Cara Eloisa. Lettera a una figlia del nostro tempo
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Info su questo ebook
In un’indimenticabile serata di maggio, le circostanze di tempo e luogo rendono possibile l’incontro tra una giovane donna antitradizionalista e un ragazzo giunto, in una provincia sconosciuta ai più, dal cuore dell’Africa. Del moderno Enea, che sconvolgerà l’ordine della sua vita, vuole sapere tutto. Prende così vita un altro racconto, incentrato sulle vicende vissute dal futuro padre di Eloisa: il viaggio di fortuna attraverso il deserto sahariano e il mare mediterraneo, la condizione di profugo, la schiavitù del lavoro nelle campagne del foggiano e la difficile integrazione. Il sentimento della compassione, provato l’uno per l’altra, porterà i due amanti a formare un insieme indissolubile, all’interno del quale le differenze si mescolano e la speranza di una vita nuova può superare barriere spesso disumane e germogliare.
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Recensioni su Cara Eloisa. Lettera a una figlia del nostro tempo
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Anteprima del libro
Cara Eloisa. Lettera a una figlia del nostro tempo - Ilenia Pasquetti
Prefazione
All’esplosione meravigliosa e miracolosa della vita, si accompagna anche la morte. C’è un inizio e un terminal ai nostri giorni.
La nascita e la morte si assomigliano molto, figlia mia, sono momenti sacri e misteriosi,
1 scrive Isabel Allende.
E gioia, dolore, vita e morte si legano nelle pagine del racconto autobiografico di Ilenia Pasquetti, scritto in forma epistolare, un dialogo con la figlia Eloisa che inizia già prima che venga al mondo, un caleidoscopio di sfaccettature dell’umano vivere che sottolinea fragilità e forza delle relazioni. Arriva una figlia quando forse il momento è già passato, ma almeno questo sogno non sfuma come altri per l’autrice, che spera il meglio per la sua Eloisa. Una nuova vita viene accolta con grande gioia, ma si è sempre impreparati alla morte. La perdita di una madre poi è devastante, una figura che riempie le giornate, i pensieri. Il ricordo aiuta, e la Pasquetti scrive della mamma, dei sacrifici affrontati, della sua malinconia e generosità, della terra d’origine, il Molise, così isolato e aspro, dove la gente, ai suoi tempi, era povera e abituata a lavorare duro. Pensieri, considerazioni storiche e sociali, si associano alle emozioni provate nella vita privata. Il sentimento che Ilenia prova per il marito la spinge a guardare ogni cosa con occhi nuovi. Il padre di sua figlia è un uomo coraggioso, forte nella fede, un immigrato che ha dovuto affrontare le difficoltà di un lungo viaggio pieno di insidie senza avere la certezza di un approdo. E una volta giunto a destinazione ha continuato a soffrire e a essere sopraffatto. Ma è arrivato l’amore che è sempre salvifico. La vita è tempesta, ma ci si può salvare. Questa è una storia aperta alla speranza.
Gioconda Marinelli
1
Cara Eloisa
Non eri ancora nata e già sentivo il bisogno di tessere un dialogo con te. L’ho desiderato da quando, all’inizio di un caldissimo luglio, ho potuto sciogliere i dubbi sulla tua esistenza. La notizia, che mi ha lasciata sbalordita, è arrivata quando mi ero convinta che la mia naturale capacità di concepire un figlio volgesse al tramonto, trovandomi di già nell’età matura della vita. Confesso che, mentre gli anni correvano, ho pensato fugacemente all’eventualità di diventare madre. Ho trascorso molto tempo nella convinzione che mettere al mondo un figlio non fosse un’esperienza necessaria per dirmi una donna realizzata e, a rischio di sembrare una madre atipica, continuo a crederlo. Appartengo a una generazione, in cui le donne si distinguono per istruzione elevata, interessi molteplici, capacità di agire e di raggiungere obiettivi importanti. Eppure ho arrancato ad affermarmi nella società da studiosa indipendente e una delle ragioni è che, nell’ambiente in cui intendevo adoperarmi, non sono mai stata presa sul serio. Mio malgrado, è accaduto che le competenze acquisite, le idee che mi infervoravano e lo spirito di abnegazione si frantumassero contro un sistema di elaborazione e propagazione del sapere umanistico arroccato e quasi impossibile da scalare.
Se anche la maternità non è diventata un sogno sfumato, persino un rimpianto, lo devo soprattutto a tuo padre, che mi ha incoraggiata quando ne avevo più bisogno. Il tuo lento percorso verso la vita è iniziato al tempo in cui mi trovavo immersa nell’esperienza più drammatica della mia esistenza: la morte di mia madre, avvenuta, per crudele volontà di un fato nemico, un mese dopo il matrimonio con tuo padre, cancellando la nostra legittima aspirazione a una felicità pienamente goduta. Riportando la mente a quei giorni colmi di tristezza, mi sorprendo di poter pronunciare la parola morte e non più solo perdita, scomparsa, che non suonano ugualmente irrimediabili, lasciando viva, in chi resta al mondo, la fiammella della speranza nel ritorno. A te devo la possibilità concreta di misurarmi, rafforzata nell’animo, con il lutto, che mi ha trattenuta in una condizione d’intenso dolore per molti mesi. Mi sono sentita oppressa dal pensiero di non poter più incontrare mia madre, vedere il suo volto, sentire la sua voce, abbracciarla e stringerle le mani. Invece il sentimento della sua presenza, che riempiva le stanze della nostra casa, le strade della città in cui abitiamo e i miei pensieri quotidiani, era più acceso che mai.
Soggiogata dallo sconvolgimento emotivo provocato dall’impazzare di forze opposte – la consapevolezza della separazione, da un lato, e la percezione della presenza, dall’altro –, mi sono rifugiata nel subconscio della mia anima, dove la vita era la stessa di sempre. E mia madre continuava a farne parte, con le sue abitudini da signora pacata: occuparsi della spesa giornaliera, cimentarsi nella preparazione di pietanze squisite e informarsi attraverso il settimanale preferito, che non mancava mai di acquistare. Ho intuito che mi era vicina anche quando ho saputo di aspettare una bambina – ne sarebbe stata sinceramente felice – e in quell’edificante pomeriggio di fine febbraio, in cui ho dovuto tirare fuori una forza sovrumana per farti nascere.