Tess si allarmò. Suo padre avrebbe potuto raggiungere le nuvole eterne… nonostante la gloria improvvisa.

    Ma dov'è papà? chiese di nuovo.

    Sua madre assunse un'espressione supplichevole. Non ti arrabbiare! Il pover'uomo... si sentiva così esaltato dopo la notizia che abbiamo avuto dal parroco Tringham che è andato da Rolliver mezz'ora fa. Vuole farsi forza per il viaggio di domani con quel carico di arnie che deve essere consegnato anche se siamo diventati nobili. Dovrà partire poco dopo mezzanotte, perché la distanza è lunga.

    Farsi forza! ripeté Tess con le lacrime agli occhi. Oh Dio mio! Andare in una taverna per farsi forza! E tu, mamma, sei d'accordo con lui!

    I rimproveri e lo stato d’animo della ragazza sembrarono riempire la stanza e dare ai mobili, alla candela, così come ai bambini che vi giocavano intorno e al viso della madre, un aspetto avvilito.

    No, non sono d'accordo, disse quest'ultima, irritata. Aspettavo che tu tornassi per andare a riprenderlo. Vado io.

    Oh no, Tess. Vedi, non servirebbe a niente.

    Tess non protestò. Sapeva qual era il significato dell’obiezione della madre: la giacca e il cappello della signora Durbeyfield erano già stati appesi con discrezione sulla sedia accanto a lei, pronti per questa uscita programmata, la cui ragione la donna deplorava più della sua necessità.

    "Ricordati di portare il Libro della Fortuna nella rimessa," continuò Joan, asciugandosi frettolosamente le mani mentre indossava la giacca.

    Il Libro della Fortuna era un vecchio e grosso libro che stava appoggiato sul tavolo vicino a lei ed era talmente consumato che i margini avevano raggiunto il bordo del testo. Tess lo prese e sua madre uscì.

    Questa ricerca del pigro marito all'osteria era una delle poche gioie ancora rimaste alla signora Durbeyfield in mezzo al sudiciume e alla confusione dei bimbi da crescere. Trovarlo da Rolliver, sedersi lì con lui per un'ora o due e dimenticare per un po’ i pensieri e le preoccupazioni dei bambini la rendeva felice. In quei momenti, una specie di alone luminoso e un bagliore come la luce del tramonto coloravano la sua vita. I problemi e la realtà assumevano un’impalpabilità metafisica, sprofondavano in meri fenomeni mentali la cui contemplazione era serena; non erano più pressanti obblighi che irritavano corpo e anima. I bambini, lontani dalla vista, parevano piuttosto accessori luminosi e desiderabili; e visti da lì, gli avvenimenti della vita quotidiana non mancavano di umorismo e di allegria. La signora Durbeyfield si sentiva un po' come s’era sentita quando sedeva in quella stessa taverna accanto al marito e lui la corteggiava; e lo vedeva con meno difetti di carattere, nella veste ideale del suo antico fidanzato.

    Tess, rimasta da sola con i bambini più piccoli, si recò nella rimessa con il Libro della Fortuna e lo infilò sotto la paglia. La curiosa paura feticista che la madre nutriva verso quel libro le impediva di lasciarlo in casa durante la notte e quindi doveva sempre essere riportato fuori dopo che era stato consultato. Tra la madre, con la sua massa di superstizioni in via di estinzione, il folklore, il dialetto e le ballate tramandate oralmente, e la figlia che studiava l’Istruzione Tipo, secondo un codice infinitamente riveduto, alla Scuola Nazionale, esisteva un abisso di almeno duecento anni. Quando madre e figlia erano insieme, le epoche Giacobina e Vittoriana si trovavano fianco a fianco.

    Tornando lungo il sentiero del giardino, Tess si domandò perché mai la madre avesse consultato il libro proprio quel giorno e indovinò che la recente scoperta di quella nobile discendenza aveva a che fare con le intenzioni della donna, ma non intuì che quelle intenzioni riguardavano proprio lei, Tess, e lei solamente. Tuttavia, scacciando i cattivi pensieri, spruzzò d’acqua il bucato che s’era asciugato durante il giorno, in compagnia del fratellino Abraham di nove anni e della sorella Eliza-Louisa di dodici anni e mezzo, chiamata 'Liza-Lu, mentre i più piccoli andavano a dormire. C'era un intervallo di più di quattro anni tra Tess e la sorella, i due che avrebbero dovuto colmare quel tempo erano morti in tenera età, e per questo, quando Tess era da sola con i più piccoli, in lei si risvegliano attitudini materne. Dopo Abraham, venivano altre due bambine, Hope e Modesty; poi un maschietto di tre anni e infine il più piccolo, che aveva appena compiuto il suo primo anno.

    Tutte queste giovani anime erano dei passeggeri nella nave Durbeyfield, completamente dipendenti dai due adulti Durbeyfield per quanto riguardava i loro piaceri, le necessità, la salute, e la loro stessa esistenza. Se i capi della famiglia Durbeyfield sceglievano di navigare verso difficoltà, disastri, fame, malattie, degrado e morte, ecco che questi sei piccoli prigionieri sottocoperta erano costretti a navigare con loro: sei creature indifese a cui non era stato chiesto se desiderassero la vita e a quali condizioni, o se la desiderassero a tali dure condizioni come quelle vissute nell’indolente famiglia Durbeyfield. Qualcuno si chiederà senz'altro perché il poeta, la cui filosofia in questi giorni è considerata profonda e autorevole, il cui canto è considerato arioso e puro, si senta in diritto di parlare dei 'Sacri Progetti della Natura' …

    S’era fatto tardi e né il padre né la madre tornavano. Tess guardò fuori dalla porta e si figurò di fare un giro per Marlott. Il villaggio stava per addormentarsi. Candele e lampade venivano spente ovunque: lei riusciva a immaginare gli spegnitoi e le mani sospese.

    Il semplice fatto che sua madre fosse uscita dietro il padre significava che ora c’era una persona in più da cercare. Tess cominciò a pensare che un uomo in precarie condizioni di salute che doveva mettersi in viaggio prima dell'una di notte non avrebbe dovuto trovarsi in un'osteria a quell'ora a celebrare il proprio sangue antico.

    Abraham, disse al fratellino, mettiti il cappello e se non hai paura del buio, va’ da Rolliver e vedi che è successo a mamma e papà!

    Il ragazzo saltò prontamente dalla sedia, aprì la porta e

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