Il Conte di St. Seville: The Wicked Earl's Club
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Info su questo ebook
Londra, 1822. Lady Patience Lane, figlia del conte di Desmond e della leggendaria pugile Ivory Bess, è cresciuta imparando a combattere piuttosto che a badare alle buone maniere. Ma dopo la morte prematura di sua madre è determinata a salvare altre famiglie dallo stesso dolore predicando i pericoli del pugilato. Niente potrebbe riportarla nel mondo che ha deciso di abbandonare, fino all’incontro con un misterioso conte: Sinclair Chambers, il conte di St. Seville, venuto appositamente a Londra dalla lontana Brownsea Island per tentare di risollevare le sorti della sua tenuta in rovina proprio grazie ai premi messi in palio dagli incontri di boxe.
«Ecco un altro uomo che pensava che ogni donna vivesse solo per preservare la sua reputazione. L'aveva giudicato male? C'era molto di più nella vita che vivere come dettava l’etichetta: un numero illimitato di esperienze che le donne del ton non potevano fare a causa della reputazione e del decoro. Oltre le aspettative della società, c’era una vita libera che attendeva quelle donne che abbracciavano le loro passioni. Sua madre era rimasta fedele al suo cuore e Patience avrebbe cercato di fare lo stesso. Ma come faceva, esattamente, a spiegarlo a St. Seville?»
Christina McKnight
USA Today Bestselling Author Christina McKnight writes emotionally intricate Regency Romance with strong women and maverick heroes.Christina enjoys a quiet life in Northern California with her family, her wine, and lots of coffee. Oh, and her books...don't forget her books! Most days she can be found writing, reading, or traveling the great state of California.Sign up for Christina's newsletter and receive a free book: eepurl.com/VP1rPFollow her on Twitter: @CMcKnightWriterKeep up to date on her releases: christinamcknight.comLike Christina's FB Author page: ChristinaMcKnightWriterJoin her private FB group for all her latest project updates and teasers! facebook.com/groups/634786203293673/
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Anteprima del libro
Il Conte di St. Seville - Christina McKnight
A Proposito Dei Romanzi Di Christina Mcknight
THE THIEF STEAL HER EARL
Quando ho iniziato questo libro, non sono riuscita a metterlo giù... per me è stato come prendere una sbronza di lettura. Volevo sapere come si evolvevano le vicende, quando sarebbe emersa la verità di Judith e come avrebbe reagito Simon. L’ho amato!
– Sissy’s book Review
La storia di Jude e Cart è talmente deliziosa, talmente fresca con il suo eroe tanto timido, socialmente impacciato e non super ricco. L’ho amata... Decisamente uno dei libri migliori che abbia letto quest’anno
– Review from a Thrifty Mom
FORGOTTEN NO MORE
Quest’autrice ha riacceso la mia passione per i romanzi storici in chiave romance
– Twinsie Talk Book Reviews
HIDDEN NON MORE
La trama è davvero bella, e la scrittura grandiosa. Fluida e accattivante, sono riuscita a scorrere tra le pagine con estrema facilità e leggerezza. Mi piace trovare nuovi autori e con questa storia meravigliosamente scritta, ho trovato in Ms. McKnight una nuova autrice di romance storici
– Bound By Books
CHRISTMAS EVER MORE
"Christmas Ever More è un romanzo natalizio scritto fantasticamente, pieno di speranze, amori, nuovi inizi. Se siete fan della serie Lady Forsaken di Christina, questo libro è un must. E anche se non lo siete, questo romanzo si regge in piedi da solo e sarà sicuramente una deliziosa aggiunta alla vostra lista di libri festivi preferiti" – Literal Addiction
I LIBRI DI CHRISTINA MCKNIGHT
The Undaunted Debutantes Series
The Disappearance of Lady Edith
The Misfortune of Lady Lucianna
The Misadventures of Lady Ophelia
Lady Archer’s Creed Series (La Sorellanza del Tiro con L’Arco)
Theodora
Georgina
Adeline
Josephine
Craven House Series
The Thief Steals Her Earl
The Mistress Enchants Her Marquis
A Lady Forsaken Series
Shunned No More (L’amore in esilio)
Forgotten No More
Scorned Ever More
Christmas Ever More
Hidden No More
Pubblicazioni singole
The Siege of Lady Aloria
A Kiss At Christmastide (Un bacio per Natale)
For The Love Of A Widow
Bedded Under The Christmastide Moon
Bound By The Christmastide Moon
Il Conte di St. Seville
Copyright © 2018 by Christina McKnight
Immagine di copertina a cura di Period Images
Cover Design by Sweet n’ Spicy Designs
Vector images usata sotto attribuzione Creative Commons: EezyPremium on Vecteezy
Tutti i diritti riservati.
La Loma Elite Publishing
––––––––
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al seguente indirizzo:
christina@christinamcknight.com
A mia sorella
RICONOSCIMENTI
Un ringraziamento MOLTO speciale a tutte le autrici del Wicked Earls’ Club. Veni. Vidi. Vici!
Ci sono molte persone che supportano la mia passione per la scrittura. Queste sono solo alcune che mi onoro di chiamare amiche: Marc McGuire, Lauren Stewart, Erica Monroe, Amanda Mariel, Debbie Haston, Angie Stanton, Theresa Baer, Ava Stone, Roxanne Stellmacher, Laura Cummings, Dawn Borbon, Suzi Parker, Jennifer Vella, Brandi Johnson, e Latisha Kahn. Grazie per aver accettato... beh, me!
Un ringraziamento particolare alla mia editor Chelle Olson della Literally Addicted to Detail, la tua abilità e professionalità è andata oltre ogni mia aspettativa. Chelle Olsen può essere contattata via email a: literallyaddictedtodetail@yahoo.com.
Un ringraziamento speciale va anche a Jessa Slade.
E alla mia proofreader, Anja, grazie per esserti imbarcata con me anche in questo viaggio.
Copertina e sovra copertina a cura di Sweet ‘N Spicy Designs.
E infine grazie a tutti voi lettori per continuare a supportare noi autrici indie.
NOTA DI TRADUZIONE
Ogni traduzione è una transcodificazione, il passaggio da un codice stilistico, semantico, semiologico a un altro. Il compito del traduttore è quello di agevolare questo passaggio, riducendo il più possibile la distanza tra il codice sorgente e quello ricevente, un compito che significa spesso trovare un delicato equilibrio tra fedeltà e fruibilità.
Ogni testo presenta gradi di difficoltà che impongono al traduttore una serie di scelte che sarebbe lungo, oltre che complesso, spiegare nel dettaglio.
Nel caso de Il Conte di St. Seville una delle criticità principali risiede nelle scelte sintattiche compiute dall’autrice nella stesura dell’originale: una sintassi invero assai peculiare che, al di là delle intrinseche differenze tra sintassi della lingua inglese e sintassi della lingua italiana, sono espressione di uno stile del tutto personale. Tutto il lavoro di traduzione, dunque, ha dovuto tener conto sia del necessario rispetto verso tali scelte stilistiche che della congruità e coerenza delle stesse nel momento in cui venivano transcodificate in lingua italiana.
Un secondo aspetto problematico si è presentato con la scelta dei nomi dei protagonisti e dei giochi di parole che da essi scaturiscono. Se Patience è facilmente comprensibile in ambo i codici, lo stesso non si può dire per Sin – Peccato. Spesso, nel testo originale, si insiste sulla duplicità del nome: diminutivo di Sinclair ma anche connotazione caratteriale. Una duplicità difficile, se non impossibile, da rendere in italiano. Per quanto possibile, tuttavia, si è sempre cercato di mantenere tale legame anche in fase di traduzione.
Per quanto riguarda, infine, la definizione di Wicked Earls’ Club, si è preferito mantenere la dicitura inglese ogni volta che vi si riferiva a un luogo fisico e quella, imperfetta e parziale, di Gilda dei Conti quando il traslato aveva forma figurata.
Queste brevi annotazioni serviranno, ci si augura, a guidare e orientare il lettore durante la lettura, una lettura che si auspica piacevole e soddisfacente.
––––––––
Sara Minervini
SOMMARIO
PROLOGO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
EPILOGO
PROLOGO
––––––––
Gennaio 1822
Londra, Inghilterra
JAMES LANE, il conte di Desmond, passeggiava lungo il vialetto buio che costeggiava Covent Garden senza il beneficio delle luci a gas, già comuni nelle zone più civili di Londra. Pall Mall, Oxford Street, Bond Street e persino Savile Row a Mayfair. Sollevò il bavero della giacca per impedire al vento della sera di sferzarlo. Non era più giovane come un tempo, né forte e sicuro di sé come il giovanotto che aveva reclamato l'amore di Ivory Bess, non lontano da lì. Il rumore degli zoccoli dei cavalli echeggiava alle sue spalle ricordandogli che perdere la concentrazione e abbassare la guardia in un quartiere simile ‒ e a così tarda ora ‒ poteva implicare la morte. Si guardò alle spalle. Nessuno lo stava seguendo mentre si affrettava verso la carrozza ferma in fondo alla strada, a solo quattro edifici bui e abbandonati di distanza, con il cocchiere pigramente raggomitolato nel suo spesso cappotto di lana sul trespolo, nella stessa posizione in cui Desmond lo aveva lasciato due ore prima, e il suo lacchè di guardia vicino alla carrozza.
Nonostante l’età avanzata e il gelido clima di gennaio, il conte continuava a visitare i quartieri più malfamati di Londra.
Anche dopo che l'amore della sua vita se n’era andato, cinque anni prima.
C'era stato un tempo in cui aveva pensato che la sua vita sarebbe finita con lei. La sua contessa, la madre dei suoi figli, l'amore della sua vita era morta. Tuttavia, Ivory Bess
Lane, la contessa di Desmond, sua moglie e anima gemella, aveva lasciato un pezzo di sé in ciascuno dei loro figli, soprattutto in Patience.
Era per la figlia minore, Lady Patience Lane, che Desmond metteva a rischio la sua sicurezza notte dopo notte, recandosi in giro per Londra, tra locali e taverne infernali.
Se non fosse stato per lei, Desmond si sarebbe ritirato nella sua tenuta di campagna nel Somerset a vivere i suoi ultimi giorni circondato dalle cose che più gli ricordavano la sua Ivory e i loro begli anni insieme prima che i demoni della sua giovinezza tornassero a perseguitarla.
Evidentemente, ritirarsi in una vita di solitudine nella campagna inglese non era il suo destino...
«Maggiore è la pena...», borbottò nella notte.
Desmond avrebbe avuto il tempo di addolorarsi una volta che tutte le sue figlie si fossero felicemente sposate. I figli maschi, invece, avrebbero trovato la loro strada, proprio come aveva fatto lui dopo aver lasciato l'Università.
Delle ragazze, due erano sistemate. Solo Patience era sola e senza prospettive all'orizzonte.
Infilando le mani inguantate nelle tasche del pastrano, le sue dita si strinsero attorno agli opuscoli appena stampati che era venuto a distribuire a Covent Garden. Sapeva che era una causa persa, ma ne valeva la pena per Patience.
Per ironia della sorte, la distribuzione degli opuscoli da lei appositamente creati non faceva che diminuire le sue possibilità di trovare un marito adeguato. Gli uomini ‒ e anche le molte donne ‒ che si guadagnavano da vivere boxando nudi fino alla cintola e con le nocche nude e sollevate, non erano affatto interessati a conoscere i rischi delle loro attività pugilistiche. Dannazione, molti di loro non sapevano nemmeno leggere gli opuscoli che Patience aveva faticosamente ideato. Non erano interessati alle lesioni e ai traumi causati dai ripetuti colpi alla testa e al torace; erano più preoccupati di guadagnarsi da vivere per pagare cibo e alloggio. Una fonte di sostentamento per se stessi e per le loro famiglie.
Molti a Londra non avevano altro mezzo se non la mera forza bruta, pugni sicuri e piedi leggeri.
Comunque sia, aveva deciso di accontentare Patience. Non le avrebbe mai detto che il suo duro lavoro serviva solo a coprire i pavimenti delle bettole, che gli uomini buttavano prontamente via il suo opuscolo come spazzatura, o al limite lo usavano per pulire le finestre sudicie. Lei non era mai stata in quei posti e non aveva mai conosciuto il destino dei suoi opuscoli.
Desmond rallentò mentre lasciava vagare la sua mente.
Un altro segno che era diventato eccessivamente rilassato durante i suoi viaggi notturni a Londra.
Tenendo gli occhi fissi sul suo cocchiere appollaiato sul sedile della carrozza in attesa, Desmond affrettò il passo, pronto a rifugiarsi nella solitudine del suo studio.
Con solo due edifici che lo separavano da quel destino, il conte passò accanto a un vicolo disseminato di detriti e avanzi di cibo scaduto, dove due uomini erano evidentemente impegnati in una rissa.
Avrebbe dovuto distogliere lo sguardo e tirare dritto.
Ciò che accadeva nelle strade buie tra due uomini adulti non era affar suo e poteva portare solo a conseguenze nefaste, poteva essere ferito o addirittura ucciso. E non avrebbe certo giovato ai suoi figli se fosse stato pugnalato per aver interferito in qualcosa che non lo riguardava.
Eppure, mentre gli uomini continuavano a litigare, buttandosi a terra l'un l'altro, lui non poté far altro che fissare il vicolo.
Tende appese a casaccio alle finestre dei caseggiati soprastanti venivano scostate mentre gli abitanti all’interno si affacciavano per assistere allo spettacolo dabbasso, con la sola luce di una candela a illuminare la scena. Vent'anni prima, o forse solo dieci, Desmond non avrebbe esitato a separare i due uomini prima che qualcuno si ferisse seriamente. Ma ora gli restava poco da vivere, e aveva tanto bisogno di portare a termine il suo compito prima di lasciare questa vita.
Un altro inquilino nell'edificio sovrastante tirò indietro quelli che sembravano indumenti intimi infilati su una lenza ad asciugare, indirizzando una luce più tenue attraverso il finestrino sudicio, illuminando direttamente la scena della lite.
Uno dei due uomini era vestito come la maggior parte della gente che abitava nel distretto di Covent Garden: pantaloni larghi e una lunga tunica bucata con le scarpe che avevano bisogno di essere risuolate da un ciabattino. Il suo avversario, tuttavia, non poteva essere scambiato per niente di diverso da un gentiluomo, se non un vero e proprio lord come era Desmond. Mentre i combattenti riguadagnavano il loro passo, il conte notò che le dimensioni del presunto lord quasi riempivano il vicolo da muro a muro, la sua altezza era impressionante quanto la sua stazza. I capelli, che pendevano dalle spalle in onde dorate e marroni, erano l'unico indizio che forse non faceva proprio parte dell'élite londinese, perché a nessun uomo ‒ tranne ai banditi e ai pirati ‒ era consentito di farsi crescere i capelli fino alle spalle. Per un breve secondo, la luce si riflesse sugli stivali lucidati, mentre il colosso sferrava un pugno, facendo in modo che l'uomo più basso andasse a sbattere contro il muro di pietra perdendo l’equilibrio.
«Rialzati, coraggio», disse l'uomo, voltandosi e alzando i pugni in preparazione di un altro assalto.
Desmond non era sicuro di come l'uomo elegantemente vestito fosse giunto fino in quella strada, ma era chiaro che un ladro lo aveva aggredito. Forse dopo che aveva visitato uno delle varie bettole che si trovavano in quelle strade.
Il mascalzone sferrò un altro colpo, centrando l'uomo più grosso alla bocca.
Quel lord aveva bisogno di assistenza. Nonostante l'età e la fragilità, Desmond era la sua unica possibilità. Se il conte avesse chiesto aiuto, il suo cocchiere sarebbe accorso? Ma Desmond non si sarebbe mai perdonato se il suo servo fosse stato ferito in conseguenza di una sua pretesa.
Gettando uno sguardo intorno, Desmond notò una manichetta di legno, probabilmente scartata quando la testa del martello si era spezzata, rendendo inutile l'attrezzo eccetto che per accendere un fuoco.
Avrebbe fatto ciò che doveva. Aveva solo bisogno di creare un diversivo affinché il gentiluomo ‒ e se stesso ‒ riuscissero a scappare dal vicolo e fuggire verso la carrozza in attesa.
Desmond afferrò la manichetta e si addentrò ulteriormente nel vicolo buio, mentre il furfante, con i pantaloni logori come la tunica, sferrava rapidamente un altro pugno, colpendo l’avversario al petto. I combattenti strascicarono i piedi, serrando i pugni mentre saltavano in cerchio, ognuno alla ricerca di un’altra occasione per colpire.
Era una scena che Desmond conosceva fin troppo bene.
L'esatto caso che gli opuscoli accuratamente elaborati da Patience speravano di scoraggiare.
Desmond si avvicinò e attese il suo momento. Aspettò che gli uomini si muovessero in modo da poter colpire il vagabondo con abbastanza forza. Se avesse scelto il momento giusto, lui e l'altro signore avrebbero potuto lasciare il vicolo senza ulteriori confronti.
Alla fine, il momento si presentò, e Desmond fece oscillare il grosso bastone con abbastanza forza per colpire la spalla dell'uomo e mandarlo, barcollando, al tappeto, tra la sporcizia e il letame.
Il colosso si fermò, i suoi occhi guizzarono prima verso Desmond e poi tornarono al suo assalitore che intanto stava cercando di mettersi in piedi.
«Penso che sia meglio andarcene», gridò Desmond, gettando la mazza contro il muro del vicolo, fuori dalla portata del furfante. «Andiamo via».
Quando il gentiluomo non fece nessuna mossa per seguirlo, Desmond si chiese se avesse commesso un errore presumendo che fosse l’altro uomo l'aggressore della situazione.
Quest’ultimo, intanto, aveva riacquistato l'equilibrio e, afferrato il cappotto che il gentiluomo aveva lasciato cadere su una pila di casse contro il muro del vicolo, era fuggito nell’oscurità scomparendo alla vista, i suoi passi che riecheggiavano nella scia della fuga.
Né Desmond né l'altro si mossero all'inseguimento.
«La mia carrozza è in fondo alla strada», disse Desmond, facendo un cenno verso l’ingresso del vicolo. «Il vostro labbro è spaccato e potrebbe aver bisogno di punti. Venite con me, farò chiamare il mio medico personale».
«Quel tipo mi ha rubato il soprabito», sussurrò l'uomo, le mani sui fianchi mentre respirava affannosamente, sussultando di tanto in tanto. Il taglio sul suo labbro certamente doleva al contatto con l’aria pungente della notte.
Desmond ridacchiò. «Almeno vi è rimasta la vita e senza buchi sulla vostra persona».
Ricordava di essere stato giovane e impulsivo, euforico al pensiero di un abile incontro con un pugile esperto. Di nuovo, Desmond si chiese se l'uomo avesse davvero avuto bisogno di essere salvato, tanto per cominciare.
In quel momento gli venne in mente Patience e la sua risoluta determinazione a mettere in guardia i combattenti sul pericolo cui andavano incontro quando accettavano la sfida di un degno concorrente. Perdita di memoria a breve termine, attacchi di letargia, mal di testa e problemi alla vista.
La sua Ivory Bess, un tempo pugilista di valore, aveva sofferto della maggior parte di tutti quei disturbi.
Desmond guardò verso l'uomo, sollevando il mento verso l'alto per concentrarsi sul suo viso. «Dovremmo andare, nel caso in cui quello decida di tornare».
«Posso trovare da solo la strada per tornare al mio alloggio».
«Non sono sicuro che sappiate nemmeno dove sia il vostro alloggio, amico mio», ribatté Desmond. Il labirinto di vicoli che attraversavano Londra era difficile da decifrare, e ancora più scoraggiante lo era nell'oscurità.
Gli abitanti dell'edificio che si affacciava sul vicolo, perso interesse per la scena, si erano, intanto, allontanati dalle finestre. Con loro era scomparsa anche la scarsa luce che aveva brillato sul vicolo sporco, avvolgendo Desmond nell'ombra mentre il disagio gli faceva rizzare i peli del collo.
Desmond si girò, facendo segno all'uomo di seguirlo. «La carrozza è da questa parte».
Uscendo dal vicolo, il conte curvò a destra e fu rassicurato nel vedere il cocchiere e il lacchè in attesa. Un fischio acuto attirò la loro attenzione, e il servitore balzò giù dal suo trespolo e aprì la porta, senza preoccuparsi di tirare fuori la scaletta.
Desmond sedette sul sedile davanti, sorpreso di notare che lo sconosciuto lo aveva seguito e ora stava prendendo posto di fronte a lui.
«La mia casa in città», disse, mentre il cocchiere chiudeva la porta.
«Subito, milord».
La carrozza si mosse e il cigolio della leva del freno ruppe il silenzio nello spazio ristretto.
«Il mio alloggio è all'Albany». La voce profonda dell'uomo rimbombò sulle pareti del veicolo. «Vi sarò per sempre grato e vostro debitore se poteste lasciarmi lì».
Era decisamente nobile di nascita, come dimostrava il suo eloquio.
Ma Desmond obiettò: «Non c'è un medico nelle vicinanze dell'Albany a quest'ora della notte. Il mio dottore vedrà le vostre ferite e io provvederò al trasporto per farvi tornare all’Albany domani».
La cupa disapprovazione dell'uomo fu per Desmond un chiaro segno del fatto che non fosse abituato a obbedire.
Erano in due.
Con l’eccezione delle sue tre turbolenti figliole, le parole di Desmond erano considerate ordini severi e nessuno nella sua famiglia avrebbe mai osato disobbedire al suo comando.
«Il vostro nome, ragazzo mio?», Desmond fissò la larghezza quasi incredibile delle spalle dell'uomo e il profilo aguzzo della sua mascella. Aveva almeno vent'anni, se non di più. E il conte conosceva la luce ribelle nei suoi occhi fin troppo bene.
Con riluttanza, l'uomo rispose: «Sinclair Chambers, Conte di St. Seville. E chi dovrei raccomandare come mio angelo custode?»
«Il conte di Desmond, James per gli amici più cari». Guardò l'uomo di fronte a lui, gli occhi scuri di St. Seville che apparivano neri nell'oscurità della carrozza. «St. Seville, dite... Dell'isola di Brownsea,